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Tag: didattica

Non di soli social

Non di soli social

Ogni tanto è saggio soffermarsi sulla cornice delle cose. Dedicare tempo e passione ai contenuti è fondamentale, ma senza dimenticare che spesso è il contesto a garantire la comunicazione e la visibilità.

Seguo il web da quando è nato, almeno qui in Italia, ed ho sempre cercato di mantenere uno sguardo attento a tutte le dinamiche comunicative che si appoggiano alle ormai tante strutture e metastrutture realizzate mediante internet. Da quando la parola stessa, internet, non era ancora ben definita ed era anzi persino fluida e poco stabile. Ma le disquisizioni di gender non erano ancora argomento dibattuto a quei tempi.

Oggi i paradigmi della comunicazione si concentrano in modo evidente sui social, alcuni strumenti della rete si sono ampiamente evoluti e altri hanno subito modifiche notevoli. Un tempo sul cellulare si amavano alla follia gli SMS, oggi retaggio quasi esclusivo delle notifiche OTP; un tempo l’account Gmail era una sorta di consociazione carbonara, a cui si poteva accedere solo mediante inviti ricevuti da altri fortunati.

Alcuni social hanno vissuto un’esplosione incredibile, Facebook in primo luogo, tanto che sembra quasi un azzardo affermare che “non sono su FB” oppure che “mi interessa poco”. La sua facilità d’uso e la pervasività dei messaggi che ne sostengono la stessa struttura sono ben evidenti. Perché come diceva (probabilmente) Kafka, “un cretino è un cretino, due cretini sono due cretini, ma diecimila cretini sono un partito politico”. E su FB i numeri degli iscritti (partecipanti?) superano i 2 miliardi. Ma preferisco tenere nel mio piccolo orticello queste considerazioni, prima di regalarle (o relegarle?) al grande pentolone dei media mainstream.

Ed è curioso che ancora oggi, se svolgo una ricerca testuale tra le mie foto, se scrivo semplicemente web mi si piazzano in pole-position le tante ragnatele che, rarefatte, compaioni nei miei album di foto 🙂

Oggi sembra normale utilizzare FB come vetrina indispensabile per le numerose anteprime che si svolgono, bacheca generale per raggiungere un pubblico ben più vasto. Quando parliamo dei nostri “amici” molto spesso diamo per scontato che corrispondano almeno in parte ai nostri contatti su FB. Ma davvero riusciamo a considerare amici le centinaia di persone che ci hanno chiesto “l’amicizia”?

Qualcosa di analogo lo vediamo replicarsi su Instagram (che è sempre di Meta, il grande ombrello sotto il quale gravita FB). E forse, fino a qualche tempo fa, si poteva dire lo stesso di Twitter, mentre ora stiamo assistendo al rapido suicidio di una piattaforma diffusissima e snella; da quando ha cambiato nome e strategia si assiste ad un discreto guazzabuglio di opinioni e conseguenze. Durerà? Potrebbe chiudere? Che fine faranno tutti i contenuti e le energie dispiegate su questo strumento negli anni passati? Dove finirà la conoscenza versata come olocausto a questi media?

Ma i tempi cambiano, e gli anni, effettivamente, stanno passando e le cose cambiano così in fretta nel mondo di Internet da rendere quasi difficile la stratificazione dei comportamenti, degli strumenti e dei modelli in un immaginario collettivo chiaro e condiviso. Sembra quasi che quanto abbiamo appreso agli inizi sia ormai non solo superato, ma inutile, quasi dannoso. Sapendo che tutto cambia velocemente sembra quasi inutile conservare memoria delle pratiche ormai superate o in via di trasformazione.

Per noi che abbiamo vissuto questa epoca di guado, dall’analogico al digitale, dalla macchina da scrivere al PC, dai post-it a Chat-GPT il percorso sembra se non chiaro almeno evidente. Per chi arriva invece oggi che senso potrebbe avere dedicare tempo a questa archeologia post-industriale?

Di solito scrivo queste cose per rifletterci con più calma, senza nessuno scopo pubblico; in un certo senso ho già dato, nei diversi anni in cui pubblicavo periodicamente riflessioni e brevi pezzi sul ruolo di Internet nel nostro mutevole mondo, ma ho trovato interessante notare che se scrivevo qualche post su questo piccolo ed insignificante blog, il traffico generato era decisamente ridicolo: un paio di accaniti lettori, più amici che lettori, e poco più.

Ultimamente ho provato a segnalare la scrittura di un post su FB e dopo nemmeno una giornata, l’effetto leva era più che evidente. I 5 lettori di manzoniana memoria si moltiplicavano per 10, se non per 20. Insomma, è la grancassa che spesso serve per alzare il volume delle informazioni. Anche queste righe, le ho pubblicate la mattina del 12 settembre e alla mattina dopo le visualizzazioni erano… solo 2 (devo avere un fratello molto attento e fedele ;-). Il giorno dopo ho messo un post su FB e la sera del 13 le visualizzazioni erano: 44. Evidentemente qualcosa è cambiato…
Mi viene quasi da pensare alla burla operata in Belgio pochi giorni fa, in occasione di un prestigioso premio vinicolo, avevano travasato un tavernello qualsiasi (che comunque è più dignitoso di tanti altri vini sedicenti doc) in una bottiglia stellata e … hanno vinto il primo premio.

Ma come spesso affermo, i social passano mentre i siti rimangono. Da anni seguo e gestisco con distratta attenzione alcune pagine web. Non sono più i tempi d’oro in cui avere una pagina web col proprio dominio era una sorta di status symbol e non è più nemmeno immaginabile costruire in modo artigianale qualcosa del genere. Le prime presenze sul web che avevo realizzato modificando i primi modelli in html erano certamente spartane e poco attraenti, ma sicuramente la finalità comunicativa era abbastanza facile da raggiungere. Il focus era sempre sulle notizie, sui contenuti, lo strumento era essenzialmente …strumento, poco più.

Oggi il paradigma è quasi rovesciato e conta soprattutto l’aspetto, il feeling, l’appeal grafico… La mia esperienza si misurava agli inizi con la richiesta di semplici siti scolastici, di qualche associazione (la prima versione del sito Agidae è del giugno del 1999, poco prima quella del sito Maristi.it), pagine di società al primo approdo sul web; a corollario di queste esperienze quasi da pioniere era sempre viva l’attenzione alle derive didattiche di tutto questo, già iniziata nel lontano 1985 in collaborazione con il centro ITD del Cnr di Genova e per lungo tempo ho continuato su questa scia, divulgando e mettendo a disposizione materiali, software e informazioni su questo ambito, percorso che ho poi continuato per numerosi anni collaborando con la rivista Tuttoscuola.

Erano i tempi in cui nemmeno i giornali avevano una presenza ben definita sul web (sto parlando dei primi anni ’90, ovviamente, roba del secolo scorso!), quando i bbs erano ancora la punta di diamante della nuova tecnologia e le chat delle poche realtà presenti (Fidonet, MC, Agorà) raccoglievano i primi drappelli dei cultori della materia. Persone che poi sono approdate nei luoghi nevralgici del web nascente, ricordo un amministratore di un bbs (sysop, come si diceva allor) che poi è diventato l’esperto di sicurezza informatica del Vaticano, o il giornalista appassionato che poi ha dato il primo vero impulso al giornale più attento a questa nuova frontiera, Repubblica. Tempi andati, che sono stati però la base di quelli attuali e ogni percorso visto in retrospettiva svela molti aspetti spesso dimenticati.

Interessante, ogni tanto (almeno per me), riprendere considerazioni di questo tipo.

e adesso tutti a scuola virtuale

e adesso tutti a scuola virtuale

E così uno degli effetti collaterali della quarantena forzata per questo coronavirus sarà il decollo immediato della scuola virtuale. In tutta Italia i problemi sono identici, alunni a casa e difficoltà concrete per portare avanti l’attività didattica.

In teoria, dopo tutti i piani di alfabetizzazione informatica, formazione, Indire, Bdp, Aica, patente ECDL… i docenti italiani dovrebbero avere la competenza necessaria per “erogare corsi online”, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo un italico mare di buoni propositi.

Credo di aver iniziato a provare, spiegare e realizzare attività del genere almeno dal secolo scorso, quando ancora si parlava di telematica e molti non sapevano nemmeno cos’era Internet. Ricordo corsi a Genova, in Brianza, nel Lazio. I temi erano già gli stessi: come consentire un accesso online per condividere risorse e strategie di apprendimento. Ma il problema di fondo non erano le possibilità o gli strumenti, semplicemente la capacità e le conoscenze dei docenti non erano ancora all’altezza e purtroppo l’inerzia di molte scuole, docenti e istituzioni, si limitava a moltiplicare i piani di formazione senza poi raggiungere in concreto quasi niente.

Basti pensare che la prima risposta, e per molti docente sarà forse anche l’unica, è quella di utilizzare il Registro Elettronico per indicare agli alunni le pagine da studiare, i compiti da svolgere. Come se questo fosse il meglio della didattica online… un po’ sconsolante. ma inevitabile.

Quasi una cinquina di anni fa ho allestito per mio fratello, docente di matematica, una semplice piattaforma basata su Moodle, uno degli strumenti di libero accesso più versatili per creare ambienti di classi virtuali; anche lui sperava di contagiare molti dei docenti della sua scuola (ci troviamo nell’estremo ponente ligure), ma ancora adesso le persone che vi lavorano sono i classici quattro gatti. Però ci lavorano…

In pochi giorni è difficile improvvisare, anche perché è mancata nella maggioranza delle scuole una preparazione previa, e in molti casi non erano ancora funzionanti esperienze di didattica online. Anche nelle scuole che conosco meglio, quelle mariste, pur avendo da tanti anni degli strumenti formidabili (la suite Office365, in particolare Team), si è dedicato molto tempo a “conoscere” lo strumento, poco ad usarlo. Speriamo che adesso la necessità crei la virtù.

Ma quali strumenti si possono effettivamente usare? Ormai le pagine dei giornali, del MIUR, gli inserti speciali del Sole24ore (uscito proprio sabato 14 marzo), dovrebbero aver ampliato le conoscenze. Mi limito ad un piccolo riepilogo per indicare gli strumenti utilizzabili da subito.

Kahoot: non è una piattaforma di apprendimento, ma un portale per svolgere quiz singoli e di gruppo, molti stimolante e competitivo (quasi troppo), quando lo si fa in classe. Tra l’altro contiene ormai migliaia di quiz anche in italiano, spesso di livello medio-basso, ma nulla vieta di preparare i propri testi, e poi inviare agli alunni il link per affrontarli (magari dopo aver dato qualche “lezione da studiare”; al termine il docente riceve un report con i risultati, molto dettagliato.

Classroom, by Google – per utilizzarlo serve un account Gmail (facilissimo da ottenere) e conviene avere un account istituzionale (almeno per il docente che poi può arruolare gli alunni); ovviamente per fare le cose con cura bisogna prevedere tutto ciò che riguarda la privacy, avere il consenso dei genitori ecc. tutte cose che in quarantena diventa difficile richiedere in fretta. Ma le scuole che hanno già questa risorsa sono fortunate, possono usare strumenti di distribuzione dei contenuti (video, pdf, audio…) e soprattutto possono preparare dei compiti veri per gli alunni, che ciascuno deve svolgere a casa, dal suo pc o tablet, possono essere semplici testi, oppure dei quiz corredati di immagini e video. Il docente può verificare chi ha fatto i compiti, può correggerli, assegnare i voti… una dotazione molto efficace e pienamente integrata con i tanti strumenti free di Google.

Teams, by Microsoft – anche per i prodotti di casa Microsoft è necessario che la scuola abbia attivato un dominio e un account istituzionale per ogni docente e alunno (ma spesso le scuole hanno di queste opportunità, ma non tutti le utilizzano…); l’ambiente di scuola virtuale si realizza con Team (che tra non molto ingloberà le funzioni di videoconferenza di Skype), quindi è facile immaginare scenari di contatto semplificato e diretto (voce e video) del docente con gli alunni, chat uno a molti e di gruppo. Sul versante delle attività e dei compiti è meno sviluppato della proposta di Google (ma … si possono usare i forms di Google su Teams) e l’impegno dispiegato dai programmatori di Microsoft sembra molto meno attento e veloce rispetto alla concorrenza (per modificare una voce di menu, a volte fuorviante, ci sono voluti quasi due anni)

E poi ci sono tante altre iniziative, idee, portali interessanti (mai provato EdModo? Padlet?) che in mano alle persone giuste possono fare miracoli.

A volte basterebbe condividere con gli alunni una bacheca di gruppo, o anche solo un documento, ed invitare ciascuno degli alunni a compilare una parte del lavoro.

Per non parlare degli strumenti ancora più immediati per il contatto e la comunicazione, ad esempio una chat di gruppo, anche solo con Whtasapp o con Telegram. Insomma, questi giorni di sperimentazione speriamo che diano lo stimolo giusto a tanti docenti e il supporto necessario per i tanti alunni della scuola italiana.