Sfogliato da
Autore: Giorgio Banaudi

Viaggio a Granada

Viaggio a Granada

La tentazione di realizzare un diario pignolo e precisino sui giorni trascorsi a Granada e dintorni in queste vacanze di Natale 23-24 si è rapidamente sciolta con il passare dei giorni; difficile tener testa a tutti gli angoli visitati, le chiese esplorate, i quartieri in cui sono riuscito a vagabondare…

Sarà che fin dal primo giorno le cose sono state tante (siamo passati dal parco del Torcal fino alla suggestiva Alhambra di notte); allora meglio spiluccare e procedere per piccoli assaggi.

Tanto per restare sul tema dell’Alhambra, questo cuore esterno della città, che rimane sempre a cornice e confine di ogni giro, alla fine mi sono ritrovato che, tra immagini, dettagli e panorami, ce n’era abbastanza da riempire un intero album. E allora procediamo:

Ecco l’album con le foto dell’Alhambra, dal giro notturno ai vari panorami

E siccome immagino che dipanare i ricordi e stenderne qualcuno su queste pagine mi costerà un po’ di fatica, comincio col depositare almeno le immagini che hanno segnato questi giorni di visita a Granada, sicuramente potrebbero essere sufficienti per rendere l’idea, …

Ecco una carrellata di (tante) immagini di questi giorni a Granada

E forse anche Cordoba merita una rapida menzione, visto che approfittando di questi giorni tranquilli abbiamo fatto una puntata anche a Cordoba; c’ero già stato tanti anni fa ma ero persino riuscito a non visitare nulla (complice un po’ di influenza…); questa volta mi sono abbondantemente rifatto, grazie alla cordiale presenza e disponibilità di Carlos Hidalgo (gli ho inflitto una giornata con oltre 15 km di camminata!), che proprio 20 anni fa era stato il mio primo anfitrione in Spagna…

Album all’interno della Mezquita-Cattedrale di Cordoba

Diario di Natale… il Torcal

Diario di Natale… il Torcal

Vacanze di Natale 2023, queste me le ricorderò, sicuramente in modo speciale e proprio per non dimenticarle troppo presto, magari qualche riga e qualche foto ci possono anche stare.

Partiamo da Melilla il 22 sera, notte fonda, con il traghetto, una barca gigante che ingoia macchine e camion e gente. Si dorme un po’ alla buona sulle poltrone, mentre in molti preferiscono sdraiarsi sulla moquette (e tutto sommato l’idea non è poi così malvagia). Siamo io e Juan Antonio perché in vista dell’arrivo in serata a Granada, avevamo pensato di fare una piccola escursione, nel parco del Torcal. Siccome non conosco praticamente nulla di queste zone, vado sulla fiducia …. e faccio bene.

La fase più lunga è lo sbarco dal traghetto, quasi un’ora di lungaggini per mostrare i documenti (Melilla, a tutti gli effetti, è terra di frontiera e quindi la dogana è inevitabile). Poi ci dirigiamo verso il parco del Torcal di Antequera, una zona dalle incredibili rocce carsiche e nella prima mattinata, dopo una fermata per una colazione a base di churros (anzi, porras, quelli più grossi e casarecci), ci arriviamo verso le 10.

E’ una giornata splendida, tersa e senza vento, l’ideale per questi giorni di dicembre, che rimangono comunque belli freschi. La temperatura è bassina, siamo di poco sopra i 0 gradi, ma al sole è davvero gradevole fare come le lucertole. Iniziamo così il nostro giro tra le rocce, seguendo uno dei sentieri lunghi che si dipanano dal parcheggio del centro di visita.

Uno spettacolo davvero lunare, o forse marziano, dove ogni roccia potrebbe facilmente ricevere un nome per l’incredibile configurazione che rappresenta: case, palazzi, architetture aliene, statue surreali, imitazioni naturali… ci si trova di tutto, camminando con calma lungo il sentiero. All’inizio siamo stati persino scortati dalle capre di montagna (ma forse si tratta proprio dello stambecco iberico!), che non sono poi così diverse dai nostri camosci, solo più tranquille e domestiche, quasi a suggerire pose fotografiche da calendario.

Questa volta poi sono venuto attrezzato, ho ripreso da poco la macchina fotografica, una semplice Canon con zoom 40x, e invece dell’onnipresente cellulare utilizzo un obiettivo un po’ più flessibile. Piccolo dettaglio: non mi sono portato dietro il lettore di schede e per il momento mi devo accontentare delle foto che mi ha fatto Juan Antonio. Poco danno, così la memoria si esercita un po’ di più. Vuol dire che l’album fotografico potrà aspettare.

Ma dopo la scarpinata sui monti (siamo sopra i 1100) ci aspetta la parte archeologica, con i Dolmen di Antequera, 3 antichissime tracce della presenza umana, tombe megalitiche imponenti e suggestive, che troviamo a pochi km. di distanza. L’ultima è quella che ci riserva la sorpresa più luminosa…. alcune di queste costruzioni sono anteriori ai cerchi di Stonehenge e forse l’idea riduttiva di “tombe” per importanti personaggi è decisamente poco. Giunti nei pressi del tholos del Romeral ci siamo bloccati perché la visita era stata “requisita” da un piccolo gruppetto di appassionati, non avevamo fatto molto caso al calendario, ma essendo proprio il 23 dicembre, eravamo ancora a ridosso del solstizio d’inverno e questa giornata era davvero speciale, visto che proprio in questa occasione la luce del sole penetrava fino all’interno del monumento, in modo davvero suggestivo. In pratica senza nessuna luce era possibile, giunti all’interno del sacrario, usufruire dei raggi del sole. Pensare che oltre 3000 anni fa ci fossero persone disposte a realizzare una simile opera, con questa precisa inclinazione e orientamento (tra l’altro anomalo), non può certo lasciare indifferenti. Nella foto qui sotto, realizzata senza flash, siamo proprio al fondo della costruzione, mentre il lungo cortile d’ingresso, interamente realizzata in pietra a secco è lungo una quindicina di metri.

E dopo qualche giorno, ecco pronto anche l‘album con le foto della giornata passata al Torcal e tra i dolmen di Antequera

Qui di Natale ce n’è davvero tanto…

Qui di Natale ce n’è davvero tanto…

Sarebbe bello riprendere uno dei classici racconti di Natale di Buzzati, uno scrittore apparentemente ateo ma segnato da una profonda nostalgia per questo appuntamento annuale con la tenerezza…

Mi sarebbe piaciuto accompagnarlo in visita presso la scuola dove mi trovo adesso, qui a Melilla, un “cole” cattolico ma pieno di musulmani con qualche spolverata di altre fedi, davvero molto simile a quanto si incontra ogni giorno in queste zone di confine. Persino facendo i compiti con i bambini del doposcuola del Progetto Alfa, tutti musulmani, non si può fare a meno di notare che tra un compito e l’altro i quaderni rigurgitano alberi di Natale, scene del presepio, stelle comete e richiami per lo meno nordici, neve, pupazzi, renne, Babbi Natale… che stridono fortemente con la quotidianità, perché qui si incontra ancora tranquillamente gente in pantaloncini e maniche corte, alberi e giardini lussureggianti e quando il sole si alza nel cielo pieno di gabbiani il tepore è davvero accogliente, altro che “freddo e gelo”.

Sapevo che nell’ultima settimana di attività didattiche la nostra scuola si sarebbe trasformata per un giorno in un grande presepio vivente; tutto il cortile si sarebbe mutato in quella porzione di Betlemme che ha dato i natali a quel cambio di epoca nel quale siamo ancora immersi.

Tutti i docenti erano al lavoro, la sera prima, a sistemare con qualche alunno gli spazi, le scenografie, le cose più ingombranti: portali, casette, tavolate, piccole tende. A sera tarda erano ancora lì a verificare che tutto fosse a posto, sperando che l’umidità della notte non facesse troppi danni (e in questi giorni siamo stati davvero fortunati, con sole smagliante a non finire)…

Così la mattina dopo, la scuola è stata invasa da pastorelli, contadine, pescatori, antichi artigiani, angeli e centurioni romani, qualche sacerdote, un po’ di re magi (rigorosamente 3) e per la prima versione, in meno di mezz’oretta, tutti i figuranti erano pronti; a quel punto si sono aperti i cancelli per la prima ondata di genitori, accolti dai profeti e dai governanti, in alta uniforme e poi ha avuto inizio il delirio dei papà e mamme a zonzo per l’antica Betlemme, alla ricerca dei propri figli e degli immancabili appostamenti fotografici.

La scena si è ripetuta per tre volte nel corso della mattinata, per dare spazio a tutti nella visita ed evitare ingorghi (gli alunni in totale sono più di 800 mi conferma fr. Eulalio che tutte le mattine è fedele al suo prezioso impegno di salutarli tutti quanti all’ingresso) e l’ultimo drappello in visita ha iniziato dopo le 12.

Mi sono divertito anch’io a visitare i diversi stand, quello dei falegnami che imperterriti martellavano piccole sagome di legno (con martelli di plastica, per fortuna!) e le classi dei piccolini, metà in versione pecorelle e l’altra metà come pastori; poi le scene più impegnative, l’annunciazione, con un angelo quasi spavaldo e bene in mostra, mentre la piccola Maria era davvero nell’ombra… le altre scene di lavoro, compreso il banco dei pescivendoli (avevo suggerito di mettere dei pescatori lungo il fiume in carta argentata che divideva il cortile ma qualcuno si è anticipato anche con una certa pesca miracolosa); e poi il cuore della scena, la grotta, con tanto di angeli messaggeri (povere ragazze delle superiori, a dover restare con le braccia spalancate per rinforzare l’annuncio!), l’osteria con i Re Magi al riposo in vista dell’ultima tappa. Insomma, davvero uno spettacolo.

Che si gusta meglio con gli occhi e con le immagini di questo allestimento.

Fosse un giorno come tanti…

Fosse un giorno come tanti…

Il 18 dicembre per l’OIM, uno dei numerosi servizi ed uffici delle Nazioni Unite, fondato nell’ormai lontano 1951 è il giorno del migrante. Forse il calendario è fin troppo pieno di ricorrenze simili (il giorno del Rifugiato promossa dall’UNHCR per il 20 giugno, la Giornata della Memoria e dell’accoglienza del 3 ottobre, la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 20 settembre… e ci fermiamo a quelle di rilevanza sovranazionale). Gli appuntamenti per sensibilizzare le persone non mancano, almeno sulla carta; quello che invece nella pratica manca ancora è una reale comprensione di questo fenomeno che ancora troppe persone considerano una “emergenza” (come quella climatica) che prima o poi passerà e una consapevole strategia per tentare di offrire risposte decenti a questa situazione..

Fino ad agosto mi trovavo a Siracusa, in Sicilia, dove il tema dei migranti assume una dimensione certamente più critica ed evidente. Strano che proprio nel primo anno del nuovo governo di centro-destra, che avrebbe dovuto risolvere in un modo o nell’altro questa emergenza, le cose siano andate in modo ben diverso dalle previsioni. Anzi, completamente in direzione opposta.

Basterebbe questa semplice tabella con il suo relativo istogramma a ricordare e tenere ben presenti i numeri. Dopo le cifre impressionanti degli anni dal 2014 al 2017, la pausa globale dovuta al Covid, ora ci ritroviamo a fare i conti con una nuova impennata; ho prelevato poco fa i dati dalla pagina ufficiale del Ministero dell’Interno, che quasi ogni giorno pubblica un esauriente report degli sbarchi, dati sulle età e sulle provenienze. Fino a pochi mesi fa questi numeri li vedevo facilmente riflessi nella società concreta, sia partecipando come volontario della Croce Rossa alle operazioni di sbarco come a quelle di trasferimento dei minori. Insomma, quando ti ritrovi al porto di Augusta o ad accompagnare minori in giro per la Sicilia (e anche nel resto di Italia), questi numeri si traducono in nomi e volti (ho ancora gli elenchi da qualche parte) e certamente fanno pensare.

Fanno pensare ad esempio a quale strategia di accoglienza si stia praticando, quali soluzioni siano previste, quali itinerari si possano offrire a questo fiume di persone che certamente non si fermerà. Quello che purtroppo ho osservato nella realtà è l’impietoso rimpallo di tante situazioni, cioé persone, che vengono spesso spostate e distribuite, senza un vero progetto. Nel frattempo si rallenta il processo e si cerca di bloccare questa deriva.

Nel luogo in cui mi trovo adesso, qui a Melilla, le cose sono completamente diverse. Dopo la pandemia e dopo il tragico “incidente” del 2022, i flussi sono praticamente scomparsi, cioè, hanno cambiato direzione e qui in città non si vede praticamente nessuna presenza migrante.

Pochissimi gli africani sub-sahariani di passaggio; nel nostro Centro Fratelli attualmente ne abbiamo uno solo, proveniente dalla Costa d’Avorio. Eppure il centro CETI di Melilla (centro temporaneo per gli immigrati) risulta pieno, con più di 160 presenze, ma si tratta quasi completamente di sudamericani che cercano in questo fazzoletto di terra una soluzione più rapida per la loro richiesta di asilo!

Il totale degli sbarchi in Spagna di quest’anno supera i 30 mila, e già dal primo trimestre evidenziava un calo di oltre il 36 % rispetto all’anno precedente ma il problema si fa sentire quasi esclusivamente nelle isole Canarie, non nel resto del paese; alcuni dati i possono trovare su questa pagina del Consiglio Europeo.

E così, tra una guerra e un rigurgito di attacchi nella zona del mar Rosso, una costellazione di stati Africani che confermano le tante crisi presenti nel continente (climatica, demografica, guerre civili, derive dittatoriali) pensiamo che il problema si possa arginare. Le previsioni dell’Onu sono facili da rintracciare e parlano chiaro: dovremo prepararci ad un secolo nomade e le cause di spostamento sono chiaramente in crescita, mentre le destinazioni sono per il momento ancora le stesse, in particolare il nostro mondo occidentale.
Una bella scrollata per iniziare a riflettere in modo diverso su questi prossimi scenari diventa sempre più necessaria…

E che la luce splenda…

E che la luce splenda…

Mi ero quasi abituato, negli ultimi 4 anni, a festeggiare santa Lucia in modo speciale. Essere concittadino della santa siracusana è stato una bella occasione per approfondire meglio questa figura così antica ed emblematica.

E il perdurare dei proverbi (S.Lucia, il giorno più corto che ci sia…è un refrain che ancora si sente) è indice di tanta storia, a volte sotterranea, che però talvolta trova occasioni per emergere. Quando racconto a miei vari alunni della riforma del calendario gregoriano nel 1582, molti rimangono stupiti che sia esistito un anno senza una decina di giorni sul calendario e che il semplice (!) calcolo delle ore comporti modifiche così impegnative sui ritmi della nostra vita.

“Girare” intorno al sole, come sempre ci sembra, ci tocca davvero da vicino, non serve nemmeno riprendere in mano gli strumenti del contadino per rendersene conto. E’ stato così anche per i nostri fratelli ebrei, che proprio nei primi giorni di dicembre festeggiano l’Hannukah, festa della luce.

Per l’occasione abbiamo accolto anche noi l’invito della comunità ebraica e partecipare così alla festa di accensione delle luci di Hannukah, che si è svolta a Melilla, ancora sotto l’emblema cittadino, uno sponsor laico ma molto attento ai temi del rispetto e della convivenza tra le culture. In quella serata, però, si è avvertita quasi la nota stonata dell’assenza ufficiale degli amici musulmani (qualcuno aveva sottolineato infatti la presenza del 75% delle comunità di fede locali). Comprensibile però, dati i tempi che stiamo vivendo e le tragiche vicende nella striscia di Gaza…

La nostra Comunità Fratelli anche per questo aveva pensato, da un po’ di tempo, ad un momento di preghiera inter-religiosa che fosse svincolato da qualunque riferimento pubblico o politico. A nostro favore gioca ovviamente il fatto peculiare di avere, tra i molti alunni della scuola lasalliana, una rappresentanza ben evidente di tutte le fedi. Così avevamo iniziato a diffondere l’invito per un semplice momento di preghiera, rivolto alle quattro comunità presenti.

L’incontro, molto semplice, si è svolto nella serata del 14 dicembre nel grande salone della scuola (e per il sottoscritto era già un regalo speciale). Una coreografia minimalista ed essenziale, per dare spazio e protagonismo ai 3 libri delle grandi religioni monoteistiche, intronizzati con una suggestiva processione-danza realizzata da alcuni alunni della scuola. Inizialmente avevamo qualche dubbio sulla partecipazione (“verrà qualcuno?”), ma diffondendo l’invito anche tra le tante persone che gravitano intorno al Progetto Alfa, ben presto ci siamo resi conto che non ci sarebbero stati problemi. Avevamo stampato una 30ina di copie della celebrazione, ma poi abbiamo dovuto invitare a condividere il foglio almeno col vicino, perché non bastavano proprio.

Nella preghiera è stato lasciato uno spazio libero alle diverse fedi, con un momento di lettura dal rispettivo testo sacro e un breve commento. Anche il semplice ascolto della declamazione nella lingua originale dei testi invitava ad una maggior riflessione (per noi cristiani l’utilizzo della lingua normale a volte può favorire una certa distrazione, quasi una sorta di insignificanza). Poi la musica, linguaggio interculturale per eccellenza: un canto di ingresso (il suggestivo Dall’aurora del Genrosso che ha come testo il salmo 62), l’Alleluja di Cohen e il brano Solo le pido a Dios cantato in 3 lingue (spagnolo, arabo ed ebraico). Niente di più. A nostra insaputa c’era anche qualche giornalista... e il video è sufficiente a narrare l’evento.

E’ stato bello e semplice condividere il tempo insieme, nel silenzio e nell’ascolto, nello scambio di saluti e di sorrisi, nella consapevolezza che le differenze ci sono, ma non sono la cifra più evidente della nostra vita. Potrebbe essere un’iniziativa da ripetere, da replicare altrove… basta solo un pizzico di buona volontà.