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Tag: tolleranza

L’ultima ragazza

L’ultima ragazza

Ho letto questo libro ormai tempo fa, saranno mesi. Mi era rimasto impresso per l’attualità della vicenda, l’insostenibile assurdità di quanto possa succedere ancora oggi, in questo mondo apparentemente globalizzato e ricoperto da una patina occidentale progressista. Si fatica a credere che non lontano da noi possano ancora verificarsi questi atteggiamenti e che valori ormai considerati acquisiti possano invece essere strumentalizzati e asfaltati senza pietà.

Persino il mondo religioso degli Yazidi, che mi era totalmente sconosciuto, mi fa toccare con mano che veramente con le briciole che conosciamo a volte costruiamo cattedrali traballanti e, sovente, incomplete. Perchè la vita è così grande e ricca che una esperienza sola, una fede sola e una sola cultura faticano a trasmettere. Ben venga il confronto e la reciproca conoscenza.

Poi ho trovato giorni fa (prima decina di marzo) queste parole del Papa, mentre tornava dal suo ultimo viaggio in Iraq e che ricordava ai giornalisti come era nata la decisione di fare un simile viaggio.

La decisione su questo viaggio viene da prima: il primo invito dall’ambasciatrice precedente, medico pediatra che era ambasciatrice dell’Iraq: brava, brava, ha insistito. Poi è venuta l’ambasciatrice in Italia, che è una donna di lotta. Poi è venuto il nuovo ambasciatore in Vaticano, che ha lottato. Prima, era venuto il presidente. Tutte queste cose sono rimaste dentro. Ma c’è una cosa in precedenza, che vorrei menzionare: una di voi [giornaliste] mi ha regalato l’edizione spagnola de “L’ultima ragazza” [di Nadia Murad]. Io l’ho letto in italiano. […] C’è la storia degli yazidi. E Nadia Murad lì racconta quella cosa terrificante, terrificante… Vi consiglio di leggerlo. In alcuni punti, siccome è biografico, potrà sembrare un po’ pesante, ma per me questo è il “telone” [il motivo] di fondo della mia decisione. Quel libro lavorava dentro, dentro… E anche quando ho ascoltato Nadia, che è venuta qui a raccontarmi le cose… Terribile! Poi, con il libro, tutte queste cose insieme hanno fatto la decisione, pensandole tutte, tutte le problematiche, tante… Ma alla fine è venuta la decisione e l’ho presa. (da 7cielo)

Così come è stato per l’enciclica “Fratelli tutti”, preparata dall’incontro di Abu Dhabi del 2019, probabilmente serviranno ancora anni per far maturare questo gesto inedito di papa Francesco, perché possa produrre frutti condivisi, da cristiani e musulmani.

Un passo dopo l’altro…

Un passo dopo l’altro…

Nel titolo c’è già molto: Un passo dopo l’altro: viaggio nell’Italia che resiste nonostante tutto. L’autore è Lorenzo Tosa, fino a poco fa un illustre sconosciuto per il sottoscritto, per poi scoprire che la sua presenza sui social è decisamente “tanta roba”, più di altri personaggi che fanno spola continua su tv e social frizzanti. Non sono un habituè della sopravvivenza social (nel senso che spesso è decisamente effimera), ma preferisco che abbiano un ruolo e una rilevanza in questo campo persone con valori e buon senso in testa. Mi sembra che in questo caso ci siamo, le attese e le ansie dell’autore sono davvero condivisibili.

Il libro invece mi ha fatto l’effetto di una maionese un po’ aspra, con tanti ingredienti ancora da amalgamare, qualcuno anche poco funzionale al gusto principale, che comunque si avverte da subito, cioè l’accoglienza, la tolleranza, l’apertura alle persone in quanto persone, il condividere della natura umana il fatto che siamo davvero tutti nella stessa barca. Non si tratta propriamente di un libro sui migranti (un settore in costante crescita) ma le storie raccontate nel testo lasciano trasparire in filigrana questa attenzione, come una traccia costante e pervasiva.

I capitoli sono apparentemente slegati, si inizia con i personaggi di Luciana e Liliana, poi si passa a Mimmo Lucano, dopo entrano in gioco altre figure, una calciatrice che ha fatto finalmente coming out, mixate con i viaggiatori del medesimo scompartimento del treno che l’autore ha preso, forse da Genova, per raggiungere la Calabria e incontrare il paese di Riace. Una sorta di viaggio nel profondo sud alla ricerca delle persone che resistono ad un certo degrado sociale e all’andazzo un po’ diffuso che attanaglia l’Italia di oggi, spesso appiattita su stereotipi ricorrenti, come quelli sui migranti che bisogna aiutarli a casa loro e che prima vengono le nostre esigenze di italiani e via saltando. Ogni capitolo scivola quasi da un personaggio ad un altro e solo dopo metà libro si iniziano a tirare con più logica le fila del discorso, evidenziando i protagonisti principali del testo, che pian pano si rivela più unitario e comprensibile.

Lo stile dell’autore, giustamente, non si discute, ma una lettura frazionata, come spesso ci capita di fare oggi, con i tempi sbrindellati e frettolosi, mal si adatta a questo testo, ci vorrebbe un tempo calmo per leggere attentamente i vari profili. Perché la storia che si dipana e le storie che vengono raccontate meritano decisamente una lettura attenta e una riflessione successiva. Basterebbe la storia di Luciana e Liliana, deportate ad Auschwitz quando erano appena adolescenti, la loro caparbia sopravvivenza nella follia dello sterminio e il lento recupero dopo la liberazione.

Il finale è forse un invito a prendere posizione, ad accompagnarsi a queste persone che si impegnano concretamente per una società più accogliente e aperta, un deciso invito alla speranza e ad una reazione concreta. Basterebbe questo a consigliarne la lettura.