Un mare che non può essere solo confine
Il Mediterraneo centrale oggi è il teatro di due tragedie intrecciate: quella delle persone migranti che cercano di attraversarlo e quella del popolo palestinese, assediato a Gaza, che guarda all’ori-zzonte in cerca di respiro.
Quel mare, che un tempo univa civiltà, oggi è frontiera, ferita, tomba.
Ma una flottiglia umanitaria, la più grande finora organizzata sotto il nome di Global Sumud, vuole cambiare la rotta e ricordarci che esiste ancora un’umanità capace di remare controco-rrente.
Sumud significa perseveranza, in arabo. Non è una parola vuota: è il cuore pulsante della dignità di chi resiste senza perdere se stesso.
A bordo di questa missione internazionale ci sono cibo, medicinali e una certezza: l’unica fron-tiera che vale è quella della solidarietà. L’obiettivo? Aprire un corridoio umanitario verso Gaza e rompere l’assedio che soffoca più di due milioni di persone.
Come dice Saif Abukeshek, uno degli organizzatori: “La speranza è la forma più radicale della re-sistenza palestinese.”

Una crisi umanitaria che grida giustizia
I numeri parlano, ma le immagini spesso gridano ancora di più.
Il 22 agosto 2025, l’IPC ha confermato la presenza di carestia a Gaza: più di 500.000 persone colpite. Entro fine settembre si prevede che oltre 640.000 persone saranno in fase 5 di emer-genza alimentare, e più di un milione in condizioni critiche.
Ma le cifre non parlano dei volti. Sono 63.000 le persone uccise in meno di due anni di guerra — tantissimi bambini. La comunità internazionale continua a parlare di diritti umani, mentre tollera fame, assedi e massacri di civili. Gaza è lo specchio crudele di questa contraddizione.
Non vogliamo abituarci
Il rischio più grande? L’assuefazione. Che la guerra diventi normalità. Che il dolore si riduca a un numero. Che il pianto dei bambini sia solo rumore di fondo.
Ogni giorno rischiamo di perdere la capacità di indignarci. Ma quando la morte diventa scenario, e la violenza routine, abbiamo perso qualcosa di più della pace: abbiamo perso la nostra uma-nità.
Serve un giornalismo critico, una cittadinanza vigile, una fede che non si rassegna. Perché tacere è complicità.

La politica scritta con i corpi
C’è una domanda che brucia: “Se la guerra è politica, perché a morire sono sempre gli inno-centi?”
Le ambizioni geopolitiche si scrivono su città distrutte, famiglie spezzate, corpi anonimi. Il dramma di Gaza è il fallimento di un sistema internazionale che ha dimenticato l’etica. La politica senza giustizia diventa macchina di morte. Cambiare linguaggio non basta. Serve cam-biare coscienza.
Voci che non si arrendono
Eppure non tutto è perduto. In tante città, le persone scendono in piazza, si organizzano, gridano giustizia. Questa indignazione viva è un seme di futuro.
Anche la flottiglia Global Sumud fa parte di questa resistenza civile: piccole barche, fragili ma cariche di dignità, che portano non solo aiuti, ma un messaggio: La speranza non è naufragata.
La fede che non si arrende
Chi crede, sa che Dio è dalla parte della vita. Una fede autentica non può rimanere muta mentre scorre sangue innocente. Il Vangelo non è un rifugio: è una chiamata. La pace vera nasce dalla giustizia, e la giustizia chiede coraggio, denuncia, impegno.
Non vogliamo abituarci alla violenza. Vogliamo educare il cuore alla fraternità. Vogliamo sce-gliere la vita, ogni giorno.
Un compito urgente e condiviso
Il giorno in cui le armi taceranno e le persone canteranno arriverà. Ma non arriverà da solo. Di-pende da noi. Da quello che facciamo oggi, qui.
Global Sumud ci ricorda che il futuro si costruisce anche dal basso: con piccoli gesti, con chi non si rassegna, con chi crede che la perseveranza sia più forte della paura.
Il Mediterraneo non può restare una fossa comune: deve tornare ad essere un mare di ospita-lità. Gaza non deve restare simbolo di rovina, ma terra di riconciliazione. E l’umanità non può continuare a voltarsi dall’altra parte senza pagarne un prezzo morale.
La flottiglia Global Sumud ci insegna questo: In tempi di buio, l’unica bussola che può salvarci è la difesa radicale della vita.
