IN RICORDO DI PAPA FRANCESCO Una bella sorpresa quella che ci ha fatto fr. Onorino qualche settimana fa.
Ha voluto ringraziare il Signore per il dono di Papa Francesco alla Chiesa e al mondo presentandoci e regalandoci il suo libro “Preghiamo con Papa Francesco”.
Riprendendo alcuni scritti del Papa li ha trasformati in preghiera, in “salmi per il nostro tempo”, sulla scia del classico libro di M. Quoist. I temi sono vari ed hanno tutti origine da significativi passaggi che papa Francesco ha regalato alla Chiesa, contenuti nei suoi documenti.
Le cento pagine di cui si compone il libro offrono pertanto abbondanti spunti di preghiera.
Sì perché, ci ha spiegato Onorino, “questo non è un libro da leggere, serve per pregare e meditare”.
L’8 maggio, trascorso da poco, si celebra la memoria del Beato fr. Henri Vergès, il primo martire dell’inverno islamico (mi piace pensare che la primavera sia ancora da coltivare con ostinata speranza).
L’autore di questo nuovo libro non è nuovo a simili approfondimenti, si tratta del monaco benedettino Martin McGee, che vive nell’abbazia di Worth, vicino a Londra. Particolarmente attratto dalla testimonianza del defunto Mons. Henri Teissier, il vescovo algerino amico di fr. Henri, si è poco alla volta innamorato della Chiesa d’Algeria e di questa insolita vocazione a vivere il Vangelo in modo radicale, in stretta relazione con il mondo musulmano. Ex insegnante di scuola superiore e maestro dei novizi, attualmente svolge il suo ministero nella casa di riposo dell’abbazia inglese. Ha già scritto diversi libri proprio sui diciannove martiri algerini. Il vescovo Teissier, morto nel 2020, che considerava il fratello Henri come il più significativo del gruppo, lo incoraggiò fortemente a scrivere questa biografia spirituale.
Il nuovo libro, questa volta in francese, uscirà in edicola e in formato cartaceo il 15 di maggio ma è già disponibile per l’acquisto online. Stimolato da questo “fervore” ho cercato di contattare l’autore, per capire meglio il suo interesse nei confronti del nostro Beato. E prontamente mi è arrivata la sua cortese risposta insieme all’autorizzazione a pubblicare la traduzione di un capitolo di un suo libro precedente, Martiri cristiani per il popolo musulmano, ecco le sue righe:
Sono lieto che abbiate tradotto il mio capitolo su Frère Henri per i vostri fratelli e amici italiani. Henri è davvero una luce nel nostro mondo di conflitti e divisioni. Merita di essere conosciuto più ampiamente. Per quanto riguarda la pubblicazione della traduzione, non ho problemi, anzi, ne sarei felicissimo...
E’ quindi con l’intenzione di approfondire la conoscenza di questa persona così quotidiana e così significativa che vi invitiamo alla lettura di queste brevi pagine:
Interessante anche, per chi si trova a Roma, è la visita della nuova sezione dedicata al memoriale dei nuovi Martiri del nostro tempo, curata dalla Comunità di S. Egidio, presso la basilica di S. Bartolomeo, nell’isola Tiberina. In una delle sale è visibile proprio il vestito arabo di fr. Henri, quella che nel nord Africa viene comunemente chiamata chilawa; peccato che la mostra sia visitabile solo nel fine settimana.
Ricordo con una certa emozione quando proprio il fr. Alain Delorme, il primo biografo del B. Henri Vergès, nel lontano giugno del 2004, ci aveva mostrato questa reliquia, ben custodita nel cassetto di un armadio. A quel tempo era conservata nella casa dell’Hermitage, nell’attesa di una collocazione più consona. Ora è stata donata alla basilica romana per darle il giusto rilievo.
La risposta di P. Martin McGee terminava con una proposta stimolante, probabilmente scaturita dall’avergli detto che sto vivendo a Melilla, questa piccola enclave spagnola in terra marocchina: “Hai per caso già visitato Notre-Dame de l’Atlas a Midelt, in Marocco? Sono sicuro che i frati vi accoglierebbero calorosamente.”
E scopro così che l’eredità dei monaci di Tibherine non si è depositata su qualche scaffale polveroso ma continua feconda ad essere presente, qui in terra d’Africa, presso il monastero di Nostra Signora dell’Atlante.
Sinceramente non conoscevo questa realtà sgorgata proprio dalla vita dei 7 monaci martiri di Algeria; si fa già molta fatica a censire le presenze cristiane su questa costa d’Africa. Da pochi mesi l’unica parrocchia della contigua città di Nador è stata “chiusa” (per il trasferimento della comunità di gesuiti che la guidava), la vicina diocesi di Tanger (vicina si fa per dire…) conta qualcosa come 10 o 12 parrocchie in tutto, su un territorio grande come l’intera Puglia. Le presenze di monaci sono decisamente rare; forse sarà il traguardo di una prossima visita… vedremo.
Settimana insolita, quella dal 7 al 12 di aprile, per un nutrito gruppo di fratelli maristi della nostra Provincia Mediterranea. Siamo stati a Roma per il Giubileo.
Da alcuni anni abbiamo ripreso la tradizione di vivere un momento di fraternità insieme, alla scoperta di alcune zone suggestive, per condividere momenti di fraternità e anche di relax. Lo scorso anno in Galizia, due anni fa nei paesi Baschi… e prima del Covid in altri angoli caratteristici della Spagna, quasi sempre grazie all’organizzazione di fr. Pedro Sanchez e di Serafino Ruiz. La proposta di quest’anno era sembrata a molti più interessante e valida: venire a Roma per unire al momento di vita insieme anche il pellegrinaggio del Giubileo della Speranza. Anche per questo i partecipanti erano davvero un bel gruppo, quasi 30 persone. E questa volta numerosi anche i fratelli italiani, tutta la comunità di Genova (Antonio, Pietro, Franco e Giancarlo), Mario da Siracusa, Giorgio da Melilla, Marino da Beirut…
Ci siamo così incontrati lunedì 7 aprile nell’accogliente cornice della Casa Generalizia, all’EUR per iniziare il nostro itinerario. Nei primi due giorni ci siamo concentrati sul cuore del Giubileo, San Pietro; insieme abbiamo vissuto alcuni momenti e il nostro visitare la basilica ha consentito a ciascuno di sentirsi pellegrino e itinerante. Naturalmente ciascuno al suo ritmo e con il proprio vissuto. Eravamo un gruppo di persone “mature” e ben motivate, camminare e muoversi in San Pietro è sempre un gesto carico di emozioni e di ricordi. Al mercoledì era prevista l’udienza con papa Francesco, ma date le sue condizioni di salute sapevamo che l’incontro era stato cancellato. E non siamo stati tra i fortunati che lo hanno potuto incontrare, rivestito dal suo poncho, negli spazi della Basilica. In compenso ci siamo radunati tutti all’interno del Vaticano, per la foto di rito davanti alla statua di San Marcellino, gesto che ormai sta diventando per tutti i maristi di Champagnat una gradevole tradizione.
Nella mattina di giovedì ci siamo recati a Viterbo, la città dei papi, dove si è svolto il primo conclave della storia; ripercorrendo la storia e riscoprendo i fatti di quel lunghissimo incontro di 19-20 cardinali nell’ormai lontano medioevo. Relativizzando e assaporando la storia si riesce a cogliere meglio l’evolversi delle cose, delle tradizioni, della fede stessa e questo per molti di noi era particolarmente interessante. Dopo il Palazzo dei Papi e la Cattedrale era poi d’obbligo infilarsi nei vicoli del quartiere Pellegrino e nelle stanze del Palazzo dei Priori, che ancora oggi ospitano le riunioni del Comune.
Venerdì mattina è stata la volta di Castelgandolfo, quella che era la residenza estiva, una volta, dei papi, visto che Francesco finora non ne ha minimamente approfittato (si coglieva un po’ di disappunto nelle spiegazioni della guida locale, per loro avere il papa come ospite estivo era più che una tradizione…); in serata, come ultimo appuntamento, il quartiere di Trastevere e abbiamo fatto appena in tempo per assistere alla preghiera quotidiana della Comunità di s. Egidio. Non è cosa da poco osservare la vitalità e la testimonianza che la fede cristiana a Roma continua ad essere, come diceva Paolo VI, un esempio per la chiesa intera.
Il bello di questa settimana, oltre a questi momenti speciali, è stato quello di poter condividere giorni e momenti insieme a confratelli che vivono la vita quotidiana in luoghi molto lontani. Dal Libano alla Sicilia, dall’Africa all’Andalucia… non sono molte le occasioni di stare insieme e abbiamo vissuto questi giorni come un regalo gradito.
Tante le foto e le chiacchiere, le passeggiate pomeridiane alla scoperta di Roma e i momenti conviviali. Difficile raccogliere tutto con precisione, l’essenziale resta nella nostra memoria e nel cuore.