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Qui di Natale ce n’è davvero tanto…

Qui di Natale ce n’è davvero tanto…

Sarebbe bello riprendere uno dei classici racconti di Natale di Buzzati, uno scrittore apparentemente ateo ma segnato da una profonda nostalgia per questo appuntamento annuale con la tenerezza…

Mi sarebbe piaciuto accompagnarlo in visita presso la scuola dove mi trovo adesso, qui a Melilla, un “cole” cattolico ma pieno di musulmani con qualche spolverata di altre fedi, davvero molto simile a quanto si incontra ogni giorno in queste zone di confine. Persino facendo i compiti con i bambini del doposcuola del Progetto Alfa, tutti musulmani, non si può fare a meno di notare che tra un compito e l’altro i quaderni rigurgitano alberi di Natale, scene del presepio, stelle comete e richiami per lo meno nordici, neve, pupazzi, renne, Babbi Natale… che stridono fortemente con la quotidianità, perché qui si incontra ancora tranquillamente gente in pantaloncini e maniche corte, alberi e giardini lussureggianti e quando il sole si alza nel cielo pieno di gabbiani il tepore è davvero accogliente, altro che “freddo e gelo”.

Sapevo che nell’ultima settimana di attività didattiche la nostra scuola si sarebbe trasformata per un giorno in un grande presepio vivente; tutto il cortile si sarebbe mutato in quella porzione di Betlemme che ha dato i natali a quel cambio di epoca nel quale siamo ancora immersi.

Tutti i docenti erano al lavoro, la sera prima, a sistemare con qualche alunno gli spazi, le scenografie, le cose più ingombranti: portali, casette, tavolate, piccole tende. A sera tarda erano ancora lì a verificare che tutto fosse a posto, sperando che l’umidità della notte non facesse troppi danni (e in questi giorni siamo stati davvero fortunati, con sole smagliante a non finire)…

Così la mattina dopo, la scuola è stata invasa da pastorelli, contadine, pescatori, antichi artigiani, angeli e centurioni romani, qualche sacerdote, un po’ di re magi (rigorosamente 3) e per la prima versione, in meno di mezz’oretta, tutti i figuranti erano pronti; a quel punto si sono aperti i cancelli per la prima ondata di genitori, accolti dai profeti e dai governanti, in alta uniforme e poi ha avuto inizio il delirio dei papà e mamme a zonzo per l’antica Betlemme, alla ricerca dei propri figli e degli immancabili appostamenti fotografici.

La scena si è ripetuta per tre volte nel corso della mattinata, per dare spazio a tutti nella visita ed evitare ingorghi (gli alunni in totale sono più di 800 mi conferma fr. Eulalio che tutte le mattine è fedele al suo prezioso impegno di salutarli tutti quanti all’ingresso) e l’ultimo drappello in visita ha iniziato dopo le 12.

Mi sono divertito anch’io a visitare i diversi stand, quello dei falegnami che imperterriti martellavano piccole sagome di legno (con martelli di plastica, per fortuna!) e le classi dei piccolini, metà in versione pecorelle e l’altra metà come pastori; poi le scene più impegnative, l’annunciazione, con un angelo quasi spavaldo e bene in mostra, mentre la piccola Maria era davvero nell’ombra… le altre scene di lavoro, compreso il banco dei pescivendoli (avevo suggerito di mettere dei pescatori lungo il fiume in carta argentata che divideva il cortile ma qualcuno si è anticipato anche con una certa pesca miracolosa); e poi il cuore della scena, la grotta, con tanto di angeli messaggeri (povere ragazze delle superiori, a dover restare con le braccia spalancate per rinforzare l’annuncio!), l’osteria con i Re Magi al riposo in vista dell’ultima tappa. Insomma, davvero uno spettacolo.

Che si gusta meglio con gli occhi e con le immagini di questo allestimento.

Pecore, pastori e rinoceronti

Pecore, pastori e rinoceronti

Da quanto? Da quanto tempo non facevamo insieme il presepe e l’albero, qui a casa nostra, una Sanremo dalle giornate terse e ormai invernali. Quei giorni che ruotano intorno all’Immacolata, tra una festa milanese per il 7 e un compleanno di mamma che si celebra proprio il 9. E così, vivendo tranquillamente alcuni momenti senza impegni particolari, Massimo si è attivato e pervaso dal sacro fuoco dell’entusiasmo ha fatto la proposta.

Facciamo l’albero, e il presepe. D’altra parte a Napoli e dintorni se non hai già allestito il “grosso” del presepe per l’8 dicembre siamo già un po’ fuori tradizione. Se no ti riduci al 23 dicembre, a tirar fuori frettolosamente qualche statuetta, una casina accartocciata, brandelli di muschio da smistare sul tavolino e un groviglio di lucette. Quest’anno avevamo il tempo giusto e ci siamo messi al lavoro. Perché dietro al presepe c’è più vita che pecore, più fascino che lucette…

Mi vengono sempre in mente a questo proposito i racconti di Natale di Buzzati. Da buon ateo devoto (sua la preghiera” Dio che non esisti, ti prego…”). Pensavo che qualcuno si fosse dedicato a raccogliere tutti i racconti che ha disseminato nelle sue opere; l’unico testo che ho trovato velocemente in giro è solo un generico “E se poi venisse davvero? Natale in casa Buzzati…“. Non so se ce ne sarebbe da compilare una raccolta ma ne ho usati spesso in occasioni natalizie; dagli antichi fotomontaggi, alle diapositive, ai powerpoint. Ce n’è troppo di Natale, il prete don Valentino che disperato viene mandato dal vescovo perché nella fredda cattedrale il buon Dio si è stufato di aspettare gli uomini, oppure i due bizzarri alieni che interrogano il prete chiedendogli spiegazioni mistiche sugli umani… E la sua sensibilità supera di certo la poca fantasia di tanti affezionati al presepe.

Ma torniamo alle scatole del presepe. 3 per l’esattezza. Qualcuna raccoglieva, come tesori di un museo chiuso da tempo, le statuine che forse avevano segnato i miei primi presepi; qualcosa come 50 anni fa, verrebbe quasi da dire “bei tempi”. Così con Massimo abbiamo messo sul tavolo tutti i personaggi presenti. E qui cominciano i problemi. Passi per i 2 sangiuseppe e il quarto remagio, ma che cosa ci faceva un rinoceronte tra gli animali del presepe? Aveva marcato male all’apello delle pecore, era invidioso delle due corna del bue? A scanso di equivoci lo abbiamo radiato dal presepe, seduta stante, e rispedito allo zoo, cambiandogli definitivamente di scatola. Le pecore erano in buona forma, una mezza dozzina. C’era persino il pastore della meraviglia, quello che vede la luce e rimane estasiato; deve arrivare di gran corsa l’angelo a svegliarlo e dirgli di sbrigarsi ad andare con gli altri. Anche per gli angeli eravamo messi bene, un paio al completo e poi il mistero di un paio di ali che non siamo riusciti a rifilare a nessuno, nè ad un pastore un po’ anonimo e tantomeno a una mugnaia con la sporta sul fianco. Infine un agglomerato di casette da farci un rione sanità in miniatura.

Insomma, i pezzi c’erano e per non far torto a nessuno li abbiamo sistemati quasi in fila indiana, salomonicamente divisi a metà tra destra e sinistra, a scanso di rimpasti politici. Ora toccava all’albero. Eravamo convinti di avere il nostro bel spelacchio da sistemare, in due pezzi, ma poi ci siamo resi conto che erano due mini-alberelli. E anche in questo caso abbiamo optato per la lex difficilior, scegliendo il migliore, cioè quello con la punta meno svampita. A questo punto abbiamo pianificato in 3D un attento studio di masse e volumi e sistemando alcuni mobili che nei prossimi 20/30 giorni potevano benissimo essere messi in quarantena, ci siamo avviati a completare l’embrione dell’opera.

Insomma, tra una reminiscenza dei tempi passati, un’autopsia di qualche statuina malconcia e l’analisi semiologica dei testi per avvalorare ardite tesi ermeneutiche (“se i pastori e le pecore dormivano all’aperto non poteva certo essere il 25 dicembre….”) abbiamo dedicato un bel momento della serata a questa preparazione. Mamma, in disparte, apprezzava il lavoro, fornendo a volte qualche consiglio per riutilizzare tutto l’utilizzabile. Si fa Natale anche così.

Ci mancano solo un po’ di lucette, qualche fascia di contorno e qualche pianta (mica può mancare una stella di natale a suggerire la selva, o lo spatifillo in gran forma, piante sicuramente abbondanti sulle brulle colline di Betlemme, a oltre 900 m. slm!). Intanto i protagonisti principali aspettano per l’entrata in scena clamorosa della notte santa.
Così alla fine ci siamo fermati a contemplare il risultato. Certo, manca ancora tempo e manca ancora molto per sistemare le cose al posto giusto… Ma anche questo aiuta a contemplare in anticipo il mistero di questa vita che continua a nascere in tanti modi diversi e luoghi impensati.

Qualche foto dei preparativi di albero e presepe aspettando Natale

Tira chuches! Por favor…

Tira chuches! Por favor…

Sabato sera, 5 gennaio, centro di Alicante. Non sono qui per caso, di rientro dal capitolo provinciale marista che si è svolto a Guardamar (e ogni volta che capito da queste parti il luogo esercita sempre un forte richiamo, si vede dai post su Instagram?)

Passare la vigilia dell’epifania ad Alicante significa per forza poter vivere la speciale ricorrenza della cavalcata de los Reyes, una tradizione profondamente spagnola, dedicata soprattutto ai bambini, che ricorda il corteo dei Re magi che portano i doni al bambino di Betlemme. La città è in festa, vedi rivoli di persone, famiglie e gruppi che dalle 18 si avvicinano al centro. Intorno al palazzo della Diputaciòn si raccolgono i vari gruppi, i corpi musicali, i carri organizzati dalle parrocchie, dai quartieri, dalle associazioni, persino dai centri commerciali. Poi dalle 19 inizia la passeggiata, il percorso attraverso le vie cittadine, con un intenso lancio di dolci e caramelle per la gioia dei grandi e dei piccini. La bimba vicino a me continuava a gridare il suo refrain “tira chuches – lancia i dolci” sperando poi di riuscire anche a raccoglierli. E vedere questa sfilata attraverso gli occhi dei bambini diventa una festa anche per i grandi.

5 gennaio 2019: Ecco le immagini di questa cavalcata regale