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Categoria: religion

Ramadan Mubarak

Ramadan Mubarak

Quest’anno il Ramadan ha coinciso in larga parte con le celebrazioni cristiane della Pasqua. Qui a Melilla, con le scuole chiuse anche nella settimana prima di quella santa (2 settimane di vacanza, quasi come a Natale…) si avverte ancora di più la portata di questo periodo.

In molte occasioni, stando a contatto e lavorando con tante persone musulmane, abbiamo dovuto cambiare gli orari delle lezioni, spostare incontri e rinviare attività. Dai colloqui con alcune alunne restavamo anche stupiti dal fatto che ogni giorno, alla rottura del digiuno, la festa si prolungasse poi a lungo. Insomma, è un periodo di digiuno ma soprattutto di incontri e di feste in famiglia e tra vicini; spesso il momento in cui si iniziava a mangiare, verso le 19:30 (variabili a seconda del giorno) durava fino a notte inoltrata e poi bisognava svegliarsi preso, prima dell’alba, per la preghiera e la colazione iniziale. L’ora legale non ha certo aiutato molto e poi qui a Melilla, circondati come siamo dal territorio del Marocco, dove si segue un’ora diversa (un’ora in meno), la confusione può nascere. A risolvere il problema per evitare un possibile jet lag ci pensano le lunghe code per poter passare la frontiera, spesso lunghe ed estenuanti.

La conclusione del Ramadan prevede una grande preghiera corale, tutti insieme, in uno spazio che possa accogliere le tante persone. Ricordo che a Siracusa erano soprattutto le nostre “ragazze” Nina e Rosa, a garantire una presenza in questo momento con i nostri amici migranti, per la maggior parte musulmani, pur sapendo che, come donne, dovevano aspettare e restare presenti abbastanza da lontano. Ma gli auguri e gli abbracci sono poi per tutti.

Qui a Melilla siamo andati, con Ventura, Eulalio e anche Damiano, per essere presenti a questo speciale momento e anche per toccare con mano la presenza e la consistenza della popolazione musulmana. La zona per la preghiera era la grande piazza dove si svolge la feria della città, lo spazio non mancava di certo. L’appuntamento era per le 9 del mattino, però mentre andavamo, in macchina, si vedevano ancora frotte di persone, gruppi di giovani, famiglie intere, tutti vestiti con la loro bella djellaba, la tipica tunica della festa araba, in cammino verso il raduno. Insomma, il concetto di puntualità è decisamente “flessibile”.

Di “curiosi” ne ho visto pochi, tanti giornalisti, fotografi, addetti alle riprese della tv locale (tv Melilla), forze di polizia e guardia nacional. D’alta parte non è che quando si va in chiesa per la veglia pasquale ci siano frotte di spettatori non partecipanti…

E mi ha fatto davvero piacere vedere ad un certo punto una ragazzina tutta elegantemente vestita che mi viene incontro e mi saluta allegramente, perché… è una delle bambine che seguiamo al doposcuola. Incontro anche l’amico Lorenzo, uno dei pochi italiani di questa città, che lavora per Acnur. Immancabili poi gli operatori (autorizzati) di droni per riprendere la grande spianata di gente in preghiera.

Ogni fedele, con il suo bravo tappetino (in mancanza del quale ho visto anche ragazzi dividersi bellamente un cartone, l’importante è marcare la differenza con il suolo “terreno”), in ordine calcolato, erano pronti per l’inizio della preghiera. La prima parte, una ventina di minuti, rigorosamente in arabo, con inviti alla preghiera, versetti e risposte corali. Suggestivo il colpo d’occhio sulle tante persone, davanti, in prima fila, gli uomini e dietro la folta schiera delle donne; i bambini piccoli possono liberamente decidere con chi stare e di famiglie variamente composite se ne vedevano tante.

Poi, dopo il momento di preghiera, l’ascolto. L’intervento dell’imam era ovviamente in spagnolo, e oltre a sottolineare l’importanza dell’evento, rimarcava che ogni musulmano è fratello di tutti… i musulmani. E’ già un bel passo avanti, sarebbe bello trovare i giusti interlocutori per allargare questi confini, che sicuramente sono più limiti che spiragli. Ma non è questo il momento.

Al termine della preghiera in molti si sono avvicinati ai tavoli imbanditi con dolci, datteri, acqua e succhi… a ben pensarci, il Ramadan condivide con la nostra quaresima questo impegno verso il digiuno, ma passare tutta la giornata, dal sorgere del sole al suo tramonto senza mangiare nè bere, è davvero una bella sfida. Rapidamente, poi, la piazza si è svuotata perché la festa va vissuta soprattutto a casa, insieme alla famiglia. Tante le persone che si sono recate in Marocco, si parlava di una coda di 3-4 ore per il controllo dei documenti…

I giorni di conclusione della festa sono una sorta di periodo natalizio, tante feste tutte insieme, anche se fino all’ultimo non era chiaro quando finisse veramente il Ramadan, dato che ogni località può seguire una indicazione differente fornita dall’iman locale, in base alla visibilità della luna… (per noi che seguiamo in modo maniacale il calendario, questi margini di fantasia ci lasciano un po’ perplessi, ma così è), per quanto riguarda il lavoro e le attività, il tutto riprende un po’ a rilento. Gli esercizi sono ancora semichiusi (trovare un bar aperto nel pomeriggio, anche solo alle 18, è un’impresa qui a Melilla!) e anche noi abbiamo deciso che il ritmo delle lezioni con i ragazzi marocchini riprenderà in modo regolare solo dal 15 aprile.

Doveroso, a questo punto, uno sguardo alle foto della giornata.

Dalle Palme alla Pasqua

Dalle Palme alla Pasqua

Che dire di questi giorni così speciali e importanti. Tante cose, qualcuna molto di fretta e altre da vivere con la calma che respinge persino la voglia di metterle per iscritto…

Mi sono trovato nella splendida Malaga per un lungo fine settimana, dal giovedì al sabato sera; giusto il tempo per girovagare senza meta nel suo centro storico, proprio nei giorni speciali di chi si prepara alla Pasqua; tante confraternite sul… piede di guerra per gli ultimi preparativi e gli ultimi traslados (spostamenti dal loro centro-magazzino fino alla chiesa di riferimento). Resti antichi e modernissimi (dall’anfiteatro romano al variopinto Centre Pompidou…) in una città presa d’assalto dai turisti (quanti italiani ho incontrato, ad orecchio).

Chissà se oltre alle tante immagini di Malaga mi verranno anche delle parole…

Pensavo quasi di prolungare la visita anche per la Domenica delle Palme, ma l’amico Keko mi ha invitato ad andare con lui a Priego di Cordoba, per la processione del giorno. Pensavo alla solita processione che da noi in Italia si fa prima della messa, un festoso ingresso con rami di palme e di ulivo… quanto mi sbagliavo. In questa cittadina fino a pochi anni fa c’era una scuola marista e i contatti sono tuttora forti e vivaci; Keko era stato invitato proprio a questo titolo, come ultimo direttore marista della scuola. Ma la processione del giorno non si fa prima della messa, benì dopo e con una intensità e durata ben diverse da quanto potevo immaginare. Due bande, due grandi immagini da trasportare per il paese e quindi, mettere in conto almeno 3 ore! Processione di folla, ma la gente del paese era solo ai bordi, senza mettersi in coda, riservata alle confraternite, al clero, alle autorità. Davvero suggestivo e impegnativo. Trovato anche il tempo di dare uno sguardo a questo bel paese, dalla fontana con 139 cannelle alle viuzze interne curatissime e grondanti di fiori.

Anche in questo caso parlano (e qualcuna suona pure) le immagini e i video del giorno

E infine la settimana santa. Avevamo previsto di partecipare al ritiro marista di Fuentheridos; ma non avevamo calcolato tutta la pioggia che abbiamo incontrato in questi giorni di calma e di riflessione nella splendida cornice di Villa Onuba. Siamo arrivati con la pioggia e tranne la mattinata del venerdì santo siamo ripartiti con la stessa pioggia, quasi incessante per l’intera settimana. Giustamente l’occasione buona per non divagare o smarrirsi troppo in giro. Ma sappiamo che l’acqua serve e soprattutto qui in Spagna la siccità non è una vaga prospettiva, ma una situazione critica che coinvolge molte zone. Dopo questa settimana, speriamo, un po’ di meno.

Qualche immagine, tra una goccia e l’altra, sono riuscito a recuperarla…

Toccata e fuga in Marocco

Toccata e fuga in Marocco

Faccio ancora fatica a decrittare il nome di questa città: sulle mappe figura come Al Hoseima, ma le varianti locali sono variopinte e ognuno lo scrive come può, con la S o con la C (di derivazione francese), tanto vale scriverlo in arabo, الحسيمة‎…
Fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno che esistesse, perché da Melilla non è poi così facile fare una toccata e fuga nelle vicine zone del Marocco; il primo intoppo è costituito dalla frontiera, che rappresenta sempre un’incognita; bastano poche macchine in più nella coda e l’attesa può dilatare di ore.

Avevamo scelto un giorno infrasettimanale, il martedì, per iniziare il nostro rapido viaggio di due giorni, confidando nelle vacanze scolastiche di Melilla (per la Pasqua sono previste ben 2 settimane di vacanza, quasi come a Natale) e quindi meno attività, meno viaggi. Ci è andata davvero bene, perché il passaggio alla frontiera è stato rapido, appena un’ora di coda e di controlli. Così, sfiorando la città di Nador, ci siamo diretti verso Al Hoseima; sulla carta un viaggio semplice, meno di 150 km, ma la presenza di numerosi cantieri lungo il tratto iniziale (interessante vedere come il traffico non si ferma nemmeno a fianco delle escavatrici in azione, senza troppa attenzione per la sicurezza…) hanno allungato un po’ i tempi.

La strada seguiva passo passo la costa, molto frastagliata e spesso a saliscendi e vedere un tratto così lungo di strada senza case, servizi, pompe di benzina (nessuna in 100 km!) o altro mi sembrava davvero insolito. Quando poi siamo arrivati in una zona meno selvaggia e più pianeggiante, allora sono iniziati anche i normali assembramenti, le case, le zone coltivate (ma qui la siccità è piuttosto evidente). Finalmente siamo arrivati alla nostra meta, la città di Al Hoseima. Perché il nostro viaggio non era certo un’avventura alla cieca. Jesus, il responsabile della nostra comunità, aveva incontrato tempo fa il parroco di questa cittadina (se non sbaglio in tutta la diocesi di Tanger le parrocchie sono meno di 15, distribuite col contagocce, tutte molto distanti una dall’altra, dopo Nador, questa di Al Hoseima è la seconda parrocchia più vicina a Melilla!), l’invito era scattato quasi in automatico, perché in un contesto simile poter incontrare qualcuno con il quale condividere la lingua, le abitudini e le cose importanti non è certo un dettaglio da poco. La parrocchia in questione è gestita dai Padri Trinitari, una famiglia religiosa quasi millenaria; sono due i padri presenti nella comunità, ma in questi giorni uno di loro era impegnato a Rabat per il rinnovo dei documenti e siccome p. Emanuel era anche reduce da una piccola operazione, la visita rappresentava anche un gesto concreto di vicinanza.

Sempre più mi accorgo che in queste zone un po’ ai limiti del nostro piccolo mondo, si incontrano le esperienze più significative, quasi come pensare che ai margini della vita si incontrano gli estremi, spesso le cose più interessanti.
P. Emanuel ci ha mostrato la sua semplice realtà, l’edificio e la chiesa (prima di loro c’erano i francescani), le iniziative in corso, il laboratorio di cucito (ormai mi sembra un classico!) la piccola scuoletta di avviamento all’imprenditorialità… i segni di una presenza pacifica.
Dalla visita a questa piccola realtà trovo confermata questa ipotesi, perché davvero in un luogo come questo si apprezza e si comprende il senso di essere come un pizzico di lievito nella farina impastata. I numeri della parrocchia non hanno nulla a che vedere con le nostre esperienze occidentali (se solo penso alla realtà di una Giugliano con le sue tante parrocchie, o anche solo a Cesano Maderno che nonostante la ristrutturazione pastorale può ancora considerarsi divisa in almeno 7 parrocchie… qui i conti sono di tutt’altra dimensione).

Quando va bene e ci sono tutti, alla domenica la comunità parrocchiale sfiora le 20 persone! Oltre ai Trinitari si può contare sulla presenza dei Fratelli della Croce Bianca (niente a che vedere con le nostre ambulanze colorate, si tratta di una famiglia religiosa spagnola, ampiamente diffusa, qui in Marocco oltre a questa hanno un’altra sede a Tanger) che qui gestiscono un centro diurno per adulti con problemi psichici e di disabilità, ubicato proprio al lato della parrocchia; poi ci sono le suore della Divina Infantita che operano nell’ospedale cittadino: sono tre sorelle, la più “arzilla” delle quali ha 83 anni, uno si chiede cosa possano ancora fare tra le corsie, ma poi ti dicono che la struttura ospedaliera locale quando ha costruito la nuova sede ha realizzato addirittura una casa per questa comunità, e l’hanno posizionata proprio all’interno dell’ospedale, tanto le considerano preziose…, risulta evidente che l’apporto di questo piccolo drappello di donne deve essere davvero significativo!

P. Emanuel, che ci ha ospitato, spagnolo anche lui, riassume brevemente la realtà della quale è il “pastore”, insieme al suo confratello di nazionalità olandese (sono parroci “in solido”, con le stesse prerogative); gli facciamo notare che la chiesa di Nador non ha nemmeno la campana e che comunque non la potrebbero suonare, per la stretta legislazione marrocchina che non consente altre presenze religiose così evidenti. Qui invece le cose sono diverse, ci dice, alla domenica qualche rintocco di campana si può fare, prima della messa delle 11. Basti pensare che nella sede del centro diurno della Croce Bianca i muratori stanno realizzando un piccolo spazio per la preghiera dei musulmani, insomma, una piccola moschea dentro gli spazi della comunità cattolica!… Ovvio che nessuno si azzarda a chiedere di poter realizzare una cappella dentro una moschea locale, però si avverte che si vive in un contesto abbastanza tranquillo e tollerante. Ricordiamoci che siamo nel nord del Marocco e ci sono ancora presenze ideologiche legate alla ricerca di una autonomia locale (siamo nei territori del Rif, berberi da sempre), la lingua araba non è quella utilizzata da tutti, qui predomina ancora l’antica parlata tamazight, insomma, una realtà meno monolitica e identitaria rispetto ad altri luoghi.

Padre Emanuel ci fa un po’ da guida per le zone significative della città, gli scorci marini davvero suggestivi, le spiagge pittoresche, i nuovi quartieri abbarbicati sulle ripide colline (dove la macchina fatica persino ad inerpicarsi); accanto ad ogni nuovo insediamento, immancabile, una svettante mezquita. Mi dicono che l’impulso dato dal re, Mohammed VI è particolarmente vivace in questo senso, si nota una espansione molto orientata ad una presenza musulmana evidente e totalizzante; la città ha una evidente vocazione turistica, tutti i nuovi quartieri sono sorti per questo motivo, d’estate la popolazione si triplica per l’arrivo di tante famiglie che si sono trasferite in Europa e tornano per le vacanze, ma anche per i numerosi turisti europei che sfruttano queste zone ancora un po’ selvagge e pionieristiche. Peccato solo per la fretta costruttiva e per il totale disinteresse all’ambiente; sporcizia e spazzatura in grande quantità, scenari deturpati da rifiuti abbandonati quasi ovunque. Per uno sguardo occidentale senza tanta memoria sembra un’offesa al buon senso, ma se ripenso a certi paesaggi italiani di solo 20 o 30 anni fa, rivedo alcune costanti. Forse è solo questione di tempo e di adeguamento ai nuovi canoni; ci vuole pazienza per raggiungere un equilibrio più decente.

Ci siamo anche avventurati nel mercato locale, il souk marocchino, in questi giorni di Ramadan sicuramente iaffollato n tono minore. Ma sfilare tra bancarelle sovraccariche di mercanzie, gabbie di galline stipate, galli allacciati con un cordino e liberi di scagazzare serenamente, ripiani in marmo ricolmi di pesce, probabilmente appena pescato, verdure e spezie in abbondanza, il tutto condito da richiami e vociare ovviamente per noi incomprensibili… ha il suo fascino, forse un po’ assordante ed esagerato, ma molto suggestivo.

L’ultimo momento condiviso insieme lo viviamo a tavola, ne approfitto per un revival patriottico e preparo due spaghetti al volo, vedo che P. Emanuel, che ha vissuto alcuni anni a Roma, apprezza volentieri questa proposta. Siamo praticamente in 3 a tavola, visto che Jesus in questi casi non è tanto una buona forchetta.
Azzardo un cauto: “butto giù 200/ facciamo 250 grammi di pasta?”
“Stiamo scherzando? – replica Emanuel – Il pacchetto è da mezzo chilo, poi quando mi ricapita un’occasione come questa? Mettilo tutto intero!” E in effetti basta poco, un semplice sugo all’aglio e un pomodoro fresco per risvegliare le narici. Nel frigo c’è anche una busta di formaggio grattugiato. Cosa vuoi di più dalla vita… E il mezzo chilo di pasta finisce rapidamente, tra una chiacchierata ed un ricordo.
Diamo il ben servito anche ad una bottiglia di vino marocchino. E’ vero, nell’Islam non si usa, ma per il “mercato” si fa questo e altro. Ed è un vino niente male, corposo e saporito. Addirittura Emanule ci conferma che ci sono ben 2 negozi che vendono bevande e liquori.

Ormai siamo quasi in partenza; nella stanza avevo adocchiato alcuni libri interessanti, in particolare quelli sul tema del confronto tra cristianesimo e islam, un tema che qui ha il sapore del quotidiano, non certo del semplice approfondimento telogico, Chiedo allora qualche consiglio al nostro esperto. Poi mi sarei messo alla ricerca, possibilmente online, di alcuni di questi titoli. Che sorpresa quando, giorni dopo, mi sono accorto del valore di uno di questi libri in bella evidenza: si tratta del libro El Islam, di Montserrat Abumalham , non esiste in versione digitale e l’unica copia cartacea viene venduta a oltre… 700 €!
Devo avvisare Emanuele di conservarla bene, potrebbe servire come preziosa merce di scambio!
Decisamente le cose migliori avvengono a bordo tavola. Mentre riprendiamo in macchina la via del ritorno, penso di aver raccolto molto materiale su cui riflettere per i prossimi giorni.

E naturalmente, qualche scatto ci scappa sempre, ecco l’album di questo viaggio ad Al Hoseima

Concludiamo la visita al centro Hindù

Concludiamo la visita al centro Hindù

La conclusione del nostro tour dei centri sacri di Melilla si è conclusa nel piccolo centro culturale hindù, dove ci aspettava l’amico Ramesh (anche lui volontario del progetto Alfa).

Il centro è ospitato in un piccolo locale in una delle vie centrali della cittadina, ci sono progetti per un suo trasferimento ed ampliamento, ma per il momento sono aperte solo le trattative politiche (quindi i tempi saranno sicuramente lunghi).

Anche in questo caso siamo invitati a “toglierci i calzari”, per renderci conto che la cosa più importante è il nostro atteggiamento di ascolto e attenzione. Il luogo risente del tipico atteggiamento rasserenante e un po’ sintetico della cultura indù. Ramesh ci ha raccontato di come una piccola comunità, presente sul territorio solo a partire dalla metà del secolo scorso sia riuscita a contribuire in modo così efficace e significativa sulle dinamiche della cittadina intera.

Quando ancora non c’erano i tanti negozi cinesi che ormai sono presenti un po’ in tutte le nostre grandi città, l’appalto, per così dire, di tante attività economiche legate ai prodotti di tecnologia erano proprio delle famiglie indiane; questo loro impegno produceva ovviamente un giro economico ampio e una conseguente capacità imprenditoriale di spicco, tante le persone coinvolte e il vantaggio reciproco. Melilla godeva a quei tempi di uno status di zona commerciale franca, con iva agevolata…

Ma oltre al business la cosa interessante è stato il crescere e il consolidarsi di una cultura diversa da quelle già esistenti. Cristiani, musulmani ed ebrei vantavano una lunga tradizione, feste e gesti radicati ormai nel tempo; gli indù si sono inseriti in questo filone, inserendo le loro tradizioni peculiari, come la festa del Diwali (capodanno) che poco alla volta è diventata un appuntamento fisso e gradito. Nel contempo la partecipazione alla vita sociale e a quella educativa (sia Ramesh che i figli sono ex-alunni del collegio La Salle) hanno rinsaldato i contatti.

Dal punto di vista religioso l’hinduismo presentato nella sua versione locale è davvero molto “comprensivo”. Si entra nel locale e ci accoglie la scritta “namastè”, vicino alle statue di Ganesh e delle principali divinità indù, ma nella parte di fondo trovi anche la Vergine del Rocio e un bel volto di Gesù. Ramesh partecipa come portatore di una confraternita cattolica, frequenta senza problemi i gesti pubblici della nostra parrocchia, è ben voluto e apprezzato da tanti. E poi gli inù sono decisamente un piccolo gruppo, meno di un centinaio di persone.

Ramesh insiste sul fatto che “ciò che fa bene alla tua anima fa bene anche alla mia” e questo sincretismo, molto concreto è l’elemento che spicca maggiormente.

e qui riporto l’album fotografico del nostro tour dei luoghi sacri di Melilla

Visita della sinagoga di Melilla

Visita della sinagoga di Melilla

Ed eccoci in visita alla Sinagoga di Melilla; a prima vista ci si imbatte nel dehor di un bar, con i suoi tavolini e le sedie, in un piccolo rientro dalla strada, non lontani dalla chiesa del Sagrado Corazon. Una scala al fondo porta ad inoltrarsi nei vicoli, tra case ormai un po’ logore dal tempo.

Non aspettatevi un ingresso maestoso, con portali e insegne. Un semplice portone, da condominio, con il simbolo della stella davidica, come anche tutte le altre porte del piano terra di questo edificio. Si sale fino al secondo piano di questo palazzo prima di giungere al cuore di questa sinagoga, la principale delle attuali 6 sinagoghe presenti a Melilla (il nostro anfitrione, Salomon, ci racconterà che a metà secolo scorso il numero era ancora maggiore, raggiungendo la soglia delle 26, ma si sa, la sinagoga riveste soprattutto un carattere familiare più che istituzionale). Così entriamo nel cuore della Sinagoga Or Zaruah.

Il nostro gruppo si raduna nella zona centrale, proprio davanti al tavolo sul quale svetta un grande candelabro. Ecco il primo problema: ci aspettavamo una classica menorah con 7 bracci, ma qui troviamo una piccola anomalia: i bracci sono 8; un candelabro perfettamente simmetrico. E la domanda inizia a sedimentare.

Salomon ci spiega qualcosa della presenza ebraica in questa città, in controtendenza con quanto avvenuto nella Spagna del dopo-reconquista. Qui nessuna espulsione o veto; le numerose famiglie ebraiche hanno continuato, rafforzandosi, la loro presenza e confermando i caratteri di una pacifica convivenza nella situazione locale, che vede una presenza massiccia di cattolici e musulmani (gli hindù sono un retaggio recente e numericamente esiguo).

Ci illustra i vari elementi della sinagoga, come tutte abbastanza spoglia e ornata solo di qualche lapide commemorativa, splendidi lampadari, finestre dai vetri colorati e poco altro. Oltre alla menorah centrale ci sono poi i supporti che servono per ospitare i rotoli del libro sacro. A questo punto ci ricorda che i sacri testi della bibbia sono ancora quelli scritti nella versione più antica, senza nessuna facilitazione per le vocali (come è invece il testo masoretico che aggiunge piccoli segni, “spiriti” alle diverse consonanti semitiche) e quindi il lettore deve essere ben esperto. E finalmente ci spiega il mistero degli 8 bracci: solo Dio è perfetto e quindi questa imperfezione, questo sbaglio diciamo, ci ricorda una verità profonda. Mi sembra quasi di ricordare l’abbazia di Staffarda, con le sue errate proporzioni, gli errori voluti di architettura che quasi sfidano la statica, con il medesimo intento di ricordarci che la perfezione è solo divina e noi possiamo solo avvicinarci a questo traguardo, senza però raggiungerlo. Questa, almeno, la sua spiegazione.

Sul retro spicca il matroneo, simile ad un coro nostrano; è ancora oggi il luogo dove si radunano le donne per la preghiera dello shabbat; per le nostre professoresse in visita, però, nessun problema, i “turisti” sono altra cosa rispetto ai fedeli. Agli uomini non è stato nemmeno richiesto di mettere una kippà in testa (altro simbolo che il Signore, l’altissimo, è “al di sopra di tutto e tutti”) che rimangono disponibili sul tavolo all’ingresso.

Uscendo notiamo un pannello elettrico con numerose candele votive accese: è il modo concreto di ricordare i defunti recentemente scomparsi. Nel cimitero locale c’è uno spazio per gli ebrei (quello musulmano invece, dati i numeri, è situato in altra zona) ma questo ricordo immediato risulta molto più evidente e concreto.

Interessante anche ascoltare da un ebreo come viene vissuto il sabato, superando certe visioni un po’ pittoresche (nessun lavoro, nessun gesto servile, nemmeno il cucinare…), l’esempio del cellulare, che risulta interdetto per l’intera durata del sabato convince più di altre esegesi: poter dedicare questo tempo sacro alle persone, alla preghiera, bypassando totalmente il resto delle attività settimanali, senza le continue distrazioni di una chiamata, di un messaggino, di un selfie… è un richiamo forte e significativo.

anche qui riporto l’album fotografico del nostro tour dei luoghi sacri di Melilla