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Nei pressi della necropoli di Cassibile

Nei pressi della necropoli di Cassibile

Ecco un altro itinerario abbastanza semplice da percorrere, sempre nei pressi di Cassibile. Appena usciti dall’autostrada (quando è aperta e non ci sono lavori in corso, come in questi giorni), si svolta subito a destra e subito oltrepassato il ponte si deve prendere quella piccola strada a asfaltata a sinistra, farcita di cartelli ormai slavati dal tempo e piuttosto confusionari. Ma la direzione è quella.

Sempre in macchina si giunge fino al primo bivio, proprio nei pressi della dimora storica del Marchese; qui conviene lasciare la macchina e iniziare a scarpinare. La prima volta, un paio di anni fa, avevo percorso questo sentiero, a tratti, persino in bici, ma il fondo non è proprio agevole e il timore di bucare (avendo una bici abbastanza normale) mi ha consigliato di utilizzare il più sensato cavallo di san Francesco. E questa volta mi ero portato addirittura le racchette. Le mie ginocchia, sentitamente, ringraziano.

Dalla dimora del marchese (con quell’esilarante cartello che invita i postini a suonare “a destra, vicino alla porticedda di ferro”) inizia il sentiero vero e proprio. Non riporto questa volta la mappa perché nella sitografia, in fondo a queste righe, ho scoperto che l’itinerario presente su Wikiloc è esattamente quello da seguire. Di alternative non ce ne sono.

La strada è una tipica interpoderale, bordata spesso da canaline in cemento o metallo per l’irrigazione; ai lati si trovano ampie coltivazioni di mandorli e olivi, poi si aprono anche spiazzi a grano. in questi giorni di inizio stagione, con una temperatura quasi fresca, difficile incontrare alte persone. Si prosegue quindi per una ventina di minuti, fino a giungere all’unico bivio, dove la strada quasi finisce e rimane sono la scelta tra la sinistra, verso il mare e la foce del Cassibile e la destra, che punta verso le balze delle montagne. Intanto già negli ultimi 2-300 metri è facile notare la balza rocciosa costellata di cavità e piccole aperture. Siamo già nel territorio della necropoli.

Seguendo la strada a destra si giunge rapidamente al cuore della necropoli stessa. Una curva che segue l’orografia del terreno e con un ponte in roccia supera un ruscello, che in questi giorni è completamente asciutto; siamo ormai nel vallone di s.Anna, che racchiude come uno scrigno le tante cavità di questa necropoli. Si tratta della seconda per numero di resti di tutta la Sicilia, seconda solo a quella di Pantalica, che in linea d’aria dista poche decine di km.

Superata la curva appare un cancello, arrugginito e ormai bloccato, un abbeveratoio di cemento, arido e senza nemmeno il tubo di collegamento; poi sulla destra un piccolo caseggiato, aperto. Al suo interno, per fortuna poco vandalizzato, ma vuoto e contenente solo ciarpame e un vascone per l’acqua (rigorosamente “non potabile”, come avvisa la scritta). Probabilmente era la sede di una ipotetica portineria/magazzino del sito archeologico. Da qui inizia un recinto in rete metallica, realizzato su muretto di cemento che delinea un ampia porzione di zona “riservata”. Sulla strada si apre invece una grande cavità rupestre, adibita ad ovile (il naso non mente!), che sicuramente è ancora utilizzata. Percorro i bordi di questa zona recintata, che racchiude sicuramente alcuni dei pezzi più interessanti.

Come spesso capita, sicuramente per l’abbandono prolungato, le alternative per la visita si possono trovare. Mi muovo sempre con attenzione e grande cura, per non rovinare nulla, ma almeno “vedere” mi sembra necessario. Senza voler invitare a valicare recinti e zone a rischio, un’occhiata più approfondita mi sembra il minimo. Intanto percorro il limite e sopra la zona recintata è facile trovare aperture percorribili e varie cavità facilmente accessibili.

All’interno della zona principale, che risulta ben chiusa e con i cancelli assicurati da lucchetti, arrugginiti ma chiusi, sembra quasi impossibile accedere, ma… con un po’ di cautela e sfruttando alcuni varchi nella recinzione…

Insomma, è possibile visitare le principali cavità (rimando alle foto che trovate in fondo a queste righe) e contemplarle con calma, così come era ai tempi del loro rinvenimento. Vi sono oltre 2000 grotte simili in questa zona e quelle più grandi sono state sicuramente utilizzate anche in epoche meno antiche, almeno medievali, forse comunità eremitiche.

Il soffitto pesantemente segnato dal nerofumo della combustione a legna lo conferma in modo evidente. Guardare la pianura sottostante da queste cavità, con il mare sullo sfondo, spiega sicuramente la scelta del luogo, difficile da raggiungere e al sicuro dalle vie principali. Quando il Paolo Orsi iniziò le sue esplorazioni (1897, il secondo sopralluogo è del 1923, esattamente cento anni fa!), raccogliendo svariato materiale che ora fa bella mostra di sé al museo di Siracusa la necropoli era ancora difficile da raggiungere, inserita com’era in terreni agricoli privati. Ma in pratica la situazione non è molto cambiata dal secolo scorso.

E forse è un bene…

Ecco intanto alcune pagine utili per approfondire il tema

Qualche foto della zona

Mi ero già soffermato lungo la strada verso la necropoli, un paio di anni fa, senza però raggiungere il cuore della Necropoli
Ecco invece le immagini della Necropoli di Cassibile così come appare nel 2023

Tra fiumi e cave…

Tra fiumi e cave…

Sto controllando i dati della nostra stazione meteo: non si metterà mica a piovere oggi pomeriggio? Rispetto allo scorso anno siamo sotto di oltre il 70% della pioggia, ma non dovrà mica cadere tutta oggi quella che manca, vero? Anche perché sarebbero più di 200 mm! Speriamo bene.

E con questa speranza, sabato pomeriggio sono andato a visitare un luogo di cui avevo sbirciato alcune foto dai resoconti di Pippo Ansaldi e che avevo cercato di approfondire sulle pagine di La Nostra Terra. Un luogo dalle parti del fiume Manghisi, della cava Putrisino, zona di masserie abbandonate, cave antiche e piccole necropoli, poco distanti dal canyon di Cavagrande di Cassibile.

Su Google Maps le notizie sono decisamente scarse, pochi di questi luoghi sembrano essere già stati visitati e recensiti, una buona occasione per aggiungere qualche notizia e qualche immagine, perché sono luoghi che veramente meritano. Meritano persino le conseguenze di qualche poco simpatico insetto che incontri nelle sterpaglie e come ricordo ti infilzano con svariate e fastidiose punzecchiature… (sono ancora qui a grattarmi dopo un paio di giorni!).

Le indicazioni sono abbastanza chiare: proseguire un centinaio di metri dopo il ponte sul fiume Manghisi… una zona ancora oggi poco abitata ma che un tempo doveva essere decisamente più frequentata, grazie alla sua situazione geografica particolare, ampi pianori coltivabili e adibiti a pascolo, tanta presenza di acqua, zona distante dai percorsi più gettonati, insomma, posti sicuri protetti e tranquilli.Su Google, al momento, le uniche indicazioni presenti sono proprio quelle della Masseria Donna Giulia e della Cava Putrisino, niente più.

Lasciando la macchina in uno dei tanti slarghi della stradina asfaltata che penetra in questa parte di territorio, ci si dirige scarpinando allegramente lungo la strada che giunge fino alla Masseria Donna Giulia. L’asfalto cede presto il posto a una carrareccia ampia. Le notizie che si trovano in rete a proposito di questo edificio ormai abbandonato da tempo, sono più che esaurienti e comunque un’occhiata agli interni, facilmente accessibili (il cancello all’ingresso è semplicemente accostato) si può facilmente dare, facendo però attenzione perché lo stato dell’edificio è veramente pietoso e i tetti si reggono per fortuite congiunture astrali!

Continuando a percorrere la strada si giunge fino al torrente Manghisi, un corso d’acqua che a questa altezza non è molto largo o impetuoso, ma non era questa la giornata adatta per inzaccherarsi e passarci dentro per esplorare un po’ meglio la zona. Ci si potrà fare un pensierino nella prossima estate! In compenso, lungo il sentiero, si trova qualche passaggio per curiosare con calma le zone precedenti il guado. Ed è proprio qui che si trovano le cose più interessanti.

Una cinquantin di metri prima del torrente, si può accedere sulla destra per entrare nella macchia selvatica. Per prima cosa si incontra qualche olivo secolare, maestoso e dal sopracciglio corrugato, dalle sembianze di vecchio addormentato; proprio lì vicino si cominciano a scorgere le vestigia antiche, pietre tagliate in modo preciso, scalini e percorsi che conducono ad una serie di tombe rupestri. Una piccola necropoli tranquilla e solenne nel suo adagiarsi sulla balza.

Poco dopo altre cavità tombali e altre, ben più grandi, che sembrano grotte ma (come letto in precedenza) sono invece dei romitori di epoca bizantina. Quando racconto ai ragazzini del nostro doposcuola che Siracusa è stata persino capitale dell’impero romano d’Oriente, a supporto di Bisanzio, non vedo reazioni entusiaste o meravigliate, anzi, in pratica non vedo nessuna reazione.

Più o meno quella degli attuali cittadini che sono riusciti a costruire un mediocre palazzo in cemento armato proprio sopra le terme bizantine del V-Vi sec. d.C; insomma, la superficialità che conduce solitamente all’ignoranza delle cose. Ed è davvero un peccato, perché ci sarebbero così tante cose interessanti su questo territorio, che veramente bisognerebbe prima lavorare con le persone per farle tornare “speciali” e più consapevoli dei propri tesori!

Continuando a passeggiare in questo insolito giardino, tra tombe e resti medievali, in mezzo a una natura quasi selvaggia che prende rapidamente il sopravvento, fa sempre un certo effetto. Anche perché il pensiero corre subito al dopo, perché entro poche manciate di minuti la normalità del traffico, del rumore, del caos cittadino, prenderà il sopravvento.

Vale la pena allora godersi tutto questo panorama e questo verde. Si notano poi le tracce di alcuni sentieri che probabilmente in precedenza raggiungevano il fiume anche da questa parte, e forse anche la cava, ma l’esuberanza della vegetazione e dei rovi non permette al momento di proseguire.

Ho cercato, tornando indietro, se vi fossero altri ingressi o percorsi, ma senza riuscire nell’impresa. Nemmeno scrutando la mappa satellitare si riesce ad avvicinarsi alla cava. Ma quanto visto è già sicuramente abbastanza.

E per rendere meglio l’idea, ecco alcune immagini di questi luoghi: piccola necropoli di Cava Putrisino

Verso la necropoli di Cassibile #1

Verso la necropoli di Cassibile #1

Ci stavo pensando già da un po’ di tempo, ma durante la settimana diventa sempre difficile muoversi . Così ho approfittato della pausa pasquale per tentare un’escursione verso la necropoli di Cassibile.

Come al solito ho cercato di documentarmi prima del viaggio, ma di indicazioni molto precise su questa località non se ne trovano facilmente. Alla fine capisco anche il perché.

Questo luogo, archeologicamente molto interessante e ancora adesso piuttosto selvaggio, non ha ricevuto grandi attenzioni, vuoi per la posizione vuoi per l’estensione. Dopo quella di Pantalica è una delle necropoli più vaste della Sicilia. La stessa pagina di Wikipedia la presenta con una foto dalla didascalia molto esplicita: “la necropoli vista da lontano”. Perché questo “lontano” sarà un po’ il leitmotiv della giornata.

Decido di partire a fine mattinata, in bici, sperando in un traffico meno pesante. Ma non avevo calcolato il vento. Pazienza, non avendo fretta si può dosare meglio il tempo.

Dopo aver attraversato Cassibile prendo la prima strada che a destra oltrepassa l’autostrada e si avvia verso i rilievi. La direzione è per Canicattini, ma alla prima deviazione a sinistra trovo subito il cartello che indica la direzione per la necropoli. Sarà anche l’ultima indicazione ufficiale, dopo di che bisognerà affidarsi un po’ all’intuito.

(la traccia del percorso, o quel che l’è, la puoi vedere qui)

La necropoli si adagia con evidenza sulle balze dei primi rilievi. Un tempo questa era tutta zona del Marchese di Cassibile. Una tacita convinzione dice che per attraversarla non servano permessi particolari, basta rispettare il luogo. L’unica macchina che incontro sul sentiero, ormai strada sterrata, mi conferma la cosa, posso proseguire in bici. Arrivo fino a quella che dovrebbe essere l’antica residenza del marchese. Grandi cancellate in ferro che impediscono di scorgere qualunque dettaglio dell’interno. Curioso invece il cartello, che invita il postino a non desistere, perché prima o poi qualcuno arriverà, ancor più sbarazzino l’uso della lingua, che sancisce un “porticedda” che stento a classificare come diminutivo… In compenso non ci sono dubbi su chi adesso abiti nella dimora, visto che la buca delle lettere è molto esplicita (ma l’ultimo marchese era un personaggio interessante!).

Sulla cima di una delle colline che fanno da orizzonte nord, si stagliano i resti di quella che doveva essere una dimora speciale del marchese (la villa a Cugno Mola, sorta probabilmente su ruderi antichissimi, Tucidide ne sa qualcosa!) ma per questa volta mi accontenterò di vederla da lontano.

Ora sono in marcia, un po’ in bici e un po’ a piedi, troppe pietre aguzze e non vorrei rischiare sorprese, visto che qualche settimana fa per una brutta buca mi sono sorbettato 3 km di passeggiata con bici al fianco per tornare a casa con la gomma bucata! A sinistra si stendono distese ampie di mandorleti, con frutti ormai ben visibili e gonfi, sulla destra schiere di olivi, almeno centenari, a volte bordati di semina a grano. Nessuno in vista, fin dove lo sguardo arriva. Guardando verso la collina si cominciano a distinguere facilmente i fori, le grotte, gli anfratti che formano la necropoli. E’ stata usata dall’anno 1000 fin verso l’800 a.C, quando cioé iniziano ad essere più intensi i rapporti con le colonie greche, poi con le città come Siracusa. In epoca bizantina alcuni di questi loculi sono stati poi adibiti a magazzini, depositi agricoli e modificati di conseguenza, con l’aggiunta di mensole e arcosoli; ma di queste grotte così ampie non riuscirò a vederne nessuna.

Dopo aver superato i ruderi di un ponte, mi decido infine a lasciare la strada e dirigermi verso la collina, per arrivare almeno vicino a qualcuno di questi loculi.

Uso il muro di cinta come sentiero, giungo ad una sorta di canale in pietra, ormai ostruito dal tempo, dalle radici e dalle piante, lo supero e arrivo abbastanza facilmente alle prime tombe; molto semplici, un cubicolo piccolo, per sepolture singole, immagino. Ce ne sono diversi ma la zona si fa subito impervia. Grandi macigni, alcuni appena appoggiati l’uno all’altro. Vegetazione folta e fastidiosa da superare. Mi afferro ogni tanto a qualche ligustro e altre piante. Nugoli di polline (speriamo bene di non essere allergici, qui ci sono dosi per contaminare legioni!) nell’aria calda del pomeriggio. Così mi decido, semplicemente, di fermarmi per contemplare il posto. In fin dei conti era questo l’obiettivo, non certo una esplorazione estensiva.

Guardo il mare sullo sfondo, la campagna fertile, dal verde intenso; il bianco delle rocce come sostegno e riparo. Comprensibile aver offerto come ultimo panorama questo scorcio di bellezza. Sono fermo, parte di questo respiro naturale. Più che sufficiente.

Sulla via del ritorno una gradita presenza, quasi pasquale. Un gregge di pecore che bruca tranquillo sotto i mandorli. Solo il pastore, un africano distratto che nemmeno si accorge della mia presenza alle sue spalle, a ricordarmi che siamo a Cassibile e che qui i migranti hanno una lunga e difficile storia con il territorio.

Questa volta l’album di foto c’è, mi ero portato l’altra fotocamera 🙂
Ecco alcuni ricordi della Necropoli di Cassibile.

:

4 salti nel passato

4 salti nel passato

Domenica 12 – la nostra casa al 4 piano di via Enna è stranamente deserta, Nina e Rosa sono a Palermo e ci siamo solo io e Ricky: il caffè, un po’ di lavoretti, qualche lavatrice, il nuovo rubinetto flessibile per sfruttare l’acqua del serbatoio sul tetto (ogni tanto succede che in questo quartiere la distribuzione dell’acqua segua il calendario maya!)

Nella mattinata c’è con noi Omar per le battute finali di preparazione al suo esame da privatista, cerchiamo insieme di scrivere un testo, ripassando gli ultimi argomenti. E’ ammirevole questo giovane gambiano, perché anche ieri sera è andato a lavorare nel locale dove arrotonda un po’ gli spiccioli (fin dopo la mezzanotte) e anche questa sera farà lo stesso. Nonostante la difficoltà dell’esame e la scarsa vicinanza dei docenti (uno dei quali ha mandato solo ieri alcune indicazioni per le prove d’esame…).
Lo invitiamo a pranzo, preparazione rapidissima, una pasta allo scoglio e un trancio di salmone alla piastra (sigh, abbiamo dimenticato la carta di alluminio presso il campo, saranno dolori ripulirla!).

Poi con Ricky partiamo per la nostra esplorazione domenicale, alla volta del teatro greco di Palazzolo Acreide; lo raggiungiamo facilmente (ma ci vuole più di mezz’ora di macchina) e ce lo godiamo in beata tranquillità, approfittando della quasi totale assenza di turisti. Oltre a noi 2 c’è solo una coppia e il personale del sito archeologico, 6 persone in tutto.
E io che pensavo che Palazzolo fosse un appannaggio della Brianza…

Il sito è veloce da visitare, il teatro adagiato sulla collina è grazioso e molto semplice, non ha certo l’imponenza di quello di Siracusa, anche se l’abitato era sorto proprio come prima colonia siracusana. Ma le cose più interessanti non sono nella cavea e nella scena ben conservate e ancora oggi utilizzate, il bello viene… all’intorno.

Sono infatti molto interessanti le due latomie adiacenti, quella dell’Intagliata (liberamente visitabile) e quella dell’Intagliatella (chiusa al pubblico, avendo reperti più delicati). Ripenso ai diversi commenti trovati su GMaps dove molte famiglie ricordano con piacere l’avventura di esplorazione con i propri ragazzi, una visita all’Indiana Jones, per intenderci.

E in effetti è davvero interessante entrare nelle cave, scendere nelle tombe, visitare i vari loculi ricavati nel tempo. Se non altro, data la forte calura estiva, il fresco era godibilissimo. Mi ricordano da vicino le impressioni provate nella necroppoli di Castel d’Appio a Viterbo, con scenari molto simili…. e le stesse mosche a sciabolare nel buio traiettorie musicali.

Ma avevamo anche un piano B: vedere dove si trovava la necropoli di Pantalica. Pensavo ad un luogo molto circoscritto e puntuale, non ci aspettavamo una estensione così vasta.

Ci siamo prima fermati presso il fiume Anapo, dove un tempo passava anche la ferrovia (oggi il sentiero che la sostituisce è percorribile a piedi o in bici, previa autorizzazione). C’è una sorta di gabbiotto con tanto di personale, gentilissimo, che fornisce rapide informazioni sul luogo e le modalità di accesso.

Dopo uno sguardo al fiume, limpido e fresco, riprendiamo la strada e facciamo rotta verso Pantalica (anche se come al solito i siciliani sono avari di indicazioni e cartelli).

Boschi, tornanti, brughiere, tracce di incendi, ponti nuovissimi, colline assolate e b&b dai nomi esotici; ma la strada continuava e allora continuiamo a seguirla fino al parcheggio conclusivo, dove troviamo una bella folla di turisti di ritorno dai sottostanti laghetti (una mezz’oretta di strada, ci hanno detto).

Lungo il percorso si potevano scorgere numerosi, in lontananza, i luoghi con necropoli, grotte, abitazioni e segni della preistoria. Sono oltre 5000 nel parco, che si rivela davvero suggestivo. Ma servirebbe più tempo e calma per esplorarlo con gusto. Ci potremo tornare (ma Ricky conferma che fino ai laghetti… neanche a pensarci!).

Rientriamo in serata a casa, dopo aver macinato in tutto quasi un centinaio di km e conservando negli occhi i paesaggi suggestivi di questo pomeriggio.

Ed ecco qui una carrellata di immagini di questa domenica pomeriggio, a zonzo tra il sito archeologico di Palazzolo Acreide e Pantalica.