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Tag: Melilla

A travasare carrubi…

A travasare carrubi…

Siamo ormai in estate, il caldo si fa sentire, in compagnia pesante con l’umidità che qui a Melilla si attesta quasi sempre oltre il 60% (ecco perchè a Cordoba i 40 gradi si sopportano meglio… visto che lì il tasso di umidità è notevolmente inferiore, sui 15-20%) ma se vi capita di passare presso il Centro La Salle, anche con queste temperature, nel pomeriggio ci trovate sempre in attività con le nostre alunne del Progetto Alfa, Logicamente non si tratta delle solite “lezioni” di spagnolo, ma di iniziative di contorno: corsi di cucito, lettura, ginnastica, piscina… e tante altre cose. Ad esempio allegre uscite culturali per esplorare quello che ci offre il territorio.

E siccome il territorio è davvero piccolo (solo 12 km quadrati) bisogna proprio aguzzare l’ingegno per trovare qualcosa di originale. Almeno ciclicamente! Così lunedì scorso è stata la volta del Vivaio autogestito Guelaya. Nemmeno l’autista dell’autobus ne aveva mai sentito parlare e ha dovuto implorare Google Maps per localizzare il luogo esatto da raggiungere. Eppure è vicino, si trova quasi a ridosso della grande Valla, a fianco del percorso del Rio de Oro (che negli ultimi 2 anni si fatica davvero a riconoscere, visto che di acqua superficiale non se ne vede quasi mai).

Insomma, siamo partiti, allegre ed elettrizzate come al solito per questa escursione stile gita-di-classe; i primi 10 minuti su strada normale, che poi ha ceduto il passo allo sterrato e dovevate vederlo il bus a fare lo slalom tra i fossi e le buche… ad ogni sussulto un coro da stadio!

Così siamo giunti al vivaio “Guelaya ecologista en accioon” un piccolo angolo di verde gestito da un gruppo di appassionati. Ad attenderci il responsabile, Manolo, insieme ad un paio di soci; lo scopo della visita era quello di conoscere questo piccolo spazio verde, scoprire piante che di solito si trovano solo… al mercato, sui banchi di vendita e sperimentare con mano qualche piccola attività “verde”. Il difficile era tenere tutte le donne nello stesso luogo, visto che la curiosità di esplorare i piccoli giardinetti autonomi che formano il vivaio era molto forte; così ogni tanto partiva una piccola spedizione per ammirare i pomodori quasi maturi, le piante di salvia, il rosmarino che dominava ovunque e altre specie verdi meno diffuse e più curiose.

L’attività proposta era molto semplice e utile: rinvasare un bel po` di piante da destinare alle prossime piantumazioni sul territorio; questo centro da anni propone le sue attività e battaglie per la protezione del verde e la sua cura, organizzando periodicamente il recupero di alcune parti degradate della nostra Melilla e preparare le piante è un lavoro che richiede passione, cura e tempo. Oggi abbiamo dato anche noi il nostro piccolo contributo. Si è trattato di preparare un centinaio di piccole piante di carrubo, che insieme abbiamo controllato, travasato e sistemato in nuovi vasi, lavoro semplice ma che fatto insieme diventa anche divertente. Immaginatevi le nostre 50 alunne intorno a una serie di tavoli, ad armeggiare con i sacchetti del terriccio, le cassette piene di piccoli germogli, infilare le mani nei vasetti, pigiare… un pasticcio davvero originale. C’era persino chi è riuscito a trapiantare… della semplice erbaccia, perchè faticava a riconoscere la pianta giusta! Ma ciascuno ha fatto la sua parte, con impegno e partecipazione, dalla piccola Maysa (7 anni) alle nostre decane over 60…

Naturalmente i più curiosi hanno tempestato di domande il buon Manolo, per sapere come fare per recuperare alcune piantine (qui non si compra niente, solo si scambiano piccoli lavoretti con le piantine), chiedere qualche foglia di aloe vera, sempre utile in famiglia…, un rametto di rosmarino o di lavanda. Sfacciatamente gli ho chiesto come fanno a procurarsi l’acqua per innaffiare, visto che non ci sono vasche o altri depositi nelle vicinanze. Semplice: hanno un pozzo che giunge fino alla falda freatica del Rio de Oro, che un po’ di acqua ovviamente la raccoglie e il ciclo rimane così ben concluso.

Ma ci stavamo anche chiedendo, perchè scegliere proprio il carrubo? Questa pianta è tipica proprio del nostro territorio (e di gran parte del Mediterraneo costiero, Sicilia compresa…) e si presta egregiamente per il recupero di zone aride, ricche di calcare e poco soggette a improvvise gelate… insomma, l’ideale per la zona di Melilla e gran parte del Marocco, dove in effetti è molto diffusa. E pensare che il suo frutto, molto pesante e omogeneo, nell’antichità serviva per misurare nientemeno che l’oro, non per niente questi semi si chiamano “carati”.

Digressioni a parte, il nostro lavoro è durato ben poco, meno di un’oretta e così abbiamo iniziato la seconda parte: il momento di festa e di condivisione. Dopo la conclusione del corso, tenutosi sabato scorso nel salone della scuola, erano avanzate ancora tante bevande, biscotti e dolci e così l’occasione per consumare gli “avanzi” era davvero propizia. Poi basta accendere le casse e mettere un po’ di musica e trovi subito chi inizia a danzare, a proporre balli di gruppo… piccole esibizioni ai confini tra l’etnico e la dance, insomma, grazie all’ombra delle piante e allo spazio ben raccolto, la festa si è subito accesa.

Il difficile sarà trovare altre mete e iniziative altrettanto interessanti…

Per il momento ci accontentiamo delle foto di questa serata allegra e … fruttifera

Come chiudere un corso… del Progetto ALFA

Come chiudere un corso… del Progetto ALFA

In queste pagine ho raccontato già diverse volte le nostre “avventure” e passeggiate insieme alle amiche del Progetto ALFA.
Come Comunità Fratelli di Melilla siamo tutti coinvolti (siamo in 5, compreso il sempre giovane Eulalio, con le sue 87 primavere…) in questo progetto di alfabetizzazione e di accompagnamento di un bel gruppo di cittadine di Melilla.

Da ormai quasi 20 anni il progetto si incarica di aiutare le tante donne che vivono situazioni complicate e dopo il Covid la situazione è diventata ancora più difficile per la chiusura delle frontiere.

Nell’attesa che le grandi soluzioni politiche facciano il loro corso, il volontariato e la passione di tante persone, in particolare tutti gli operatori del Progetto ALFA cercano di affrontare quotidianamente questa situazione e dare un piccolo aiuto.

Durante tutto l’anno scolastico, al termine delle normali lezioni degli 800 alunni del Collegio La Salle, nelle aule entrano proprio queste donne, che con coraggio si rimettono sui banchi e si impegnano in questa sfida per imparare a leggere, scrivere, parlare… in una lingua, lo spagnolo, che è necessaria ma spesso straniera. Perchè la maggioranza parla arabo o tamazight, due lingue ben diverse (il tamazight è lingua ufficiale del Marocco solo dal 2011!). Ogni tanto proviamo anche noi “prof” ad imparare da loro qualche espressione, qualche parola, così ci rendiamo conto delle difficoltà che provano le nostre alunne. Ma nel confronto noi siamo decisamente più imbranati e in difficoltà…

Questa settimana è stata l’ultima di “scuola” regolare, con luglio iniziano le attività estive, meno formali e più rilassanti. Così lo staff organizzatore ha pensato ad una bella scampagnata sotto i pini del parco di Rostrogordo, il nostro avamposto per le uscite “plein air”.

Le “alunne” non vedevano l’ora di prendere l’autobus e uscire dal solito tran tran. Salire con loro mi ricordava le tante gite fatte con gli alunni delle mie classi, sempre curiosi e frizzanti, si respirava la stessa aria di festa!

Un tragitto davvero breve (ma la salita e il caldo rendevano molto saggio l’idea dell’autobus) e poi la sistemazione sotto i pini di Rostrogordo, il polmone verde che sovrasta Melilla. Noi eravamo presenti con tutta la comunità e i nostri 2 amici di Jaen e Cordoba, Ana e Manolo, che hanno condiviso una settimana insieme a noi. Sembrava proprio la classica gita di fine anno.

Appena arrivati sono subito iniziati i preparativi per la merenda… Apriti cielo! I tavolini pieghevoli portati per l’occasione si sono riempiti subito di una quantità impressionante di cibo: jeringos (sono parenti prossimi delle crêpes ma senza uovo, solo farina), dolci al miele, dolci alle mandorle, ai datteri, empanadas, biscotti artigianali, pizze, patatine… thermos di thè moruno (quello con la deliziosa erba buena in infusione, insomma, la nostra menta), bevande, cubetti di ghiaccio (qui è una tradizione onnipresente). Farida, la leader indiscussa di tutto il gruppo, girava tra i tavoli, le sedie, i gruppi, invitando a provare le varie delizie, infilando cubetti di ghiaccio nei bicchieri, stimolando i canti berberi, la sezione ritmica (tamburi, tamburelli e djembè)…

Così ci siamo uniti anche noi ai festeggiamenti, azzardando persino qualche canto in italiano (indovina quale, uno che riscuote oggi grande seguito è proprio Bella Ciao! e quindi via con le strofe…), una sevillana suonata da Ventura e ballata da Ana… a dare man forte al coro anche Loli, Alba… insomma, aria di festa.

Abbiamo condiviso così questa serata semplice e sbarazzina, con le donne a vociare, cantare, battere il ritmo con le mani, ripetere i tipici gorgheggi berberi, assaggiare prodotti diversi a più non posso. Per loro è un’occasione preziosa per stare insieme, senza la presenza spesso invadente e vigilante dei mariti e degli uomini di famiglia…

Abbiamo limitato un po’ le foto, perchè non tutte gradiscono che vengano diffuse in internet e comprendiamo benissimo questa inclinazione alla riservatezza, ma già dai gruppi si nota l’allegria e la voglia di stare insieme. Anche questo è il contributo prezioso del Progetto ALFA.

24/6/25 – Ecco la rassegna di foto di questa serata di festa con il Progetto Alfa

24-J Per non dimenticare

24-J Per non dimenticare

Siamo assediati dalle sigle, ma alcune si rivelano più efficaci di altre. Da quando mi trovo in Spagna ho messo nell’elenco delle sigle necessarie l’11-M, la serie di attentati terroristici che sfociarono in particolare nella tragedia della stazione di Atocha.
Da quando sono a Melilla tocca invece confrontarsi con questa nuova sigla: 24-J, corrisponde alla data e al mese (l’anno era il 2022) in cui si verificó il tragico assalto alla recinzione di Melilla e il conseguente massacro, da parte militare, di un numero ancora oggi non ben precisato. 77 sono le vittime di cui non si sa ancora nulla… A questo assalto parteciparono in massa, si parla di 500, 1000 o piú migranti, che si erano preparati a lungo, rintanandosi sulle pendici del vicino monte Gurugù.

Per un chiarimento di quanto successo rimando alle pagine di Wikipedia, visto che questa vicenda è ancora una ferita molto viva e non conclusa della nostra storia.

Insieme ad alcuni amci venuti proprio in questi giorni a Melilla per conoscere meglio la realtà locale e darci una graditissima mano nello svolgere alcune delle attività che portiamo avanti sul fronte della solidarietà, avevamo rivisto il film “El Salto” diretto da B. Zambrano, che avevo avuto la fortuna di ascoltare dal vivo quando, lo scorso anno, aveva presenziato e parlato in occasione della prima proiezione della pellicola. Non racconta direttamente questo evento, ma in sintesi ricorda molto da vicino l’ambiente, i fatti, il clima in cui tutto ciò è successo.

Lo scorso anno non si erano svolte iniziative particolari, ma quest’anno gli amici delle ONG Mec de la Rue e di Geum Dodou si sono attivati con particolare attenzione, organizzando 2 momenti speciali. Il primo di “raccolta” sul luogo dove si svolsero i fatti e, in serata, un “circolo del silenzio” per ricordare insieme.

Ho potuto partecipare all’incontro della mattinata, alle 12, sotto un sole davvero africano e impetuoso. Non troppo numerosi i partecipanti, eravamo un gruppo di 20-30 persone, in proporzione giornalisti e media erano quasi più in evidenza. In questi casi aiuta!

Insolito: a questo evento eravamo presenti ben 3 italiani, una ragazza in visita per alcuni giorni e l’immancabile Lorenzo, rappresentante di UNHCR. Piccolo dettaglio: ad agosto la sede locale di UNHCR chiude, inesorabilmente. I tagli di Trump (con la chiusura di USAID) producono ricadute molto concrete e rapide sugli equilibri delle ong e della solidarietà…

Ci siamo radunati davanti a quello che era il passo di frontiera del Barrio Chino; a pochi metri di distanza, in territorio marocchino, la vita continuava imperterrita il suo corso, nessuna memoria evidente dell’evento (sul notiziario web di Nador ho rintracciato solo questo articolo, scritto un anno dopo l’evento), traffico normale, vociare dalle case vicine, la vita che scorre…

Abbiamo atteso che arrivassero anche alcuni ospiti del CETI, un gruppo di ragazzi del Mali che si trovano a Melilla da alcuni mesi, in attesa delle procedure per l’asilo internazionale; ma si tratta di persone che sono giunte qui seguendo le vie ufficiali, traghetto o aereo, per iniziare le pratiche. Oggi nessuno prova nemmeno a pensare di passare dalla Valla, questa recinzione ormai impenetrabile, palizzate in metallo alte 6 metri, filo spinato, barriere multiple, controlli via telecamere, presenza costante e cospicua di militari marocchini sul proprio versante.

Nella mia piccola esperienza di questi ultimi due anni, ho toccato con mano che gli unici ingressi irregolari sono stati quelli di alcuni ragazzi arrivati qui a nuoto, durante la bella stagione, eludendo i controlli, ma si tratta di piccoli numeri, 20-30 in un anno. Alcuni di questi ragazzi li incontriamo spesso, a qualcuno offriamo persino momenti di svago e di alfabetizzazione… ma non ne parlano molto di questo “passaggio di frontiera”.

L’incontro è stato veloce, anche per il caldo intenso che invitava a sveltire il tutto. Maite ha rivolto brevi parole, poi ha passato il microfono ad un parroco di Madrid giunto per l’occasione, infine alcuni ragazzi del Mali hanno letto i nomi delle vittime. Poi abbiamo infilato alcuni fiori nella recinzione.

Chiaro il messaggio: non possiamo cambiare il corso del passato, ma dimenticare sarebbe come considerare normale, anzi, inevitabile quanto successo. Cerchiamo insomma di realizzare un mondo dove questo genere di cose non possa più avere luogo.

Per questo bisogna conoscere, sapere e ricordare.

Ampia la rassegna stampa che ha segnalato questa manifestazione, compresa quella della sera, più centrale ed evidente anche per i cittadini di Melilla (ecco gli articoli disponibili su Il Faro di Melilla – e quelli su Melilla Oggi).

Aggiungo solo alcune foto per un reportage fotografico su questo momento significativo

A spasso per la Melilla “del nord”

A spasso per la Melilla “del nord”

Eccoci di ritorno da una nuova “passeggiata” per Melilla insieme ad un gruppo di alunne del Progetto Alfa; di solito il pomeriggio siamo impegnati con lezioni di lingua, matematica, inglese (cosa mi tocca fare!) ma per variare il “menu” e per creare momenti di aggregazione ogni tanto ci sono questi pomeriggi a tema; uno spettacolo, la partecipazione ad un evento, una visita guidata.

Il buon Juan Antonio, che ormai conosce la città meglio di una guida locale, comincia a far fatica ad individuare nuovi percorsi, perchè Melilla è quel che è, un piccolo fazzoletto di terra i soli 12 km quadrati; ma ci si prova.

Così ieri abbiamo percorso e raggiunto nuove tappe; ma andiamo con ordine.

Di solito si parte alle 16, ormai, con febbraio in chiusura, le giornate sono già discrete, fino alle 19 abbiamo la luce del sole e la temperatura è niente male, anzi, il cielo un po’ nuvoloso ha evitato di sentire persino troppo caldo.

La prima tappa era il cimitero cristiano; qui a Melilla la pacifica convivenza tra cristiani, musulmani, ebrei e indu (senza dimenticare qualche altra “famiglia”, ma queste sono le 4 principali) si basa anche sul conoscere, rispettare e visitare luoghi speciali come questo. In un angolo del cimitero si trova anche il settore ebreo, mentre il cimitero musulmano è quasi agli antipodi, vicinissimo alla recinzione.

Poi ci siamo inerpicati per salire sempre più in altro, passando per i quartieri popolari, costeggiando il carcere e la sede delle suore RIM, che qui gestiscono una scuola dell’infanzia e un centro diurno.

Fin qui le case e i palazzi erano abbondanti, poi siamo entrati in zone più naturali, raggiungendo la polveriera militare (siamo nei pressi del poligono di tiro e spesso si sentivano i colpi delle esercitazioni; Melilla è un avamposto militare ben attivo).

Infine abbiamo attraversato il grande pianoro vicino alla pineta di Rostrogordo, che già avevamo visitato nello scorso novembre, fiancheggiato la caserma della Legione, il Centro Idrico per la distribuzione dell’acqua, con il suo grande deposito all’aperto (in realtà non proprio pienissimo, speriamo di non avere problemi nella prossima estate, perchè qui tutta l’acqua potabile viene praticamente prelevata e trattata dal mare).

Per finire il punto panoramico del Cerro de las Tres Coronas, che consente una ampia visuale della valla, la recinzione che circonda tutta la città (diciamolo pure, il panorama è suggestivo, ma l’effetto “gabbia per conigli” dato dalla recinzione, è sempre un po’ inquietante). E quindi si riprende la strada del ritorno.

Quasi 3 ore di camminata, con numerose soste, digressioni, incontri, fotografie di gruppo, scorci panoramici sul mare, ricerca di piante profumate e commestibili (ho persino trovato la rucola selvatica!). Un bel pomeriggio da ricordare.

E come al solito, il nostro album fotografico…

L’altra metà di Melilla

L’altra metà di Melilla

Niente paura, non si tratta di un reportage “dietro le quinte” o qualcosa di losco; semplicemente ieri, con un bel gruppo di coraggiose alunne del Progetto Alfa abbiamo fatto una bella passeggiata per completare l’itinerario che avevamo iniziato a suo tempo, nel mese di novembre (con la passeggiata fino… ai confini nord di Melilla!); anche questo `serve per integrare le persone, conoscersi meglio, condividere ed apprezzare il luogo in cui si vive.

Ancora una volta Juan Antonio è stato la nostra guida esperta di Melilla (visto che siamo in una “gabbia per conigli” è giocoforza conoscere bene tutti gli angoli del nostro territorio, soprattutto quelli più caratteristici e lui li conosce davvero tutti); per le alunne, che solitamente lo vedono nei panni del prof di matematica, è sempre una gradita sorpresa!

L’itinerario era semplice, una volta usciti dal Collegio La Salle e presa la direzione a sud siamo andati verso la rotonda del Ldl (anche qui i toponimi sono presto modificati!) e poi a destra, verso l’antico passo di frontiera di Farhana (chiuso ormai da quasi 3 anni), un tempo molto frequentato.

Qui si costeggia la zona del Ceti, il grande centro di accoglienza temporaneo (per la cronaca, attualmente ospita 800 persone, il 60% dei quali di provenienza sudamericana, misteri dei flussi migranti… ma questo è un altro discorso!), e da qui si inizia il cammino vero e proprio, lasciando il cemento e asfalto per iniziare a scarpinare sulla pista militare (si chiama proprio “pista de carros”), utilizzata spesso per esercitazioni e manovre militari (che qui a Melilla sono ovviamente molto frequenti); superato il Ceti abbiamo anche intravisto il centro per minori del Baluarte (conosciamo alcuni dei suoi ospiti per i corsi che realizziamo come CentroFratelli), mentre sulla nostra destra si poteva immaginare lo splendido campo di golf (incredibile, vero, ma a Melilla esiste per davvero un campo di Golf a 9 buche!); sparsi qua e là gruppi di ospiti del Ceti, ben suddivisi per provenienza, che bivaccano e si cuociono qualcosa su di un fuoco a legna…

Continuiamo il nostro itinerario, superiamo un barranco (il letto di un ruscello), un’alta colonna, forse un’antica ciminiera, e giungiamo a costeggiare l’aeroporto. E poco dopo riusciamo persino a contemplare, nasino all’insù, un decollo e un atterraggio, quasi dal vivo e a poca distanza; finalmente ci avviamo verso la zona della frontiera di Beni Enzar, dove possiamo notare i cambi che da poco si sono introdotti per i flussi dei frontalieri (la Spagna dovrebbe aver introdotto nuove modalità digitali, con strumenti di riconoscimento facciale…). La fatica inizia a farsi sentire, perchè siamo partiti verso le 16:30 e sono ormai le 18; decidiamo così di prendere la passeggiata marittima per ritornare verso casa. Tutto bello piano e tranquillo, sotto un cielo sereno e tiepido. Qui l’inverno è praticamente un eufemismo e i 16 gradi che si leggono sulle segnaletiche la dicono lunga sulla mitezza del clima.

Finalmente giungiamo alla piazza multifunzionale (come nome non è davvero un granchè), poco dopo superiamo la Plaza de Toros (l’unica operativa in tutta Africa…) e rapidamente raggiungiamo la nostra “casa”. Sono ormai le 19 e qualcosa, il sole ci regala ancora un po’ di luce, le ragazze appena scorgono una panchina la occupano d’ufficio, ma tutto sommato è comprensibile. Abbiamo percorso allegramente 10 km e le gambe ringraziano (Juan Antonio, ovviamente, ha monitorato tutto il percorso, come si vede dalla mappa!).
Salutiamo Farida, l’infaticabile animatrice e leader del gruppo e tutte le altre intrepide camminatrici e ci diamo appuntamento per una prossima volta.
Chissà se riusciremo a trovare un nuovo itinerario, o almeno in parte originale… 🙂

Ecco l’album fotografico della nostra passeggiata del 7 febbraio – pista de Carros