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Tag: sicilia

Fosse un giorno come tanti…

Fosse un giorno come tanti…

Il 18 dicembre per l’OIM, uno dei numerosi servizi ed uffici delle Nazioni Unite, fondato nell’ormai lontano 1951 è il giorno del migrante. Forse il calendario è fin troppo pieno di ricorrenze simili (il giorno del Rifugiato promossa dall’UNHCR per il 20 giugno, la Giornata della Memoria e dell’accoglienza del 3 ottobre, la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 20 settembre… e ci fermiamo a quelle di rilevanza sovranazionale). Gli appuntamenti per sensibilizzare le persone non mancano, almeno sulla carta; quello che invece nella pratica manca ancora è una reale comprensione di questo fenomeno che ancora troppe persone considerano una “emergenza” (come quella climatica) che prima o poi passerà e una consapevole strategia per tentare di offrire risposte decenti a questa situazione..

Fino ad agosto mi trovavo a Siracusa, in Sicilia, dove il tema dei migranti assume una dimensione certamente più critica ed evidente. Strano che proprio nel primo anno del nuovo governo di centro-destra, che avrebbe dovuto risolvere in un modo o nell’altro questa emergenza, le cose siano andate in modo ben diverso dalle previsioni. Anzi, completamente in direzione opposta.

Basterebbe questa semplice tabella con il suo relativo istogramma a ricordare e tenere ben presenti i numeri. Dopo le cifre impressionanti degli anni dal 2014 al 2017, la pausa globale dovuta al Covid, ora ci ritroviamo a fare i conti con una nuova impennata; ho prelevato poco fa i dati dalla pagina ufficiale del Ministero dell’Interno, che quasi ogni giorno pubblica un esauriente report degli sbarchi, dati sulle età e sulle provenienze. Fino a pochi mesi fa questi numeri li vedevo facilmente riflessi nella società concreta, sia partecipando come volontario della Croce Rossa alle operazioni di sbarco come a quelle di trasferimento dei minori. Insomma, quando ti ritrovi al porto di Augusta o ad accompagnare minori in giro per la Sicilia (e anche nel resto di Italia), questi numeri si traducono in nomi e volti (ho ancora gli elenchi da qualche parte) e certamente fanno pensare.

Fanno pensare ad esempio a quale strategia di accoglienza si stia praticando, quali soluzioni siano previste, quali itinerari si possano offrire a questo fiume di persone che certamente non si fermerà. Quello che purtroppo ho osservato nella realtà è l’impietoso rimpallo di tante situazioni, cioé persone, che vengono spesso spostate e distribuite, senza un vero progetto. Nel frattempo si rallenta il processo e si cerca di bloccare questa deriva.

Nel luogo in cui mi trovo adesso, qui a Melilla, le cose sono completamente diverse. Dopo la pandemia e dopo il tragico “incidente” del 2022, i flussi sono praticamente scomparsi, cioè, hanno cambiato direzione e qui in città non si vede praticamente nessuna presenza migrante.

Pochissimi gli africani sub-sahariani di passaggio; nel nostro Centro Fratelli attualmente ne abbiamo uno solo, proveniente dalla Costa d’Avorio. Eppure il centro CETI di Melilla (centro temporaneo per gli immigrati) risulta pieno, con più di 160 presenze, ma si tratta quasi completamente di sudamericani che cercano in questo fazzoletto di terra una soluzione più rapida per la loro richiesta di asilo!

Il totale degli sbarchi in Spagna di quest’anno supera i 30 mila, e già dal primo trimestre evidenziava un calo di oltre il 36 % rispetto all’anno precedente ma il problema si fa sentire quasi esclusivamente nelle isole Canarie, non nel resto del paese; alcuni dati i possono trovare su questa pagina del Consiglio Europeo.

E così, tra una guerra e un rigurgito di attacchi nella zona del mar Rosso, una costellazione di stati Africani che confermano le tante crisi presenti nel continente (climatica, demografica, guerre civili, derive dittatoriali) pensiamo che il problema si possa arginare. Le previsioni dell’Onu sono facili da rintracciare e parlano chiaro: dovremo prepararci ad un secolo nomade e le cause di spostamento sono chiaramente in crescita, mentre le destinazioni sono per il momento ancora le stesse, in particolare il nostro mondo occidentale.
Una bella scrollata per iniziare a riflettere in modo diverso su questi prossimi scenari diventa sempre più necessaria…

Itinerari da sogno

Itinerari da sogno

Mi ripeto volentieri, quando dico che in Sicilia si vive praticamente in vacanza. E basta aprire gli occhi, cambiare itinerario per scoprire tesori suggestivi poco lontani da dove si vive.

Sabato scorso abbiamo tentato un itinerario nuovo, almeno per noi che qui a Siracusa ci stiamo ormai da quasi 4 anni. Non avevamo mai inserito la meta di Ispica tra le nostre escursioni ma questa volta…

E così ci siamo diretti verso Ispica. Si lascia l’autostrada a Rosolini e se si segue l’itinerario più semplice; quando poi si giunge vicino al paese è bello lasciarsi catturare dalla strada che si perde nei tornanti di un antica fiumana, tra rocce scoscese e le immancabili cavità che farciscono il calcare di questa zona. E Ispica racchiude la più ricca necropoli di Sicilia, con migliaia di grotte e tombe disseminate sul territorio. Sembra di infilarsi in un trailer all’Indiana Jones, alla ricerca di templi e cavità nascoste.

In realtà il paese, che si trova su una sorta di pianoro rialzato, è piacevolissimo, pulito, accogliente (chissà perché ogni volta che usciamo da Siracusa ci tocca fare questa constatazione: cosa ci vorrebbe ad avere una città meno “sgarrupata”?); l’itinerario cittadino era tutto concentrato su un paio di eccellenze, in primis quel loggiato che richiama da lontano nientemeno che piazza san Pietro, con una fuga di archi e colonne interessanti.

Ma quando siamo entrati in questa piazza davvero suggestiva, il loggiato del Sinatra, ovvio che le dimensioni sono di tutt’altro tipo, quasi familiare. Un loggiato snello e piacevole che abbraccia una piazzetta di poche decine di metri, ma il suo bell’effetto lo sviluppa tutto, nel silenzio e nella tranquillità di una cittadina che sembra calma e assonnata.

Visitiamo anche alcune delle chiese che incontriamo lungo il breve percorso cittadino; ma quella che sicuramente ci colpisce di più, a cominciare dai suoi splendidi colori di cielo brillante, è la chiesa dell’Annunziata, un tripudio luminoso in cui è bello smarrirsi come nuvole al vento.

Percorriamo alcune delle tranquille strade del centro, fra palazzi liberty e scorci che da un lato traguardano sulla campagna e poco lontano rivelano il mare.

Girovaghiamo tranquilli per il paese, forse ancora ignaro della primavera che sta arrivando e finalmente ci decidiamo di avviarci verso la parte antica, quella “Cava d’Ispica” che rimbalza da tanti cartelli e da tutte le guide turistiche.

Ci arriviamo dall’alto, scendendo lungo un sentiero abbastanza curato che fa parte dell’itinerario ufficiale; lo spettacolo che si apre sotto i nostri occhi si fa già notare per l’assenza di case e altre costruzioni recenti. Sembra un vero panorama rupestre, ruvido e selvaggio. Luogo ideale per nascondersi e trovare riparo. Ma aguzzando la vista tra le rocce e le cavità si iniziano a notare le tracce di abitazioni antiche, portoni, finestre murate, tutto un mondo seminascosto e affascinante. Iniziamo così la discesa per contemplare questo paesaggio suggestivo.

Diciamo subito che una delusione piuttosto cocente la si incontra appena si mette piede nel letto di quei fiumi sassosi che dall’alto appaiono come strade imponenti.

Quando invece provi a risalirne il corso e a guardare con più attenzione, si rimane quasi sconvolti dalla quantità di spazzatura e rifiuti che si mescolano alle rocce e alle rive dell’antico fiume.

Un incontro che dispiace veramente, segno dell’incuria che sicuramente si trascina da anni. E che richiederà anni e più saggezza locale per ripristinare lo spazio e le condizioni che la natura reclama.

Poi giungiamo fino all’ingresso ufficiale del parco archeologico Forza, che troviamo inspiegabilmente chiuso (e siamo al 18 marzo! nessun cartello che indichi le prossime aperture). Purtroppo a queste sorprese siamo già abituati e per fortuna almeno su Google la segnalazione “chiuso temporaneamente”, ti informa del disservizio.

Tornando indietro incontriamo una scena degna di Pasolini, con un gruppetto di ragazzini che stanno aiutando i grandi a preparare la prossima via crucis; uno tiene in mano un fascio di corde e si diverte quasi a simulare la fustigazione del compagno che trascina una lunga trave di legno, a mo’ di croce. Sono i preparativi per la via crucis che a giorni si svolgerà in questo scenario davvero suggestivo, tra chiese rupestri e cavità naturali. Ma finiti i lavori di sistemazione ecco già il braciere con le salamelle ad arrostire per il pranzo in comune; sembra un vivido dettaglio da una crocefissione di Brueghel.

Noi riprendiamo la strada, verso Modica e poi Ragusa, mete già visitate e conosciute. Basterebbero queste immagini di Ispica per riempire la giornata!

E allora ecco le foto di questa giornata a spasso tra le bellezze della Sicilia estrema...

Metti Messina in Mezzo

Metti Messina in Mezzo

Siamo sulla costa orientale della Sicilia e ogni tanto ci scappa un salto a Catania, Modica, Ragusa, magari anche Taormina… tutte zone rinomate, attraenti e piene di sorprese. Ma pochi giorni fa, visto che il tempo libero ci consentiva un po’ di scelta, siamo partiti all’avventura per andare a visitare Messina. Inizialmente qualcuno storceva un po’ il naso, dicendo di aver letto poche recensioni significative e non ci venivano in mente luoghi o monumenti speciali di questa città. Come se Messina non avesse qualcosa di speciale da mostrare. O come se il terremoto del 1908 fosse l’unico dato degno di nota. E invece…

Nonostante il viaggio in macchina (da Siracusa ci vogliono praticamente 2 ore per arrivare fino alla punta della Sicilia…) appena entrati nella città ci siamo subito trovati a nostro agio. Il centro è raggiungibile in modo facile e si presenta molto facile da visitare; lungo il viaggio una rapida scorsa ai classici siti web con gli spunti di visita della città (le 10 cose importanti da vedere, i 7 luoghi imperdibili, i 5 scorci mai più senza…). Lasciamo la macchina vicino al Duomo e ovviamente questa diventa la prima tappa.

Ripensando al tragico terremoto del 1908 è difficile immaginare cosa sia rimasto in piedi dopo quell’evento. Adesso sembra tutto bello, elegante, in ordine; ma quando ti dicono che delle 3 absidi solo quella a sinistra, con il mosaico della Vergine, è stata risparmiata dal crollo, uno prova a pensare a tutto il lavoro di recupero e ricostruzione. Il Duomo ha un aspetto maestoso, solenne e di grande respiro; entri dentro e subito vieni catturato dal soffitto in legno, dal mosaico del Pantocrate che domina le 3 navate, poi si osservano i 3 gruppi di canne dell’organo. Ovvio, siamo di fronte al secondo organo di tutta Italia, con le sue 16mila canne e le sue cinque tastiere!

Ma è l’esterno che cattura di più l’attenzione, con il suo gioco di portali, fregi e decorazioni: sembra che la vigna la faccia da padrona, ne sbucano tralci e fogliame da ogni dove. poi se guardi bene, anche nella ricostruzione delle bifore laterali, scorgi il tondino in metallo che rivela il cemento, invece del marmo. Ma l’effetto è appagante. Subito a fianco della cattedrale si trova il grande campanile, e anche qui una sorpresa, ospita l’orologio meccanico più complesso del mondo. Ci segniamo subito l’appuntamento delle 12 per tornare a sentire e vedere il meccanismo in funzione.

Peccato per la fontana di Orione, dell’allievo di Michelangelo, in marmo bianco di Carrara, praticamente imprigionata nella struttura per il restauro e ben poco visibile; nell’insieme della piazza questi tre elementi sono veramente un fulcro di attrazione per i turisti. E oggi vale anche per noi.

Ci dirigiamo allora nei dintorni, scoprendo scorci in stile Coppedè con la chiesetta dell’Annunziata dei Catalani, che ormai si trova quasi 3 metri al di sotto del piano viario; poco lontano un’altra chiesetta semidistrutta, san Giacomo e poi ancora i resti di una chiesa gotica, s.Maria degli Alemanni, ora inglobata in una sorta di auditorium con banca allegata (o viceversa). Quanti popoli di passaggio hanno varcato la soglia della Sicilia, lasciandovi tracce consistenti.

Naturalmente torniamo in piazza per le 12; grande folla in attesa e piccola delusione nel constatare che i movimenti del complesso meccanismo sono veramente poca cosa, qualche passetto di statua, qualche ruggito registrato, l’Ave Maria di Schubert che fa da colonna sonora… ma tutti i cellulari sono alla ricerca del movimento appena accennato, di un battito d’ali d’angelo. L’intera scena si prende praticamente 15 minuti di tempo e catalizza tutti i presenti; nonostante la giornata freddina siamo davvero in tanti ad ammirare questo spettacolo.

Pranzo tranquillo in uno dei pochi luoghi aperti, in questo lunedì di pasquetta, una kebabberia indiana a pochi passi dal Duomo, in mezzo ad un via vai discreto di turisti ormai senza mascherina. Voglia di normalità evidente.

Nel pomeriggio proviamo ad alzare lo sguardo e il tragitto, per raggiungere il Sacrario di Cristo Re, una chiesa dedicata al ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Dall’alto dei suoi 60 metri di altezza offre un panorama completo della città, del suo porto e soprattutto dello stretto, che sembra poca cosa nel separare così nettamente l’isola dal resto d’Italia. La Madonnina del porto, la colonna che svetta sul molo, è il segno di benvenuto della città. Proviamo persino l’ebbrezza, un po’ bambina, di guardare dal cannocchiale che si trova sulla terrazza panoramica, per cogliere nel dettaglio la costa calabra, che sembra così vicina.

Lungo il ritorno ci dispiace constatare che il palazzo del Monte di Pietà e la Galleria Vittorio Emanuele siano purtroppo chiusi. Chiusi da parecchio, ci sembra di capire, guardando la ruggine sui lucchetti e le condizioni del suolo. Vorremmo quasi tentare la visita alla fontana del Nettuno ma le distanze e i tempi ci portano invece a riprendere la via di casa.

Insomma, niente male come cittadina, facile da girare, gradevole e accogliente. Complimenti, Messina

Ecco l’album di foto con la visita a Messina

Qui a Siracusa, tra lavori e attese

Qui a Siracusa, tra lavori e attese

Quanto tempo ci vuole per “incarnarsi” in un territorio, in una terra come quella siciliana che ha radici forti e voci e suoni così particolari? Per me, questi primi due anni, da poco conclusi, sono una sorta di preliminare, da considerare solo come un avvicinamento, non ancora una appartenenza, se mai potrà esservi.

E intanto continuo a dire che questa città è davvero speciale, che avrebbe risorse e curiosità, luoghi e storie, ambienti e panorami da far invidia a tanti. E solitamente incontro l’indifferenza proprio dei siracusani. Ci penso spesso quando, al doposcuola, provo a far provare un pizzico di legittimo orgoglio ai ragazzi che vengono da noi, tutti di origine straniera, nel calcare i marciapiedi di una città che ha tenuto (e sconfitto) nientemeno che Atene, che ha ospitato opere teatrali che ancora oggi risuonano in tutto il mondo, che ha un duomo così antico che nemmeno Roma o Napoli (stavo per dire Cuma!) possono sognarsi…

Ma poi ci sono tutte le altre cose, in comune con un certo andazzo siciliano, che riportano a razzolare basso. Ha fatto notizia il fatto che di tutti i progetti della Regione Sicilia presentati in ambito agricolo per il Recovery plan, nemmeno uno è stato accolto, vuoi per vizi di forma, incompletezza documentale, ingenuità compositiva… il Presidente Musumeci si inalbera e si difende dando la colpa alla solita mania persecutoria nei confronti dell’isola, ma forse bastava fare le cose un po’ meglio…

Lo vedo nei tanti lavori che si svolgono qui in città. Da ieri la nostra strada, via Piave, è chiusa al traffico per lavori. Lavori appena iniziati ma che nessuno si guarda bene dal dire quando finiranno. Penso che avrò molto tempo per verificarne l’andamento…

Nello stesso momento piazza S.Lucia, proprio davanti alla facciata della chiesa, è tutta un cantiere: sono iniziati i lavori per la nuova pavimentazione, già annunciati da gennaio 2021. Considerando che tra poco più di un mese ci sarà forse la festa della patrona, speriamo che tutto si concluda in tempo. Nel frattempo non si vede uno straccio di cartello con le indicazioni di rito; il cantiere ha bloccato la viabilità stradale e non c’è un solo cartello stradale che avvisi le macchine delle necessarie modifiche alla circolazione.

Meno male che la gente, soprattutto di domenica, non si cura molto di sicurezza e transenne varie, passando imperterrita in mezzo al cantiere, dribblando i pozzetti di livello e risolvendo alla siciliana le difficoltà di passaggio per raggiungere l’affollatissimo mercatino di quartiere (anche qui, ovviamente, nessun cartello o avviso di sorta, si confida probabilmente nell’intervento soprannaturale di santa Lucia!)

E all’inizio di via Piave sono quasi conclusi altri lavori di rifacimento della viabilità e dei marciapiedi: prima dei lavori (vedi foto a lato) la zona si presentava con un’aiuola centrale che grosso modo indirizzava e selezionava il traffico; pensavo che una bella rotonda avrebbe potuto semplificare e risolvere i flussi delle macchine, ma adesso vediamo che è stato solo ampliato il marciapiede eliminando quel “largo porto piccolo” e senza altro intervento; a breve potremo capire se la nuova sistemazione sia più funzionale. Aspettiamo, visto che le date di fine lavoro non sono ancora disponibili.

A pochi passi da noi abbiamo poi piazza Euripide, un altro snodo cruciale della città; nella foto (meno male che GMaps non viene aggiornato troppo sovente…) si vede la situazione fino a metà 2021, visto che i lavori sono iniziati con l’estate. Le prime avvisaglie avevano fatto credere a tempi rapidi di conclusione, addirittura per la fine dell’estate.

Ora arrivano le docce fredde e si comincia a parlare di marzo 2022 per la consegna dei lavori. Al momento si vede una distesa di cemento e poco altro, così da rimpiangere le poche aiuole verdi preesistenti. A Siracusa centro mancano zone verdi, si salva solo il polmone felice intorno al santuario e al museo Orsi (e il viale della Marina), speriamo che la ristrutturazione ne tenga conto. Al momento risaltano le (ovvie) proteste dei negozianti e degli abitanti che si trovano assediati dal cantiere. Cantiere nel quale spesso lavorano pochissimi operai e dove invece stazionano a curiosare molti ummarell…

…e mi viene quasi voglia di approfondire il discorso del nuovo ospedale di Siracusa, una meraviglia dell’ingegneria, con soluzioni all’avanguardia, il cui progetto è stato da poco presentato alla cittadinanza. Tempi di esecuzione previsti: 2 anni.

Cercherò di resistere alla tentazione di aggiungere a questo articolo/post i primi tag che mi vengono in mente: #fantascienza #futuroremoto #finelavoriquando #burocrazia … Staremo a vedere.

Bellini, questi luoghi di Catania ;-)

Bellini, questi luoghi di Catania ;-)

Sto per iniziare il mio terzo anno qui in Sicilia, da Siracusa a Catania ci sono meno di 60 km, eppure, a parte le necessarie toccate e fughe presso l’aeroporto, non ero mai riuscito a ritagliarmi un po’ di tempo per visitare questa città. A dire il vero mi ero persino fatto consigliare da Mariagiovanna su un possibile itinerario di visita (e meno male che lo avevo scritto, perché pensavamo di andarci come comunità), ma tra una zona rossa e una a pois, le cose non sono andate esattamente nel migliore dei modi.

C’è voluta proprio l’occasione del fratello vacanziero per dedicare finalmente una giornata a Catania.

E ne valeva decisamente la pena, perché ho scoperto come la realtà siciliana non sia semplicemente identificabile con le belle cittadine barocche, un po’ trasandate e sonnacchiose come Modica, Ragusa e Siracusa….

In questi giorni Google Maps doveva avere le sue cose, perché ogni 3×2 esordiva con un “strada sconosciuta” oppure un enigmatico “fare inversione e tornare indietro”, anche se la strada era di quelle importanti e ben segnalata. Comunque, mettendone insieme un paio (chissà perché nella stessa macchina due versione di GMaps sembrano avere identità ed itinerari autonomi!) siamo finalmente arrivati alla zona in cui volevamo parcheggiare: la Via di Sangiuliano. Avevo rispolverato le note messe da parte, senza dilungarmi troppo sui siti ad hoc (tipo: le dieci cose da vedere assolutamente a Catania… per questi link ci pensava Lida).

La nostra prima meta era la piazza del teatro Bellini; doveva essere anche la tappa giusta per una granita e la brioche col tuppo, ma siamo capitati male. L’unico bar aperto della piazza ne era incresciosamente sprovvisto. Allora giusto il tempo di uno sguardo al teatro. Mi sono messo d’impegno e ho percorso tutto il suo perimetro, restando un po’ perplesso per l’esagerazione dei murales, il senso di abbandono e di quasi degrado da cui era circondato l’intero edificio. Difficile convivere con officine, autoriparazioni, saracinesche chiuse da anni, manifesti alternativi, scritte fluo dalla dubbia interpretazione, ma così succede. In compenso almeno la facciata, che collega magnificamente gli edifici attigui, ha la sua maestosa imponenza.

Poi ci siamo diretti verso il cuore della città: la piazza sulla quale si affacciano il Duomo, il Comune e la splendida fontana dell’Amenano. A dire il vero la prima tappa è stata presso il caffè Prestipino. Questa volta non siamo rimasti delusi, anzi, ammirando gli scaffali che grondavano di dolciumi, cassate, cannoli e altri veleni per diabetici, le nostre convinzioni sulla scelta del da scegliere traballavano visibilmente. Poco male, ci siamo rifocillati e poi abbiamo iniziato a contemplare il resto. La fontana dava veramente l’idea di un velo d’acqua impalpabile e fresco, il “lenzuolo”, come viene chiamato dai ccatanesi e quello spazio bianco e tremolante aiutava in qualche modo a sopportare il sole torrido. Poi il duomo, spettacolare e immenso, che richiama almeno per le dimensioni le basiliche di Roma (ormai io mi sono un po’ dimensionato sulle ridotte misure siracusane e il nostro duomo, al confronto, sembra una parrocchietta). E non per niente il primo uomo illustre sepolto in questa chiesa, lo incontri appena entri, è proprio il famoso compositore Bellini. Che dire poi dell’elefante in pietra nera che svetta nel centro della piazza? Dal 1239 è il simbolo della città e riporta indietro nel tempo, viene da pensare a Pirro o Annibale (l’origine della statua sembra infatti legata al periodo cartaginese), ma verrebbe anche da sottolineare il fatto che un tempo gli elefanti, quelli nani, erano di casa in Sicilia, per lo meno, nel …pleistocene. Anche il vicino palazzo del Comune (non per niente si chiama Palazzo degli Elefanti) riserva qualche sorpresa; nel suo androne d’ingresso, vi sono infatti delle splendide carrozze del 1700, una delle quali viene utilizzata ancor oggi, durante i festeggiamenti per S.Agata.

Ma dopo questa abbuffata storico-religiosa, ci siamo deliberatamente confusi nella Pescheria, cioè nel mercato popolare che si snoda nelle vie, nelle piazze e nei sottovarchi a sud della piazza. Un miscuglio di odori e colori, pesce e frutta, verdure e primizie, noci dell’Etna grandi come mele, fichi d’india già belli e pronti e profumo d’arancini (o dovrei dire arancine? hic est busillis); quando ci siamo seduti ad uno dei tanti street food self-service della zona, eravamo già belli che appagati in tutti i sensi (per lo meno, quelli che fanno parte del club dei 5).

Poi una scappata fino al castello Ursino, altro segnaposto di Federico II, tutto circondato come si ritrova oggi dalla lava. Riesce difficile immaginare che all’inizio era proprio a pochi passi dal mare. Meriterà una visita più calma, almeno per vedere il museo all’interno.

E per finire abbiamo dovuto fare una concessione a Lida, e inoltrarci nella “vasca” catanese di Via Etnea. Così l’itinerario era un po’ in versione step&go, con frequenti pause per contemplare le vetrine, ascoltare le dissertazioni dei commessi di Siculamente e cose del genere, superando di slancio le rovine dell’anfiteatro romano (si fatica davvero a coglierne l’imponenza, visto che doveva essere secondo solo al Colosseo di Roma); siamo giunti fino ai giardini di villa Bellini e lì ci siamo arenati un po’, prima di riprendere la strada verso l’aeroporto. Per Lida e Paolo il tour siciliano era ormai alla fine. Ma il bottino di bellezza, colori e sapori che avevano ormai raccolto, non aveva più bisogno di valigie per essere contenuto…

Ecco un album fotografico delle cose belle viste a Catania