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E ancora…

E ancora…

Sera del venerdì 28 gennaio; il tam tam della CRI di Siracusa si mette in moto in previsione dello sbarco dei migranti dalla Geo-Barents, la nave di Medici senza frontiere che ha da poco ottenuto la destinazione di Augusta come porto sicuro. Sono 439 le persone a bordo e mi sembra di rivedere lo scenario esatto di un mese fa, il 28 e 29 dicembre, quando ho partecipato come volontario CRI all’ultimo sbarco del 2021. Quella volta i migranti erano oltre 500 e tra loro nessuno positivo al Covid. Questa volta il timore che ci fossero dei positivi, forse 5, si è poi sgonfiato nel mattino, probabilmente si trattava di un solo caso. Giusto per non allarmarsi sul fatto che il Covid lo portano i migranti…

E restando ben ancorati ai biechi numeri, sul sito del Governo è operativo da tempo un cruscotto con i dati aggiornati sul fenomeno dei migranti, in tempo decisamente reale per mostrare l’andamento degli sbarchi e l’afflusso di migranti. Una pagina interessante da consultare, per conoscere i fatti e non riecheggiare solo le opinioni. Balza subito agli occhi la prima immagine, che mette a confronto gli ultimi 3 anni. Sembra profilarsi un’impennata; ma questa prospettiva si dovrà misurare solo col tempo, quindi un po’ più avanti. Come recita il sito di MSF, ogni decisione si può rimandare a domani, ma una vita va salvata oggi. Fino a quando è possibile.

La macchina organizzativa si avvia un po’ lentamente al mattino, ci sono un po’ di problemi logistici; è in corso il carico di una chiatta di materiali ferrosi e la Geo-Barents si è scostata un po’ dalla zona dove si trovano i containers per le identificazioni. Il primo trasbordo viene addirittura fatto a piedi, in attesa del pulmino, ma i carabinieri giustamente si rendono conto che non è possibile far transitare i migranti, quasi tutti senza scarpe, con le sole calze, per un tratto di strada così impervio e pericoloso. Si procede quindi con il via vai del pulmino per trasferire a gruppi i vari migranti.

I numeri sono ben chiari. Il giorno prima lo sbarco ha interessato i minori, le famiglie, le donne… oggi tocca agli uomini. Ne restano più di 300. In maggioranza proveniente dall’Eritrea e dal Bangladesh. Si procede in modo regolare alle foto segnaletiche e poi ai colloqui di rito, con i mediatori linguistici, le impronte digitali e successivamente si sale sulla nave di appoggio per iniziare la quarantena. Notevole la presenza di forze dell’ordine e volontari. Sulla nave di appoggio operano in pianta fissa circa 30 volontari CRI. E il lavoro non manca, dalla sistemazione logistica delle persone, al magazzino (ci servono subito delle ciabatte, si inizia la distribuzione delle infradito ricevute in dono, peccato che non ci siano tutti i numeri per soddisfare le varie esigenze, ma per il momento anche un 43 può andare a chi vorrebbe invece un 41.

Essere presenti come volontari, sapendo che non si “salva il mondo” con gesti clamorosi è comunque un impegno necessario. A mettersi dalla prospettiva dei migranti una divisa è sempre una divisa, ma quella sgargiante della CRI trasmette un messaggio ben diverso dalle altre. Essere presenti in queste situazioni mette in risalto la partecipazione corale di tante presenze della nostra società. Mentre stiamo dando una mano a Roma stanno eleggendo il presidente.

Non ci riusciranno ancora ma in serata sarà cosa fatta e Mattarella si rimetterà sulle spalle lo zaino pesante di questa responsabilità nazionale. Mi fa piacere sentirmi in buona compagnia, sul tema della responsabilità, con una persona che (forse pochi lo sanno), ha maturato queste convinzioni anche frequentando la nostra scuola marista del San Leone Magno a Roma, tanti anni fa.

Verso le 13 tutte le persone sono ormai sbarcata e in attesa del colloquio. La necessità immediata è finita e si torna a casa. Lungo la strada, chiacchierando con la volontaria che mi ha accompagnato, si discorre anche di quello che ti rimane impresso nel cuore e nell’esperienza dopo gesti e momenti come questi. Qualcosa per cui vale la pena dedicare tempo, prendersi le folate di freddo e di polvere e zolfo che hanno flagellato un po’ questa mattinata. Ne vale la pena.

Ne arrivano ancora…

Ne arrivano ancora…

Zolfo. Zaffate di zolfo che si infilano dappertutto. Non è un vento terribile quello che spazza la banchina del porto di Augusta, in questa mattina di dicembre. Ma pochi giorni fa è sbarcato un carico di zolfo e sul terreno vedi ancora molte tracce di questo trasporto. Una patina gialla che il vento solleva e ti regala impietosamente, e che fa lacrimare e arrossare gli occhi. L’autista del furgone cellulare dei carabinieri sposta persino il mezzo per fare da frangivento e ridurre un po’ il fastidio. Al giovane amico, volontario anche lui della Cri, non sfugge un richiamo al Rosso Malpelo di verghiana memoria (e poi, quest’anno ha la maturità, un accostamento letterario che non guasta).

Di fronte abbiamo la nave Geo Barents, con il suo carico di oltre 500 migranti, raccolti sulle rotte del Mediterraneo negli ultimi giorni di Natale. Strano natale davvero, per molti di loro. Con i volontari della CRI stiamo dando una piccola mano e una presenza semplice in questo momento impegnativo.

Avevo già partecipato giorni fa ad un altro sbarco. Ma era uno sbarco “di lusso”, un veliero con poco più di 50 persone, tutte ben sistemate, con borse e valigie e giacconi come si deve. Succede anche questo.

Ma lo sbarco del 29 dicembre è uno di quelli che fanno la loro bella figura sul TG; tante le persone, tanti i minori non accompagnati, le famiglie…

La nostra presenza come volontari è puramente di supporto. Ma avverto un clima molto tranquillo e collaborativo da parte di tutti quanti. Gli operatori di MSF che forniscono tutte le informazioni per rendere più snelle le operazioni, il personale di Polizia che cerca concretamente di venire incontro alle attese di persone che ormai da giorni vivono in questo limbo di attesa, i carabinieri ben presenti, gli operatori dell’UNHCR e di Save the Children che fanno la spola tra la nave e i primi gruppi sbarcati per spiegare i tanti dettagli, le possibilità, i diritti di ciascuno. Ed è una piccola babele di lingue, anche se basta masticare un po’ di inglese e di francese per comunicare qualcosa; sono davvero pochi quelli che si esprimono esclusivamente in arabo.

La procedura è abbastanza semplice; il giorno prima i dottori hanno già effettuato un gran numero di tamponi, fortunatamente tutti negativi e da poco sono risaliti sulla neve, bardati come astronauti in passeggiata spaziale, per continuare i controlli. Una volta fatto il tampone, le persone vengono fatte discendere, viene fatta una foto con il numero progressivo assegnato dai medici e si procede in seguito con l’identificazione più accurata, con l’aiuto dei vari mediatori linguistici.

Gli spazi sono quelli che sono, il set fotografico è la fiancata della nave, vicino alla passerella di discesa, le sale per l’intervista personale sono quasi a cielo aperto, un gazebo e tavolini da pic-nic come supporto. Meno male che il tempo è abbastanza clemente. Se non fosse per queste zaffate di zolfo che bruciano gli occhi e consigliano di spostare più lontano il luogo per le interviste con le persone, in un posto più riparato.

Ma sono tanti i migranti che devono sbarcare. Dalle 10 alle 13 vengono smistate meno di 200 persone. E dopo l’intervista deve esserci anche la schedatura, le impronte, l’intervento della scientifica, insomma, un lavoro abbastanza impegnativo e le postazioni attive non possono certo fare miracoli. Ma si avverte che il lavoro viene svolto con attenzione e partecipazione. Mi sembra un clima positivo e le persone che scendono lo avvertono. Anche i bambini delle famiglie sembrano cogliere questa situazione di relativa tranquillità. Si fanno le foto anche a loro, cercando in qualche lingua di incoraggiarli a guardare il fotografo e non quel numero stampigliato su carta che gli viene accostato per identificare la foto.

Quando metti insieme un numero e un volto la mente non può sguazzare felicemente tra ricordi neutrali, ti viene subito da pensare a situazioni ben peggiori, più tragiche. Ma in questo caso è ben diverso.
A un certo punto un foglietto prende il volo, sfugge sulla banchina, poi cade nell’acqua. E cade dalla parte opposta al numero; operatori e carabinieri cercano di leggerlo, ma per fortuna era in sequenza, all’interno di una famiglia, in fretta si riesce a ricordarlo e riscriverlo a penna. A volte basterebbe una confusione del genere per creare problemi pesanti in seguito, scombinare elenchi, allungando i tempi di verifica.

Allora comincio a tenere con più forza quei rettangolini di carta che corredano ogni foto, mentre bisogna spiegare che si devono togliere la mascherina, e poi il cappello e per le donne anche scoprire le orecchie e mostrare almeno la prima avvisaglia di capelli sulla fronte. E si cerca di farlo con delicatezza, anche e a maggior ragione se la persona che scende dalla passerella è addirittura scalza o indossa solo dei calzettoni grigi.

Cosa succede dopo? I minori verranno distribuiti nei centri di accoglienza (se non ho capito male, a livello regionale), le famiglie resteranno insieme; gran parte degli altri faranno la quarantena nella nave appoggio che si trova ancorata poco distante, la GNV Allegra.
Speriamo che a tutti vengano ben illustrate le possibilità e i diritti che possono invocare e richiedere.

Ti viene sempre da pensare che se ci fossi tu al loro posto ti piacerebbe essere trattato in modo giusto, attento, umano…

E restare umani non è un dato residuale, ma una conquista.
E su questo fronte, dell’umanità da riconquistare, credo avvenga oggi la battaglia più importante.

Il centro vaccinale di Siracusa

Il centro vaccinale di Siracusa

E come previsto, rieccomi per la terza volta presso il centro vaccinale di Siracusa, l’Urban Center. Questa volta in veste quasi istituzionale, perché come volontario della CRI stiamo collaborando con il Comune per agevolare le diverse attività che fanno dal contorno al vaccino vero e proprio.

E dopo aver toccato con mano alcune criticità e quelli che a prima vista sono probabilmente dei colli di bottiglia superabili, mi limito proprio a questi semplici aspetti, in un’ottica di semplice collaborazione cittadina.

Ieri, nell’insieme, il clima tranquillo della domenica pomeriggio, la platea di persone anziane e tranquillissime ha fatto sì che tutto filasse al meglio. Il pomeriggio era persino a formato ridotto e in pratica entro le 17 si è concluso tutto.

Gli unici aspetti che potrebbero sveltire e rendere più snello il processo, da quanto visto finora, sono abbastanza fisiologici. Si tratta del numero di dottori incaricati del colloquio anamnestico, il dialogo con le persone che stanno per essere vaccinate. Credo sia un momento importante e da svolgersi con la dovuta calma e tranquillità. L’unica perplessità è che nell’Urban Center sono stati predisposti solo 4 sedi per questo colloquio. Le attese nascono necessariamente da questa situazione. Ho visto i dottori veramente impegnati e disponibilissimi, sereni e accoglienti, insomma, quello che ci vuole, soprattutto per la platea presente. Ma sono pochi e si fa presto ad ingolfare il sistema. Per ogni persona ci vogliono almeno quei 3-4 minuti doverosi di ascolto; con gli altri volontari della CRI ci eravamo ingegnati per far avanzare la fila a piccoli settori, in ordine di numero ricevuto, così prima si aspetta nella sede grande, poi ci si avvicina ai colloqui, poi si entra nella zona immediatamente a ridosso. In questo modo la gente intanto si muove e fisiologicamente l’impressione dello scorrimento evita qualunque malumore.

Poi entra in gioco il numero degli infermieri incaricati di somministrare il vaccino. Ieri forse i tempi tecnici erano legati alla tipologia dei pazienti, più anziani: togli la giacca, magari il maglione, prepara il braccio…. per un ragazzo sarà pure questione di un attimo, ma un anziano spesso fa più fatica, ha bisogno di una mano, non puoi fargli fretta. Anche in questo caso, dopo aver constatato che ci sono 25 piccoli locali pronti per la somministrazione del vaccino e vedere che comunque se ne potevano utilizzare solo 7-8, in base agli infermieri presenti, i calcoli dei tempi sono presto fatti.

Dopo il vaccino è tutto semplice: ci si reca nella sala di attesa (che però continuo a domandarmi come mai sia a ridosso di una porta di uscita che NON si può utilizzare, perché corrisponde a quella di entrata, probabilmente saranno vincoli propri dell’edificio…), nel giro di pochi minuti ogni paziente riceve il suo foglio per la prossima prenotazione (la seconda dose) e poco alla volta si svuota anche questa sala. Se il flusso dovesse aumentare potrebbe diventare troppo piccola, ma considerando la bella stagione, forse non è azzardato ipotizza che più avanti potranno essere sufficienti le tende già sistemate all’esterno.

Insomma, lo sforzo logistico è notevole e vedo molto impegno da parte di tutti. Proprio all’inizio c’è stato un breve momento di caduta della connessione. Interessante vedere come un po’ tutti, dai dottori al personale di vigilanza, si davano da fare per aiutare che era incaricato di riavviare lo switch centrale. Unica perplessità: le diverse macchine presenti sono tutte cablate via cavo e non hanno wi-fi. In certi casi un hotspot volante potrebbe essere una soluzione rapida. Ma anche in questo caso le procedure del collegamento col ministero avranno il loro perché.

Speriamo vivamente che giorno dopo giorno possano aumentare i vaccinati. Da pochi giorni è disponibile la situazione generale in tutta Italia tramite il server del governo (ecco il sito). Anche questa trasparenza, doverosa tra l’altro, è un buon segnale e uno stimolo a proseguire questo impegno. Da parte di tutti.

Un dettaglio primaverile, qualcuno in mattinata aveva lasciato questa bella cassettina di fiori per le tante donne presenti come infermiere e dottoresse. Era la domenica delle Palme, ma anche le margherite sono un bel segno di festa.

volontario temp

volontario temp

Non so quanti PC, tra scuola amici fratelli e semplici conoscenti, ho avuto tra le mani per avviare al servizio; ma una delle prime cose che sempre era necessario fare era creare una cartella per le cose provvisorie, per fare le prove, metterci file e programmi da sistemare… temp è il nome classico di questa cartella: C:\temp il suo indirizzo preciso.
Insomma, niente di più duraturo di una cosa temporanea; ancora adesso sul mio ultimo PC fa la sua bella figura e mi serve per un sacco di cose. Eternità del provvisorio, verrebbe da dire!

Fin dai primi giorni di questa quarantena, spesso rilassati e talvolta un po’ troppo leggeri, avevo cercato qualche opportunità per utilizzare meglio questo tempo. Almeno qualcosa di …provvisorio. Il nostro centro (il CIAO) era forzatamente chiuso, i ragazzi, i bambini e i tanti amici che lo frequentavano ogni giorno relegati tutti ai domiciliari. E siccome nella nostra comunità abbiamo un debole molto forte per la Croce Rossa, che da queste parti è sempre in prima linea sul tema dei migranti, degli sbarchi e degli accoglimenti, era quasi scontato rivolgersi a loro, alla CRI.

Anche perché il corso di formazione che solitamente si teneva in primavera per quest’anno sembra saltato d’ufficio. E così, consultando il loro sito per diventare volontario temporaneo della Croce Rossa, avevo segnalato la mia disponibilità, fin dal mese di marzo, insieme a Rosa. Nina invece è già volontaria CRI da tempo!

Dopo qualche giorno è arrivata la conferma, insieme alla richiesta del certificato di …sana e robusta costituzione (e comunque la mia dottoressa è stata veramente disponibile, nonostante questi strani tempi).

Qui a Siracusa in questo modo si è formato un gruppetto, una dozzina di persone; naturalmente c’è stata una sessione di formazione, logicamente online, durante la quale ci siamo almeno visti di sfuggita e abbiamo ripassato alcuni dei tempi formativi necessari (il codice etico della CRI, le norme essenziali per un intervento in sicurezza…).

Finalmente siamo anche passati all’azione; dopo aver dato la nostra disponibilità oraria i responsabili locali hanno sistemato il primo timetable settimanale. E giovedì mattina, quasi alla fine di aprile, ho avuto il primo impegno.
Logicamente è una attività di supporto, nessuna emergenza.
Si tratta di fare cose semplicissime: portare dei medicinali presso le case di alcune persone, oppure fare e portare la spesa. Siccome nella mattinata era coinvolta anche Nina, siamo partiti insieme per recarci alla sede della CRI di Siracusa, nella zona vicino al tribunale, in Via S.Orsola. Poi insieme al responsabile, via per le attività: passare da una famiglia per prendere la ricetta, recarci alla farmacia dell’Ospedale Umberto I per ritirare il farmaco, altra commissione presso l’Ospedale Rizza e altra medicina, da portare questa volta ben più lontano, in un paesino distante diversi chilometri. Il tutto nell’arco di una mattinata. L’impegno si svolge solitamente dal lunedì al venerdì.

Essere in due è sempre una garanzia di sicurezza e di efficacia, non perché il compito sia così impegnativo… Vedremo adesso se con la fase 2 gli interventi si intensificheranno oppure no. La disponibilità rimane.

Passeggiando tra i locali della CRI, pieni di attrezzature, cartelloni per i corsi, ambienti per la formazione e gli incontri… pensavo a tutte queste coincidenze, visto che proprio in questi giorni, aiutando il nostro amico Omar a prepararsi per la maturità, avevamo da poco ripassato le guerre di indipendenza italiane. Gli avevo proprio parlato della battaglia di Solferino (1859) e della tragicità degli scontri a fuoco di quell’epoca, con centinaia di feriti che venivano poi abbandonati sui campi di battaglia. Quando andavamo in gita di classe con gli alunni (di Genova, di Milano…) una salita sulla torre di Solferino era una tappa obbligata. Mi ero spinto persino a spiegargli cosa si intendeva per “misericordia“, quella mazzetta appuntita che serviva per dare il colpo di grazia ai moribondi… (se passate dal piccolo museo garibaldino di Quarto, edificato a ricordo della spedizione dei Mille, ne potete vedere qualche esempio).
Proprio da quei disastri, da quelle emergenze, è partita l’idea di H. Dunant per fondare un servizio che ancora oggi ha tanti campi di impiego.

Se proprio non puoi eliminare il buio, almeno accendi una luce…