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Diario di Natale… il Torcal

Diario di Natale… il Torcal

Vacanze di Natale 2023, queste me le ricorderò, sicuramente in modo speciale e proprio per non dimenticarle troppo presto, magari qualche riga e qualche foto ci possono anche stare.

Partiamo da Melilla il 22 sera, notte fonda, con il traghetto, una barca gigante che ingoia macchine e camion e gente. Si dorme un po’ alla buona sulle poltrone, mentre in molti preferiscono sdraiarsi sulla moquette (e tutto sommato l’idea non è poi così malvagia). Siamo io e Juan Antonio perché in vista dell’arrivo in serata a Granada, avevamo pensato di fare una piccola escursione, nel parco del Torcal. Siccome non conosco praticamente nulla di queste zone, vado sulla fiducia …. e faccio bene.

La fase più lunga è lo sbarco dal traghetto, quasi un’ora di lungaggini per mostrare i documenti (Melilla, a tutti gli effetti, è terra di frontiera e quindi la dogana è inevitabile). Poi ci dirigiamo verso il parco del Torcal di Antequera, una zona dalle incredibili rocce carsiche e nella prima mattinata, dopo una fermata per una colazione a base di churros (anzi, porras, quelli più grossi e casarecci), ci arriviamo verso le 10.

E’ una giornata splendida, tersa e senza vento, l’ideale per questi giorni di dicembre, che rimangono comunque belli freschi. La temperatura è bassina, siamo di poco sopra i 0 gradi, ma al sole è davvero gradevole fare come le lucertole. Iniziamo così il nostro giro tra le rocce, seguendo uno dei sentieri lunghi che si dipanano dal parcheggio del centro di visita.

Uno spettacolo davvero lunare, o forse marziano, dove ogni roccia potrebbe facilmente ricevere un nome per l’incredibile configurazione che rappresenta: case, palazzi, architetture aliene, statue surreali, imitazioni naturali… ci si trova di tutto, camminando con calma lungo il sentiero. All’inizio siamo stati persino scortati dalle capre di montagna (ma forse si tratta proprio dello stambecco iberico!), che non sono poi così diverse dai nostri camosci, solo più tranquille e domestiche, quasi a suggerire pose fotografiche da calendario.

Questa volta poi sono venuto attrezzato, ho ripreso da poco la macchina fotografica, una semplice Canon con zoom 40x, e invece dell’onnipresente cellulare utilizzo un obiettivo un po’ più flessibile. Piccolo dettaglio: non mi sono portato dietro il lettore di schede e per il momento mi devo accontentare delle foto che mi ha fatto Juan Antonio. Poco danno, così la memoria si esercita un po’ di più. Vuol dire che l’album fotografico potrà aspettare.

Ma dopo la scarpinata sui monti (siamo sopra i 1100) ci aspetta la parte archeologica, con i Dolmen di Antequera, 3 antichissime tracce della presenza umana, tombe megalitiche imponenti e suggestive, che troviamo a pochi km. di distanza. L’ultima è quella che ci riserva la sorpresa più luminosa…. alcune di queste costruzioni sono anteriori ai cerchi di Stonehenge e forse l’idea riduttiva di “tombe” per importanti personaggi è decisamente poco. Giunti nei pressi del tholos del Romeral ci siamo bloccati perché la visita era stata “requisita” da un piccolo gruppetto di appassionati, non avevamo fatto molto caso al calendario, ma essendo proprio il 23 dicembre, eravamo ancora a ridosso del solstizio d’inverno e questa giornata era davvero speciale, visto che proprio in questa occasione la luce del sole penetrava fino all’interno del monumento, in modo davvero suggestivo. In pratica senza nessuna luce era possibile, giunti all’interno del sacrario, usufruire dei raggi del sole. Pensare che oltre 3000 anni fa ci fossero persone disposte a realizzare una simile opera, con questa precisa inclinazione e orientamento (tra l’altro anomalo), non può certo lasciare indifferenti. Nella foto qui sotto, realizzata senza flash, siamo proprio al fondo della costruzione, mentre il lungo cortile d’ingresso, interamente realizzata in pietra a secco è lungo una quindicina di metri.

E dopo qualche giorno, ecco pronto anche l‘album con le foto della giornata passata al Torcal e tra i dolmen di Antequera

Perdersi alla fonte Ciane

Perdersi alla fonte Ciane

Sabato pomeriggio di metà giugno, un rapido momento di relax. Si prende la bici e si esce da Siracusa; lungo la strada già si prefigura il sollievo di riuscire a sgusciare nel traffico, perchè l’altra corsia è già completamente intasata e sono solo le 4 del pomeriggio. Ma si sa, l’estate incombe.

Macchine e inquinamento fino al ponte dei 3 fiumi (in realtà uno dovrebbe essere un canale, ma trovare 2 fiumi diversi che sfociano nel raggio di pochi metri è sicuramente un record siracusano) qui quasi si affratellano l’Anapo e il Ciane. E dopo il ponte si svolta per togliersi dal caos.

Una strada dal nome quasi altisonante (Mammaiabica, chi era costei?), ormai affrancata da macchine e confusione. Si supera la ferrovia che sarebbe una fortuna per queste zone ma sembra solo un residuato di poco uso. E poi si prende il sentiero che costeggia il Ciane, per circa 2 chilometri di campagna.

Ci sono distese di grano, ormai maturo e pronto per il taglio, uno spettacolo insolito. Poche settimane fa ero tutto ancora una coperta di verde fresco, ora le spighe iniziano a pesare sullo stelo. Pochissimi gli incontri lungo il sentiero.

Fino a raggiungere la sorgente di affioro del Ciane; sono zone carsiche quelle del siracusano, chissà veramente da dove arriva l’acqua di questo corso. Ancora una volta la passerella che conduce al cuore del papireto è semidistrutta, in 4 anni l’avrò vista ricostruire almeno un paio di volte e sicuramente il tempo è la causa principale.

Sfidando pattuglie di zanzare mi àncoro al tronco adagiato di un eucalipto e come al solito prendo il tablet per leggere in serena tranquillità. Oggi è il giorno di Bobin, di Pia Pera e il suo splendido “Al giardino ancora non l’ho detto”… poi da lontano un cane, abbaia, si avvicina, perlustra.

Entra nell’acqua, felice per il refrigerio, scodinzola, ma non è che l’avvisaglia. In breve si avvertono le campanelle, un suono antico, di gregge in passaggio, ecco sbucare le pecore in grande raduno. Insolito abbinarle ai luoghi di Siracusa, ma qui siamo ormai in aperta campagna.

Il piccolo esercito in tuta di lana si avvicina all’acqua, si consolida sul fosso e inizia a bere, sgomitano, si fanno largo, si spingono; alcune pecore si azzardano a superare il rivo, si avvicinano, la mia bici è ormai in ostaggio al gregge. Ma vanno veloci, dietro le insegue il pastore, persino una macchina di supporto. Sfilano rapide, continuando a bere e cercando spazi di ristoro.

In breve, come sono comparse, ritornano nel silenzio, nel verde, nel sentiero. Momenti bucolici avvolti dai papiri…

Tutte qui, le altre pecore

Passeggiando a suon di natura

Passeggiando a suon di natura

Sabato 28, con un finale di maggio ormai camuffato da piena estate, mi sono ritrovato con tante altre persone a fare quattro passi lungo i sentieri della Pillirina. Dopo averla esplorata varie volte per mio conto, un po’ a piedi e un po’ in bici, vedere che qualcosa si muove sul versante della destinazione a riserva o parco di questa zona praticamente ancora intatta del nostro territorio, non può che far piacere. Girando per altre zone del Siracusano fa abbastanza tristezza osservare l’incuria, il cemento che avanza senza nessun ordine e grazia, le modalità “fai da te” imperanti senza un minimo di progettazione. Sapere che invece esiste anche una voglia diversa di valorizzare la natura, l’ambiente e la relazione che possiamo instaurare con questa realtà, è sicuramente positivo.

Mi aveva passato l’informazione Natalia, e non è stata una sorpresa trovare subito numerosi altri amici, di Accoglierete, dell’Arci, di altre realtà, degli scout (gli Assoraider che operano nella piazza di s.Lucia), tante altre sigle e associazioni, da Legambiente alla Natura Sicula, persino il gruppo Missio ad Gentes della diocesi, insomma, un variegato mondo di persone che hanno a cuore una natura meno funzionale e più autonoma.

Ovviamente ci sono andato in bici, ben sapendo che l’appuntamento non era proprio dietro l’angolo: 12 km per giungere alla conclusione della strada che termina in una sorta di piazzale-parcheggio. Era già un fermento di persone e gruppi, persino in bici (ma quelli erano professionisti della MTB, sui sentieri della Pillirina in bici proprio non me la sento di sfidare le rocce aguzze…), cani al guinzaglio, padroni felici… il mitico Erlend Øye che spiccava tra un saluto e l’altro.

Appena ci si è messi in moto ci si è subito resi conto della quantità di gente. Un migliaio, diranno nei giorni seguenti le tante testate che hanno seguito l’evento; forse un numero un po’ azzardato, ma sicuramente eravamo in tanti. Persino difficile ascoltare chiaramente le parole pronunciate a inizio percorso, per dare un senso alla marcia. Il referente di Lega Ambiente ha tracciato un po’ la storia degli eventi che stanno ancora segnando le difficili tappe di questo possibile e auspicabile parco. Sicuramente i tempi, l’attenzione per l’ambiente e una accresciuta consapevolezza della sostenibilità ambientale, in tutti i sensi, potranno finalmente avere la meglio.

Per questo abbiamo semplicemente ascoltato e poi continuato il percorso. Quasi in modo inaspettato, alla prima tappa, con lo sfondo delle scogliere selvagge e delle caverne scavate dal mare, Erlend ha sfoderato il suo ukulele e con il suo amico ha iniziato il suo concerto itinerante, assicurando che lungo il percorso ci sarebbero stati altri momenti musicali. Fosse anche solo per questo valeva la pena essere lì. Gli ho persino chiesto quando sarà la volta di un concerto dei suoi qui a Siracusa. Ma la risposta che mi è parso di cogliere era …che quello poteva considerarsi il suo miglior concerto e che per i gusti di Siracusa la sua musica forse era poco adatta. O poco richiesta? Eppure vive qui ormai da tempo, parla un fluente italiano e dalla sua iniziativa è evidente l’affetto che nutre per queste zone (voleva mettere sul piatto 1 milione di € per poter consentire alle persone l’accesso alle zone della Pillirina ancora contese e di proprietà privata…).

Forse il problema è proprio questo, come spesso capita: sono proprio gli “stranieri”, chi viene da altre zone ad apprezzare il bello e l’unico che in Siracusa è così diffuso e, purtroppo, ancora poco valorizzato.

Ma a forza di insistere, qualcosa sta cambiando…

E queste sono le immagini della passeggiata, con qualche video degli inserti musicali di Erlend

Sulle spiagge di San Vito

Sulle spiagge di San Vito

La gita che abbiamo fatto qualche giorno fa andrebbe centellinata con calma, e quindi ritorno, almeno con lo sguardo, sull’escursione che abbiamo fatto venerdì 1 novembre. Eravamo a Trapani, tempo minaccioso. Se tanto piove proviamo almeno a vedere qualcosa di speciale. Così siamo partiti alla volta di San Vito lo Capo.

Che la Sicilia fosse piena di sorprese, angoli incantevoli, spiagge caraibiche, scorci da favola… lo sapevo già. Mi fido delle tante esperienze di amici e persone che mi hanno descritto il fascino di certi posti. Ma fino a quando non ci capiti anche tu, in questi posti da favola, l’esperienza rimane un ricordo sbiadito. Il paesino è proprio uno di questi luoghi speciali. Ci siamo arrivati quasi con la pioggia alle spalle, a inizio novembre, in epoca immune dalle folle estive, e il paese si è rivelato nella sua semplicità. Una strada centrale, un grande edificio nel cuore del paese, e poi distese di sabbia.

Il primo richiamo è stato proprio quello del mare; vale la pena inzaccherarsi un po’ di sabbia, toccare l’acqua, ammirare le dune di alghe e invidiare chi ancora …stava facendo il bagno. Aria tiepida, sabbia calda e clima più che primaverile. Poi si girovaga un po’ nel paese, sapendo che l’unico edificio da osservare con attenzione è proprio la chiesa di s.Vito. Un antico martire, dalla storia un po’ annebbiata nel tempo, ma segni solidi di una presenza forte, visto che la più antica menzione del santo ci viene da documenti musulmani…

Dopo un pranzo tipicamente da pescatore, siamo ripartiti verso la riserva dello Zingaro, una delle prime riserve regionali della Sicilia, incredibilmente senza una strada di rapido attraversamento lungo il mare; insomma, se la vuoi vedere devi guadagnartela a piedi, tra un saliescendi continuo in mezzo a questo angolo di paradiso. Mi vengono in mente i sentieri del Parco di Portofino, con le discese fino alla spiaggia di s.Fruttuoso. Ma qui di alberi ce ne sono ben pochi, in compenso vedi palme nane dappertutto, macchie di rosmarino da mandare in visibilio uno chef della Riviera, ciuffi di mirto e tutto quello che puoi aspettarti dalla macchia mediterranea.

Raggiungiamo a piedi la vicina caletta, sulla mappa viene segnata come Tonnarella dell’Uzzo, una spiaggetta deliziosa, con sassolini regolari, gradevoli e, nonostante l’epoca, ci sono famiglie in costume, gente che prova l’acqua, bambini che si esercitano nell’antica arte del lancio della pietra che rimbalza sull’acqua (e qualcuno era intento a fornire corsi speciali di potenziamento…). Questa volta un po’ di foto erano il giusto tributo al luogo. E questo può bastare.

Un po’ di foto di San Vito lo Capo e della Riserva dello Zingaro

4 passi sul sentiero rosso

4 passi sul sentiero rosso

Una rapida scorribanda sul Sentiero Rosso di Canale Monterano. Poco distante dalla nostra casa ci sono le rovine della vecchia Canale e proprio al di sotto di questo splendido paese fantasma, c’è un altrettanto splendido percorso naturalistico. L’unico problema è il tempo, perché a dispetto dei commenti di chi mi dice “ma ti stai facendo le vacanze”… tra gli incontri del mattino, dalle 9 in poi, fino evansalla conclusione delle sessioni serali (di solito finiamo verso le 18, molto estensibili) di momenti liberi non ce ne sono troppi. Insomma, non ci si annoia. Ma in questi giorni era con noi Louise Evans per il corso sulla comunicazione non-violenta e conoscendo la sua passione per il bello, mi sembrava un’occasione da non perdere.

Così, terminato l’incontro e senza troppi preamboli, eccoci pronti per il giro di esploraione. Qalista si era perfettamente calata nel personaggio di Lara Croft, dato che le avevo parlato di tombe, etruschi e jungla: scarponcini e mimetica. Gli altri invece, in pieno stile casual. Louise frizzante e contenta (nella foto qui sotto è persino raggiante, grazie Qalista per le foto…). Parcheggiato il pulmino iniziamo subito la discesa verso la cascata Diosilla; racconto la leggenda della fanciulla dai bei capelli rossi che attende il moroso alla fine della guerra, ma quando poi capisce che la morte se l ‘è portato via, decide di raggiungerlo. Ecco spiegata la cascata rosseggiante e l’inizio di questo ruscello incastonato nel bosco. E così iniziamo a seguire il sentiero, apprezzando la pulizia di tutto l’ambiente, i tanti cartelli bilingue a spiegare il luogo, le piante, gli endemismi, gli animali tipici.

A naso si giunge fino alla Zolfatara, esploriamo la caverna con i vari ingressi delle miniere (ferro, zolfo, ma anche manganese, nel corso dei secoli hanno estratto un po’ di tutto) e poi ci fermiamo ad ammirare le bolle di zolfo, verificando di persona che l’acqua è comunque fredda.

Ma poi riprendiamo la strada e la macchina per andare alla Vecchia Monterano; una strada più da sterrato che da pulmino, ma il traguardo è affascinante.

Giungiamo alla fontana vicino al grande acquedotto che riforniva la città fino al 1700, quando per la malaria venne abbandonata. Avevo in mente alcune reminiscenze, o almeno la convinzione di essere già stato in questi luoghi tanti anni fa, ma ricordavo a malapena la chiesa del convento.

Questa volta mi sono divertito a curiosare rapidamente tra i tanti edifici ancora in piedi, le rovine solenni, la boscaglia che tenta poco alla volta di riappropriarsi dello spazio. Siamo al tramonto, il panorama della chiesa è decisamente suggestivo.

Ci manca solo un cavaliere e Lady Hawk a spiccare il volo dal cavallo per diventare falco, oppure il Prete Gianni a colloquio col Marchese del Grillo (2 dei tanti film girati in questi luoghi, ultimamente lo spot di Gucci o gli itinerari Fai di Brumotti….il fascino continua).

Ormai è tardi, quasi notte, riprendiamo la strada; la facciamo lunga, questa volta, e sbuchiamo alle spalle di Oriolo. Gli occhi si voltano ancora indietro, a immaginare torri e campanili lontani sullo sfondo…