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Tag: sicilia

In attesa di riprendere…

In attesa di riprendere…

di riprendere a girare, visitare, passeggiare, ammirare… Ormai ci stiamo facendo il callo a questo periodo di forzata inattività, un limbo che rischia di spegnere anche la curiosità, la voglia di conoscere e di esplorare questo nostro stupendo ambiente (lo so, sarei capace di definire “stupendo” anche luoghi con apparente scarso appeal, ma essendo l’occhio a fare la differenza, preferisco allenarlo 🙂

E quest’oggi mi aveva colpito la richiesta di un ragazzo straniero, che mi chiedeva informazioni sulla… presenza di san Paolo qui a Siracusa. Essendo un ragazzo musulmano capisco la difficoltà nel collocarle questo personaggio in un contesto storio più dettagliato. E mentre cercavo di dargli qualche dritta, ricavata dal testo degli Atti e poco più, qualche vestigia storica velata di leggenda che ricorda i 3 giorni in cui Paolo è stato ospite a Siracusa del primo vescovo, Marciano, scelto espressamente da san Pietro. Per mostrargli la chiesetta di san Paolo, a ridosso del tempio di Apollo, ho lanciato GMaps e fatto uno screenshot dalla funzione di Streetview che mostra con chiarezza il luogo. E come spesso capita viene subito voglia di percorrere un po’ quelle strade in passeggiate virtuali, incuranti delle persone che affollano i vicoli e i luoghi solitamente affollati da turisti. Siccome da quando sono qui non ho ancora potuto vedere nulla di tutto ciò… almeno su schermo è gradevole assaporare questo clima. Sono poi finito in riva al mare, presso la fonte Aretusa. Ormai sono luoghi che conosco abbastanza bene e mi sono meravigliato che tra le tante foto della fonte non ce ne fosse nemmeno una che la mostrasse dal basso e dall’interno. Così mi sono detto: ok, buttiamo giù due righe e recuperiamo le foto fatte questa estate durante la visita con i bambini del campo estivo.

E siccome gli errori di pubblicazione ogni tanto saltano fuori, per evitare di perdere le righe scritte…. le replico anche qui, in attesa di riuscire a pubblicarle tra le recensioni di Google. Per la cronaca, dopo 3 tentativi andati a vuoto, finalmente la recensione è online.

Fonte Aretusa: Uno dei luoghi indimenticabili e più suggestivi di Siracusa. Negli ultimi anni (a causa della pandemia), le visite sono state molto rarefatte, ed è un peccato perché è interessante visitare anche l’interno. Vedo dalle recensioni tantissime foto, ma tutte e solo dalla cerchia esterna. Nell’estate del 2020 abbiamo avuto la possibilità di visitare e girare dentro la fonte, grazie alla cortesia dell’assoc. Civita (il reportage lo trovi qui https://www.maristi.it/ciao/2020/08/01/e-si-conclude-anche-il-campo-estivo/) e passeggiando dentro la fonte lo spettacolo è ancora più suggestivo. Una volta entrati nello spazio di visita, si può fare un giro completo della fonte. Procedendo in senso orario si vede nella cavità del muro il punto da cui sgorga la fonte di acqua dolce, lo sbocco in mare si trova nel punto diametralmente opposto; non ho assaggiato l’acqua ma ormai dicono che sia piuttosto salmastra, ottimo campo di studio per verificare l’adattamento delle piante. La vegetazione principale, a parte il grande ficus all’ingresso e alcune palme rigogliose, sono ovviamente i papiri, della stessa varietà di quelli che si incontrano lungo il fiume Ciane. Sono fusti alti più di 4-5 metri, in ottimo stato di vegetazione. Poi ci sono tante anatre, e devono vivere veramente bene perché abbiamo incontrato gli anatroccoli al seguito della madre, molto tranquilli e per niente stressati. Il responsabile era più preoccupato (e giustamente infastidito) dal fatto che i turisti continuano a buttare cibo, panini, briciole, favorendo così il proliferare dei topi, non della fauna corretta, che è ampiamente autosufficiente. Molti i pesciolini rossi… e persino una carpa (qualcuno azzarda che sia addirittura una pregiata carpa Koi, ma… chissà). Breve il percorso di visita, con le audioguide si ripercorre il mito di Aretusa. Non vengono fornite molte informazioni storiche (come la notizia che Napoleone si sia rifornito qui di acqua dolce, anche se poi il suo acerrimo nemico, Orazio Nelson, grande appassionato di Siracusa, scelse proprio questa città come sua residenza privilegiata). La presenza della piccola spiaggetta vicino al giardino crea un congiutno delizioso. Peccato per lo stato di degrado in cui versano questi giardinetti, vero percorso ad ostacoli tra escrementi di piccioni e mattonelle disselciate. Un tempo qui c’era anche un acquario, ormai chiuso da tempo.

Ecco le foto della Fonte Aretusa – estate 2020

Ho finito da poco La Mennulara

Ho finito da poco La Mennulara

Non sto leggendo spesso romanzi o libri con “narrazioni e racconti”, ma ogni tanto credo sia utile lasciarsi stupire dall’imprevisto. Non conoscevo nulla di Simonetta, forse mi intrigava questo cognome un po’ italiano e un po’ inglese, ma volutamente non mi sono occupato dell’autrice prima di leggere il libro. Avevo solo assaporato qua e là il gradimento da parte di persone molto diverse. Un buon punto di partenza.

Non credo nemmeno nell’utilità di una recensione quasi riassunto… preferisco quelle che cercano di stimolare la curiosità e l’approccio personale al testo.

Vivo in Sicilia da ormai un anno e mi piace l’idea di andare oltre le apparenze, gli stereotipi e il sentito dire. Mi sono messo a leggere questo libro e ne sono stato piacevolmente sorpreso. Sono abbastanza esigente e spesso mi ritrovo ad abbandonare testi che inizialmente mi sembravano interessanti (meno male che da anni uso solo le versioni digitali, con la carta non so se sarei in grado di superare un certo senso di colpa “l’hai comprato e adesso te lo leggi”), l’ultimo che ho lasciato perdere era un certo Stupidistan, troppo infarcito di luoghi comuni…

La Mennulara a grandi linee racconta una storia davvero insolita; una bracciante, poi governante, poi factotum di una famiglia di relativa ‘nobiltà’ o almeno di lunga tradizione siciliana. Una saga familiare come forse ne possono esistere tante in una terra dove le tradizioni sono spesso pietrificate nel tempo. La storia si svolge in quello che amo definire il secolo scorso, quindi quasi in contemporanea, per molti aspetti che vedo confermati qui in Sicilia.

Questa governante toglie il disturbo a inizio libro: muore dopo una rapida malattia, ma da quel momento comincia una presenza a dir poco ingombrante nella famiglia che ha servito per anni. Sembra aver pianificato tutto con puntiglio e precisione, dal testo del suo annuncio funebre alle pratiche di eredità da svolgere esattamente come da lei comunicato, attraverso messaggi e lettere che giungono puntualmente dopo aver osservato con scrupolo le indicazioni da lei fornite in precedenza. E guai a sgarrare….

La narrazione è curiosa e il ritmo incalzante, persino lo stile lievita con l’incedere delle pagine, smettendo alcune pesantezze e raggiungendo una maggior freschezza e attualità man mano che la storia volge al suo epilogo.

Certo, mi sembra molto poco realistico che la protagonista del romanzo, da semplice ragazzina del popolo riesca a raggiungere quasi in modo autodidatta competenze archeologico e velleità classiche da suscitare l’ammirazione di esperti e musei e nel contempo a nascondere queste capacità alle persone che continua ad accudire. Certe capacità lasciano tracce e segni inequivocabili in troppi ambiti della vita. Ma una storia è gradevole anche per queste pretese.

Sullo sfondo una Sicilia reale, che riscontro ancora oggi, nei campi delimitati da tanti muri in pietrame, nella rassegnata calma di tante persone, nella riluttanza a svecchiare certe mentalità e idee. Una bella immersione in quella sicilianità che conviene conoscere, non per tollerarla, ma per favorire qualche processo di svecchiamento.

Tra l’altro quest’ultima edizione è stata rivista recentemente dall’autrice e ampliata un po’; un libro non è mai concluso nel momento della prima consegna alle stampe, è gradevole che l’artista vi rimetta mano. Sarà che poi lei dorme poco (5 ore a notte le sembrano sufficienti) e se questi sono i risultati. ben vengano 🙂

(10 a 1 che anche questa ‘recensione’ su AMZN non me la passano 🙂

Risalendo il fiume Cassibile

Risalendo il fiume Cassibile

Avevamo preparato questa uscita già da parecchio tempo con degli amici appassionati di montagna e di lunghe passeggiate; ci avevano proposto di esplorare la splendida zona dei laghetti di Cassibile, e curiosando in rete avevamo già scoperto di cosa si trattava e allora eccoci pronti, io, Nina e Rosa per il nostro viaggio di esplorazione.

Certo, permaneva qualche pizzico di dubbio perché ci avevano detto di procurarci degli zaini impermeabili e che probabilmente avremmo dovuto fare qualcosa di molto simile a Indiana Jones nell’esplorazione dei canyons tropicali… ma che problema sarà mai, pensavamo noi!

Il nostro gruppetto era formato da una quindicina di persone tutti amici o amici degli amici e ci siamo ritrovati intorno a Pippo che già ci avevano presentato come una mitica guida di questi splendidi luoghi della Sicilia. Quello che non ci avevano detto era che il buon Pippo pochi giorni prima aveva provato inc oncreto questa uscita, verificando che il sentiero fosse fattibile per tutti. E questo a dispetto dei suoi agili 71 anni e di un bel bypass (un semplice “tagliando”, diceva lui) e comunque sembrava ancora il più arzillo e dinamico del gruppo.

Abbiamo cominciato la discesa nella zona Mastra Ronna (chissà perché Mastra al femminile…) cominciando ad apprezzare dal cornicione nord la panoramica spettacolare della Vallata del Cassibile che si stava aprendo davanti ai nostri occhi; un vero e proprio canyon vasto e largo, luogo frequentato dai nostri antenati fin dalle epoche preistoriche.

La prima tappa è stata quella di soffermarci a dare un’occhiata alla splendida grotta del Brigante (con Nina e Rosa stiamo già pensando che probabilmente potrebbe essere una delle nostre prossime mete), un covo spettacolare e suggestivo (se non ci credete gustatevi questo video del Brigante Boncoraggio che in questo nido d’aquila ha vissuto parecchi anni tenendo in scacco l’esercito piemontese conquistatore), e poi abbiamo continuato la discesa, ripida ma tranquilla e ben segnalata, superato lo spiazzo erboso che a volte ospita l’elicottero di soccorso, poco lontano dall’antica casa del pastore, e finalmente si giunge ai laghetti.

Qui naturalmente in bagno non ce lo toglieva nessuno, eravamo arrivati molto presto (ti credo, l’appuntamento per la partenza da Siracusa era per le 7, ma sicilianamente “trattabili”) e non c’era ancora nessuno, anche perché l’ingresso più facile si trova dalla parte opposta, nella zona sud perché si arriva più comodamente in macchina fino alla zona attrezzata e servita da bar .

Noi alle 9 eravamo già lì a sguazzare nella freschissima acqua dei laghetti e a farci le Jacuzzi fornite dalle numerose cascatelle di questi luoghi spettacolari e pulitissimi.

Poi è cominciata la parte interessante perché invece di riprendere con la salita normale, abbiamo cominciato ad affrontare direttamente il fiume, che non è gigantesco, più torrente che altro, ma in alcuni tratti non è certo da trascurare.

Cominciamo a scendere nell’acqua, quasi tutti con le normali scarpe, per ripercorrere tutto il percorso del fiume (tranquilli, il percorso non è molto viscido, la natura delle pietre calcaree e del’acqua aiuta anche in questo); in breve l’acqua ti arriva alle ginocchia, poi alla vita poi sempre più su fino quasi a sommergerti e devi proseguire a nuoto per diversi tratti. Qui si è vista la capacità e l’ingegno di chi non si era equipaggiato con i famosi zaini “impermeabili” e ha fatto di tutto per salvare il salvabile, con sacchetti di plastica o portandoli in testa, tipo sherpa tibetani, cercando di passare nei luoghi meno profondi, aggrappandosi alle liane (pardon, fichi e altre piante locali), per fortuna che ad ogni tratto guadagnato lo spettacolo ripagava le fatiche, le scivolate e le piccole contusioni (a volte veri e propri tonfi nell’acqua). Il buon Pippo naturalmente ci precedeva e ogni tanto (anzi, ogni spesso) ci immortalava con la scusa di preparare il suo prossimo scoop sul National Geographic.

In questo modo abbiamo risalito un bel tratto del fiume giungendo fino alla nostra successiva tappa, un altro laghetto verde smeraldo e raggiungibile anche dalle zone superiori oltre che dal corso del fiume, anche se non sembrano essere molte le persone appassionate di torrentismo da queste parti.

Qui finalmente ci si ferma per davvero, sotto un sole che riscalda e che ci asciuga deliziosamente, per consumare il nostro pranzo, controllando quanto dei nostri panini si fosse salvato dalle molteplici immersioni nell’acqua. Ma poco dopo Pippo ci riporta con i piedi in acqua per andare a a vedere gli splendidi laghetti di Venere famosi, dice lui, per le loro virtù taumaturgiche tipo la ricrescita dei capelli per i calvi e il recupero delle forme femminili ecc. ecc.

Peccato che nessuno avesse voglia di provarci, perché è vero che non avremmo più rimesso i piedi in acqua, ma il tempo si stava preparando per un’altra sorpresa, infatti cominciando la risalita ecco un bel acquazzone estivo (da quanto tempo non camminavo con lo zaino sotto l’acqua?), pochi minuti e la pioggia ci avvolge fornendo un’ottima distrazione per sentire meno la fatica di quella risalita tra sassi scivolosi, erba tagliente, rami che grondano docce appena li afferri…. e altre piacevoli amenità.

Ma ormai ci siamo, giungiamo al Pianoro dell’ingresso nord, attraversiamo le pecore e le capre sparse vicine alla masseria e ci godiamo ancora un po’ di questa vita selvaggia.

Sono ormai le 16 quando riprendiamo la strada del ritorno, umidi, accaldati, stanchi ma veramente soddisfatti e pieni di immagini incredibili. A questo punto blocco la registrazione del percorso (fatta con Komoot) per avere un po’ di elementi utili per una prossima volta. Il tempo di marcia sicuramente è un po’ ballerino, visto che il nostro percorso è iniziato verso le 8 del mattino e a parte qualche sosta panoramica e il pranzo, non ci sono stati momenti di effettivo stop. Pippo parlava di 6 ore di marcia. mi sa che ci sono state tutte!

Ovviamente l’album con le foto di Cavagrande del Cassibile è visibile qui, anche se durante la parte migliore, spesso immersi sott’acqua, possiamo contare solo sulle foto di Pippo (quando arriveranno)

6 giugno a Taormina…

6 giugno a Taormina…

Festeggiare il 6 giugno, la festa di Marcellino Champagnat, il fondatore dei fratelli maristi, per noi è sempre una data speciale. Forse negli ultimi 50 anni l’ho sempre passata in una casa marista (fammi pensare, nel 2004 ero in Spagna, nella casa marista di Lardero, ok, ci siamo!).

E oggi possiamo dire che si è trattato di una sorta di “ritorno” considerato che i maristi sono andati via da Taormina nel 2015, nemmeno troppo tempo fa. Per questo abbiamo “congelato” le pagine web del sito della scuola di Taormina perché non si tratta semplicemente di “ricordi”, ma di entusiasmo, esperienze, persone…

Visto che dopo la riapertura del CIAO e le prime concrete prove di apertura della attività volevamo sottolineare in modo diverso dal solito la ripartenza. Così da Siracusa siamo andati a Taormina! Metà comunità c’era già stata ma vista la splendida giornata i presupposti c’erano tutti per una giornata memorabile. Avevamo persino previsto un po’ di spiaggia e mare, ma le cose erano tante.

Quasi senza saperlo abbiamo anche approfittato della riapertura di molti poli museale, che in questa prima settimana di giugno, dopo il lockdown, erano persino aperti e liberamente visitabili. Così abbiamo prenotato tutto il possibile, il parco archeologico di Naxos e il teatro greco di Taormina. Purtroppo l’isola bella era già completamente esaurita.

Un’oretta e mezzo di macchina, con il dettaglio un po’ incomprensibile dell’autostrada che da Catania in su è a pagamento (come se fosse tenuta meglio delle altre tratte…). Arrivati a Naxos e con un po’ di ragguagli turistici e storici, ci siamo deliziati a vagabondare nel parco, nel museo, tra gli scavi e gli ampi spazi (oltre 40 ettari, oggi di km ne avremo percorsi almeno una quindicina in tutto).

E poi siamo saliti a Taormina, penando un po’ alla ricerca di un parcheggio ma poi fortunatamente, visto che di gente in giro ce n’è veramente ancora poca, abbiamo risolto anche questo. Il centro cittadino è quasi tutto rannicchiato intorno al corso principale, un onnipresente Umberto I che tiene sempre in filigrana la storia di queste zone. D’altra parte Taormina era così attenta alle manovre di casa Savoia che avevano deciso di dedicare una via a Garibaldi un mese prima che …sbarcasse con i mille, convinti che era ormai nei paraggi!

Un pranzo tranquillo e soleggiato, da veri turisti, con tanto di cameriere chiacchierone ma simpatico. Comprensibile, con la prospettiva di vedere ancora un mesetto di scarse presenze. Poi a zonzo tranquilli per il centro, a curiosare tra vetrine e scorci, salite e discese, fontane e rosoni seminascosti. Il nostro appuntamento era verso le 17 per il teatro antico.

Venendo da Siracusa diventa interessante fare un confronto, le tante similitudini e le marcate differenze, come l’apparato scenico che completa la zona della scena in modo molto più articolato, che a Siracusa è stato invece utilizzato per altre costruzioni in Ortigia.

Certo che a sedersi sugli scanni degli spettatori e immaginarsi a ritroso nei secoli, quasi 2500, è formidabile immaginare il senso che queste costruzioni potessero avere sulle persone di allora. Costruzioni così imponenti, grandiose, piene di riferimenti al sacro e al vivere sociale… Capire cosa poteva essere allora l’influenza del teatro e il suo valore formativo e civico non è certo possibile distillare dalle nostre attuali esperienze e considerazioni.

E se poi la tragedia o la rappresentazione non piacevano, potevi sempre goderti quel panorama mozzafiato. Il mare, la costa così sinuosa, l’Etna sullo sfondo… uno spettacolo.

Complice il sole e un cielo splendido, un panorama che persino Goethe magnificava… non poteva mancare un album di foto del parco Naxos e di Taormina

Da notare che siamo a Noto…

Da notare che siamo a Noto…

Forse i giochi di parole con questa splendida cittadina siciliana sono fin troppo facili, ma semel in anno… E visto che domenica scorsa eravamo proprio a passeggiare per le strade di questo capolavoro del barocco siculo, mi viene proprio da pensare che l’ipotesi di scrivere un po’ più spesso su queste pagine è proprio un pio desiderio!

Eravamo con la comunità al completo (ormai il buon Gabriel è nella fase di transizione per lasciare Siracusa, mancherà fino al 29 novembre e partendo il 16 dicembre stiamo anche cercando di lasciarlo un po’ più libero…) e con c’era anche il provinciale, fr. Juan Carlos, che come me non era ancora mai stato in questa località. Tutti ne parlano, le guide la esaltano e allora, andiamola almeno a vedere.

Diciamolo pure, quando io vado a vedere qualcosa comincio con il mettere in pausa le lancette dell’orologio, il tempo della visita è sempre molto relativo e vagare anche senza troppe mete è una cosa che faccio di default; ma non pensano la stessa cosa i miei compagni di viaggio… visto che in meno di un paio di ore siamo persino riusciti ad andare da un’altra parte. Ma è il bello del vivere insieme condividere sensibilità così diverse. Di sicuro se non avessero dovuto aspettarmi ci avrebbero messo poco più di mezz’ora 🙂

In pratica il bello di Noto si concentra lungo i fianchi della strada principale, corso Vittorio Emanuele e il parallelo, corso Cavour (con tutti questi piemontesi mi sento quasi dalle mie parti…); il nuovo asse scelto dopo il rovinoso terremoto del 1693 (che ormai ritrovo in tutte le zone che sto cominciando a conoscere, una sorta di “nuovo inizio” anche qui) per ricostruire la città distrutta, scegliendo coraggiosamente un nuovo sito e cambiando del tutto zona, spingendosi i verso il mare. Nobili e congregazioni religiose sono stati i promotori. E comincio anche a capire, come mi spiegava P. Nuccio, che qui il termine “don” per i preti è poco usato, prevale il “padre”, sicuramente retaggio del tempo incui la gran parte dei sacerdoti erano tutti di qualche congregazione e ben sparuto era il clero diocesano.

Passeggiando per queste ampia strada, isola pedonale e discretamente affollata di turisti, anche in una giornata come questa domenica piuttosto grigia e minacciosa di vento e pioggia, è davvero uno spettacolo. Insomma, la cittadina è decisamente coerente in questo suo centro, dal colore della pietra (estratta in quel di Siracusa, siamo a meno di 30 km) allo stile dominante. Niente accozzaglie di palazzi o soluzioni architettoniche improvvisate, si respira armonia e buon gusto. E questo barocco non infastidisce, non ha un volume eccessivo, ben si adatta al clima e alle persone…

Nella cattedrale, proprio all’ingresso, spicca la croce realizzata qualche anno fa con il legno dei barconi dei migranti. Adesso che sto cominciando anch’io a toccare con mano le persone che questa vita l’hanno vissuta davvero e hanno superato in modo quasi incredibile le traversie di un viaggio biblico, alla commozione sento che deve subentrare l’impegno perché questo rimanga nel passato e non torni a verificarsi nel futuro.

Finiamo il percorso vicino all’immancabile monumento a Garibaldi, anzi, al balcone dal quale, come sempre, ha incitato la popolazione contro la tirannide (per il momento non addentriamoci in terreni scivolosi); poco lontano un giovane nordafricano con chitarra inonda la strada a ritmo di raggae, nemmeno troppo fuori tema con le sue sincopi e il ritmo pittoresco.

Ritiro una mappa della città per una prossima visita, raccolgo qualche squarcio non solo dell’oggi, scopro con piacere che anche qui si svolge una infiorata (l’imprinting di quella di Genzano che porto nella memoria non lo posso certo cancellare), per una prossima visita ci sarà materiale a sufficienza per consolare la fretta di quest’oggi.

E come da programma, ecco un po’ di foto scattate a Noto in questa giornata