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Tag: sicilia

Da notare che siamo a Noto…

Da notare che siamo a Noto…

Forse i giochi di parole con questa splendida cittadina siciliana sono fin troppo facili, ma semel in anno… E visto che domenica scorsa eravamo proprio a passeggiare per le strade di questo capolavoro del barocco siculo, mi viene proprio da pensare che l’ipotesi di scrivere un po’ più spesso su queste pagine è proprio un pio desiderio!

Eravamo con la comunità al completo (ormai il buon Gabriel è nella fase di transizione per lasciare Siracusa, mancherà fino al 29 novembre e partendo il 16 dicembre stiamo anche cercando di lasciarlo un po’ più libero…) e con c’era anche il provinciale, fr. Juan Carlos, che come me non era ancora mai stato in questa località. Tutti ne parlano, le guide la esaltano e allora, andiamola almeno a vedere.

Diciamolo pure, quando io vado a vedere qualcosa comincio con il mettere in pausa le lancette dell’orologio, il tempo della visita è sempre molto relativo e vagare anche senza troppe mete è una cosa che faccio di default; ma non pensano la stessa cosa i miei compagni di viaggio… visto che in meno di un paio di ore siamo persino riusciti ad andare da un’altra parte. Ma è il bello del vivere insieme condividere sensibilità così diverse. Di sicuro se non avessero dovuto aspettarmi ci avrebbero messo poco più di mezz’ora 🙂

In pratica il bello di Noto si concentra lungo i fianchi della strada principale, corso Vittorio Emanuele e il parallelo, corso Cavour (con tutti questi piemontesi mi sento quasi dalle mie parti…); il nuovo asse scelto dopo il rovinoso terremoto del 1693 (che ormai ritrovo in tutte le zone che sto cominciando a conoscere, una sorta di “nuovo inizio” anche qui) per ricostruire la città distrutta, scegliendo coraggiosamente un nuovo sito e cambiando del tutto zona, spingendosi i verso il mare. Nobili e congregazioni religiose sono stati i promotori. E comincio anche a capire, come mi spiegava P. Nuccio, che qui il termine “don” per i preti è poco usato, prevale il “padre”, sicuramente retaggio del tempo incui la gran parte dei sacerdoti erano tutti di qualche congregazione e ben sparuto era il clero diocesano.

Passeggiando per queste ampia strada, isola pedonale e discretamente affollata di turisti, anche in una giornata come questa domenica piuttosto grigia e minacciosa di vento e pioggia, è davvero uno spettacolo. Insomma, la cittadina è decisamente coerente in questo suo centro, dal colore della pietra (estratta in quel di Siracusa, siamo a meno di 30 km) allo stile dominante. Niente accozzaglie di palazzi o soluzioni architettoniche improvvisate, si respira armonia e buon gusto. E questo barocco non infastidisce, non ha un volume eccessivo, ben si adatta al clima e alle persone…

Nella cattedrale, proprio all’ingresso, spicca la croce realizzata qualche anno fa con il legno dei barconi dei migranti. Adesso che sto cominciando anch’io a toccare con mano le persone che questa vita l’hanno vissuta davvero e hanno superato in modo quasi incredibile le traversie di un viaggio biblico, alla commozione sento che deve subentrare l’impegno perché questo rimanga nel passato e non torni a verificarsi nel futuro.

Finiamo il percorso vicino all’immancabile monumento a Garibaldi, anzi, al balcone dal quale, come sempre, ha incitato la popolazione contro la tirannide (per il momento non addentriamoci in terreni scivolosi); poco lontano un giovane nordafricano con chitarra inonda la strada a ritmo di raggae, nemmeno troppo fuori tema con le sue sincopi e il ritmo pittoresco.

Ritiro una mappa della città per una prossima visita, raccolgo qualche squarcio non solo dell’oggi, scopro con piacere che anche qui si svolge una infiorata (l’imprinting di quella di Genzano che porto nella memoria non lo posso certo cancellare), per una prossima visita ci sarà materiale a sufficienza per consolare la fretta di quest’oggi.

E come da programma, ecco un po’ di foto scattate a Noto in questa giornata

Papiro per davvero…

Papiro per davvero…

Lo sapevo già che a Siracusa è presente una pianta speciale, il papiro, o come direbbe il mio amico fr. Nito, rispolverando un po’ di latino botanico, il Cyperus papyrus.; secondo gli esperti è l’unica stazione europea dove cresce il papiro egiziano, quello famoso del Nilo, proprio quello degli storici rotoli di papiro.

Spulciando sul web scopri che proprio a Siracusa si è conservata la tradizione di produrre carta dal papiro, per alcuni tempi è stato l’unico luogo al mondo dove si realizzava (cioè, nemmeno in Egitto la producevano più!) e proprio qui si trova l’unico Museo del Papiro del nostro continente.

Era domenica 10 novembre, pomeriggio sereno dopo una settimana di piogge. Ce n’era abbastanza per andare ad esplorare il corso del fiume Ciane, un tranquillo corso d’acqua che scorre quasi parallelo al fiume Anapo. Dato il terreno calcareo anche qui sono frequenti gli ingrottamenti e il fiume quasi scompare (e io che spiegavo il carsismo ai ragazzi e pensavo che fosse appannaggio solo del territorio triestino…). Stessa cosa vale per le sorgenti del Ciane, che di punto in bianco spuntano dal suolo. Ma andiamo con ordine.

In bici (ovviamente), si esce da Siracusa e si costeggia fino al ponte sull’Anapo, subito dopo si incontra il Ciane e si prende, un po’ bruscamente, la strada che lo costeggia. Si passa vicino a coltivazioni d’aranci, la gente li raccoglie già in questo inizio di novembre. Si supera una fattoria (dall’odore la porcilaia si avverte subito, anche se non si vedono i protagonisti!), si oltrepassa un binario con passaggio a livello che non si capisce bene sia ancora utilizzato e finalmente ci si avvicina veramente al fiume Ciane. Un ponte semi-inagibile, probabilmente per evitare troppe intrusioni, segna l’inizio del percorso vero e proprio. Qualche scalino da fare con la bici al seguito e poi la stradina in terra battuta è tutta parallela al corso d’acqua che tranquillamente si snoda nella campagna.

E lo spettacolo è veramente insolito, sembra proprio di attraversare un pezzo d’Africa in giardino: palme lussureggianti, piante di papiro che superano i 3-4 metri, vegetazione rigogliosa e qualche slargo del fiume a simulare piccoli bacini.

Ogni tanto un ponticello consente di osservare meglio il corso d’acqua. Colpisce soprattutto la pulizia e la splendida trasparenza delle acque. Fa veramente piacere che tutto l’ambiente rifletta questa attenzione e cura (purtroppo non così frequenti da queste parti, come avrò modo più volte di osservare). Incontro poche persone, un turista che scruta una mappa e confronta sul cellulare, alcune persone che lasciata la bici sul bordo si rilassano serenamente sulle rive, poche altre persone in bici.

eccolo, il papiro!

Più avanti il terreno si fa più fangoso, scontiamo le piogge di questi ultimi giorni, ci si inzacchera alla grande e la bici percorre metri e metri nel fango, se non nell’acqua. Infine, dopo un percorso di quasi 2 km si arriva alla sorgente, cioè il luogo in cui sgorga copiosa l’acqua. Qui una breve passerella consente di immergersi letteralmente in questo paradiso verde. Uno spettacolo fresco, naturale e veramente particolare.

Ritornando a casa cerco di visitare anche il vicino Tempio di Giove, ma dalla strada non si vede nemmeno, il cancello e chiuso e si resta a becco asciutto. Ma per oggi il papiro può bastare.

Ecco le foto di questa “caccia al papiro” lungo il fiume Ciane

Tra le rovine di Segesta

Tra le rovine di Segesta

Ultima tappa della nostra gita nei dintorni di Trapani è stata Segesta. Dopo una velocissima perlustrazione delle saline e dei suoi … mulini a vento (fa tanto Olanda, ma senza i tulipani), per non rientrare troppo tardi a Siracusa, evitare il traffico del rientro, tutti quei calcoli per le partenze intelligenti e cose varie, abbiamo pensato che visitare Segesta, praticamente una piccola deviazione lungo il percorso, poteva essere una buona occasione, anche perché nessuno vi era ancora stato.

Abbiamo bisticciato un po’ con i cartelli locali, perché appena usciti e arrivati in macchina fino all’ingresso del parco archeologico di Segesta ci hanno gentilmente rispediti indietro per utilizzare l’apposito parcheggio. Peccato che si siano dimenticati di mettere qualche cartello decente e così siamo finiti di nuovo in autostrada 🙁 altro giro, altra uscita e rientro. Sicily way…

Ma quando poi siamo finalmente arrivati all’ingresso del parco, con il frontone del tempio che tralignava sopra i pini, le cose sono cambiate. Tanto per cominciare non avevamo fatto caso al fatto che era domenica, la prima del mese, quindi ingresso free. Niente male.

Prima tappa: il tempio di Segesta. Dopo una breve scarpinata su scalini probabilmente realizzati dagli stessi greci… ecco apparire un’imponente selva di colonne, con il perimetro perfettamente conservato e possente. Una costruzione che risale al 6 sec. a.C., probabilmente interrotta per colpa di qualche guerra (forse una delle classiche contro Cartagine!) e mai più completata. Un esempio spettacolare di come venivano eretti i templi nell’epoca classica. Perché quando noi pensiamo alla Grecia antica dovremmo renderci conto che in realtà stiamo parlando proprio della Sicilia! Girare intorno alla costruzione, guardare il panorama facendolo collimare con gli spazi tra le colonne, respirare il vento di questa zona montuosa, a ridosso di una sorta di canyon, forse solcato da un torrente. Insomma, sapevano sceglierli bene i posti suggestivi, i nostri antichi.

E dopo la visita al tempio siamo saliti con la navetta fino ai resti del teatro, recuperato e utilizzato anche in epoca romana. Lo spettacolo è davvero insolito, un teatro per 5000 persone incastonato in cima alla montagna, con lo sguardo che giunge fino al mare.

E’ interessante rileggere alcune pagine di Goethe (nel file accluso siamo a p. 36) che nel suo famoso Viaggio in Italia è passato anche di qui (peccato, a Siracusa non è giunto, in quei tempi, fine 1700, era ridotta piuttosto male).

Segesta, venerdì 20 aprile
Il tempio di Segesta non è mai stato finito, e la piazza intorno non vi è mai stata adattata; hanno pianificato soltanto il perimetro sul quale dovevano essere messe le colonne: ancora adesso, in alcuni punti, i gradini sprofondano per nove o dieci piedi e non si vede un pendio nelle vicinanze dal quale pietre e terreno avrebbero potuto scendere. Le pietre inoltre stanno nella loro posizione quasi naturale e non ci sono rovine al di sotto.
[…]

Confrontare le esperienze, gli interessi e le curiosità è sempre interessante.

A noi sicuramente sfugge il senso e la portata di quegli spettacoli, che coinvolgevano tutti gli abitanti del luogo (mio fratello Massimo, interpellato al volo, mi ricordava che ai contadini veniva pagata la giornata di lavoro pur di farli assistere alle tragedie e ai riti sacri!). Poi il borgo di Segesta ha tentato di varcare i secoli, ma ha superato a malapena il medioevo e si è fermato, iniziando a sbriciolarsi man mano. Ne rispolveriamo adesso i confini, i limiti, la silhouette. Siamo fatti di terra e qui anche di tanta aria, vento e sole. E di pioggia, almeno quella che abbiamo preso durante il viaggio di ritorno a Siracusa.

Ecco le immagini di questa rapida incursione a Segesta

Da una punta all’altra della Sicilia

Da una punta all’altra della Sicilia

Week-end di novembre, un paio di giorni di stacco dopo il primo mese qui a Siracusa. Era già previsto un momento da vivere come comunità, senza altri impegni. E si stava parlando di visitare qualche posto nuovo, anche se per me lo sono tutti, ma gli altri, dopo 3 o 2 anni di permanenza qui in Sicilia un po’ di scorribande in giro le hanno già fatte. La meta prescelta era Trapani.

il “capolinea” della via centrale di Trapani, con lo striscione per Regeni ancora in vista

E Trapani sia. Siamo partiti il 1 mattino e ritornati la sera della domenica, abbiamo assaporato con calma una città ben diversa da Siracusa, pur essendo entrambe città che si protendono con decisione verso il mare, quasi ci si tuffano dentro. Ci siamo sistemati in un semplice B&B vicinissimo al centro e da qui abbiamo effettuato alcune piacevoli escursioni. Le sere e la mattina del sabato le abbiamo dedicate interamente alla città, girovagando quasi senza mete precise, per lasciarci avvolgere e conquistare dalle strade, i palazzi, gli angoli e gli scorci piacevolissimi di questa località. Ed eravamo noi quattro, io, Ricky, Rosa e Nina, strano modello di “famiglia alternativa”, ma d’altra parte la nostra comunità è proprio una cosa del genere…

E ci siamo proprio trovati bene lungo le strade principali del centro, un centro così essenziale che da certi incroci riesci a vedere i due lati del mare che si aprono a fine strada. Strade maestre ricche di vita, eleganti, ben curate e accoglienti (te ne accorgi persino dagli scoli che vengono ricavati sotto i marciapiedi, senza intralci nemmeno per la vista). Strade lastricate con gusto, belle pietre chiare, comode e sicure.

La sera poi la via si animava in modo vivace, accogliente e spigliata. Siamo ormai a novembre, aria di autunno, ma a parte alcuni momenti piovosi avresti detto che era primavera, con una temperatura mite e gradevole. Veniva naturale passeggiare di notte, sbirciare nelle vie laterali più sobrie, guardare i tanti palazzi importanti in bella mostra. Per noi che abbiamo riscontri da tante altre parti del mondo è inevitabile pensare a Mario che in questi giorni vive le agitazioni del Cile, agli amici del Libano che stanno manifestando con forza (anzi, proprio il 1 novembre hanno ripreso le scuole dopo giorni di chiusura), ai catalani in perenne agitazione… e invece qui a Trapani assaporiamo una tranquillità che dovrebbe essere la norma…

si costeggia facilmente tutto il lato ovest di Trapani

Domenica mattina ho raggiunto l’estrema punta della città, era abbastanza presto ma le strade già brulicavano di runner e il cielo di voli, il mercato del pesce, a pochi passi dall’approdo dei pescatori sembrava una pista di atterraggio per gabbiani e altri uccelli. La torre Bligny era come una sentinella della città, avamposto verso il mare. E oltre questo orizzonte siamo già in Africa…

navi e gabbiani vicino al mercato del pesce

Ci è piaciuta davvero Trapani, anche se dietro il centro, salendo sulle colline che poi si avvicinano ad Erice, si ammucchiano i palazzoni e l’effetto di crescita disordinata e grossolana è immediato, periferie poco invitanti e un po’ raffazzonate. L’ultimo saluto lo diamo alle saline e fa proprio strano vedere un mulino a vento (mica saremo finiti in Olanda?) posto a sentinella di questi prati di acqua e sale.

Due album per una città così interessante,
il primo con il solito cellulare usato al volo e con immagini e facce di noi 4 a spasso per la città e poi l’altro con una fotocamera un po’ più decente più concentrato sulle “cose”…