Sfogliato da
Categoria: luoghi

a proposito del “Salto”

a proposito del “Salto”

In Spagna è uscito da poco il film “El Salto” (poco dopo Pasqua, il 12 aprile), che racconta una storia tutta centrata sul tema dei migranti, ambientata in gran parte qui a Melilla. La recinzione che ci “avvolge” e ci separa dal Marrocco è il traguardo finale del protagonista. Riuscire a “saltarla”, superarla in qualche modo, significa mettere piede in Europa.

Domenica scorsa il mio amico, Juan Antonio, che ama passeggiare nei pochi spazi “naturali” della piccola enclave di Melilla, è tornato con un “oggetto speciale”, trovato per caso nella zona vicino alla grande recinzione. ci abbiamo messo un po’ a capire di cosa si trattava. Eccolo qui:

Solo collegandolo al film e alla recinzione siamo riusciti, dopo un po’, a capire di che si tratta, è un gancio per aiutarsi nella scalata di questa grande recinzione.

Il film è stato presentato a Melilla la settimana scorsa, nell’ambito del 16 festival del cine, nella sala del Perellò, il cinema “storico” della cittadina, tra l’altro anche il più vecchiotto, c’è ancora la maschera che ti accompagna a scoprire il tuo posto e all’ingresso meglio fare attenzione agli scalini, ben poco invitanti. Nella sera di martedì, quando hanno proiettato la pellicola, c’era persino coda per l’ingresso e non è che abbiano aspettato che tutti fossero entrati, nemmeno per sogno. Alle 21:30, come da programma, si spengono le luci e parte il film. Però dopo quasi mezz’ora si ferma tutto e qualcuno chiede al pubblico se non è forse meglio vedere la versione con i sottotitoli, visto che molti dialoghi sono in francese e per molti non è certo facile capire… E così, incredibilmente, si riparte da zero, la proiezione inizia nuovamente da capo. Con il mio vicino, Josè Luis, il parroco gesuita di Nador commentiamo che nemmeno nei cinema più scalcagnati di provincia succedono ‘ste cose. Ma forse basterebbe ricordare il prezzo del biglietto: 3 euro! E’ tutto dire.

Il film è ben fatto, semplice, bastano i fatti a spiegare la tragicità della situazione. Non so se e quando arriverà anche in Italia nel caso, scusate l’eccessivo spoileraggio…
Un migrante senza documenti che lavora da tempo in Spagna, come muratore, con i documenti di un altro, ovviamente in nero, ma è laborioso e tranquillo, sta già pensando a come sistemare il suo futuro; la sua donna è già in attesa di un bambino, anche se neppure lei è in regola con i documenti. Per un accanimento della sfiga il protagonista viene fermato dalla polizia, controllo della sua situazione e immediato trasferimento in carcere (dico sempre al mio vicino: in 4 anni di Sicilia mai ho visto o sentito di un intervento simile sui migranti in Italia…); l’accanimento prosegue e l’uomo viene immediatamente espulso e rispedito al paese di origine (Senegal). Con un decreto di espulsione le sue possibilità di riunirsi con la moglie e il figlio sono praticamente cancellate. Ma è comprensibile il suo desiderio di tornare quanto prima possibile. Dall’Africa è dura, lo ritroviamo dopo alcuni mesi nei pressi di Melilla. C’è un bosco alle spalle della città, sulle pendici del monte Gurugù; vi si ritrovano in tanti i migranti che stanno tentando “il salto”, pur sapendo che è un’impresa tra il disperato e l’impossibile. La recinzione è costantemente vigilata, altissima, piena di ostacoli, filo spinato… La polizia marocchina spesso perlustra la montagna rastrellando i migranti che vi si nascondono; a suon di manganellate dissuadono i fuggitivi. Prima del grande evento assume un senso quasi di redenzione la preghiera della guida musulmana e del responsabile sub-sahariano, cristiano; si alternano le invocazioni ad Allah e i richiami alla vita di Cristo. Alla fine solo in pochi riusciranno nel folle progetto.

A dire il vero pensavo che il film volesse raccontare il tragico episodio avvenuto nell’estate del 2022, il tragico “incidente” (o massacro) di Melilla… Invece niente di tutto questo, semplicemente una storia emblematica, senza altri approfondimenti o temi politici, diplomatici, sociologici. Ma ciascuno sa, se vuole, approfondire anche queste cose.

Dopo il Covid, Melilla, su questi aspetti, è completamente cambiata. Abbiamo un centro di accoglienza rifugiati quasi pieno (il CETI), ma pieno di sudamericani, non di africani. Perchè la frontiera e la recinzione sono ancora più intoccabili e controllati. Sul lato marrocchino ogni centro metri vedi una guardia, una garitta, i rotoli di filo spinato sono aumentati, gli ostacoli ancora più difficili da superare. Sono anni che nessuno tenta più questa strada. Al massimo qualche disperato tenta la via del mare, ma in tutto il 2023 ne sono arrivati… solo 13. Se ripenso ai numeri che vedevo lo scorso anno per l’Italia questi dati non rientrerebbero nemmeno nelle statistiche. Ma è anche vero che le statistiche attuali sono notevolmente cambiate dallo scorso anno. A dare uno sguardo qui (cliccando sul cruscotto del giorno) ci si rende conto dei rapidi mutamenti e di come possano cambiare dall’oggi all’indomani questi flussi. Se poi si approfondisce un po’ e si scopre che l’Italia ha allargato il novero dei “paesi sicuri”, i conti vengono presto fatti e si rimane per lo meno sconcertati.

Purtroppo, una risposta seria, concreta e realistica al problema dei flussi migratori sembra essere costantemente evitata. Si cercano rimedi provvisori e inconcludenti per “nascondere” e rinviare il problema. Ma la strategia dello struzzo non servirà certo a risolvere le cose.

Il trailer del film è visibile qui (con i sottotitoli in spagnolo, molti dei dialoghi del film sono in francese)

Scoprire le Asturie

Scoprire le Asturie

Aqui se puede leer la version en español – gracias H. Pedro 🙂

Come è ormai consuetudine del nostro gruppo di fratelli maristi (nella fascia tra i 50 e 70), quasi ogni anno riusciamo a ritagliarci una pausa significativa, tra fine aprile e inizio maggio, per condividere alcuni giorni insieme e visitare, quasi con infantile gusto di scoperta, una nuova zona della Spagna. Quest’anno la scelta è caduta sulle Asturie. Che fino a pochi mesi fa nella mia inconsapevole ignoranza situavo poco a sud di Madrid… forse per assonanza con l’Estremadura, mentre invece…

Per la cronaca ecco qui una rassegna di queste nostre scorribande “fraterne”

Ci siamo incontrati a Madrid a fine aprile e dal sabato 27 fino al 30 siamo andati alla scoperta. Un itinerario interessante e vario, preparato dal nostro affidabilissimo due Pedro Sanchez e Serafin, che sono riusciti a concentrare in pochi giorni l’anima e l’essenziale di questa terra, mixando con gusto e fantasia tra cattedrali, degustazioni, città in espansione, esempi di pedagogia sociale del tempo appena passato e scorci marini mozzafiato.

Ma per dare almeno un filo cronologico a questi giorni, andiamo con ordine:

Arrivati nel pomeriggio ad Oviedo (con il treno, attraversando una Spagna baciata dalla pioggia) il nostro primo appuntamento è stato la visita della cattedrale. La nostra guida, Regina Buitrago, fin dall’inizio ha dato prova di una conoscenza approfondita e una capacità empatica notevole, facendoci così non solo apprezzare il bello che a profusione si svelava davanti a noi, ma stuzzicando anche la curiosità, i ricordi e la voglia di approfondire, in seguito, per nostro conto. Abbiamo così subito fatto conoscenza con i personaggi storici alle radici di questa terra, il grande re Pelayo, che nei giorni successivi avremmo ritrovato un po’ ovunque. Della cattedrale, una delle tante con una sola torre residua (come Genova, Malaga e altre) abbiamo apprezzato soprattutto gli angoli più antichi, le varie cappelle e la camera santa, nella quale si conserva anche il famoso sudario (e per un appassionato di Sindone il richiamo è sempre interessante), tra le curiosità si annovera anche una delle anfore delle nozze di Cana….

Suggestivo e folgorante il chiostro. Uscendo dalla cattedrale ci siamo immersi nel centro cittadino, sfiorando la statua della Regenta (protagonista di uno dei romanzi più classici della cultura spagnola del 1800, ambientato proprio ad Oviedo) e ricercando le tracce delle antiche mura. Nelle Asturie si colloca il primo guizzo di riscossa che ha portato la Spagna alla reconquista, e la genealogia dei primi re è uno degli archetipi forti della identità spagnola. Insomma, re Pelayo ci avrebbe accompagnato anche per i giorni successivi.

Domenica è stato il giorno del parco di Cavadonga e del Santuario della Santina; passando vicino a questo santuario (manco a dirlo, teatro della famosa vittoria che il re Pelayo aveva strappato ai mori che cercavno di conquistare tutta la pensiola iberica) abbiamo iniziato a salire, poco alla volta il verde esuberante dei boschi lasciavo spazio ai prati e ai cespugli, ma sempre verde e umido (fortunatamente abbiamo incontrato pochissima pioggia, in queste zone solitamente umide), poi con pulmini più piccoli siamo giunti in quota, quasi sui 1200, dove si trovano i laghi glaciali della zona e gli alpeggi dove si produce un tipico e famoso formaggio.

Bello rivedere nelle zone a nord di queste montagne ancora qualche tracca di neve e di ghiaccio; è stata anche l’occasione per qualche passo in montagna. Poi siamo tornati presso il santuario, visitando la cappella nella grotta e assistendo alla messa nella grande chiesa. La Vergine qui viene venerata qui con il nome familiare di Santina e la nostra guida cercava di insegnarci anche rapidamente l’inno, ma il grosso del nostro gruppo provenendo dal sud della Spagna, aveva un repertorio ben diverso.

Ci siamo poi recati nel paese vicino, Cangas De Onìs, dove un antico ponte romano (anche se un po’ a posteriori) fa ancora bella mostra di sè sulle tumultuose acque di questi torrenti sempre in piena. Anche il pranzo è stato un ricco catalogo di piatti e ricordi culturali della zona, a cominciare dalla fabada e compango, il mix di affettati iberici… insomma, ben poco dietetico! Ma il bello della tavola, oltre al cibo, era l’occasione di stare insieme, con amici che per un anno intero si trovano altrove. E subito dopo siamo andati fino alla costa, in zone rinomate e spettacolari, la zona di villeggiatura di Ribadesella, dove le dimore più imponenti ed esotiche erano quelle degli stranieri, generalmente indicati come “indiani”. Nelle acque ancora fredde e ventose erano già numerosi gli amanti del surf…

Lunedì le previsioni erano promettenti: sole. E sole fu, per tutto il giorno, incredibilmente. La prima tappa era presso il famoso villaggio di pescatori, Cudillero. Ci si arriva dopo una discesa folle tra boschi di eucalipto e rocce a strapiombo, poi il semicerchio delle case, ora belle colarate e sfavillanti (ma un tempo, ci diceva la guida, i colori erano molto meno pittoreschi…). Ci siamo inerpicati tra gli stretti passaggi, immaginandoci che no, proprio non era un villaggio per ginocchia artritiche, vista la pendenza e l’altezzza degli scalini. Ma il panorama e gli scorci che si potevano cogliere valevano bene una arrampicata tra i caruggi. Dopo ci siamo diretti verso la città di Gijon e dopo una visita alla zona del porto e del centro (a sorpresa la guida ci ha accompagnati a visitare, nel coro di una chiesa che dominava il golfo e le spiagge, una serie di mosaici recentissimi, opera del controverso Rupnik), poi ci siamo diretti verso l’università laboral, dal programma non riuscivo proprio a capire di cosa si trattasse. Quando poi si è materializzato davanti a noi l’immensa costruzione che ospita questo progetto educativo degli anni 50 ci siamo resi conto delle proporzioni e di come cambiano i tempi. Nato come grande colloggio per studenti dei corsi professionali, sotto il periodo franchista ha rappresentato un centro di eccellenza per la formazione di tanti spagnoli, che qui vivevano come interni; questo paradigma ha poi perso mordente dopo gli anni 80 e adesso si sta cercando di dargli una destinazione, sempre come centro educativo, adatto ai tempi. Nel solo cortile centrale possono entrare comodamente due campi da calcio e la torre centrale, una via di mezzo tra il campanile e un missile, svetta su tutta la pianura circosyante! Dopo l’ottimo pranzo al Parador siamo andati a visitare l’ultima meta del giorno, un altro paesino a vocazione estiva e marinara, il piccolo borgo di Tazones. Sotto le carezze del sole pomeridiano, quasi insperato, le piccole case dei pescatori, gli strumenti della pesca alla balena, la storia suggestiva di questo borgo (che nel 1500 aveva ostacolato persino l’arrivo del re Carlo V credendo si trattasse di…invasori) erano gli ingredienti per completare il quadro del giorno.

L’ultimo giorno, martedì era prevista la visita all’istituto marista Auseva di Oviedo (lo strano nome ricorda la montagna presso il quale si trova la scuola), una scuola che va dai cucciolotti della scuola dell’infanzia fino ai grandi del bachillerato; visita rapida anche per non disturbare, ed era bello sentire il prof di motoria parlare tranquillamente in inglese con gli alunni della scuola primaria per spiegare il da farsi. Poi visita alla comunità marista, ma l’idea di visitare anche l’opera sociale che i maristi portano avanti oltre alla scuola “normale” si è arenata per il fatto che il responsabile era stato chiamato per una riunione progettuale e in questi casi non poteva mancare… anche in Oviedo è forte la presenza di stranieri, migranti e persone in difficoltà, spesso irregolari per quanto riguarda i documenti e in questo centro si viene incontro a tale emergenza con corsi di vario tipo, quasi sempre di alfabetizzazione e rinforzo scolastico.


E poi, dopo il pranzo, raffinato e apprezzato da tutti quanti, siamo di nuovo ripartiti in treno alla volta di Madrid. Qui gli ultimi saluti in vista del rientro, ciascuno nella propria scuola. Melilla per il momento attende, visto che ci tornerò a breve e per il 1 maggio Madrid è sicuramente più interessante.
Dopo i saluti e i ringraziamenti per gli organizzatori, la domanda che aleggia è evidente: dove andremo l’anno prossimo???

In questo album ho riunito solo le mie foto, visto che nel nostro gruppo gli appassionati di ricordi erano numerosi e in questo modo abbiamo conservato una traccia minuziosa e dettagliata di quanto visto; ma nell’album collettivo le foto sono quasi un migliaio…

Aprile 2024 – viaggio in Asturia: Oviedo, terra e mare

Ramadan Mubarak

Ramadan Mubarak

Quest’anno il Ramadan ha coinciso in larga parte con le celebrazioni cristiane della Pasqua. Qui a Melilla, con le scuole chiuse anche nella settimana prima di quella santa (2 settimane di vacanza, quasi come a Natale…) si avverte ancora di più la portata di questo periodo.

In molte occasioni, stando a contatto e lavorando con tante persone musulmane, abbiamo dovuto cambiare gli orari delle lezioni, spostare incontri e rinviare attività. Dai colloqui con alcune alunne restavamo anche stupiti dal fatto che ogni giorno, alla rottura del digiuno, la festa si prolungasse poi a lungo. Insomma, è un periodo di digiuno ma soprattutto di incontri e di feste in famiglia e tra vicini; spesso il momento in cui si iniziava a mangiare, verso le 19:30 (variabili a seconda del giorno) durava fino a notte inoltrata e poi bisognava svegliarsi preso, prima dell’alba, per la preghiera e la colazione iniziale. L’ora legale non ha certo aiutato molto e poi qui a Melilla, circondati come siamo dal territorio del Marocco, dove si segue un’ora diversa (un’ora in meno), la confusione può nascere. A risolvere il problema per evitare un possibile jet lag ci pensano le lunghe code per poter passare la frontiera, spesso lunghe ed estenuanti.

La conclusione del Ramadan prevede una grande preghiera corale, tutti insieme, in uno spazio che possa accogliere le tante persone. Ricordo che a Siracusa erano soprattutto le nostre “ragazze” Nina e Rosa, a garantire una presenza in questo momento con i nostri amici migranti, per la maggior parte musulmani, pur sapendo che, come donne, dovevano aspettare e restare presenti abbastanza da lontano. Ma gli auguri e gli abbracci sono poi per tutti.

Qui a Melilla siamo andati, con Ventura, Eulalio e anche Damiano, per essere presenti a questo speciale momento e anche per toccare con mano la presenza e la consistenza della popolazione musulmana. La zona per la preghiera era la grande piazza dove si svolge la feria della città, lo spazio non mancava di certo. L’appuntamento era per le 9 del mattino, però mentre andavamo, in macchina, si vedevano ancora frotte di persone, gruppi di giovani, famiglie intere, tutti vestiti con la loro bella djellaba, la tipica tunica della festa araba, in cammino verso il raduno. Insomma, il concetto di puntualità è decisamente “flessibile”.

Di “curiosi” ne ho visto pochi, tanti giornalisti, fotografi, addetti alle riprese della tv locale (tv Melilla), forze di polizia e guardia nacional. D’alta parte non è che quando si va in chiesa per la veglia pasquale ci siano frotte di spettatori non partecipanti…

E mi ha fatto davvero piacere vedere ad un certo punto una ragazzina tutta elegantemente vestita che mi viene incontro e mi saluta allegramente, perché… è una delle bambine che seguiamo al doposcuola. Incontro anche l’amico Lorenzo, uno dei pochi italiani di questa città, che lavora per Acnur. Immancabili poi gli operatori (autorizzati) di droni per riprendere la grande spianata di gente in preghiera.

Ogni fedele, con il suo bravo tappetino (in mancanza del quale ho visto anche ragazzi dividersi bellamente un cartone, l’importante è marcare la differenza con il suolo “terreno”), in ordine calcolato, erano pronti per l’inizio della preghiera. La prima parte, una ventina di minuti, rigorosamente in arabo, con inviti alla preghiera, versetti e risposte corali. Suggestivo il colpo d’occhio sulle tante persone, davanti, in prima fila, gli uomini e dietro la folta schiera delle donne; i bambini piccoli possono liberamente decidere con chi stare e di famiglie variamente composite se ne vedevano tante.

Poi, dopo il momento di preghiera, l’ascolto. L’intervento dell’imam era ovviamente in spagnolo, e oltre a sottolineare l’importanza dell’evento, rimarcava che ogni musulmano è fratello di tutti… i musulmani. E’ già un bel passo avanti, sarebbe bello trovare i giusti interlocutori per allargare questi confini, che sicuramente sono più limiti che spiragli. Ma non è questo il momento.

Al termine della preghiera in molti si sono avvicinati ai tavoli imbanditi con dolci, datteri, acqua e succhi… a ben pensarci, il Ramadan condivide con la nostra quaresima questo impegno verso il digiuno, ma passare tutta la giornata, dal sorgere del sole al suo tramonto senza mangiare nè bere, è davvero una bella sfida. Rapidamente, poi, la piazza si è svuotata perché la festa va vissuta soprattutto a casa, insieme alla famiglia. Tante le persone che si sono recate in Marocco, si parlava di una coda di 3-4 ore per il controllo dei documenti…

I giorni di conclusione della festa sono una sorta di periodo natalizio, tante feste tutte insieme, anche se fino all’ultimo non era chiaro quando finisse veramente il Ramadan, dato che ogni località può seguire una indicazione differente fornita dall’iman locale, in base alla visibilità della luna… (per noi che seguiamo in modo maniacale il calendario, questi margini di fantasia ci lasciano un po’ perplessi, ma così è), per quanto riguarda il lavoro e le attività, il tutto riprende un po’ a rilento. Gli esercizi sono ancora semichiusi (trovare un bar aperto nel pomeriggio, anche solo alle 18, è un’impresa qui a Melilla!) e anche noi abbiamo deciso che il ritmo delle lezioni con i ragazzi marocchini riprenderà in modo regolare solo dal 15 aprile.

Doveroso, a questo punto, uno sguardo alle foto della giornata.

Dalle Palme alla Pasqua

Dalle Palme alla Pasqua

Che dire di questi giorni così speciali e importanti. Tante cose, qualcuna molto di fretta e altre da vivere con la calma che respinge persino la voglia di metterle per iscritto…

Mi sono trovato nella splendida Malaga per un lungo fine settimana, dal giovedì al sabato sera; giusto il tempo per girovagare senza meta nel suo centro storico, proprio nei giorni speciali di chi si prepara alla Pasqua; tante confraternite sul… piede di guerra per gli ultimi preparativi e gli ultimi traslados (spostamenti dal loro centro-magazzino fino alla chiesa di riferimento). Resti antichi e modernissimi (dall’anfiteatro romano al variopinto Centre Pompidou…) in una città presa d’assalto dai turisti (quanti italiani ho incontrato, ad orecchio).

Chissà se oltre alle tante immagini di Malaga mi verranno anche delle parole…

Pensavo quasi di prolungare la visita anche per la Domenica delle Palme, ma l’amico Keko mi ha invitato ad andare con lui a Priego di Cordoba, per la processione del giorno. Pensavo alla solita processione che da noi in Italia si fa prima della messa, un festoso ingresso con rami di palme e di ulivo… quanto mi sbagliavo. In questa cittadina fino a pochi anni fa c’era una scuola marista e i contatti sono tuttora forti e vivaci; Keko era stato invitato proprio a questo titolo, come ultimo direttore marista della scuola. Ma la processione del giorno non si fa prima della messa, benì dopo e con una intensità e durata ben diverse da quanto potevo immaginare. Due bande, due grandi immagini da trasportare per il paese e quindi, mettere in conto almeno 3 ore! Processione di folla, ma la gente del paese era solo ai bordi, senza mettersi in coda, riservata alle confraternite, al clero, alle autorità. Davvero suggestivo e impegnativo. Trovato anche il tempo di dare uno sguardo a questo bel paese, dalla fontana con 139 cannelle alle viuzze interne curatissime e grondanti di fiori.

Anche in questo caso parlano (e qualcuna suona pure) le immagini e i video del giorno

E infine la settimana santa. Avevamo previsto di partecipare al ritiro marista di Fuentheridos; ma non avevamo calcolato tutta la pioggia che abbiamo incontrato in questi giorni di calma e di riflessione nella splendida cornice di Villa Onuba. Siamo arrivati con la pioggia e tranne la mattinata del venerdì santo siamo ripartiti con la stessa pioggia, quasi incessante per l’intera settimana. Giustamente l’occasione buona per non divagare o smarrirsi troppo in giro. Ma sappiamo che l’acqua serve e soprattutto qui in Spagna la siccità non è una vaga prospettiva, ma una situazione critica che coinvolge molte zone. Dopo questa settimana, speriamo, un po’ di meno.

Qualche immagine, tra una goccia e l’altra, sono riuscito a recuperarla…

Toccata e fuga in Marocco

Toccata e fuga in Marocco

Faccio ancora fatica a decrittare il nome di questa città: sulle mappe figura come Al Hoseima, ma le varianti locali sono variopinte e ognuno lo scrive come può, con la S o con la C (di derivazione francese), tanto vale scriverlo in arabo, الحسيمة‎…
Fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno che esistesse, perché da Melilla non è poi così facile fare una toccata e fuga nelle vicine zone del Marocco; il primo intoppo è costituito dalla frontiera, che rappresenta sempre un’incognita; bastano poche macchine in più nella coda e l’attesa può dilatare di ore.

Avevamo scelto un giorno infrasettimanale, il martedì, per iniziare il nostro rapido viaggio di due giorni, confidando nelle vacanze scolastiche di Melilla (per la Pasqua sono previste ben 2 settimane di vacanza, quasi come a Natale) e quindi meno attività, meno viaggi. Ci è andata davvero bene, perché il passaggio alla frontiera è stato rapido, appena un’ora di coda e di controlli. Così, sfiorando la città di Nador, ci siamo diretti verso Al Hoseima; sulla carta un viaggio semplice, meno di 150 km, ma la presenza di numerosi cantieri lungo il tratto iniziale (interessante vedere come il traffico non si ferma nemmeno a fianco delle escavatrici in azione, senza troppa attenzione per la sicurezza…) hanno allungato un po’ i tempi.

La strada seguiva passo passo la costa, molto frastagliata e spesso a saliscendi e vedere un tratto così lungo di strada senza case, servizi, pompe di benzina (nessuna in 100 km!) o altro mi sembrava davvero insolito. Quando poi siamo arrivati in una zona meno selvaggia e più pianeggiante, allora sono iniziati anche i normali assembramenti, le case, le zone coltivate (ma qui la siccità è piuttosto evidente). Finalmente siamo arrivati alla nostra meta, la città di Al Hoseima. Perché il nostro viaggio non era certo un’avventura alla cieca. Jesus, il responsabile della nostra comunità, aveva incontrato tempo fa il parroco di questa cittadina (se non sbaglio in tutta la diocesi di Tanger le parrocchie sono meno di 15, distribuite col contagocce, tutte molto distanti una dall’altra, dopo Nador, questa di Al Hoseima è la seconda parrocchia più vicina a Melilla!), l’invito era scattato quasi in automatico, perché in un contesto simile poter incontrare qualcuno con il quale condividere la lingua, le abitudini e le cose importanti non è certo un dettaglio da poco. La parrocchia in questione è gestita dai Padri Trinitari, una famiglia religiosa quasi millenaria; sono due i padri presenti nella comunità, ma in questi giorni uno di loro era impegnato a Rabat per il rinnovo dei documenti e siccome p. Emanuel era anche reduce da una piccola operazione, la visita rappresentava anche un gesto concreto di vicinanza.

Sempre più mi accorgo che in queste zone un po’ ai limiti del nostro piccolo mondo, si incontrano le esperienze più significative, quasi come pensare che ai margini della vita si incontrano gli estremi, spesso le cose più interessanti.
P. Emanuel ci ha mostrato la sua semplice realtà, l’edificio e la chiesa (prima di loro c’erano i francescani), le iniziative in corso, il laboratorio di cucito (ormai mi sembra un classico!) la piccola scuoletta di avviamento all’imprenditorialità… i segni di una presenza pacifica.
Dalla visita a questa piccola realtà trovo confermata questa ipotesi, perché davvero in un luogo come questo si apprezza e si comprende il senso di essere come un pizzico di lievito nella farina impastata. I numeri della parrocchia non hanno nulla a che vedere con le nostre esperienze occidentali (se solo penso alla realtà di una Giugliano con le sue tante parrocchie, o anche solo a Cesano Maderno che nonostante la ristrutturazione pastorale può ancora considerarsi divisa in almeno 7 parrocchie… qui i conti sono di tutt’altra dimensione).

Quando va bene e ci sono tutti, alla domenica la comunità parrocchiale sfiora le 20 persone! Oltre ai Trinitari si può contare sulla presenza dei Fratelli della Croce Bianca (niente a che vedere con le nostre ambulanze colorate, si tratta di una famiglia religiosa spagnola, ampiamente diffusa, qui in Marocco oltre a questa hanno un’altra sede a Tanger) che qui gestiscono un centro diurno per adulti con problemi psichici e di disabilità, ubicato proprio al lato della parrocchia; poi ci sono le suore della Divina Infantita che operano nell’ospedale cittadino: sono tre sorelle, la più “arzilla” delle quali ha 83 anni, uno si chiede cosa possano ancora fare tra le corsie, ma poi ti dicono che la struttura ospedaliera locale quando ha costruito la nuova sede ha realizzato addirittura una casa per questa comunità, e l’hanno posizionata proprio all’interno dell’ospedale, tanto le considerano preziose…, risulta evidente che l’apporto di questo piccolo drappello di donne deve essere davvero significativo!

P. Emanuel, che ci ha ospitato, spagnolo anche lui, riassume brevemente la realtà della quale è il “pastore”, insieme al suo confratello di nazionalità olandese (sono parroci “in solido”, con le stesse prerogative); gli facciamo notare che la chiesa di Nador non ha nemmeno la campana e che comunque non la potrebbero suonare, per la stretta legislazione marrocchina che non consente altre presenze religiose così evidenti. Qui invece le cose sono diverse, ci dice, alla domenica qualche rintocco di campana si può fare, prima della messa delle 11. Basti pensare che nella sede del centro diurno della Croce Bianca i muratori stanno realizzando un piccolo spazio per la preghiera dei musulmani, insomma, una piccola moschea dentro gli spazi della comunità cattolica!… Ovvio che nessuno si azzarda a chiedere di poter realizzare una cappella dentro una moschea locale, però si avverte che si vive in un contesto abbastanza tranquillo e tollerante. Ricordiamoci che siamo nel nord del Marocco e ci sono ancora presenze ideologiche legate alla ricerca di una autonomia locale (siamo nei territori del Rif, berberi da sempre), la lingua araba non è quella utilizzata da tutti, qui predomina ancora l’antica parlata tamazight, insomma, una realtà meno monolitica e identitaria rispetto ad altri luoghi.

Padre Emanuel ci fa un po’ da guida per le zone significative della città, gli scorci marini davvero suggestivi, le spiagge pittoresche, i nuovi quartieri abbarbicati sulle ripide colline (dove la macchina fatica persino ad inerpicarsi); accanto ad ogni nuovo insediamento, immancabile, una svettante mezquita. Mi dicono che l’impulso dato dal re, Mohammed VI è particolarmente vivace in questo senso, si nota una espansione molto orientata ad una presenza musulmana evidente e totalizzante; la città ha una evidente vocazione turistica, tutti i nuovi quartieri sono sorti per questo motivo, d’estate la popolazione si triplica per l’arrivo di tante famiglie che si sono trasferite in Europa e tornano per le vacanze, ma anche per i numerosi turisti europei che sfruttano queste zone ancora un po’ selvagge e pionieristiche. Peccato solo per la fretta costruttiva e per il totale disinteresse all’ambiente; sporcizia e spazzatura in grande quantità, scenari deturpati da rifiuti abbandonati quasi ovunque. Per uno sguardo occidentale senza tanta memoria sembra un’offesa al buon senso, ma se ripenso a certi paesaggi italiani di solo 20 o 30 anni fa, rivedo alcune costanti. Forse è solo questione di tempo e di adeguamento ai nuovi canoni; ci vuole pazienza per raggiungere un equilibrio più decente.

Ci siamo anche avventurati nel mercato locale, il souk marocchino, in questi giorni di Ramadan sicuramente iaffollato n tono minore. Ma sfilare tra bancarelle sovraccariche di mercanzie, gabbie di galline stipate, galli allacciati con un cordino e liberi di scagazzare serenamente, ripiani in marmo ricolmi di pesce, probabilmente appena pescato, verdure e spezie in abbondanza, il tutto condito da richiami e vociare ovviamente per noi incomprensibili… ha il suo fascino, forse un po’ assordante ed esagerato, ma molto suggestivo.

L’ultimo momento condiviso insieme lo viviamo a tavola, ne approfitto per un revival patriottico e preparo due spaghetti al volo, vedo che P. Emanuel, che ha vissuto alcuni anni a Roma, apprezza volentieri questa proposta. Siamo praticamente in 3 a tavola, visto che Jesus in questi casi non è tanto una buona forchetta.
Azzardo un cauto: “butto giù 200/ facciamo 250 grammi di pasta?”
“Stiamo scherzando? – replica Emanuel – Il pacchetto è da mezzo chilo, poi quando mi ricapita un’occasione come questa? Mettilo tutto intero!” E in effetti basta poco, un semplice sugo all’aglio e un pomodoro fresco per risvegliare le narici. Nel frigo c’è anche una busta di formaggio grattugiato. Cosa vuoi di più dalla vita… E il mezzo chilo di pasta finisce rapidamente, tra una chiacchierata ed un ricordo.
Diamo il ben servito anche ad una bottiglia di vino marocchino. E’ vero, nell’Islam non si usa, ma per il “mercato” si fa questo e altro. Ed è un vino niente male, corposo e saporito. Addirittura Emanule ci conferma che ci sono ben 2 negozi che vendono bevande e liquori.

Ormai siamo quasi in partenza; nella stanza avevo adocchiato alcuni libri interessanti, in particolare quelli sul tema del confronto tra cristianesimo e islam, un tema che qui ha il sapore del quotidiano, non certo del semplice approfondimento telogico, Chiedo allora qualche consiglio al nostro esperto. Poi mi sarei messo alla ricerca, possibilmente online, di alcuni di questi titoli. Che sorpresa quando, giorni dopo, mi sono accorto del valore di uno di questi libri in bella evidenza: si tratta del libro El Islam, di Montserrat Abumalham , non esiste in versione digitale e l’unica copia cartacea viene venduta a oltre… 700 €!
Devo avvisare Emanuele di conservarla bene, potrebbe servire come preziosa merce di scambio!
Decisamente le cose migliori avvengono a bordo tavola. Mentre riprendiamo in macchina la via del ritorno, penso di aver raccolto molto materiale su cui riflettere per i prossimi giorni.

E naturalmente, qualche scatto ci scappa sempre, ecco l’album di questo viaggio ad Al Hoseima