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Categoria: luoghi

Ascesa al monte Gurugu

Ascesa al monte Gurugu

Sembra il nome di un personaggio dei Puffi, o un cocktail esotico, invece si tratta semplicemente del massiccio montuoso che fa da cornice a Melilla. Una serie di cime, la più alta sfiora i 900 m., con un gradevole rivestimento verde che sa di boschi e in terra d’Africa, almeno a queste latitudini, fa decisamente piacere.

Già diverse volte Juan Antonio mi aveva parlato della sua ultima visita a questo piccolo massiccio. Lui è un appassionato di “aria aperta” e ci siamo già avvicendati in altre piccole uscite (dal Pino Rostrogordo, in pratica l’unicio spazio verde naturale di Melilla, al parco del Torcal, prima di Natale). E’ bello poter contare su queste piccole complicità.

Ma era dai tempi della pandermia che non era più riuscito ad andarci e aspettava proprio l’occasione buona. Il motivo principale è legato al passaggio di frontiera. Come minimo ci vuole un’ora per espletare tutte le formalità e questo incide parecchio. Ma mettendo insieme varie congiunture, il Ramadan iniziato da poco, l’allungarsi delle giornate, abbiamo colto la palla al balzo, così domenica scorsa, 17 marzo, ci siamo decisi per questa piccola uscita pomeridiana. Prima di salire in macchina JuanAntonio ha preso una manciata di noci nella speranza di poter avvicinare il protagonista speciale di questa montagna: il piccolo macaco africano, el mono del Gurugu.

Non eravamo sicuri di incontrare queste piccole scimmiette, perché non sempre si mostrano nei pressi della strada, ma un po’ di speranza c’era. Appena varcata la frontiera e iniziato il percorso in terra marocchina, il panorama urbano cambia davvero in fretta. Ragazzini aggrappati al retro dei camion, pecore sparse in mezzo alla strada, gente in motorino senza casco, doppia attenzione alla guida (non si sa mai come vengono interpretate le rotonde!). Ma la nostra strada si inerpicava rapidamente verso l’alto, e il traffico poco alla volta si andava riducendo.

Rapidamente ci siamo avvicinati alle pendici del Gurugu, strada un po’ di montagna ma tutto sommato ben praticabile; salendo si inizia presto a scorgere qualcosa di interessante. Dopo alcuni tornanti ecco sul ciglio della strada un venditore … di uova, poco distante una piccola fattoria, con oche, pavoni e altri animali che transitano liberamente sulla strada. Ma senza tanti preavvisi ecco spuntare alcune scimmie, piccoline, che si fermano tranquillamente a bordo strada. Qualche visitatore ha appena lanciato del cibo verso di loro e senza tanti problemi eccole avvicinarsi.

Noi procediamo alla volta del forte che si staglia ben visibile su una delle punte. Parcheggiamo e ci avviciniamo a piedi. Tutto libero e semidistrutto; il forte in cemento è sicuramente di epoca spagnola (quando tutta la zona era un protettorato) e i trascorsi storici sono stati piuttosto turbolenti (con assalti, massacri, invasioni, sbarchi…); il tutto risale alle prime decadi del ‘900.
Dalla cima del forte, che si mantiene ancora solido e resistente, si gode di uno spettacolo ampio; tutta la zona di Melilla, fin verso a quella di Nador e oltre; l’ampia laguna costiera che protegge Nador, un ampio tratto di costa. Da lassù non si nota davvero il taglio forzato delle recinzioni, la valla imponente che separa Melilla dal territorio marocchino (e proprio nella zona marocchina si nota una intensificazione delle protezioni, con ampie zone recintate e rotoli di filo spinato quasi ovunque).

Riprendiamo la strada, puntando verso un altro fortino, solo segnato sulle mappe, che proprio non si vede scrutando il profilo del monte. Quando però lasciamo la strada asfaltata per tentare un percorso un po’ più accidentato, ecco che le scimmie si fanno davvero numerose. Ci fermiamo e la nostra razione di noci diventa subito una forte attrazione per questi piccoli animali, che prima si mettono a distanza, poi, poco alla volta, si lasciano attrarre da questo cibo fino a raggiungerci e prendere le noci direttamente dalle nostre mani, velocissime e titubanti. Si vedono in pratica intere famigliole raggruppate di questi piccoli macachi… e qualcuno si allontana arrampicandosi rapidamente sui rami dei pini. Sembra proprio di essere… in Africa! In questa zona le scimmie sono state reintrodotte (dovrebbe essere la stessa specie che si trova anche a Gibilterra, l’unica scimmia in territorio europeo), ma tra Ceuta e altre zone del Rif (la zona montuosa in cui ci troviamo, in questo nord Africa) la loro presenza è abbastanza naturale.

Il fortino che incontriamo sulla cima di questo secondo luogo è davvero singolare. molto ampio, con un fossato che sa tanto di epoca medievale (ma è in cemento, quindi anche questo è di epoca moderna) e probabilmente tutto sviluppato sotto copertura. Forse un centro sicuro a presidio di queste zone di confine.

L’ultima tappa è nuovamente nei pressi di un forte; a quanto mi riferisce Juan Antonio le fondamente sono sul luogo in cui sorgeva già un antico forte romano. Quando vediamo la zona, che può controllare un’ampia vallata interna, diventa facile cogliere l’importanza strategica di un tale posto. Dopo la prima presenza fenicia, il controllo romano di queste zone non poteva che passare dal controllo accurato delle vie di comunicazione.

Rientriamo in serata, dopo aver percorso vari km nell’entroterra marocchino, tra paesini semi deserti e altre zone in cui la gente cominciava a radunarsi per la rottura del digiuno del Ramadan (l’orario in cui si può iniziare a mangiare era intorno alle 19:15), ogni tanto un somarello bardato di tutto punto sembra parcheggiato al bordo della strada. Decisamente insolita la presenza di tanta polizia, visibile quasi ad ogni incrocio importante.

Torniamo a Melilla che è ormai scuro, sono quasi le 20 (ma in Marocco con il Ramadan cambia anche l’ora, con la nostra Pasqua la differenza sarà di addirittura 2 ore sul fuso orario) e la frontiera è praticamente vuota, ma per le solite formalità non riusciamo a cavarcela con meno di mezz’ora. Però rispetto alle altre volte, siamo stati quasi dei fulmini per la velocità.

Meritava davvero passare da queste parti un pomeriggio del genere.

Ecco l’album delle foto di questo pomeriggio domenicale sul Gurugu

Concludiamo la visita al centro Hindù

Concludiamo la visita al centro Hindù

La conclusione del nostro tour dei centri sacri di Melilla si è conclusa nel piccolo centro culturale hindù, dove ci aspettava l’amico Ramesh (anche lui volontario del progetto Alfa).

Il centro è ospitato in un piccolo locale in una delle vie centrali della cittadina, ci sono progetti per un suo trasferimento ed ampliamento, ma per il momento sono aperte solo le trattative politiche (quindi i tempi saranno sicuramente lunghi).

Anche in questo caso siamo invitati a “toglierci i calzari”, per renderci conto che la cosa più importante è il nostro atteggiamento di ascolto e attenzione. Il luogo risente del tipico atteggiamento rasserenante e un po’ sintetico della cultura indù. Ramesh ci ha raccontato di come una piccola comunità, presente sul territorio solo a partire dalla metà del secolo scorso sia riuscita a contribuire in modo così efficace e significativa sulle dinamiche della cittadina intera.

Quando ancora non c’erano i tanti negozi cinesi che ormai sono presenti un po’ in tutte le nostre grandi città, l’appalto, per così dire, di tante attività economiche legate ai prodotti di tecnologia erano proprio delle famiglie indiane; questo loro impegno produceva ovviamente un giro economico ampio e una conseguente capacità imprenditoriale di spicco, tante le persone coinvolte e il vantaggio reciproco. Melilla godeva a quei tempi di uno status di zona commerciale franca, con iva agevolata…

Ma oltre al business la cosa interessante è stato il crescere e il consolidarsi di una cultura diversa da quelle già esistenti. Cristiani, musulmani ed ebrei vantavano una lunga tradizione, feste e gesti radicati ormai nel tempo; gli indù si sono inseriti in questo filone, inserendo le loro tradizioni peculiari, come la festa del Diwali (capodanno) che poco alla volta è diventata un appuntamento fisso e gradito. Nel contempo la partecipazione alla vita sociale e a quella educativa (sia Ramesh che i figli sono ex-alunni del collegio La Salle) hanno rinsaldato i contatti.

Dal punto di vista religioso l’hinduismo presentato nella sua versione locale è davvero molto “comprensivo”. Si entra nel locale e ci accoglie la scritta “namastè”, vicino alle statue di Ganesh e delle principali divinità indù, ma nella parte di fondo trovi anche la Vergine del Rocio e un bel volto di Gesù. Ramesh partecipa come portatore di una confraternita cattolica, frequenta senza problemi i gesti pubblici della nostra parrocchia, è ben voluto e apprezzato da tanti. E poi gli inù sono decisamente un piccolo gruppo, meno di un centinaio di persone.

Ramesh insiste sul fatto che “ciò che fa bene alla tua anima fa bene anche alla mia” e questo sincretismo, molto concreto è l’elemento che spicca maggiormente.

e qui riporto l’album fotografico del nostro tour dei luoghi sacri di Melilla

Visita della sinagoga di Melilla

Visita della sinagoga di Melilla

Ed eccoci in visita alla Sinagoga di Melilla; a prima vista ci si imbatte nel dehor di un bar, con i suoi tavolini e le sedie, in un piccolo rientro dalla strada, non lontani dalla chiesa del Sagrado Corazon. Una scala al fondo porta ad inoltrarsi nei vicoli, tra case ormai un po’ logore dal tempo.

Non aspettatevi un ingresso maestoso, con portali e insegne. Un semplice portone, da condominio, con il simbolo della stella davidica, come anche tutte le altre porte del piano terra di questo edificio. Si sale fino al secondo piano di questo palazzo prima di giungere al cuore di questa sinagoga, la principale delle attuali 6 sinagoghe presenti a Melilla (il nostro anfitrione, Salomon, ci racconterà che a metà secolo scorso il numero era ancora maggiore, raggiungendo la soglia delle 26, ma si sa, la sinagoga riveste soprattutto un carattere familiare più che istituzionale). Così entriamo nel cuore della Sinagoga Or Zaruah.

Il nostro gruppo si raduna nella zona centrale, proprio davanti al tavolo sul quale svetta un grande candelabro. Ecco il primo problema: ci aspettavamo una classica menorah con 7 bracci, ma qui troviamo una piccola anomalia: i bracci sono 8; un candelabro perfettamente simmetrico. E la domanda inizia a sedimentare.

Salomon ci spiega qualcosa della presenza ebraica in questa città, in controtendenza con quanto avvenuto nella Spagna del dopo-reconquista. Qui nessuna espulsione o veto; le numerose famiglie ebraiche hanno continuato, rafforzandosi, la loro presenza e confermando i caratteri di una pacifica convivenza nella situazione locale, che vede una presenza massiccia di cattolici e musulmani (gli hindù sono un retaggio recente e numericamente esiguo).

Ci illustra i vari elementi della sinagoga, come tutte abbastanza spoglia e ornata solo di qualche lapide commemorativa, splendidi lampadari, finestre dai vetri colorati e poco altro. Oltre alla menorah centrale ci sono poi i supporti che servono per ospitare i rotoli del libro sacro. A questo punto ci ricorda che i sacri testi della bibbia sono ancora quelli scritti nella versione più antica, senza nessuna facilitazione per le vocali (come è invece il testo masoretico che aggiunge piccoli segni, “spiriti” alle diverse consonanti semitiche) e quindi il lettore deve essere ben esperto. E finalmente ci spiega il mistero degli 8 bracci: solo Dio è perfetto e quindi questa imperfezione, questo sbaglio diciamo, ci ricorda una verità profonda. Mi sembra quasi di ricordare l’abbazia di Staffarda, con le sue errate proporzioni, gli errori voluti di architettura che quasi sfidano la statica, con il medesimo intento di ricordarci che la perfezione è solo divina e noi possiamo solo avvicinarci a questo traguardo, senza però raggiungerlo. Questa, almeno, la sua spiegazione.

Sul retro spicca il matroneo, simile ad un coro nostrano; è ancora oggi il luogo dove si radunano le donne per la preghiera dello shabbat; per le nostre professoresse in visita, però, nessun problema, i “turisti” sono altra cosa rispetto ai fedeli. Agli uomini non è stato nemmeno richiesto di mettere una kippà in testa (altro simbolo che il Signore, l’altissimo, è “al di sopra di tutto e tutti”) che rimangono disponibili sul tavolo all’ingresso.

Uscendo notiamo un pannello elettrico con numerose candele votive accese: è il modo concreto di ricordare i defunti recentemente scomparsi. Nel cimitero locale c’è uno spazio per gli ebrei (quello musulmano invece, dati i numeri, è situato in altra zona) ma questo ricordo immediato risulta molto più evidente e concreto.

Interessante anche ascoltare da un ebreo come viene vissuto il sabato, superando certe visioni un po’ pittoresche (nessun lavoro, nessun gesto servile, nemmeno il cucinare…), l’esempio del cellulare, che risulta interdetto per l’intera durata del sabato convince più di altre esegesi: poter dedicare questo tempo sacro alle persone, alla preghiera, bypassando totalmente il resto delle attività settimanali, senza le continue distrazioni di una chiamata, di un messaggino, di un selfie… è un richiamo forte e significativo.

anche qui riporto l’album fotografico del nostro tour dei luoghi sacri di Melilla

Visita a una mezquita di Melilla

Visita a una mezquita di Melilla

Giornata particolare quella del 15 marzo; non sapevo nemmeno che fosse la Giornata Internazionale per la lotta all’islamofobia (temo che ormai ci siano giornate per il recupero psicofisico contro il bullismo delle nanoparticelle e quella per la sensibilizzazione ai problemi demografici dei criceti…) ma è capitata sicuramente nel momento giusto. Qui a Melilla stanno iniziando le vacanze di Pasqua (2 settimane di pausa, geniale, si riprende la scuola il lunedì dopo Pasqua, vedremo di farcene una ragione, di quest’anno senza Pasquetta…) e approfittando di qualche momento libero sono venuti a trovarci tutti i responsabili della pastorale delle scuole lasalliane dell’Andalucia, una quindicina di persone. Dopo averli scarrozzati un po’ dall’aeroporto ai vari luoghi di incontro sono ormai amici “di casa”.

Per la mattinata del 15 era previsto un tour abbastanza insolito, una sorta di pellegrinaggio nei diversi luoghi di culto di Melilla. Questa città vanta una tradizione molto ampia e significativa di “tolleranza” ed apertura interculturale; qui gli ebrei non hanno vissuto l’ostracismo perpetrato in Spagna dopo l’editto del 1492 che ha espulso ebrei e musulmani dal territorio; in Marocco la fede e la cultura ebraica si è sviluppata ampiamente. Così pure la cultura berbera locale ha influito sul modo di vivere e accogliere l’Islam. Per ultimi sono arrivati anche gruppi indù, nel secolo scorso, inizialmente per semplici motivi economici, ma si sono così ben integrati da formare un gruppo distinto e caratteristico.

Nella mattinata abbiamo così visitato la sinagoga, una mezquita (quello che noi chiamiamo moschea) e il centro indù. Mi piace iniziare dalla mezquita.

So bene che a Melilla ce ne sono molte, la principale è vicina al nostro Istituto e non passa giorno che la voce del muezzin non ce lo ricordi; abbiamo la fortuna di convivere quotidianamente con tante persone musulmane. La stragrande maggioranza dei nostri alunni, sia piccoli che grandi, sono di religione musulmana (sto parlando del nostro Centro Fratelli, ovviamente, non della scuola lasalliana che accoglie una maggioranza di cristiani) e proprio in questi giorni, con il Ramadan appena iniziato, è importante conoscere e integrare questa tradizione.

Ci avevano detto che la moschea era subito dopo il grande arco, ma io non vedevo proprio nulla sulla strada, solo avvicinandomi ho potuto scorgere questo ingresso, che portava ad una piccola piazzetta. Prima impressione: questa moschea non ha nemmeno il minareto, più avanti capiremo il perché.

Siamo un gruppo di professori, uomini e donne, logicamente le donne entrano velate e per molte è un’esperienza insolita. Poi tutti ci togliamo le scarpe e le depositiamo nella rastrelliera. L’ingresso rivela subito l’intero della grande moscheza, con il suo immenso tappeto e varie colonne rivestite di maiolica.

Ci accoglie Salam, un giovane docente islamico che si è formato anche a Granada e conosce bene la cultura e le tradizioni cristiane. Ci sediamo in un angolo del grande spazio, dalle finestre si scorgono alberi e palme (il nome della mezquita è proprio De La Palma Santa). Salam inizia a parlare e spiegare le caratteristiche del luogo in cui ci troviamo. Il prof. Miguelangel, residente qui a Melilla, con alcune domande e interventi ci aiuta a comprendere meglio questa realtà.

Ci parla dei 5 pilastri della fede musulmana, della storia di questa particolare mezquita, del suo profondo legame con la mistica (e qui entra in campo anche il sufismo) e del suo ruolo particolare. E’ spesso meta di pellegrinaggi particolari, da varie zone della Spagna e dell’Africa. Il giovane docente ci ricorda lo stretto legame con la fede ebraica e cristiana, gli stretti rapporti dell’Islam con Abramo ma anche con Gesù e Maria; ci ricorda che le moschee spesso sono a conduzione familiare, non esiste un “sacerdozio” istituzionale come possono essere i parroci da noi. In questo luogo si approfondisce quindi una visione dell’Islam decisamente serena, aperta e condivisibile.

Al termine dell’incontro è nata spontanea la richiesta di vivere insieme un breve momento di preghiera per la pace; Salam ci ha recitato la prima sura che apre il Corano (una sintesi delle principali verità di fede) e noi abbiamo concluso con il Padre Nostro. Nella pace e nella quiete di quel luogo ci sembrava che ogni parola suonasse al posto giusto, forse perché risuonavano anche nel cuore di ciascuno.

Piccola rassegna web

e qui è disponibile l’album fotografico del nostro tour dei luoghi sacri di Melilla

Povero febbraio, come corre veloce!

Povero febbraio, come corre veloce!

Tra una cosa e l’altra, una iniziativa e la successiva, una “mesa redonda” per incontrare le altre realtà operative di Melilla e prevedere le prossime cose, il mese di febbraio è letteralmente volato via.

E’ passato il Carnevale (provate a cliccare sulla foto per vederla bella grande) e sta finendo (speriamo) anche il freddo invernale. Soprattutto il vento, che a detta del veterano della nostra comunità, il buon Eulalio, non aveva mai soffiato così forte e così a lungo da queste parti. “Che vuoi farci”, gli rispondo, “sarà il cambio climatico”, ma certe volte il vento riesce persino a creare qualche problema andando in bici!

Sono venuti a trovarci da Granada Javi, Ana e le due piccole pesti, Myriam e Samu. Hanno approfittato della festa dell’Andalucia, un fine settimana di relax, e sono venuti da questi parti.

Sapevo che non mi sarei annoiato più di tanto in questo angolo d’Africa e ogni giorno che passa me ne rendo sempre più conto.

Ma quello che ci sta occupando più temppo ed energie adesso è la nuova organizzazione del nostro CentroFratelli, che comprende un po’ tutte le attività che intendiamo portare avanti a livello comunitario.

Da poco abbiamo “trasferito” alcuni dei nostri giovani alunni nel centro che la Caritas utilizza proprio a due passi dalla parrocchia centrale. Fino a qualche anno fa c’erano anche dei progetti in corso, ad esempio era stata realizzata una sala computer con una decina di postazioni. Ma finito il finanziamento del progetto, tutto era rimasto in stand-by. Fa un certo effetto riaccendere un PC e vedere la schermata di Windows 7 che ti saluta bella colorata!!! E uno si chiede se nell’epoca di Windows 11 non ci saranno problemi di funzionamento o di compatibilità 😉 Però le macchine funzionano, adesso vedremo come rimettere un po’ in sesto e realizzare qualcosa di utile con questi ragazzi, che sono neo-maggiorenni marocchini (ex-tutelati, cioé prima vivevano in un centro di accoglienza per minori) che però fanno ancora fatica a disegnarsi un futuro, visto che molti non conoscono sufficientemente bene lo spagnolo (qualcuno quasi per niente!) e hanno un livello di istruzione veramente minimo. Nel fine settimana abbiamo messo a posto gli spazi che la Caritas ci ha messo a disposizione, tolto la polvere, i divisori in plexiglas dell’era Covid (!), eliminato scatoloni e vecchi materiali, insomma, un po’ di pulizie di primavera. E alla fine ci siamo presi il lusso di un brindisi di buon inizio, coinvolgendo anche fr. Josè Luis Elias che dal Libano sappiamo che ci segue con passione, visto che è stato uno dei pionieri di queste attività.

E una bella fetta di tempo l’ho dedicata anche a una nuova presenza sul web per raccontare quello che la nostra Comunità Fratelli sta portando avanti: si tratta del CentroFratelli.