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4 passi in Cina

4 passi in Cina

Deve essere dai tempi di Marco Polo che gli italiani nutrono una sorta di fascinazione nei confronti della Cina. Mettiamoci pure le intuizioni di Matteo Ricci e una buona dose di attenzione a quanto, come maristi, abbiamo vissuto in questo paese, sia durante il periodo della rivolta dei Boxer che in seguito, dopo la rivoluzione culturale di Mao.

E sarebbe interessante ripercorrere gli usi linguistici che evidenziano questa realtà: un tempo si diceva “roba cinese” per metterla in cattiva luce, evidenziarne la scarsa qualità e approssimazione. Non credo che oggi di fronte ad uno smartphone “cinese”, un router 5G o altri prodotti si possa tranquillamente dire lo stesso. E’ vero, ci sono sempre i “mercatini cinesi” dove veramente puoi trovare cose inverosimili… e la diceria che a Napoli, pur di contraffare qualcosa, sono capaci persino di replicare le copie PRC…

Ma capire qualcosa di più del paese e della cultura cinese, oggi, non è certo facile. Ho avuto alunni cinesi in tempi lontani e anche vicini; ho rinunciato ad azzardare altre parole oltre al canonico “nichau” per salutare. Troppo complessa e legata ai toni questa lingua… Col mio povero alunno cinese di Giugliano è stata veramente difficile stabilire qualcosa che andasse oltre al colloquio di sopravvivenza. Insomma, l’interesse si è conservato.

Quando ho incontrato questo libro l’idea era proprio quella di approfondire la conoscenza di quello che la Cina è adesso, ai nostri giorni, sfrondata da tanti stereotipi e ricordi del passato. Non è certo sufficiente qualche panoramica de L’ultimo imperatore per comprendere la complessità di questo paese.

Nel libro di Karoline, nome occidentalizzato, emerge in modo molto preciso e dettagliato una storia reale e una descrizione concreta di questa realtà. L’autrice è una giovane ragazza, attualmente giornalista e impegnata in varie collaborazioni con testate occidentali (NYT) che racconta senza pretese particolari la sua avventura umana. Si parte dalla sua infanzia in campagna, bambina quasi al margine della legalità perché nata quando il secondo figlio era ancora proibito e questa “colpa”, caparbiamente decisa dalla madre, poteva incidere pesantemente sul suo futuro, sulla scelta della scuola, sulla possibilità di risiedere in città, proseguire gli studi… In modo molto scorrevole l’autrice presenta un quadro realistico della popolazione e dei comportamenti della gente. Da un lato le regole e gli ordini erano ben chiari, ma nella prassi la gente cercava, come spesso capita, di arrangiarsi.

Colpisce abbastanza il permanere, nelle famiglie descritte nel libro, di profonde tradizioni religiose ancestrali; il pensiero e le regole di Confucio rimangono nella trama del quotidiano. Non si accenna minimamente ad altre forme religiose, o ad eventuali aperture, confronti, ma si sfalda una certa idea di società completamente atea o insensibile a tematiche spirituali.

Altro grande punto interessante è quello relativo alla grande rivolta sfociata nell’episodio simbolo di Tien Ammen. Nel percorso formativo rimane il grande vuoto, che nessun cinese dovrebbe conoscere e trattare. In modo abbastanza evidente l’autrice cerca di capire cosa sia successo, quali fossero i motivi che hanno portato alla rivolta di tanti giovani. E senza critiche aperte al sistema cinese, tuttora vigente, evidenzia i numerosi passi compiuti dal governo, le modifiche lentamente proposte, le novità e gli “aggiornamenti” a cui tutta la popolazione deve comunque sottostare.

Un libro abbastanza cauto, che non azzarda giudizi e non esprime valutazioni tranchant su quanto comunque trapela e si legge tra le tante righe del testo. Sicuramente fornisce una testimonianza utile e illuminante su tanti aspetti concreti. In particolare sulla rapidità dei processi in corso. Dalla ridotta capacità di informarsi che i contadini avevano a metà del secolo scorso fino all’attuale diffusione dei cellulari e di internet. L’autrice rivela anche molto candidamente che in tanti si affidano alle VPN (le reti private che aggirano i limiti imposti dalla censura e dai filtri di stato) per conoscere il mondo occidentale, che è anzi molto ambito e ricercato, sia per la moda, i film, la cultura, la riconosciuta maggiore libertà e indipendenza. Decisamente una lettura interessante, piacevole (il testo si legge molto rapidamente) e ricca di informazioni di prima mano per conoscere davvero i giovani cinesi che sempre più rapidamente diventeranno una fetta rilevante del nostro futuro.

e stranamente, questa volta la recensione su AMZN è andata subito, in meno di 10 minuti. Si vede che sto peggiorando? O mi sto adattando al format voluto? 🙂

In attesa di riprendere…

In attesa di riprendere…

di riprendere a girare, visitare, passeggiare, ammirare… Ormai ci stiamo facendo il callo a questo periodo di forzata inattività, un limbo che rischia di spegnere anche la curiosità, la voglia di conoscere e di esplorare questo nostro stupendo ambiente (lo so, sarei capace di definire “stupendo” anche luoghi con apparente scarso appeal, ma essendo l’occhio a fare la differenza, preferisco allenarlo 🙂

E quest’oggi mi aveva colpito la richiesta di un ragazzo straniero, che mi chiedeva informazioni sulla… presenza di san Paolo qui a Siracusa. Essendo un ragazzo musulmano capisco la difficoltà nel collocarle questo personaggio in un contesto storio più dettagliato. E mentre cercavo di dargli qualche dritta, ricavata dal testo degli Atti e poco più, qualche vestigia storica velata di leggenda che ricorda i 3 giorni in cui Paolo è stato ospite a Siracusa del primo vescovo, Marciano, scelto espressamente da san Pietro. Per mostrargli la chiesetta di san Paolo, a ridosso del tempio di Apollo, ho lanciato GMaps e fatto uno screenshot dalla funzione di Streetview che mostra con chiarezza il luogo. E come spesso capita viene subito voglia di percorrere un po’ quelle strade in passeggiate virtuali, incuranti delle persone che affollano i vicoli e i luoghi solitamente affollati da turisti. Siccome da quando sono qui non ho ancora potuto vedere nulla di tutto ciò… almeno su schermo è gradevole assaporare questo clima. Sono poi finito in riva al mare, presso la fonte Aretusa. Ormai sono luoghi che conosco abbastanza bene e mi sono meravigliato che tra le tante foto della fonte non ce ne fosse nemmeno una che la mostrasse dal basso e dall’interno. Così mi sono detto: ok, buttiamo giù due righe e recuperiamo le foto fatte questa estate durante la visita con i bambini del campo estivo.

E siccome gli errori di pubblicazione ogni tanto saltano fuori, per evitare di perdere le righe scritte…. le replico anche qui, in attesa di riuscire a pubblicarle tra le recensioni di Google. Per la cronaca, dopo 3 tentativi andati a vuoto, finalmente la recensione è online.

Fonte Aretusa: Uno dei luoghi indimenticabili e più suggestivi di Siracusa. Negli ultimi anni (a causa della pandemia), le visite sono state molto rarefatte, ed è un peccato perché è interessante visitare anche l’interno. Vedo dalle recensioni tantissime foto, ma tutte e solo dalla cerchia esterna. Nell’estate del 2020 abbiamo avuto la possibilità di visitare e girare dentro la fonte, grazie alla cortesia dell’assoc. Civita (il reportage lo trovi qui https://www.maristi.it/ciao/2020/08/01/e-si-conclude-anche-il-campo-estivo/) e passeggiando dentro la fonte lo spettacolo è ancora più suggestivo. Una volta entrati nello spazio di visita, si può fare un giro completo della fonte. Procedendo in senso orario si vede nella cavità del muro il punto da cui sgorga la fonte di acqua dolce, lo sbocco in mare si trova nel punto diametralmente opposto; non ho assaggiato l’acqua ma ormai dicono che sia piuttosto salmastra, ottimo campo di studio per verificare l’adattamento delle piante. La vegetazione principale, a parte il grande ficus all’ingresso e alcune palme rigogliose, sono ovviamente i papiri, della stessa varietà di quelli che si incontrano lungo il fiume Ciane. Sono fusti alti più di 4-5 metri, in ottimo stato di vegetazione. Poi ci sono tante anatre, e devono vivere veramente bene perché abbiamo incontrato gli anatroccoli al seguito della madre, molto tranquilli e per niente stressati. Il responsabile era più preoccupato (e giustamente infastidito) dal fatto che i turisti continuano a buttare cibo, panini, briciole, favorendo così il proliferare dei topi, non della fauna corretta, che è ampiamente autosufficiente. Molti i pesciolini rossi… e persino una carpa (qualcuno azzarda che sia addirittura una pregiata carpa Koi, ma… chissà). Breve il percorso di visita, con le audioguide si ripercorre il mito di Aretusa. Non vengono fornite molte informazioni storiche (come la notizia che Napoleone si sia rifornito qui di acqua dolce, anche se poi il suo acerrimo nemico, Orazio Nelson, grande appassionato di Siracusa, scelse proprio questa città come sua residenza privilegiata). La presenza della piccola spiaggetta vicino al giardino crea un congiutno delizioso. Peccato per lo stato di degrado in cui versano questi giardinetti, vero percorso ad ostacoli tra escrementi di piccioni e mattonelle disselciate. Un tempo qui c’era anche un acquario, ormai chiuso da tempo.

Ecco le foto della Fonte Aretusa – estate 2020

Che fatica dare una mano, a volte

Che fatica dare una mano, a volte

Nei giorni scorsi, in pratica dai primi di gennaio, nella struttura del Ciao di Siracusa ci siamo resi disponibili per aiutare le persone a presentare la domanda per il Bonuspesa.

A dire il vero avevamo inoltrato la nostra disponibilità a chi di dovere già da metà dicembre, cioè quando era partita la campagna informativa del Comune, perché ci eravamo subito resi conto che non era proprio semplicissimo inoltrare una domanda esclusivamente via web, con l’aggiunta di alcuni allegati per il documento di riconoscimento. Insieme ad altri amici (in particolare il Comitato Attivisti Siracusani dell’amico Salvatore Russo) ci siamo così messi a disposizione. Il primo passo? segnalarlo all’Amministrazione comunale, per essere inseriti nell’elenco delle associazioni di volontariato a disposizione dei cittadini. Ma a quanto pare gli aggiornamenti in corsa non sono particolarmente seguiti e… non abbiamo mai avuto risposta e nell’elenco (l’ultima versione sembra aggiornata il 12 gennaio) nessun riferimento. Pazienza, il tam tam delle persone ha fatto il resto…

Avevamo anche segnalato alcuni problemi tecnici della piattaforma (come ad esempio una banale dimenticanza nel link che rimandava al sito del Comune, che rendeva impossibile raggiungerlo, ma vediamo che ancora adesso il problema permane, vorrà dire che anche questa segnalazione sarà caduta nel vuoto. Pazienza anche per questo…

Alla fine delle attività, che si è conclusa inderogabilmente il giorno 11 gennaio avremo compilato più di 200 istanze. Quello che purtroppo non siamo riusciti e non riusciamo tuttora a fare, è fornire ulteriori informazioni alle persone. Perché sono tanti quelli che, essendovenuti da noi a compilare la richiesta, continuano, con garbo, a chiedere informazioni, ora uno ora l’altro, per sapere se la domanda è stata vagliata o accettata. E non possiamo fornire nessuna risposta… Ci sembra in qualche momento di confrontarci con i classici mulini a vento della burocrazia, o di avere strumenti spuntati per un servizio migliore… insomma, siamo un po’ arenati.

In effetti non siamo mai riusciti a contattare l’ufficio preposto, pur avendo tentato in varie occasioni a chiamare il numero telefonico indicato (spesso irraggiungibile) o inviando mail all’indirizzo presente (solidarietaalimentare@comune.siracusa.it), che non ci ha ancora risposto.

Capiamo sicuramente la mole di lavoro che hanno dovuto sostenere in questi giorni convulsi, visto che le domande sono state oltre 5000. Il problema è che molti dettagli operativi avrebbero aiutato le persone ad avere maggior fiducia nelle istituzione e a fare chiarezza su alcune domande. E ovviamente anche a rendere più snello il tutto, sollevando il Comune di alcuni impegni.

Molte di queste domande, infatti, sono tornate indietro perché alla richiesta di quale fosse il reddito conseguito nel mese di novembre; in tante situazioni, poiché tale reddito era nullo, non era stato inserito nessun valore, lasciando la riga vuota. Nel giro di pochi giorni sono arrivate tante segnalazioni di domande rifiutate per “mancanza del reddito”. Abbiamo così dovuto ripetere numerose istanze, compilando il form, riprendendo i documenti e riscrivendo tutti i dati e aggiungendo uno “zero” nella riga indicata.

Per ogni istanza andava compilato un form online (ben curato, preciso e con immediato controllo di validità dei dati) e poi allegata una domanda di autocertificazione; peccato che questo comportasse una duplicazione costante dei dati (praticamente quasi tutti venivano richiesti 2 volte, come se una non fosse sufficiente…); poi ci voleva la firma autografa e quindi era necessario uno scanner per riprendere il tutto. Insomma. per compilare una domanda spesso ci voleva più di un quarto d’ora, disponendo di computer, scanner e un po’ di scioltezza digitale.

Tante le persone che si scusavano quasi come fosse una colpa “Sa, io con il computer non ci so fare”.

Abbiamo visto passare per il nostro centro tante persone fragili, famiglie, persone anziane, disoccupati con dignità e grande semplicità, sinceramente non credo di aver visto nessun furbetto alla ricerca di un plus per sbarcare il lunario. Sono occasioni per avviare contatti, far sentire una vicinanza sociale importante. Occasioni da non sottovalutare, anche in vista di una maggior sinergia con le istituzioni. E’ in questi casi che cresce o si affloscia, il senso di appartenenza civico.

Speriamo che almeno qualcuna delle richieste di informazioni sull’iter delle domande riesca a sfuggire ai labirinti della burocrazia…

Il guardiano del Faro

Il guardiano del Faro

Nei ricordi un po’ sbiaditi dei miei tempi, rimane vivace la memoria di una trasmissione televisiva che io sbrigativamente chiamavo “il guardiano del Faro“, forse per via delle musiche che ebbero un discreto successo alcuni anni dopo, composte da un omonimo musicista, uno dei primi ad utilizzare il moog come strumento all-in-one per i suoi brani.

E poi, avendo vissuto sulla costa ligure per tanti anni, di fari ne vedevo spesso, da quello a metà strada tra Arma e Sanremo, agli altri disseminati lungo l’Aurelia. Un edificio ricco di fascino e suggestione. Probabilmente destinato a scomparire, come le case cantoniere, sotto le bordate del GPS e dei nuovi strumenti di navigazione satellitare.

Ancora pochi mesi fa, insieme a Nina e Rosa, visitando Capri, ci siamo imbattuti nel grande faro di Punta Carena che accoglie i traghetti, il secondo più grande d’Italia (dopo la Lanterna di Genova, che una volta ho tentato inutilmente di raggiungere in bici dallo Champagnat, perdendomi in viuzze e vincoli stradali vari…).

Ma se non fosse stato per l’abilità narrativa di Rumiz mi sarei accontentato di questi ricordi d’infanzia, di qualche foto estiva. Invece sono rimasto particolarmente affascinato dal suo libro, Ciclope. Un testo per molti aspetti inusuale. Conoscendo già l’autore avevo pensato: intanto lo prendo, poi, magari gli do un’occhiata. E invece in pochi giorni, complice quest’ultimo periodo di quasi chiusura delle attività, mi ci sono immerso e felicemente inabissato.

Non è un romanzo, un resoconto di viaggi (Rumiz è praticamente fermo e isolato su quest’isola misteriosa per tutto il testo, pur spaziando praticamente ovunque…), un saggio sociologico sulla distanza e lentezza che aiutano nella riflessione, o una dissertazione sull’invadenza di Internet, visto che nel finale si sente quasi miracolato per aver goduto di 3 settimane di completo distacco dalla rete, che spesso ci vincola più di quanto ci liberi. Non è nemmeno un libro poetico, anche se le descrizioni, le riflessioni e le conclusioni a cui giunge sfiorano in molti passi un afflato che non è semplicemente prosa. La trama è semplice, quasi inesistente. L’autore si reca per un breve periodo su quest’isola piuttosto lontana e remota del mediterraneo (fornisce qualche indizio, ma non ne rivelerà mai il nome, per consentirci una personale caccia al tesoro), per un periodo di stacco completo, quasi un ritiro totale, ospitato nel faro che è l’unico edificio dell’isola, abitato da un paio di custodi e, nel finale, da una piccola famigliola. Pochissime le relazioni con le persone, di civilissima ed elegante convivenza, con poche interazioni, qualche brindisi, una cena o un pescato alla brace da condividere, pochi e semplici gesti. L’autore è armato di quaderni e taccuini, sui quali fissa dettagli, impressioni, ricordi, assonanze, emozioni sui pochi fatti che avvengono sull’isola, almeno in apparenza, perché da spunti quotidiani si passa facilmente a divagazioni cosmiche….

Le giornate sembrano susseguirsi senza sbalzi, apparentemente monotone, ma in profondità ricche di appigli per rileggere episodi della propria vita, della storia, delle consuetudini umane, in un’ottica di profondo distacco e pacatissima quiete. Tanti i rimandi ad altri luoghi, soprattutto collegati per la presenza di altri fari di particolare impatto e significato per l’autore. Veniamo così accompagnati in numerose zone del mediterraneo, dell’Europa del Nord, delle coste nordamericane, fino al Cile, qualche sprazzo di Africa, un itinerario di luci sul mare che a volte suggerisce la domanda: “Ma quanto avrà girato in vita sua Rumiz?“.

Numerose riflessioni sono intrecciate al tema del mediterraneo, agli eventi che su queste sponde la storia ci ha regalato e da cui siamo comunque segnati. Si avverte una fascinazione quasi religiosa nel riflettere su come la vita cambi di prospettiva se la guardiamo da un osservatorio così speciale come può essere un faro, che obbliga a fare i conti con se stessi, le proprie radici e le proprie vicissitudini. Riflessioni sempre lucide, e mai sbrigative, spesso grondanti di richiami letterari, che spaziano dalla mitologia ai contemporanei, Walkott ed Hemingway tra i tanti…

E leggendo ti immagini ovviamente cosa proveresti tu a passare dei giorni in situazione simile… a tu per tu con l’immensità del mare, con le incognite del viaggio, del tempo che cambia senza chiederti permesso (e nel mare le previsioni meteo sono davvero bizzarre e improponibili). Un viaggio letterario denso. Da provare.

Qualche post fa ero titubante su una delle mie ultime recensioni (riguardava il libro La Mennulara), pensavo fosse poco “equilibrata” per i criteri di AMZN, visto che già diverse volte mi avevano rifiutato delle recensioni un po’ troppo ‘spensierate’… e invece…. 🙂 Ma la cosa che mi ha stupito di più è che poco fa ho inserito anche la parte centrale di questo post come recensione al libro di Rumiz, sempre su AMZN, e dopo nemmeno mezz’ora era già online (ho appena ricevuto la mail di conferma). Avranno assoldato nuovi scrutatori o istruito qualche nuovo bot di IA per verificare la coerenza con i criteri di Bezos? Chissà…

A questo punto ecco qualche foto di fari che, poco alla volta, ho collezionato tra le mie foto

Percorsi insoliti di riscoperta…

Percorsi insoliti di riscoperta…

Intanto volevo vedere che effetto fa utilizzare un font più piccolo del solito. Sarà un retaggio delle abitudini, ma un testo piccolo fa pensare a più contenuto di uno a grana grossa… vedremo.

E poi sono convinto che tra un libro e uno schermo anche il semplice fatto di poter modificare i font con un gesto sia un grande vantaggio. Ormai sono oltre 10 anni che per me leggere significa sfogliare su video.

E ripenso ai messali degli antichi conventi benedettini, enormi e visibili da 3-4 metri, perché a quei tempi la tecnologia questo offriva, come massima risoluzione, e basterebbe riandare agli affreschi antichi, dai tempi di Pompei a quelli incredibili del piccolo santuario in Val Roya (la “Sistina” delle Alpi) per vedere come da sempre ci si ingegna a trasmettere al meglio le cose, sia con parole che con i segni o le immagini.

Sto leggendo in questi giorni l’affascinante (si dice proprio così) libro di Carlo Molari e mi aveva incuriosito tra le altre cose una rapida nota, dove si parlava di Ortensio da Spinetoli. Subito mi si è riacceso il neurone dei ricordi…. di quando stavo approfondendo, alla Gregoriana, i testi biblici per uno dei vari corsi da seguire. Avevo preso proprio il testo sul vangelo di Matteo scritto da Ortensio da Spinetoli. Sarà il nome, un po’ aulico e suggestivo, sarà che il testo era davvero stimolante e ricco di spunti, questo autore era rimasto nella mia collezione delle persone da seguire.
Ma… mi sa che non sono stato poi così fedele, visto che da vari anni questo personaggio è già scomparso e nel frattempo non ho più nè letto nè seguito nulla del suo percorso. Non conoscevo nemmeno nulla della sua biografia. così mi sono rimesso un po’ a recuperare il tempo e le notizie perdute. Ho preso subito quello che potrebbe essere il suo testamento, uno dei suoi ultimi libri, corredato da sufficienti note biografiche per comprendere meglio la levatura del personaggio.

Pensavo fosse solo uno studioso, non particolarmente inserito in un contesto pratico e concreto; leggere invece che è stato persino provinciale dei minori francescani mi ha davvero incuriosito. Poi le sue vicissitudini con le autorità ecclesiastiche. Quando ci si avventura un po’ da outsiders in certi sentieri diventa quasi inevitabile. E nel giro di pochi anni quello che ti rimproveravano in molti, oppure molti consideravano eccessivo, quasi un azzardo interpretativo, diventa se non la norma almeno pane comune per chi si occupa di queste cose.

Come spesso accade la breve presentazione punta più sul “sensazionale” che sul reale contenuto. Dire che  il libro ruota intorno ad “alcuni concetti teologici che sono un tabù per la maggioranza dei credenti…. Il “peccato originale”, l”‘ultima cena”, l”‘eucarestia”, la “verginità di Maria”, il “sacrificio della messa”, la “mistica del patire” e definire questi argomenti come “le basi stesse della dottrina cattolica” è un po’ come spiegare che la Ferrari è una bella macchina perché è colorata di rosso. Certo, sono argomenti non secondari o di scarso peso, ma le basi sono altre.

Il testo si dipana in modo molto tranquillo e senza pretese o colpi di scena; Ortensio ha la capacità di esprimere cose importanti con il linguaggio semplice che non ha bisogno di evocare contrasti o prese di posizione un po’ piccate e risentite. Da quanto gli è capitato in vita forse ne avrebbe avuto anche ragione, ma la forza della ragione…. non ha bisogno di troppa forza. Risulta invece un testo stimolante che obbliga a riprendere in mano i testi della bibbia, del vangelo soprattutto, per imparare a leggerli con maggior sapienza e attenzione, senza accontentarsi di una lettura frettolosa o ispirata esclusivamente ad una tradizione secolare.

Mi sembra una lettura utile e creativa perché obbliga a prendere posizione o almeno a cercarne una sostenibile, rifarsi delle domande che forse ci stiamo trascinando da tempo (dai tempi dell’ultima lezione di catechismo o dell’ultima riflessione su questi temi un po’ attenta), approfondire le cose e analizzarle in modo meno superficiale. Saper leggere un testo nel suo contesto, analizzarlo alla luce di quanto veramente contiene e della sua storia, sono tutte attività che di solito affidiamo agli esperti. Ma in questo campo non è importante la “conoscenza”, quanto la “pratica” e per farla è necessario che ciascuno giochi le sue carte senza delegare altri. Perché le impressioni, i ricordi o le suggestioni, possono a volte limitare la chiara comprensione e il contatto con una realtà che ovviamente, essendo così lontana dal nostro oggi, rischiamo sempre di inquinare con le nostre meta-comprensioni.

Mi viene sempre in mente il facile accostamento che si potrebbe operare quando si visita la splendida chiesetta di Briga, Notre Dame de Fontan (o Fontaines), un capolavoro della pittura tardomedievale. Dopo aver contemplato le immagini e ammirato la capacità descrittiva del pittore (un monregalese della fine del 1400), si giunge ad un dettaglio spiazzante: si legge la data in cui l’opera è stata conclusa. Una data che rimanda ad un evento di quei tempi, che per noi assume un significato ben particolare. 14 dicembre 1492. Noi spesso partiamo da questi binomi per sbizzarrirci in riflessioni ed elucubrazioni. E spesso lo facciamo anche con i testi che di certi abbinamenti non sanno proprio cosa farsene.

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