Bene, sembra che dagli sproloqui si passi allora al giallo, ma per imitare Camilleri ci vuole più stoffa. E noi qui stiamo tessendo altre tele. Le sedie si riferiscono semplicemente ai 3 giorni che abbiamo passato insieme a Louise Evans. E chi sarebbe mai questa signora, dal tipico accento british, ma capace di sbrogliarsi benissimo in italiano (non per niente Firenze è diventata la sua seconda patria)? E’ una brillante persona che gira per il mondo (finora è stata in circa 70 nazioni), come consulente e formatrice per grandi gruppi aziendali, da Gucci a Philips, Honeywell, Indesit, …giusto per intenderci. Insomma, una tipa tosta. E cosa fa di bello? Semplicissimo, si sposta da una sedia all’altra di queste sue 5 sedie spiegando alcune etichette…
Cioè, le etichette riguardano il tuo modo di affrontare la vita, prendere delle decisioni, fare scelte, agire, rispondere, reagire, sopportare… E su queste 5 sedie si siedono prima o poi tutti i nostri comportamenti. La metafora e la strategie che Louise ha individuato, sulla base di suggerimenti e sul suo personale percorso di vita (ci ha parlato in modo molto intenso di Marshal Rosenberg) ci hanno accompagnato per 3 intensi giorni. A partire da un semplice video che dovevamo semplicemente descrivere, ma nel quale ci siamo poi tutti ingolfati.
Non mi dilungo nel presentare i vari elementi del corso, credo che sia molto più stimolante partecipare e viverli di persona. Neanche il testo che poi ci ha lasciato è altrettanto efficace, perché il contatto diretto fa veramente la differenza.
Noi abbiamo avuto anche l’opportunità di ospitarla nella nostra casa, la Orange Fox House, e quindi condividere i momenti più informali, dalla cena al risveglio fino alle chiacchierate sul divano. Per questo le abbiamo anche proposto la gita alla Vecchia Canale Monterano, che ha accolto con sorpresa e simpatia, non per niente ci ha caldamente obbligato a dare un nome a tutti i nostri sentimenti, un esercizio che troppe volte tralasciamo, perdendo così gran parte del potere delle emozioni vitali che possiamo incontrare.
Una rapida scorribanda sul Sentiero Rosso di Canale Monterano. Poco distante dalla nostra casa ci sono le rovine della vecchia Canale e proprio al di sotto di questo splendido paese fantasma, c’è un altrettanto splendido percorso naturalistico. L’unico problema è il tempo, perché a dispetto dei commenti di chi mi dice “ma ti stai facendo le vacanze”… tra gli incontri del mattino, dalle 9 in poi, fino evansalla conclusione delle sessioni serali (di solito finiamo verso le 18, molto estensibili) di momenti liberi non ce ne sono troppi. Insomma, non ci si annoia. Ma in questi giorni era con noi Louise Evans per il corso sulla comunicazione non-violenta e conoscendo la sua passione per il bello, mi sembrava un’occasione da non perdere.
Così, terminato l’incontro e senza troppi preamboli, eccoci pronti per il giro di esploraione. Qalista si era perfettamente calata nel personaggio di Lara Croft, dato che le avevo parlato di tombe, etruschi e jungla: scarponcini e mimetica. Gli altri invece, in pieno stile casual. Louise frizzante e contenta (nella foto qui sotto è persino raggiante, grazie Qalista per le foto…). Parcheggiato il pulmino iniziamo subito la discesa verso la cascata Diosilla; racconto la leggenda della fanciulla dai bei capelli rossi che attende il moroso alla fine della guerra, ma quando poi capisce che la morte se l ‘è portato via, decide di raggiungerlo. Ecco spiegata la cascata rosseggiante e l’inizio di questo ruscello incastonato nel bosco. E così iniziamo a seguire il sentiero, apprezzando la pulizia di tutto l’ambiente, i tanti cartelli bilingue a spiegare il luogo, le piante, gli endemismi, gli animali tipici.
A naso si giunge fino alla Zolfatara, esploriamo la caverna con i vari ingressi delle miniere (ferro, zolfo, ma anche manganese, nel corso dei secoli hanno estratto un po’ di tutto) e poi ci fermiamo ad ammirare le bolle di zolfo, verificando di persona che l’acqua è comunque fredda.
Ma poi riprendiamo la strada e la macchina per andare alla Vecchia Monterano; una strada più da sterrato che da pulmino, ma il traguardo è affascinante.
Giungiamo alla fontana vicino al grande acquedotto che riforniva la città fino al 1700, quando per la malaria venne abbandonata. Avevo in mente alcune reminiscenze, o almeno la convinzione di essere già stato in questi luoghi tanti anni fa, ma ricordavo a malapena la chiesa del convento.
Questa volta mi sono divertito a curiosare rapidamente tra i tanti edifici ancora in piedi, le rovine solenni, la boscaglia che tenta poco alla volta di riappropriarsi dello spazio. Siamo al tramonto, il panorama della chiesa è decisamente suggestivo.
Ci manca solo un cavaliere e Lady Hawk a spiccare il volo dal cavallo per diventare falco, oppure il Prete Gianni a colloquio col Marchese del Grillo (2 dei tanti film girati in questi luoghi, ultimamente lo spot di Gucci o gli itinerari Fai di Brumotti….il fascino continua).
Ormai è tardi, quasi notte, riprendiamo la strada; la facciamo lunga, questa volta, e sbuchiamo alle spalle di Oriolo. Gli occhi si voltano ancora indietro, a immaginare torri e campanili lontani sullo sfondo…
Weekend di lungo respiro; siccome sarà l’unico interamente libero (nei prossimi saremo impegnati anche al mattino con le diverse attività di formazione), avevo proposto qualche giorno fa di fare un salto verso Napoli, “sfruttando” la disponibilità della comunità marista di Giugliano (ovviamente ero d’accordo con il superiore in carica!), com’era prevedibile, tutti d’accordo.
Così sabato mattina, abbastanza presto, siamo partiti tutti e 7 insieme a Jeff e a P. Tony Higgins, il nostro primo relatore sulle comunità interculturali. I suoi interventi ci hanno colpito per la vasta esperienza raccolta nei suoi anni di servizio alla sua congregazione (Padri del Verbo di Dio) e per l’attenzione ai cambi culturali ormai inevitabili. Se te lo dice un ragazzino che la musica di 20 anni fa è roba superata, nessuno si meraviglia, ma se un illustre docente over 70 ti conferma che i modelli culturali che stai usando adesso sono ormai inutili per comprendere il mondo che si sta forgiando sotto i piedi, forse è meglio aprire gli occhi. La prima tappa del nostro viaggio è stata a Montecassino. Dopo aver apprezzato la quasi totale mancanza di segnaletica per l’Abbazia e aver ripetuto un paio di rotonde, finalmentre siamo arrivati sulla cima della collina. Panorama mozzafiato e monumeto davvero unico. Ilconfronto con le foto dell’immediato dopoguerra possono giustamente rendere l’idea di cosa voglia dire “ricostruzione”.
E finalmente siamo arrivati a Giugliano, prima sosta seria, prima pastasciutta come Dio comanda e primo relax. Poi verso le 16 partenza per visitare il sito di Ercolano. Inutile ripeterlo, se hai una giornata a disposizione Pompei è decisamente meglio, ma con poco tempo, Ercolano consente di cogliere in modo più sintetito il senso di una città romana congelata (si fa per dire, visto che è stata praticamente arrostita) a quel fatidico 79 d.C. E l’impatto era evidente, per tutti i nostri ospiti. E’ proprio nel confronto tra le diverse culture che ci si accorge di quante ricchezze e diversità possiamo avere noi italiani, se non si vive in maniera distratta.
La domenica mattina l’abbiamo dedicata ad un rapido giro per il centro di Napoli. Abbiamo scelto il metro anche per contemplare qualche bella stazione, arrivati a Piazza Dante ci siamo infilati dietro Portalba e via fino alla chiesa del Gesù nuovo, poi s.Chiara, quindi la cappella dei Sansevero. Non poteva certo mancare uno sguardo al Cristo Velato e agli altri capolavori di questo gioiello barocco. Infine il Duomo, con la messa e una rapida incursione nella cappella di san Gennaro. C’è da restare davvero a bocca aperta. Ed è quello che molti hanno fatto.
Tornati a Giugliano e rifocillata la truppa (un bel drappello di 9 persone…) abbiamo ripreso la strada del ritorno, con qualche acquazzone e qualche coda, visto che era proprio un giorno da bollino rosso, ma senza particolari problemi, almeno sulla tratta Napoli-Roma. E dopo aver portato P.Tony nella sua casa generalizia, presso Monte Mario (così abbiamo anche visto l’Olimpico dal di fuori, visto che Luke era un po’ preoccupato per il fatto che si continuava a visitare solo chiese…) siamo finalmente tornati a casa. Pronti per la nuova settimana di lavoro. Anzi, era già con noi la nuova relatrice, Louise Evans, una smagliante signora inglese ormai naturalizzata in quel di Firenze da anni, che ci avrebbe finalmente spiegato ….il mistero delle 5 sedie.
Nell’esperienza di formazione del progetto Lavalla200 grande importanza viene data alla “costruzione” di comunità interculturali. Nel nostro caso è decisamente facile, visto che il gruppo è formato da 7 persone tutte ampiamente “lontane” gli uni dagli altri. Si deve per forza fare di necessità virtù. E così per favorire una maggior conoscenza, uno stile di vita più familiare, anche le uscite, le escursioni e le gite hanno il loro peso. Per questo il mercoledì pomeriggio viene solitamente lasciato libero per simili attività e poi il week-end. E anche le 2 piccole comunità si possono gestire in modo molto flessibile, mescolandosi, unendosi, formando gruppetti alternativi. Alcuni tra i momenti più significativi sono stati proprio i viaggi di esplorazione del territorio di questa settimana. Un gruppetto è andato a visitare Viterbo, un altro ha scelto come meta il castello di Bracciano e Anguillara e poi nel fine settimana ci siamo uniti tutti quanti per una visita in quel di … Giugliano. E senza dimenticare la festa di Canale Monterano, con i suoi concerti, come quello di venerdì sera. Ma andiamo con ordine.
Il castello di Bracciano – il fascino di questa residenza è innegabile. Uno si immagina subito i fossati pieni di acqua, i cavalieri all’assalto, le damigelle da liberare dalle segrete del castello… A dire il vero le cose sono un po’ diverse, ma gli ambienti, l’architettura, le stanze, gli scorci del lago dalle finestre incassate nelle larghe mura sono comunque uno spettacolo.
Eravamo in 4 a visitare il castello, io, Luis Obrado, il nostro bravissimo traduttore, Cesar e padre Thony che in questa prima settimana ci ha presentato il tema sulle “comunità interculturali”. Da bravi “turisti” siamo persino riusciti ad avere una guida madrelingua inglese e così ci siamo avventurati per i saloni dello splendido castello. A dire il vero non ci si accorge nemmeno che gli oggetti, i mobili, persino molti dei quadri non sono quelli originali. La storia del castello è stata ovviamente abbastanza tormentata e quando i padroni originali, la famiglia Odescalchi, sono tornati in possesso del maniero, lo hanno ritrovato praticamente vuoto, così hanno dovuto allestire gli interni collezionando oggetti da antiquari e altri luoghi.
L’effetto rimane comunque notevole e ci si aggira tra le sale immaginando le presenze, le frotte di cavalieri dame paggi nobili prelati maggiordomi… e quando poi si arriva nella stanza di Isabella si legge che “a volte ospitava amanti per una notte e li faceva uscire da una porticina secondaria, poi nel corridoio si apriva una botola e il corpo precipitava per vari metri, numerose lame laceravano il corpo che cadeva in un pozzo di calce viva che completava il lavoro e del malcapitato non si trovava più traccia”.
E dopo il castello ci siamo diretti verso Anguillara, un borgo delizioso con una vista magnifica sul lago, stradine che si arrampicano tra le case, scorci suggestivi, una spiaggia ben affollata e un panorama da cartolina estiva.
Prima del week-end finale abbiamo approfittato della festa di Canale, il classico palio delle contrade, quasi a conclusione dei festeggiamenti era previsto il concerto di Enrico Ruggeri. Strano vederlo in cartellone da queste parti, così ho convinto il gruppo a dare almeno un’occhiata, tanto per vedere una festa tipicamente locale con qualche innesto più originale. Per qualcuno del gruppo è stato praticamente il primo concerto dal vivo, con spettacolo completo di luci, fumi, laser, bassi che ti struggono in profondità e folla che ondeggia a ritmo. Niente male, davvero; il primo gruppo ha resistito una mezz’oretta, mentre con gli altri ci siamo goduti un po’ di più lo spettacolo, ma senza fare troppo tardi, visto che la mattina del sabato ci attendeva il lungo viaggio verso Napoli e dintorni…
Terminata la nostra prima settimana a Roma, nella confortevole cornice della casa generalizia dei Fratelli Maristi, si parte con destinazione Manziana, dove i fratelli hanno una sede storica ben nota, un tempo era il probandato per l’Italia centrale, attualmente è una casa di formazione internazionale. Ma la nostra destinazione non era questa. Nel progetto del periodo formativo si cerca di favorire in modo originale e profondo la creazione di piccole comunità interculturali; così gli organizzatori hanno trovato 2 residenze nei dintorni, due case dove vivere “in famiglia” in modo concreto, dalla preparazione dei pasti alla pulizia, dalla gestione della monnezza alla preparazione dei vari momenti di incontro o di preghiera, fino alla condivisione dei momenti liberi e più informali…
Quando siamo arrivati davanti alla nostra casa, che si trova nel comune di Canale Monterano, la prima impressione è stata proprio quella di “adesso siamo in vacanza, giardino, ombra, relax… che posto splendido”; la seconda e terza impressione è stata ancora migliore della prima. A fare gli onori di casa c’erano Anna e Ottavio, i padroni e artefici di questa casa. Molto semplice, lineare, ma decisamente accogliente e adatta alla vita di condivisione. Ognuno ha la sua stanza, poi ci sono vari ambienti comuni, ma tra tutti spicca la bella e ampia sala e la cucina (tanto si finisce per passare più tempo a tavola che dalle altri parti, e ci sembra che funzioni davvero bene!). In questa casa siamo in 4 + un ospite settimanale (in genere uno dei relatori del corso che stiamo seguendo). Andando in ordine di…grandezza, abbiamo Luke, Cesar, Giorgio e Qalista 😉 gli altri 3 del nostro gruppo risiedono invece in un’altra casa, che chiamiamo the White House per il colore, non molto distante (un paio di km) in una zona suggestiva, circondata quasi da una muraglia di tufo con relative grotte (probabilmente di epoca etrusca!).
Magari ai nostri amici stranieri la zona non dice molto, oltre al fatto di essere suggestiva e deliziosa, ma per gli appassionati vengono subito in mente altri dettagli, dagli etruschi alle terme di Stigliano, dalla Zolfatare alle rovine della vecchia Monterano. Un luogo decisamente ricco di attrazioni e luoghi interessanti. Ma dimenticavo, il nostro non è un corso per futuri Indiana Jones…
Dopo questi primi giorni di vita insieme, vuoi che siamo ancora in piena estate, il tempo è splendido, le serate lunghe e dolcissime, i dintorni si prestano benissimo a passeggiate mattutine o serali (Qalista è quasi riuscita a perdersi…), siamo circondati da cavalli, pecore, mucche, cani, gatti … e non solo. La prima sera ci siamo sentiti tutti dei Piccoli Principi, perché ad un certo punto, dal prato, è spuntata lei… una piccola splendida volpe. Non capita tutti i giorni di incontrarla, ma qui è di casa, ci ha spiegato il sig. Ottavio; spesso gli lasciano un po’ di resti dietro la casa, come fosse un cagnolino… E noi stiamo continuando questa semplice tradizione. Ma non basta, una mattina ci siamo ritrovati anche con il bel giardino di erbetta curatissima tutto segnato dalle grufolate di qualche cinghiale, che nei dintorni devono essere piuttosto frequenti.
Abbiamo scelto di incaricare ogni giorno una persona diversa per la cucina; ci “riforniamo” presso un piccolo supermarket qui vicino, poi si passa dal fornaio per prendere il pane, ci stiamo organizzando per comprare le uova dalla casa qui a lato che le produce, poi scopriremo il contadino che vende direttamente i suoi prodotti… il rosmarino e i fichi invece li prendiamo direttamente dalle piante nei dintorni. Decisamente bucolico e a km zero. Ma anche molta semplicità e possibilità di incontro tra persone così diverse. Ad esempio la prima cosa che Luke e Qalista hanno proposto è stata quella di lasciare le scarpe fuori casa, da loro (Fidji e Malaysia) è la norma, ma ci ritroviamo bene tutti, anche noi italiani e messicani. Da buon mediterraneo ho poi disseminato la cucina di odori e spezie locali (dal basilico alla salvia…); anche se poi ogni tanto rabbrividisco perché nella pastasciutta al tonno qualcuno rovescia dosi industriali di peperoncino piccante (ma tanto lo fanno anche sull’insalata, sui pomodori, sul prosciutto,… praticamente su ogni cosa!). E poi ogni tanto ci si invita a vicenda, noi della casa Orange (o della volpe, non abbiamo ancora definito il termine ufficiale), con quelli della Casa Blanca (l’altra comunità, con Fabricio, Almera ed Esteban, insieme a Jeff). Con quel pizzico di competizione che non guasta (a colpi di whatsapp e di scambi di menu pittoreschi…), perché noi abbiamo il barbecue e loro no!