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Vedi Napoli e poi…

Vedi Napoli e poi…

e poi continui a vederla, a guardarla e a scoprire cose. Certo, Napoli non è una città comoda o facile, se la giri in macchina sei costantemente preda del traffico, se cerchi una sosta ti ritrovi bloccato lungo strade che a malapena consentono il passaggio, se trovi uno scorcio affascinante puoi scordarti di assaporarlo con calma. Ma tant’è, martedì 2 ottobre, insieme ad Aldo, mitico prof di motoria di Genova e compagno di consigli di classe di secoli passati (non scherzo, l’ultimo risale al giugno 1995!), dopo aver accompagnato alla stazione Centrale alcuni amici, ci siamo lanciati per un rapido passaggio nel centro di Napoli.

Un giro senza tante pretese, quattro passi in Piazza Plebiscito, uno sguardo alla Galleria centrale, al Teatro, al Maschio Angioino, una discesa verso il mare, qasi a ricordare Corso Italia che sembra un parente non lontano di questa riviera. E poi la sorpresa di vedere la piscina del club Canottieri di Napoli (Aldo non ha solo una passione per la pallanuoto, di più, avendo il padre che ha giocato e vinto con le squadre genovesi di prima divisione!)

Se non altro un modo per rinfrescare le strade, i sensi unici, quelli alternativi e il pittoresco mondo che vi gira intorno. Adesso spero che il povero Aldo si sia ripreso dai numerosi sconforti dovuti ai motorini guidati da ragazzi senza casco, ovviamente in due, che sfrecciavano tranquillamente a destra e a sinistra della nostra macchina, nonostante al nostro fianco ci fosse… una volante della Polizia 🙂

Il posto della postepay

Il posto della postepay

Non pensavo che sarebbe stato così difficile ottenere una postepay per un carissimo amico. Da quando mi ritrovo qui a Giugliano ho sempre il timore che alcune pratiche, alcune procedure e altre attività che si dovrebbero fare e ottenere in pochi passaggi, richiedono invece un surplus di pazienza e di quel non so che locale… che invece mi piacerebbe evitare. Ma andiamo con ordine. Il primo giorno ci siamo recati insieme presso l’ufficio postale vicino alla “villa comunale” (il nome un po’ ampolloso che da queste parti si dà ai giardini pubblici); dopo quasi 20 minuti di infruttuose procedure da parte della incaricata, ce ne torniamo con le pive nel sacco. La risposta? Semplice: “Non c’è abbastanza linea e il sistema non riesce ad andare avanti” Inutile spiegare che se non c’era abbastanza ampiezza di banda per la connessione non sarebbe stato possibile nemmeno iniziare la procedura di registrazione, …. Pazienza!

Il giorno dopo si va presso l’ufficio principale. Attesa normale, gente cortese e simpatica, tutti ben disponibili, ma… dopo mezz’ora di inutili tentativi, dopo aver inserito nome, codice fiscale e tutto quanto, ci rimbalzano la medesima risposta: “non c’è abbastanza linea”. Non è dato di capire le pezzature di Internet che sono in uso alle Poste. Anzi, ci chiedono di chiamare il numero verde per capire qual è il problema. “Ma come? non siete voi le Poste?”. A quanto pare non è sufficiente. E arriviamo al terzo giorno; ormai, tra attese, code e ripetizione dei medesimi passaggi conosciamo già metà degli operatori, sempre cordiali e gentili, ma incapaci di fornire una concreta risposta. Dopo l’ennesimo tentativo inutile di inserimento dei dati, sembrano anche loro disarmati. Ci trascrivono il segnale di errore che compare a video (sic!) e ci dicono espressamente di chiamare il n. verde e segnalare la cosa. Ma non ci danno nessun codice di errore o cose concrete, sullo schermo compare un generico “impossibile procedere”. Chiediamo che siano loro a telefonare, sentire il loro back-end. Tutto inutile.

Sembra incredibile e assurdo, dobbiamo chiamare noi direttamente il n.verde e segnalare la faccenda, fornendo anche alcuni indizi che ormai ci sembrano evidenti, ma che il personale delle Poste NON è in grado di gestire. Quale potrebbe essere il problema? Una normale vicenda di burocrazia italiana. Il mio amico è nato in provincia di Cagliari, ma poi le vicissitudini hanno portato ad un cambio di provincia, e poi ancora, nel 2016, un terzo cambio di provincia. Ora il suo paese natale è nella fantomatica provincia di SU (Sud Sardegna…) Il mio timore era che nei database di Poste.it questo passaggio non fosse previsto con chiarezza e quindi l’abbinamento residenza#provincia avesse qualche problema. Un banale bug software. Ma non lo sapremo mai, perché dopo aver fornito questa pista di ricerca, nel giro di un paio di giorni ci danno la risposta che… “tutto a posto”, ci registriamo, la provincia sembra coerente e possiamo finalmente completare la procedura, con la nuova postepay in tasca. Quasi una settimana di va et vient dagli uffici ;-( 
Non so se questa è l’Italia, ma di sicuro è Giugliano.

Do you speak chinese?

Do you speak chinese?

Inutile nascondersi: del cinese non ne sapevo praticamente nulla, se non qualche luogo comune racimolato qua e là senza particolari attenzioni… ma da quando mi ritrovo in classe un ragazzino cinese che è giunto in Italia da poche settimane… ecco che le cose veramente cambiano.

Come fare per capirsi, come spiegare le cose, come interagire? Bel mistero e bella sfida. Sono giunto persino a tentare un collegamento via Skype con una nostra alunna di Cesano, cinese di cultura ma italianissima da anni (grazie Ashley!). Ma è ovvio che non posso “assumerla” come interprete abituale, visto che anche lei frequenta la seconda media…

E sempre in tema di persone amiche ho sentito anche il responsabile della scuola per stranieri che da anni condivide le stesse aule della nostra scuola marista di Cesano. Ma il cinese è proprio ostico e non servono impostazioni generiche e non avendo avuto mai esperienza con studenti cinesi i suggerimenti sono stati pochi. Grazie lo stesso, Sandro.

E così si parte alla ricerca sul web di tutto quello che può essere utile e praticamente attuabile. Dispense, brevi manuali, demo di corsi e introduzioni varie, almeno per farsi qualche idea meno frammentaria; così si viene a scoprire che in cinese non ci sono gli articoli, che la costruzione della frase è ben diversa dalla sintassi delle nostre “semplici” lingue neolatine, che le ore di lezione in Cina sono abitualmente di 45 minuti (+ un quarto d’ora di pausa per ogni lezione, ecco da chi hanno copiato per il “quarto d’ora accademico…”). E nel frattempo stiamo attendendo l’intervento di uno specialista, perché non si può improvvisare e sperare nel tempo che passa e fa miracoli. Non basta far scrivere a tutti gli alunni sui post-it un nome di cose che si trovano in classe (banco, sedia, penna…), per poi andarli ad appiccicare sugli oggetti, accompagnare il nostro alunno e dire il nome, per poi mescolare i foglietti e invitarlo a rimetterli a posto, dopo averli letti.

Bene, a questo link ho raccolto un po’ di materiali, perché non si sa mai, in attesa di un progetto meno estemporaneo e più articolato. Tra qualche giorno facciamo il punto su questa situazione.
Italiano per cinesi – documentazione varia

di cambio in cambio!

di cambio in cambio!

Ho perso il conto; ad essere sinceri (o precisi) non so proprio quante volte ho iniziato, ripreso, modificato, ripostato, aggiunto, aggiornato… qualche riga del genere. Ma spesso gli eventi sono complici e quindi non dovendo per il momento seguire altre pagine da aggiornare, riprovo a mettere mano a queste idee, pagine e argomenti. Fa bene alla salute, almeno alla mia; nullo die sine linea? anche!

il canto del Gallo…

il canto del Gallo…

sto leggendo il libro “Vivo e vegeto”, che riporta gli interventi di numerose persone come estremo saluto a don Gallo, recentemente scomparso.

Ricordo lo scorso anno, ero sceso col treno a Genova Principe e volevo andare a visitare la chiesetta del Gallo, poco lontana dalla stazione. Avevo persino cercato le indicazioni su Google e mi ero divertito un po’ a guardare su Street view il percorso… quella chiesetta mezza nascosta, a ridosso di un parco che d’estate ospita un cine all’aperto, quasi all’inizio della zona storica  e vecchia di Genova, chissà quante volte, nei lunghi anni del mio soggiorno genovese, era capitata nei miei percorsi.

Ma non avevo calcolato bene gli orari e per la messa ormai era tardi. Vabbè, sarà per un’altra volta.

Questa altra volta c’è stata solo sulla carta, sulle parole dei libri di don Gallo, nei desideri.

Profonde e toccanti le pagine di alcuni amici del Gallo: mi sono fermato soprattutto sull’intervento di Moni Ovadia (il “padre spirituale” del don, niente male, un ateo convinto ma di ceppo ebraico doc, una garanzia: Moni pur dichiarando la sua “non fede” non riesce a scrivere 2 righe senza citare almeno un passo della bibbia… averne, di questi “atei” rigorosi) e poi l’intervento di don Ciotti. Mi sembrava di sentirlo parlare dal vivo, con lo stesso entusiasmo per le cose vere che la vita ci offre ogni tanto, ogni spesso…

Mi piace allora riportare alcuni passi dell’esperienza di Moni Ovadia, si scopre sempre qualcosa di nuovo quando si cerca di capire ciò che la vita ci offre:

Ho incontrato il Gallo centinaia di volte. Ho diviso con lui pranzi, cene, chiacchiere, discorsi, militanza, palcoscenici… Con tutta l’enfasi di cui sono capace voglio testimoniare questo: non c”è stata una sola volta che non gli abbia sentito dire «la mia chiesa».

Nessuno pensi, e lo affermo sulla mia parola di ebreo agnostico, di scotomizzare dal Gallo e dalla sua memoria la verità del suo essere radicalmente un prete cattolico. Lo era autenticamente, e lo era nel senso più puro. Per questo poteva criticare la Chiesa, poteva vibrare di indignazione per le derive di certi suoi uomini, ma mai, mai, sarebbe uscito da quella che sentiva – con passione e dolore, ma anche con grande senso di appartenenza e identità – come la sua Chiesa.

lo lo rispettavo per questo, e l”unica volta che ho pregato in una chiesa è stato con lui. Sì, io, ebreo agnostico, ho pregato col Gallo. Una domenica dovevo andare a pranzo da lui, come facevo spesso. Andrea stava terminando di celebrare la messa, entrai in chiesa restandomene in fondo, ma lui mi vide con la coda dell’occhio e mi chiamò: «Stiamo per dire il Padre nostro». Lui e tutti i suoi parrocchiani si tenevano per mano stando in cerchio, e allora m’invitò: «Vieni qua, che tanto questa preghiera ha radici ebraiche e va bene anche per te››.

Andai serenamente a pregare. Perché? Vorrei spiegarlo entrando in profondità verso la radice del senso. Il Genesi, primo libro della Bibbia, comincia con la lettera B (beth), nella parola Bereshit: cioè in principio. E la B (beth) è il numero due. Quindi, in principio c”era il due: l”io e il tu.

Perché il principio è il numero due? Perché non esiste possibilità di esistenza senza l’altro.