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Tag: chiese

Un s.Giorgio anche a Montalto

Un s.Giorgio anche a Montalto

Ho un debole per questa vallata, dove scorre il torrente Argentina. Da piccolo ero abituato ad andare spesso nel centro mitico della nostra famiglia, Carpasio e quindi la strada per me terminava in quel luogo. Tutto il resto, il tragitto, era in funzione dell’arrivo. E così nel paesino di Montalto non mi ero praticamente quasi mai fermato. Solo in poche occasioni.

In una di queste, negli anni ’80, quando insegnavo a Genova, eravamo con il nostro amico, il prof. Claudio De Prà (era docente di Ed. Tecnica allo Champagnat), un uomo mite, simpatico, preparato ed appassionato di questi luoghi. Come architetto aveva partecipato ai lavori di restauro della Pieve di San Giorgio e nel mostrarci l’avanzamento dei lavori si avvertiva l’entusiasmo e il suo coinvolgimento. Credo che qualcosa sia ancora presente nell’unico libro che ci ha lasciato, edito con il contributo dell’ormai scomparsa Carige, un testo dal titolo evocativo: Liguria nascosta.

Quella visita mi era rimasta impressa nella memoria, rinforzata poi dalla tragica fine del nostro autore. Ma nelle rare volte che ero di passaggio da quelle parti, la Pieve era sempre invariabilmente chiusa.

Ma ho scoperto proprio in questa estate come fare per poterla visitare senza il rischio di trovare nuovamente porte sbarrate: bisogna chiedere la chiave presso il Comune. In un luogo così raccolto non doveva essere difficile. Così una bella mattina di sole d’agosto siamo andati verso quei luoghi dell’infanzia e sono riuscito a convincere gli altri (i soliti Roby e Massimo) a fare una piccola sosta per tentare di visitare la Pieve. E ci siamo accorti così, entrando nei carrugi del paesino, che meritava davvero una sosta!

E’ vero, i paesini dell’entroterra di ponente sono tutti molto simili, arroccati sulla difensiva, con passaggi stretti e coperti, selciati in pietra e mattoni, case che si sorreggono a vicenda… camminare nel piccolo centro, praticamente deserto in questa mattina d’agosto, rasentava il frequentare un set cinematografico allestito per chissà quale film fantasy… Naturalmente il tutto condito con abbondanti salite e scalinate impervie. Ottenuta la chiave dalla gentilissima collaboratrice del Comune, siamo tornati verso la Pieve, che si trova a inizio paese, quasi in anteprima, sulla strada che un tempo era la normale via di comunicazione, a piedi o a dorso di mulo.

La chiesa si trova vicino al cimitero e probabilmente sorge dove già anticamente esisteva un luogo di culto degli antichi liguri, poi trasformato in tempio pagano e quindi in chiesa cristiana. L’edificio risale al sec. IX e indicazioni meno vaghe si possono trovare in rete (qui da Wikipedia e qui i resti di un antico sito sulla Valle Argentina). Dopo aver individuato la porta di accesso con chiave (sulla parete esterna di destra), eccoci finalmene dentro l’antica pieve.

Ovvio che non ricordavo nulla dei lavori visti in precedenza, ma entrare in un luogo simile, senza nessun altro intoppo o fastidio, è davvero un’esperienza insolita. Le pietre parlano e in questa chiesa una parte delle mura della navata di sinistra rendono questo discorso molto eloquente, la roccia affiora, sfuma dal pavimento al muro, quasi in simbiosi. Gli affreschi, tra il naif e il didascalico, sembrano in attesa di un tuo sguardo per riaprirsi al dialogo. I banchi, così stranamente innervati uno nell’altro sembrano quasi gabbie piú che sostegno per i fedeli. Un’oasi dove quasi scompare la natura circostante, gli ulivi, la collina, uno stacco netto e necessario, tra il sacro e il profano, Sensazioni che è bello respirare con calma e silenzio, in attesa di parole piú eloquenti.

Altre immagini di questa pieve si possono vedere in questo
album S.Giorgio – Montalto

Itinerari da sogno

Itinerari da sogno

Mi ripeto volentieri, quando dico che in Sicilia si vive praticamente in vacanza. E basta aprire gli occhi, cambiare itinerario per scoprire tesori suggestivi poco lontani da dove si vive.

Sabato scorso abbiamo tentato un itinerario nuovo, almeno per noi che qui a Siracusa ci stiamo ormai da quasi 4 anni. Non avevamo mai inserito la meta di Ispica tra le nostre escursioni ma questa volta…

E così ci siamo diretti verso Ispica. Si lascia l’autostrada a Rosolini e se si segue l’itinerario più semplice; quando poi si giunge vicino al paese è bello lasciarsi catturare dalla strada che si perde nei tornanti di un antica fiumana, tra rocce scoscese e le immancabili cavità che farciscono il calcare di questa zona. E Ispica racchiude la più ricca necropoli di Sicilia, con migliaia di grotte e tombe disseminate sul territorio. Sembra di infilarsi in un trailer all’Indiana Jones, alla ricerca di templi e cavità nascoste.

In realtà il paese, che si trova su una sorta di pianoro rialzato, è piacevolissimo, pulito, accogliente (chissà perché ogni volta che usciamo da Siracusa ci tocca fare questa constatazione: cosa ci vorrebbe ad avere una città meno “sgarrupata”?); l’itinerario cittadino era tutto concentrato su un paio di eccellenze, in primis quel loggiato che richiama da lontano nientemeno che piazza san Pietro, con una fuga di archi e colonne interessanti.

Ma quando siamo entrati in questa piazza davvero suggestiva, il loggiato del Sinatra, ovvio che le dimensioni sono di tutt’altro tipo, quasi familiare. Un loggiato snello e piacevole che abbraccia una piazzetta di poche decine di metri, ma il suo bell’effetto lo sviluppa tutto, nel silenzio e nella tranquillità di una cittadina che sembra calma e assonnata.

Visitiamo anche alcune delle chiese che incontriamo lungo il breve percorso cittadino; ma quella che sicuramente ci colpisce di più, a cominciare dai suoi splendidi colori di cielo brillante, è la chiesa dell’Annunziata, un tripudio luminoso in cui è bello smarrirsi come nuvole al vento.

Percorriamo alcune delle tranquille strade del centro, fra palazzi liberty e scorci che da un lato traguardano sulla campagna e poco lontano rivelano il mare.

Girovaghiamo tranquilli per il paese, forse ancora ignaro della primavera che sta arrivando e finalmente ci decidiamo di avviarci verso la parte antica, quella “Cava d’Ispica” che rimbalza da tanti cartelli e da tutte le guide turistiche.

Ci arriviamo dall’alto, scendendo lungo un sentiero abbastanza curato che fa parte dell’itinerario ufficiale; lo spettacolo che si apre sotto i nostri occhi si fa già notare per l’assenza di case e altre costruzioni recenti. Sembra un vero panorama rupestre, ruvido e selvaggio. Luogo ideale per nascondersi e trovare riparo. Ma aguzzando la vista tra le rocce e le cavità si iniziano a notare le tracce di abitazioni antiche, portoni, finestre murate, tutto un mondo seminascosto e affascinante. Iniziamo così la discesa per contemplare questo paesaggio suggestivo.

Diciamo subito che una delusione piuttosto cocente la si incontra appena si mette piede nel letto di quei fiumi sassosi che dall’alto appaiono come strade imponenti.

Quando invece provi a risalirne il corso e a guardare con più attenzione, si rimane quasi sconvolti dalla quantità di spazzatura e rifiuti che si mescolano alle rocce e alle rive dell’antico fiume.

Un incontro che dispiace veramente, segno dell’incuria che sicuramente si trascina da anni. E che richiederà anni e più saggezza locale per ripristinare lo spazio e le condizioni che la natura reclama.

Poi giungiamo fino all’ingresso ufficiale del parco archeologico Forza, che troviamo inspiegabilmente chiuso (e siamo al 18 marzo! nessun cartello che indichi le prossime aperture). Purtroppo a queste sorprese siamo già abituati e per fortuna almeno su Google la segnalazione “chiuso temporaneamente”, ti informa del disservizio.

Tornando indietro incontriamo una scena degna di Pasolini, con un gruppetto di ragazzini che stanno aiutando i grandi a preparare la prossima via crucis; uno tiene in mano un fascio di corde e si diverte quasi a simulare la fustigazione del compagno che trascina una lunga trave di legno, a mo’ di croce. Sono i preparativi per la via crucis che a giorni si svolgerà in questo scenario davvero suggestivo, tra chiese rupestri e cavità naturali. Ma finiti i lavori di sistemazione ecco già il braciere con le salamelle ad arrostire per il pranzo in comune; sembra un vivido dettaglio da una crocefissione di Brueghel.

Noi riprendiamo la strada, verso Modica e poi Ragusa, mete già visitate e conosciute. Basterebbero queste immagini di Ispica per riempire la giornata!

E allora ecco le foto di questa giornata a spasso tra le bellezze della Sicilia estrema...

Il fascino di Staffarda…

Il fascino di Staffarda…

Ogni tanto riesco a farci capolino, una sbirciata veloce, almeno un tentativo. Quest’anno è andata bene!

Lo scorso anno avevamo trovato tutto chiuso, forse perché era proprio il primo gioroi di gennaio, così questa volta ho controllato meglio. Mi trovavo a Carmagnola per un incontro e nel pomeriggio una scappata in direzione Monviso ci poteva stare.

Insieme a fr. Paolo e a Juan (da Cordoba con tutta la curiosità di un giovane prof di storia!) ci siamo così diretti alla volta di questo splendido luogo.

Ricordo ancora la prima volta che l’ho visitata, quando non era ancora inserita nei circuiti ormai standard delle visite “interessanti”. Eravamo ancora nel secolo scorso; tra le pubblicazioni un po’ underground era uscito (forse per Stampa Alternativa?) un libretto con un centinaio di luoghi insoliti da visitare. Staffarda era uno dei più quotati… E siccome ogni tanto ci si passava vicini, un bel giorno sono riuscito a visitarlo.

Non c’erano ancora orari di visita precisi o indicazioni chiare; arrivati nel piccolo borgo abbiamo trovato uns acerdote, forse il parroco del luogo, che ci ha fatto un po’ da cicerone.
O almeno, questo è quello che la memoria e la curiosità mi riportano alla mente. Perché se si trattasse veramente del parroco dovrebbe essere Carlo Peano, autore, tra le altre cose, di una curiosa guida a Staffarda. Guida che non sono ancora riuscito a recuperare in nessun modo… alternativo 🙂 e pensare che dopo un po’ di ricerche in rete, il libro che su vari altri siti è semplicemente quotato con il prezzo di copertina, 12 € più che oneste, adesso viene riproposto da Amazon alla stratosferica cifra di 1890 €…

Insomma, mi porto dietro l’impressione che la nostra guida fosse proprio lui, perché ha iniziato con entusiasmo a portarci all’ingresso della chiesa per farci osservare con attenzione i livelli delle due prime colonne (“Toh, è vero, una ha il basamento e l’altra no…”), poi, indicandoci col dito per mostrare il fatto, insolito, che nelle volte successive non si riuscissero a vedere in modo corretto i punti centrali, che dovrebbero essere invece ben visibili, poi l’approssimazione degli angoli (“Tranquilli, qui dentro di angoli retti ne troverete ben pochi… la perfezione appartiene a Dio, non agli uomini”), l’altezza dei capitelli, che apparentemente sembrano ben allineati sono invece tutti posizionati su livelli diversi (“E provate a chiedere ad un architetto che complicazioni comporti una cosa del genere….”).

Ricordo quindi che ci ha fatto osservare questi e altri aspetti delle tante e incredibili asimmetria del luogo; che i capitelli del chiostro fossero tutti differenti non era certo un problema, è un tema ricorrente in molti conventi; anche in questo caso l’unicità artistica richiama la capacità dell’uomo e la sua peculiarità. Oltre alla splendida chiesa si sono conservati in parte alcuni altri luoghi, la sala capitolare, alcuni magazzini, qualche sala adiacente il chiostro. Purtroppo la battaglia di Staffarda tra Piemontesi e Francesi del 1690 ha pesantemente influito sull’Abbazia, colpita, in parte distrutta e abbandonata a lungo. Il lento recupero di questo gioiello non è ancora completato, ma proprio questa sua caratteristica ha consentito che il borgo e tutto lo spazio adiacente non abbia subito particolari modifiche negli ultimi secoli. Il che è già un bel risultato.

Girando per gli spazi, in questo pomeriggio invernale e quasi gelido, avvertire quindi l’effetto che doveva fare un tempo il convento (dove oltre ai luoghi comuni l’unico spazio un po’ riscaldato era lo scriptorium), rende molto bene l’idea di come potesse essere, un tempo, il modus vivendi quotidiano.

Tra qualche mese torneranno poi, come è ormai consueto, i pipistrelli, che qui hanno uno dei loro principali luoghi di raccolta. Oltre 1200 chirotteri per non parlare dei nuovi nati. Un tempo lo strato di guano che si formava nelle stalle dove questa colonia si è ormai stabilita, diventava merce preziosa…

Nulla si perde di questo antico tesoro!

Qualche spunto di riflessione, reuperato in rete:

Ecco le immagini di questa visita a Staffarda – sabato 4 febbraio