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Metti Messina in Mezzo

Metti Messina in Mezzo

Siamo sulla costa orientale della Sicilia e ogni tanto ci scappa un salto a Catania, Modica, Ragusa, magari anche Taormina… tutte zone rinomate, attraenti e piene di sorprese. Ma pochi giorni fa, visto che il tempo libero ci consentiva un po’ di scelta, siamo partiti all’avventura per andare a visitare Messina. Inizialmente qualcuno storceva un po’ il naso, dicendo di aver letto poche recensioni significative e non ci venivano in mente luoghi o monumenti speciali di questa città. Come se Messina non avesse qualcosa di speciale da mostrare. O come se il terremoto del 1908 fosse l’unico dato degno di nota. E invece…

Nonostante il viaggio in macchina (da Siracusa ci vogliono praticamente 2 ore per arrivare fino alla punta della Sicilia…) appena entrati nella città ci siamo subito trovati a nostro agio. Il centro è raggiungibile in modo facile e si presenta molto facile da visitare; lungo il viaggio una rapida scorsa ai classici siti web con gli spunti di visita della città (le 10 cose importanti da vedere, i 7 luoghi imperdibili, i 5 scorci mai più senza…). Lasciamo la macchina vicino al Duomo e ovviamente questa diventa la prima tappa.

Ripensando al tragico terremoto del 1908 è difficile immaginare cosa sia rimasto in piedi dopo quell’evento. Adesso sembra tutto bello, elegante, in ordine; ma quando ti dicono che delle 3 absidi solo quella a sinistra, con il mosaico della Vergine, è stata risparmiata dal crollo, uno prova a pensare a tutto il lavoro di recupero e ricostruzione. Il Duomo ha un aspetto maestoso, solenne e di grande respiro; entri dentro e subito vieni catturato dal soffitto in legno, dal mosaico del Pantocrate che domina le 3 navate, poi si osservano i 3 gruppi di canne dell’organo. Ovvio, siamo di fronte al secondo organo di tutta Italia, con le sue 16mila canne e le sue cinque tastiere!

Ma è l’esterno che cattura di più l’attenzione, con il suo gioco di portali, fregi e decorazioni: sembra che la vigna la faccia da padrona, ne sbucano tralci e fogliame da ogni dove. poi se guardi bene, anche nella ricostruzione delle bifore laterali, scorgi il tondino in metallo che rivela il cemento, invece del marmo. Ma l’effetto è appagante. Subito a fianco della cattedrale si trova il grande campanile, e anche qui una sorpresa, ospita l’orologio meccanico più complesso del mondo. Ci segniamo subito l’appuntamento delle 12 per tornare a sentire e vedere il meccanismo in funzione.

Peccato per la fontana di Orione, dell’allievo di Michelangelo, in marmo bianco di Carrara, praticamente imprigionata nella struttura per il restauro e ben poco visibile; nell’insieme della piazza questi tre elementi sono veramente un fulcro di attrazione per i turisti. E oggi vale anche per noi.

Ci dirigiamo allora nei dintorni, scoprendo scorci in stile Coppedè con la chiesetta dell’Annunziata dei Catalani, che ormai si trova quasi 3 metri al di sotto del piano viario; poco lontano un’altra chiesetta semidistrutta, san Giacomo e poi ancora i resti di una chiesa gotica, s.Maria degli Alemanni, ora inglobata in una sorta di auditorium con banca allegata (o viceversa). Quanti popoli di passaggio hanno varcato la soglia della Sicilia, lasciandovi tracce consistenti.

Naturalmente torniamo in piazza per le 12; grande folla in attesa e piccola delusione nel constatare che i movimenti del complesso meccanismo sono veramente poca cosa, qualche passetto di statua, qualche ruggito registrato, l’Ave Maria di Schubert che fa da colonna sonora… ma tutti i cellulari sono alla ricerca del movimento appena accennato, di un battito d’ali d’angelo. L’intera scena si prende praticamente 15 minuti di tempo e catalizza tutti i presenti; nonostante la giornata freddina siamo davvero in tanti ad ammirare questo spettacolo.

Pranzo tranquillo in uno dei pochi luoghi aperti, in questo lunedì di pasquetta, una kebabberia indiana a pochi passi dal Duomo, in mezzo ad un via vai discreto di turisti ormai senza mascherina. Voglia di normalità evidente.

Nel pomeriggio proviamo ad alzare lo sguardo e il tragitto, per raggiungere il Sacrario di Cristo Re, una chiesa dedicata al ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Dall’alto dei suoi 60 metri di altezza offre un panorama completo della città, del suo porto e soprattutto dello stretto, che sembra poca cosa nel separare così nettamente l’isola dal resto d’Italia. La Madonnina del porto, la colonna che svetta sul molo, è il segno di benvenuto della città. Proviamo persino l’ebbrezza, un po’ bambina, di guardare dal cannocchiale che si trova sulla terrazza panoramica, per cogliere nel dettaglio la costa calabra, che sembra così vicina.

Lungo il ritorno ci dispiace constatare che il palazzo del Monte di Pietà e la Galleria Vittorio Emanuele siano purtroppo chiusi. Chiusi da parecchio, ci sembra di capire, guardando la ruggine sui lucchetti e le condizioni del suolo. Vorremmo quasi tentare la visita alla fontana del Nettuno ma le distanze e i tempi ci portano invece a riprendere la via di casa.

Insomma, niente male come cittadina, facile da girare, gradevole e accogliente. Complimenti, Messina

Ecco l’album di foto con la visita a Messina

Una caletta che merita…

Una caletta che merita…

Per prima cosa sbagli sicuramente l’accento. Ognina fa pensare a qualche ninfa svolazzante sulle onde, una Ondina esotica. E invece i siracusani ti guardano un po’ strano se metti l’accento sulla i; devi proprio sforzarti e farne di ogni per riportare le cose alla pronuncia corretta: ògnina, infatti.

Ma se poi decidi di inforcare la bici, approfittare di una splendida mattinata primaverile per andare a scovare questo angolo di paradiso, allora anche gli accenti scivolano leggeri. Però devi mettere in conto che una quindicina di km sono sempre una bella pezza di pedalata da considerare, la prima parte sulle strade trafficate di una Siracusa che inizia a sentire la bella stagione e poi, prendendo le stradine dell’Isola, su strade tranquille e scorrevoli: comunque lunghette.

In sintesi questo è l’itinerario, realizzato con l’App di Komoot

la zona di Ognina, su GMaps

Arrivati all’ultima rotonda ufficiale con il bivio per Ognina o Fontane Bianche, si apre il dilemma: passare dalla zona cittadina, con le sue innumerevoli costruzioni più o meno eleganti e spesso poco inserite in questo pezzo di costa, oppure tentare la via dei campi; dalle mappe le stradine sembrano tutte percorribili, ma spesso ti trovi davanti un cancello semiaccostato che scoraggia un po’. Per l’andata ho preferito la strada bucolica. E il cancello semiaccostato; non me ne voglia il contadino.

Così costeggiando una vasta coltivazione di patate (che qui sembrano davvero aver trovato un habitat ideale), costellata di tubazioni per l’irrigazione a pioggia (ci saranno chilometri di tubi di plastica, e anche in questo caso la domanda sul destino di tutte queste infrastrutture è d’obbligo), si giunge finalmente in vista del mare. Sembra quasi di costeggiare la foce di un fiume, ma si tratta solo di una insenatura profonda, che tra l’altro ha persino la sua bella isola come conclusione del panorama. Sul lato nord le case, il solito guazzabuglio di abitazioni costruite a ridosso del boom degli anni 60 mentre su quello sud, per fortuna, la natura ha prevalso e non vi sono costruzioni di sorta. Il litorale risulta quindi abbastanza conservato e naturale.

Anche se l’occhio non può che soffrire nel vedere questo terreno letteralmente costellato di brandelli di plastica, strascichi delle coltivazioni, dei teli di pacciamatura ben poco ecologici che ancora vengono utilizzati in grandi quantità. Sarà che poi questa plastica è verde e si mimetizza meglio, ma al terreno non fa certamente bene. E arriva fin quasi al mare…

Spingendosi qualche decina di metri ancora più a sud, si arriva a ridosso della caletta di Ognina, un luogo veramente suggestivo e se non ci fosse all’orizzonte la silhouette di Siracusa potresti facilmente pensare di essere in qualche isola o località da sogno.

La spiaggia che si prospetta, riparata da un costone che lentamente si sta consumando ma che, con la sua bordura di piante, contribuisce ad isolarla e proteggerla, sarà lunga un centinaio di metri, una insenatura protetta e sabbiosa, il che la rende una zona appetibile e gradita, visto che poco più avanti tutto si trasforma in dura scogliera e ruvido pavè roccioso. Avevo scelto un orario poco indicato per le escursioni, ma arrivando qui proprio alle 13, la spiaggia era completamente deserta. Un angolo di paradiso ideale per un momento di solitudine e di contemplazione. E qui le cose da apprezzare sono davvero tante.

Ho provato naturalmente la temperatura dell’acqua, decisamente troppo fresca per concretizzare l’ipotesi del primo bagno di stagione, ma gradevole per una passeggiata sul bagnasciuga. Che peccato però dover contemplare anche qui brandelli di sacchetti di plastica, cocci di vetro smerigliati dalle onde e la consueta corona di bottiglie sulla spiaggia.

E dopo non molto ecco arrivare, con il suo tipico fragore, una scorribanda di moto da cross che un paio di volte hanno percorso la spiaggia con il corollario di frastuono, confusione e inquinamento vario. Probabilmente siamo in una zona protetta, ma a quanto pare non ci sono controlli di sorta; potrebbe essere un bene e stimolare il senso civico, ma per il momento questo è il risultato e la situazione.

Dopo una pausa di relax sulla spiaggia ho provato a costeggiare ancora il territorio vicino, giungendo fino alla Torre di Ognina, una sorta di punto panoramico non lontano da questa caletta. Si percorre un sentiero a fil di roccia sul mare, suggestivo e gradevolissimo. Lo spettacolo che si coglie dall’alto mostra chiaramente lo stacco tra la zona urbana e il resto del territorio, ancora intatto. Anche questa zona meriterebbe un altro approfondimento, con un semplice trekking che permetta di visitare le numerose insenature che si aprono man mano, fino ad arrivare alle prime case di Fontane Bianche.

E non poteva quindi mancare un album fotografico su questo luogo meraviglioso

Around Capri

Around Capri

La nostra ultima tappa “seria” di questi splendidi giorni napoletani è stata a Capri. Era un po’ il sogno di Nina e Rosa e …sogno sia.
Nel senso che per andare a prendere il traghetto ci siamo dovuti svegliare proprio all’alba, scomodare il buon Damiano e recarci all’imbarco con il sole appena delineato all’orizzonte, insomma, poco dopo le 6, mezzi insonnoliti e sognanti!

Ma la partenza era quasi alle 8, colpa delle prenotazioni obbligatorie e dei tempi richiesti (almeno dalle info generali che pretendevano di essere presenti almeno 1 ora prima della partenza per ritirare il biglietto, manco fossimo all’aeroporto!

Comunque, belli freschi e un po’ assonnati eravamo sulla tolda della nave (fa un po’ troppo saga da pirati, diciamo sul ponte, allora) insieme ai tanti altri passeggeri. Il traghetto della Caremar non era proprio zeppo ma risultava comunque abbastanza pieno e la voce dagli altoparlanti continuava a ricordare l’uso della mascherina quando si scendeva sottocoperta, mentre all’esterno era possibile farne a meno.

Lasciare il porto di Napoli e vedere la città che si rivela nella sua interezza e poi sfuma con ondosa indolenza è sempre uno spettacolo suggestivo, il Vesuvio a fianco, ancora mezzo assonato e nascosto dalla bruma. Come nelle favole. E in poco più di un’ora si arriva a Marina Grande di Capri. Da qui inizia sul serio la nostra giornata isolana.

panorama di Capri all'arrivo: Marina Grande

Già che eravamo appena sbarcati abbiamo deciso di fare il giro dell’isola con uno dei natanti presenti; non avevamo previsto di entrare anche nella grotta Azzurra, ma abbiamo dovuto ugualmente aspettare parecchio tempo; lungo il percorso la voce del comandante illustrava alcuni dei punti più noti e caratteristici dell’isola, il grande faro (il 2° d’italia, dopo la Lanterna), la grotta Verde, i Faraglioni (con il bacio obbligatorio quando si varca l’arco, praticamente un must per i tanti turisti), la villa Malaparte…. vedere tutta l’isola dall’esterno aiuta a cogliere le sue misure, la sua altezza, il profilo, i paesini…. e Capri è un piccolo microcosmo di storia, geografia e social appeal!

Dal porto ci incamminiamo tranquillamente verso la Piazzetta, percorrendo con calma la stradina che costeggia la funicolare; abbiamo tempo e voglia di gustarcela con calma. E anche sbirciare nei giardini delle case, apprezzare l’ombra che oggi sarà preziosa, godere di panorami incantevoli aiuta la salita. E quando arriviamo in giro, senza quasi sapere che quei dehors, quella scalinata con le piante aromatiche, quella torre comunale con l’orologio sono gli elementi chiave di una delle piazzette più rinomate del pianeta, la rende quasi più normale e quotidiana. subito a fianco le terrazze panoramiche, per gustare un panorama incantevole.

Iniziamo a camminare con calma, ci gustiamo un po’ le stradine e poi decidiamo per uno spuntino a base di caprese (mica potevamo chiedere un Manhattan?) realizzati a regola d’arte dal salumiere più gettonato (ebbene sì, c’era quasi coda per i panini!). Pranzo con panorama unico. Dopo ci separiamo per non obbligarci tutti agli stessi itinerari: Rosa e Nina si dirigono verso la spiaggia di Marina Piccola, io comincio un po’ a girovagare, tra i vicoli, verso l’esterno di Capri centro…

Mi reco presso i giardini di Tiberio, dove so che inizia la lunga scalinata Krupp. Avevo coltivato da tempo l’idea di un percorso speciale, tutto in discesa, verso la spiaggia. Dai siti e dalle pubblicazioni dovrebbe fornire un itinerario alternativo per giungere alla Marina Piccola. Ma che brutta sorpresa arrivare proprio all’ingresso, trovarlo sbarrato e chiedere alla gentilissima operatrice comunale che controlla l’ingresso dei giardini e sentire che “Ma è chiuso da almeno 10 anni”…. Chiuso perché alcuni tratti sono a rischio frana, caduta sassi, insomma, le solite cose che innescano responsabilità varie e interventi di riparazione. In fin dei conti hanno avuto solo due lustri per aggiornare le informazioni, si vede che interessa ben poco 🙁 Eppure sarebbe proprio una discesa interessante.

Così dopo una capatina alla Certosa (chiusa anche lei, ma questo era scritto) prendo la strada ufficiale e scendo alla Marina Piccola, dopo la strada asfaltata intercetto la via Mulo che taglia radicalmente il percorso e in pochi minuti eccomi arrivato. Ritrovo Nina e Rosa a godersi il sole in spiaggia (beh, Nina cerca l’ombra, visto che oggi il sole picchia veramente). Un bagno a Capri non lo avevo ancora fatto, ma temo che non ne porterò un bel ricordo. Niente a che vedere con l’acqua cristallina e pulita di Amalfi. Qui, tra cordoni riservati alle barche, yacht ammucchiati in rada, liquami vari e troppo affollamenti, l’acqua non è proprio invitante. Ci galleggia veramente di tutto, dalle penne dei piccioni ai tappi di bottigliette. I ragazzi, incuranti, si lanciano dagli scogli, sfidandosi come al solito a chi osa l’ultimo appiglio o scalino, sulla spiaggetta ci si accalca, altro che distanziamento. C’è persino chi tenta una doccia rinfrescante sfruttando il rubinetto a disposizione dei turisti (basta essere un po’ contorsionisti e ci si riesce quasi).

panorama di Capri: arco di roccia di Tiberio

Dopo un po’ rinuncio e torno in cima. Volevo giungere fino all’arco di Tiberio, una roccia naturale traforata. E così dalla piazzetta si cammina, si cammina, tra case, B&B, hotel, negozietti improbabili che sembrano sottoscale e invece sono boutiques; poi gradualmente rimangono solo le case, villini, giardini curati con maniacale attenzione, e ancora case e ancora giardini. Fino a quando il borgo finisce e inizia il monte, con le sue rocce, gli scorci e le piante.

Superato l’ultimo chiosco e l’ultimo bungalow semiselvaggio, finalmente si arriva all’arco. Con tanto di spazio per la meditazione e la contemplazione; o almeno qualche fotografia, come si usa oggi. Mi concedo però una sosta più rilassata, a contemplare il panorama, cercando di dribblare quasi le innumerevoli barche che puntellano il mare.

Nina e Rosa all'inseguimento della verde Capri

E finalmente ci avviamo al ritorno, abbiamo preso la nave veloce delle 19, così da sfruttare al massimo il tempo a Capri. Un attimo di sosta al porto di Marina grande, una birretta insieme e poi ci si dirige alla partenza, non senza le foto di rito davanti alla gigantografia dell’isola. Per fortuna ho la piena collaborazione delle nostre due fantasiose modelle 🙂

E naturalmente anche per questa giornata Rosa ha preparato un sintetico video che ripercorre le cose più interessanti viste e vissute.

https://www.instagram.com/p/CDb8fk3ICIc/?utm_source=ig_web_copy_link

E non poteva mica mancare l’album fotografico di Capri, dentro e …attraverso

Il giardino che cerchiamo da sempre

Il giardino che cerchiamo da sempre

E’ qui, ad Amalfi. Parola di Quasimodo. Quello del Nobel per la poesia del 1959. Ero decisamente piccolo, ma è una bella data quella del ’59 😉 fidatevi!

Che strano arrivare di nuovo qui sulla costiera, dopo un lungo giro in macchina da Pompei, attorcigliati e stravolti dai tornanti del parco dei Lattari. C’ero stato un paio di altre volte, poche in verità. ma sempre suggestive. Perché Amalfi, una volta vista col cuore e con gli occhi, non si dimentica.

Mettici anche quel pizzico di suggestione storica che ci si porta dietro con le reminiscenze scolastiche delle repubbliche marinare, della bussola “inventata” da Flavio Gioia, un cognome così felice che sembra inventato, delle carte nautiche scopiazzate dagli arabi, di un piccolo borgo che rivaleggiava con Pisa, Genova, persino Venezia.

Oggi lo vedi e ti chiedi come sia stato possibile, dove gettavano l’ancora le navi, in quali cale potevano essere ospitate? E’ vero, oggi brulica di yacht e barche da vacanze, ma sembra comunque un piccolo porticciolo, non la sede per una potenza marinara.

Oggi la visitiamo senza pretese, dopo aver assaggiato il mare, quasi alla sua estremità di ponente. Acqua limpidissima, spiaggia accogliente e tranquilla. Bisogna stare entro i limiti dei galleggianti che separano la zona bagnanti da quella dei natanti, ma vale comunque la pena.

Poi insieme a Rosa e Nina ci avviamo verso il centro. Ho già capito che per le storie marinare, curiosità di bussole, mulini o antiche stamperie non ci sarà molto spazio, oggi. Si direbbe che dopo una sguazzatina siano già appagati i desideri principali…

Non riesco nemmeno a trascinarle in cima alla scalinata della cattedrale. Me la devo fare da solo. Tra l’altro trovo la chiesa persino aperta, nonostante la tarda ora del pomeriggio, ma è sabato.

Chiedo invece a chi si trova presso la biglietteria del chiostro del Paradiso come stanno andando le cose per quest’anno. “Male, praticamente è il primo giorno che apriamo” e siamo al 1 agosto, di gente in giro oggi se ne vede davvero tanta, ma se tutto il mese di luglio è rimasto chiuso, è facile immaginare le difficoltà di chi, in questo luogo, vive essenzialmente di turismo.

Un rapido giro per la chiesa ci sta. I suoi capitelli, le bifore traforate per scrutare i ripidi monti che difendono questo borgo delizioso… Per fortuna che almeno qualche viuzza dell’intricato labirinto cittadino l’avevamo già percorsa insieme, prima. E perdersi in questi corridoi bianchi, selciati puliti e nitidi, fa veramente piacere.

Mi ricordavo i mulini, la sala del Comune con le carte e i gonfaloni, i negozietti grondanti di souvenir e gadget. Quelli ci sono ancora.

Non avevo invece mai notato la lapide dettata da Alfonso Gatto, dedicata a Quasimodo e i versi che lui ha scritto su questo luogo. Ma adesso che vivo in Sicilia e che spesso ci si imbatte in ricordi d’autore, un po’ di attenzione in più è d’obbligo. Non leggo nemmeno le righe, avrò tempo dopo, forse adesso, per sentire come un poeta raffinato come Quasimodo sapeva apprezzare questi luoghi, che ha conosciuto tardi e che gli sono stati persino fatali.

QUI E’ IL GIARDINO
CHE CERCHIAMO SEMPRE E
INUTILMENTE DOPO I LUOGHI
PERFETTI DELL’INFANZIA.

UNA MEMORIA CHE AVVIENE
TANGIBILE SOPRA GLI
ABISSI DEL MARE, SOSPESA
SULLE FOGLIE DEGLI ARANCI
E DEI CEDRI SONTUOSI
NEGLI ORTI PENSILI
DEI CONVENTI.

Quasimodo, poeta del 20 sec.

Per il resto contempliamo la cattedrale, la scala, la gente, dal fondo del tavolino di un bar, Nina si dedica a farcire di cioccolato le patatine fritte (!), Rosa ad apprezzare il posto. Il tempo si fa minaccioso, brontolio di tuoni in lontananza, non piove ancora, ma quando poi ci dirigiamo verso Sorrento, sbagliando solennemente una strada (ma per il panorama questo e altro) quello che si vede oltre i finestrini basta e avanza per gustare il tramonto, pioggia battente compresa.

https://www.instagram.com/p/CDXVFAkIe6k/?utm_source=ig_web_copy_link
Ecco il video della nostra scorribanda in costiera, preparato da Rosa

E naturalmente qualche foto di Amalfi, vale la pena conservarla.