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Iniziano gli incontri…

Iniziano gli incontri…

Dopo i primi giorni di navigazione a vista, di osservazione e di inserimento in punta di piedi, si comincia a dare una mano. La prima necessità è stata quella di sostituire una volontaria che aiutava alcuni migranti che vorrebbero prendere la patente. Probabilmente qualcuno ha già una lunga esperienza di guida nel suo paese (dal Gambia allo Sri-Lanka), ma in effetti l’esame di guida è più che altro un esame di italiano; sono talmente contorte, raffinate e criptiche le domande dei quiz che per chi non padroneggia bene la lingua …sono dolori!
La seconda cosa è il doposcuola con i bambini stranieri del quartiere; ma ne parlo prossimamente. Infine cominciamo con qualche lezione di informatica, insieme a Rosa… Ma il clou di questa settimana sono stati gli incontri e il corso di formazione sulla resilienza.

Giovedì e venerdì c’era un tavolo di approfondimento e di collaborazione sul tema del caporalato e dignità del lavoro. Come CIAO non siamo particolarmente esposti ma ho già capito che dal Comune ci vedono come un interlocutore privilegiato. Così ci siamo incontrati nel centro di Ortigia, la parte bella di Siracusa, per una mattinata di lavoro e scambio. A dire il vero c’era anche la serata precedente, ma … tutto non si riesce a fare. Pioveva, questo venerdì e trovare il luogo d’incontro è stato particolarmente umido, anche perché in Ortigia è meglio muoversi a piedi… Il luogo era presso l’Impact Hub di Siracusa, un centro di coworking nel bel mezzo dei vicoli antichi. Bel posto, ristrutturato con cura, gusto e fantasia. Il tempaccio ha condizionato le presenze, riducendoci al lumicino. Eravamo una dozzina di persone, tra referenti del Comune, del Progetto nazionale (che vede coinvolte Siracusa e Saluzzo… da quasi buon piemontese potevo scegliere!), della prefettura, la Caritas e noi del Ciao. Come primi passi sono utilissimi per capire, conoscere le persone, esplorare il territorio… e da quanto ho capito siamo anche coinvolti per un altro progetto legato al FAMI, in collaborazione con diverse realtà del posto.

L’interno dell’Hub di Siracusa

E poi il week-end di formazione sul tema della resilienza. Da venerdì pomeriggio fino a domenica mattina la sede del CIAO ha ospitato questo corso, offerto dal FMSI a diverse realtà mariste che operano in contesti marginali, spesso con migranti (dalla Spagna, al Ciao, fino al progetto Fratelli in Libano per finire ad Aleppo…). Vista l’occasione si era pensato bene di offrire questa opportunità formativa anche ad altri amici coinvolti nel medesimo campo. In tutto eravamo una ventina di persone. A guidare gli incontri è venuta Veronica, un’esperta dell’Univ. Cattolica che conosce molto bene le diverse realtà mariste e lasalliane in questa direzione. Logicamente lei è stata nostra ospite e si è subito sentita a suo agio nella nostra comunità; ci mancava solo che le facessimo lavare i piatti 😉

Una sorpresa imprevista di venerdì è stata la visita di un amico milanese, anzi per la precisione di Cesano Maderno. Cosa vuol dire il colpo d’occhio. Avevo visto il giorno prima un cartellone che ricordava un compleanno davvero particolare: i primi 2500 anni della Cattedrale di Siracusa, uno dei pochi luoghi al mondo che ha conservato da sempre la sua funzione di luogo religioso, prima con i greci, poi coi romani, quindi sono arrivati i cristiani, poi sono giunti gli arabi, e nuovamente i cattolici… Era prevista una lectio magistralis a cura di un docente dell’Univ. di Catania e poi l’intervento del Direttore del Beato Angelico di Milano, don Umberto Bordoni. Che guarda caso è un nostro ex-alunno della scuola di Cesano, sia lui che il fratello, e poi collaboratore dell’oratorio, giovane prete locale, amico di vecchia data. Subito due messaggi e poi una chiamata al volo. Un po’ di fretta, perché l’appuntamento è per le 19. Ma… il maltempo ha giocato un brutto tiro: allerta rossa, tutto chiuso, manifestazione rinviata. Così don Umberto insieme al vicario riescono a fare un salto presso il Ciao, per un rapido saluto. Fa il suo strano effetto vederlo proprio qui in Sicilia, e si chiacchiera allegramente per un po’, ricordando volti, persone, cose. E pazienza per la cancellazione dell’evento, avremo così un’altra occasione per rivederci, con più calma. La Cattedrale sicuramente non ha fretta…

La facciata della Cattedrale, con le colonne in luminosa evidenza

Pensavo proprio a questo straordinario edificio la sera dopo, sabato, quando siamo usciti con tutta la comunità e Veronica per un momento di stacco dal corso e per mangiare qualcosa. Non pioveva più e il clima si era subito addolcito, tiepidamente. La piazza del Duomo era particolarmente suggestiva e le nuove luci mettevano in evidenza le colonne doriche del tempio primitivo; pensando all’acquazzone della notte precedente (che ha fatto persino una vittima qui vicino), fermarsi tranquillamente a mangiare fuori, all’aperto, in questa fine di ottobre, fa una bella impressione. E ci faremo l’abitudine.

Domenica mattina abbiamo poi concluso il corso per illustrare lo strano mestiere del “tutore di resilienza”. Mi tornavano in mente le presentazioni degli alunni di terza media di giugno, la resilienza era uno dei temi da portare all’esame, e spesso gli interventi erano tra lo sconclusionato e l’approssimativo, chi avrebbe immaginato che dopo pochi mesi avrei avuto situazioni così concrete per toccare con mano quanto è necessaria e preziosa questa capacità… Due righe sul corso le ho già sistemate qui, non mi dilungo. Grazie a Veronica per la sua capacità di entrare subito in sintonia con noi tutti.

E vai con la bici

E vai con la bici

Sabato 12, ecco quasi finita la mia prima settimana siracusana. Cominciamo presto perché Mario sta partendo. Dopo 3 anni di presenza infaticabile nella comunità Mario Araya vuole continuare la sua missione, come laico marista, in una nuova prospettiva: sarà a Tabatinga, in Brasile, crocevia tra Perù e Bolivia, città in forte espansione, snodo dei narcos di mezzo sud America. Auguri…

Così, dopo la sua partenza inforco la nostra bici (ho fatto bene a lasciare l’altra a Giugliano, speriamo che Onorino la degni di qualche pedalata) e superato il primo pezzo in salita, purtroppo inevitabile, eccomi pronto a iniziare la pista ciclabile di Siracusa. E’ dedicata alla figlia del mitico immersionista in apnea Enzo Maiorca, un siracusano doc. E proprio la somiglianza con la pista di Sanremo mi ha spinto ad assaggiarla subito.

La pista inizia dalla periferia nord della città, si snoda lungo quella che era la linea ferroviaria che collegava Targia con il centro di Siracusa; di fatto era un ostacolo per l’accesso al mare, per questo non era molto gradita come via di comunicazione. Dopo la chiusura della ferrovia, nel 1998, lo spazio era rimasto vuoto; per fortuna dal 2008 la costruzione della pista ha migliorato decisamente questa zona, potenziando le infrastrutture turistiche della zona, offrendo uno spazio veramente incantevole. Sto cominciando a conoscere questa pista e la prima impressione è decisamente positiva. Il percorso non è lunghissimo, circa 7 chilometri, molto pianeggiante (meno male!) e si sviluppa seguendo la costa, che qui è molto alta e frastagliata e quindi riserva molte sorprese. Ad esempio tanti pescatori che si affacciano sul mare per il loro hobby, tanti che portano a spasso il cane, turisti con le immancabili racchette, qualche ciclista (non troppi, a dire il vero) e qualche curioso attento ai dettagli che non mancano. Pochissime piante, ciuffi di fichi d’india, suolo carsico poco ospitale, arbusti da macchia mediterranea, eppure qualche mucca ogni tanto vi deve essere passata 🙂 viste le abbondanti tracce.

Ieri ho visitato uno dei luoghi più suggestivi del percorso, la tonnara di s. Panagia (qui un po’ di greco serve sempre, per capire i nomi, pan=tutto, agia=santa, il titolo della chiesetta rupestre dedicata a Maria). Vecchio stabilimento per la lavorazione del tonno che un tempo veniva spinto a riva e pescato. Ormai non si usa più, prevalgono le tonnare “mobili”, cioé in alto maro. Così il luogo ha chiuso negli anni ’70 e adesso risulta totalmente abbandonato nonostante i desideri che si leggono in rete (farne un museo, ristrutturarla, trasformarla in resort…); certamente la vicinanza con gli impianti petrolchimici che si intravedono a poca distanza non migliorano il paesaggio, tanto meno l’incuria delle spiagge può incoraggiare. Sarebbe un gioiello questa costiera, se non fosse puntellata di spazzatura e detriti. Si avverte quella sorta di abbandono e di scarsa valorizzazione delle risorse che rivela poca attenzione ad un territorio potenzialmente splendido.
Non sono riuscito a scoprire il passaggio per entrare nella chiesa rupestre che si trova vicino alla tonnara. Troppa vegetazione, troppa umidità (abbiamo avuto diversi giorni di pioggia forte un paio di giorni fa) e non ero attrezzato per fare l’Indiana Jones delle rupi 🙂 . Sarà per un’altra volta.

Poi sono andato alla ricerca della Sorgente Acqua delle Colombe, avevo già esplorato in rete il percorso; ma quando poi ci sono arrivato davvero vicino…, dopo aver percorso la scalinata a picco sul mare, molto cautamente per il suolo un po’ viscido e dopo aver notato che… mancano gli ultimi scalini per arrivare davvero alla sorgente, ho deciso di accontentarmi delle foto, l’acqua la berremo una prossima volta.

E logicamente ecco un po’ di foto sul percorso della ciclabile Rossana Maiorca

Soffitta digitale & vecchie foto

Soffitta digitale & vecchie foto

Quando si fa un trasloco, si sa, il problema dei bagagli, dei pacchi, della quantità indescrivibile di cianfrusaglie “delle quali non si può fare a meno”, aumenta in modo esponenziale. E siccome di traslochi, ultimamente, ne ho già fatti un paio, prima o poi bisogna decidersi. Questa scatola di vecchie foto, le porto via sì o no? Dovrei potrei sistemarle? Vale la pena trasportarle da una parte all’altra se non le guardi mai? Ma dai, prendi lo scanner e deciditi una buona volta. Detto fatto ho recuperato alcune vecchie foto…

Erano le foto che scattavo e sviluppavo quando ancora il digitale non esisteva nemmeno come ipotesi. Siamo a Roma, al SLM, dove ho iniziato a fare scuola nel 1979; grazie alla passione di fr.Antonio (forse un po’ anche di fr.Roberto Novelletto, che però aveva un approccio più da cucina che da laboratorio di sviluppo fotografico…) inizio ad avvicinarmi al magico mondo della fotografia e dello sviluppo fai-da-te, prima seguendo i consigli e poi iniziando a sperimentare per conto mio, sviluppando rullini, giocando al piccolo chimico per azzeccare le soluzioni degli acidi di sviluppo e di fissaggio. Siamo intorno al 1981 ormai.

Carta e pellicole Ilford, ovviamente, che si prendevano nel negozio fornitissimo di Piazza S.Apostoli e dovendo frequentare la Gregoriana, quasi adiacente, non era difficile andare ogni tanto a dare un’occhiata. Erano anche gli anni in cui le passioni si alimentavano con le riviste “di settore“, in particolare con Fotografare (quando ancora Cesco Ciapanna non “sragionava di alieni e complotti…”). La mia prima macchina fotografica seria? Una Olympus Om-10.

Così oggi ho ripreso in mano queste vecchie foto e con lo scanner le ho finalmente svincolate dal peso. Ovvio che la qualità, la precisione, la profondità in bit dello scanner… insomma, non sono perfette, si poteva fare meglio, ma per il momento eccole qui, raccolte in questo strano album di foto antiche. Ci ritrovo persino 2 autoritratti (lasciamo perdere…), mi piace solo ricordare che l’anno in cui ho tentato il look della barba, al campo dei lupetti, pensavo di continuare a tenerla per il resto dell’anno, ma appena ricominciata la scuola, una delle cucciolootte di classe (era Francesca R.) che aveva impiegato quasi un anno per iniziare a parlarmi, vedendomi così conciato si richiuse nel suo mutismo; capita l’antifona, il giorno dopo ero nuovamente “presentabile”.

I luoghi delle foto? Bello sforzo di memoria, si passa da Ventimiglia a Carpasio, da Roma (la seconda maratona delle scuole cattoliche, primavera del 1982) ai campi scout e di Entracque, sfiorando anche luoghi che non ricordo nemmeno dove collocare. E trovo persino le prime avvisaglie di quella malattia che mi porto ancora appresso: le finestre…

L’album completo è questo:
le mie prime foto in B&N

Girovagare tra assoluta bellezza

Girovagare tra assoluta bellezza

Questa domenica ero a Roma, tra l’altro era l’ultima domenica del mese; forse non tutti sanno che in questa domenica si possono visitare liberamente i Musei Vaticani, senza nemmeno bisogno del biglietto. Sarà che la mia prima (ed unica visita) risaliva all’aprile del 1984 (a conti fatti siamo a 35 anni di distanza, bel colpo!), mi andava l’idea di vedere come stavano le cose. Ovviamente lo scopo era molto più semplice, dedicare del tempo a curiosare senza meta particolare in questo scrigno dell’esistenza umana. Inebriarsi un po’ di splendore. Avevo il tempo, la possibilità e la voglia. Quindi partiamo.

Il primo intoppo era chiaramente romano; è domenica, ma la MetroB oggi non funziona, mi dicono per motivi di lavori in corso, sarà… e mi tocca girovagare per cercare il 714, mi avevano giusto detto che si fermava vicino al S.Eugenio, in pratica ad un passo dalla casa generalizia. Ma la legge di Murphy era in agguato: la domenica il 714 fa un altro percorso e così, alla fine, mi sono ritrovato vicino alla nuvola di Sottsass per prendere finalmente il mezzo. Tappa a Termini, altro scalo e poco prima delle 8 ero nei pressi del Vaticano.

Adesso si tratta di mettersi in fila, non penserai di essere l’unico ad aver avuto questa pensata! I Musei aprono alle 9 e almeno una bella oretta di fila ci vuole. E in effetti è così, ma alle 9:25 ero già nei pressi dell’ingresso. Si può fare, evitando le occhiatacce di qualche cinese insofferente che ti rimprovera se italianamente avanzi di qualche postazione lungo la coda…

Mi ero scaricato la mia bella mappa e una sorta di veloce descrizione dell’itinerario tipico; ma veramente potevo permettermi di non andare a caccia di nessun capolavoro o sezione particolare, giusto lasciarmi affascinare un po’ dal tanto, troppo, che si incontra in ogni sala. Veramente da perderci le giornate. E poi, dopo aver visto a metà agosto il musical sul Giudizio Universale, un’occhiata al capolavoro finito ci stava proprio bene.

In pratica basterebbe il gruppo plastico del Laoocoonte per rispolverare mezza vagonata di cultura dell’occidente, da Omero ad Ulisse, dalla storia all’anatomia, dal concetto di paternità a quello della vendetta implacabile, e ancora la scultura, il disegno, il mito… E poi ti sposti di pochi metri e ricominci, con il torso del Belvedere; cambi di sezione e ti basterebbe la Dama del Vaticano per intraprendere un altro percorso. O guardare i ritratti dei giovani amici di Raffaello per capire senza troppe aggiunte cosa significa rendere vivo un ritratto… e capire cosa differenzia un artista da un imbianchino.

Insomma, tra un salone e un corridoio, una foto alle antiche cartine geografiche dei nostri luoghi (logicamente ho fotografato la Valle Argentina così come era conosciuta nel 1600, peccato, Carpasio non risulta! in compenso Ortigia si vede benissimo 😉 e una doverosa sosta nella Cappella Sistina, stracolma di turisti, di chiacchiere, di foto abusive (anche le mie, lo ammetto) il tempo si faceva rapidamente breve.

Un percorso altrettanto interessante è quello tra le numerose opere di arte contemporanea. Ad essere curiosi si ritrova un po’ tutta l’iconografia che spesso occhieggia dai tanti testi di religione delle nostre scuole. Interessante notare come tanti mostri sacri della pittura abbiano tratteggiato, a modo loro, questo insopprimibile istinto religioso. Gauguin, Matisse, Dix, Cezanne, Van Gogh, Fazzini, Mondrian… e l’elenco si fa lungo. Ognuno esprime con sensibilità diversa un diverso modo di cogliere e sentire il sacro, dai toni più sommessi a quelli quasi lancinanti e duri da cogliere. Bel percorso, davvero.

Otto Dix

Ultimo appuntamento: in piazza S.Pietro. Domenica 29 è anche la giornata dei Migranti e mi sentivo quasi in dovere di non mancare a questo appuntamento, che nei prossimi giorni lieviterà ancora. Sapevo che nella piazza sarebbe stata inaugurata una presenza particolare. Così sono andato a vederla: un barcone affollato di migranti di tutti i tempi e tutti i ceti, moderni e antichi, perseguitati e sfortunati, tutti in piedi, pronti a continuare il percorso. E intanto ricevevo i msg di Luke appena giunto all’aeroporto di Sidney e in attesa del volo per le Fiji, di Esteban già arrivato in Spagna, di Almera in procinto di salire sull’aereo per le Filippine. Siamo tutti viaggiatori di questa piccola terra. Tutti in attesa di un approdo.

E, ovviamente, ecco qualche foto di questo lungo percorso artistico

Combien de fois?

Combien de fois?

Già, quante volte sono tornato a Taizè? Non ricordo esattamente, ma ogni tanto ricapito su questa collina tranquilla, di solito nei momenti più interessanti della vita, a conclusione o a ripresa di un nuovo viaggio, di un nuovo percorso. Oggi sono tornato a Taizé.

l’interno della chiesa di Taizé

Diciamo che avevo un po’ pilotato l’itinerario e la meta, visto che staremo solo una settimana da queste parti e si ritorna a casa il 28, sabato prossimo, quindi non avremmo altre domeniche a disposizione, così, tra un accenno a Cluny (che sarebbe bello visitare) o ad Ars (sempre interessante, visto che il curato di questo sperduto paesino era uno dei compagni di seminario di Marcellino Champagnat, che fu uno dei pochi a sostenerlo nelle fatiche degli studi (era più grande persino del professore e avendo iniziato tardi a studiare le difficoltà erano tante, pensa che lezioni ed esami erano in latino). Ok, il nostro gruppo compatto era pronto per l’avventura. A mettere il bastone tra le ruote le previsioni del tempo, con andamento tra il 60 e l’80% di probabilità di pioggia. Ma avevamo Almera e il suo mitico ombrello, potevamo correre il rischio

accoglienza a Taizé

Alle 7 tutti sul pulmino, punto il navigatore (Waze si sta rivelando un ottimo navigator, qui in Francia, a parte quando inizia a parlare in francese per ricordare che siamo entrati in una zona sotto controllo velocità…) e si parte. Praticamente a strade deserte, così superiamo persino Lione da veri vacanzieri intelligenti, il Rodano, lo splendido Museo delle Confluenze, i tunnel, la dolce campagna della Borgogna. Arriviamo a Taizè con un’ora di anticipo sulla celebrazione delle 10. E’ il momento giusto per riprendere contatto con questi luoghi, passeggiare con calma sui viali per i pedoni, vedere i ragazzi ancora alle prese con la colazione, i tanti volontari che danno indicazioni. Siamo ormai a fine estate, non c’è più la folla dei grandi momenti; si vive con molta più serenità lo spazio e l’accoglienza. E poi, dimenticavo, il tempo oggi a dispetto delle previsioni è dolcissimo, sereno e tiepido.

Alle 9:30 siamo già tutti nella grande navata, l’organo inizia a suonare, velocemente la chiesa si riempie, niente folla, ma tante persone. E poi entrano i fratelli di Taizè e inizia la festa. Si prova sempre un’emozione particolare quando il canto del solista viene sostenuto da un coro di 100, 200, tante persone, la musica la senti non solo nella testa, ti avvolge, ti fascia, ti penetra con calma decisa. Ed è una calma serena quella che ci accomuna tutti. Dopo la celebrazione in molti restano per regalarsi gli ultimi canti, dal Magnificat ai canoni più recenti. A Taizé il nuovo si allaccia all’antico con semplicità, lo riconosceresti subito, dopo poche note.

la semplicissima tomba di fr. Roger

Alla fine naturalmente un passaggio nell’Atelier, non tanto per fare incetta di oggetti, quanto per rileggere nei vasi, nelle piccole opere d’arte, nelle crete e nelle ceramiche il senso di una ricerca che nel suo piccolo seleziona il bello dal quotidiano. Leggo anche con piacere tutti i progetti e le iniziative per vivere a Taizé in modo più sostenibile, dall’energia al riciclo delle cose, dal cibo in esubero (dato ad una fattoria) alle 30 galline che la comunità alleva per le uova… Quando dopo il nostro semplice pranzo vado a rivedere la piccola chiesetta del borgo ritrovo anche la vetrata di s. Francesco, nel solco di una tradizione che non può essere diversa. Naturalmente cerco la tomba di fr. Roger (ucciso nel 2005, da una persona squilibrata, che veramente non sapeva quello che stava facendo), inizialmente penso di trovare almeno un qualche segno in particolare evidenza, ma che sorpresa nel vederla invece semplicissima, con il solo nome, al fianco degli altri fratelli già deceduti, nella semplice terra: da sola, senza altre parole, vale un discorso.

il santo curato d’Ars, compagno di seminario di s. Marcellino

Sulla vita del ritorno si passa da Cluny, ma complice un’esibizione di cavalli e il poco tempo, dirottiamo subito su Ars, dove ci fermiamo con calma. Posto minuscolo per un prete gigante; mi soffermo a rileggere la sua biografia, quasi da romanzo d’appendice, perfino disertore suo malgrado, ai tempi di Napoleone. Mi piace immaginare questo seminarista non più giovane insieme a Marcellino Champagnat, si sono incontrati, hanno condiviso momenti, studi. Chissà quali impressioni e tesori vicendevoli hanno conservato e messo a frutto… percorsi da ripensare.

E quindi si ritorna all’Hermitage, di acqua nemmeno l’ombra; siamo stati davvero fortunati perché gli acquazzoni iniziano appena usciamo dal pulmino. E adesso possiamo rivedere con calma le immagini di questo giorno davvero speciale.

Ecco, le foto di quest’oggi sono qui – album su Taizé e Ars