Devolution, slow-process, calma zen… ma poi in concreto siamo sempre in frenetico movimento. Nei primi giorni di gennaio mi è arrivato un msg da Google con il Riepilogo degli spostamenti effettuati nel 2023. La mappa è abbastanza precisa e riassume senza tanti problemi le varie tappe dello scorso anno.
Ho dovuto aggiungere “a mano” alcune località: Genova, Sanremo, Entracque, Carmagnola… E poco importa se i calcoli sono comunque approssimativi per difetto, per tanti motivi (quasi un mese senza cellullare e quindi senza registrazione degli spostamenti, disattivazioni varie, cambio di app, problemi tecnici… ma fa sempre un certo effetto vedere che, grosso modo, questo è il totale:
Nel 2023 hai viaggiato per una distanza totale di 5.524 km (pari al 14% del giro del mondo)
Anche per quanto riguarda le località mi sembrano un po’ tanto sparpagliate e un po’ sbrigative come sintesi; si mette poco in evidenza che in almeno 2 di queste ho vissuto per tanti mesi (8 a Siracusa e ormai più di 4 a Melilla. Ma d’altra parte si tratta del registro degli “spostamenti”.
A mettere insieme questi dati insieme agli eventi che uno sistema e si segna nel calendario, si farà presto a redigere una biografia essenziale con i dati principali di una persona. Un diario un po’ asettico viene così redatto in quattro e quattr’otto, un modo rapido per togliere lavoro ai vari Eginardo (Carlo Magno), Paolo Diacono, ma anche Walter Isaacson (da Steve Jobs a Leonardo da Vinci…) che hanno fatto della scrittura di biografie un valido mestiere.
Un dato che sarebbe interessante valutare e che richiederebbe un po’ di calcoli, è quello del “consumo” più o meno sostenibile. Oggi ci spostiamo senza tanti patemi d’animo e la principale motivazione del viaggio, spesso, è il suo costo talvolta davvero esiguo, e così sorvoliamo rapidamente sulle conseguenze della nostra impronta più o meno ecologica per quanto riguarda i consumi…
Gran parte dei viaggi compiuti lo scorso anno sono stati fatti in aereo, mi consola solo il fatto che il ricordo di questi viaggi era di un velivolo sempre quasi completamente pieno.
Homo viator, ci ricordava Gabriel Marcel, mettendo in evidenza il nostro essere perennemente in movimento, alla ricerca di un fine, non di un parcheggio…
La tentazione di realizzare un diario pignolo e precisino sui giorni trascorsi a Granada e dintorni in queste vacanze di Natale 23-24 si è rapidamente sciolta con il passare dei giorni; difficile tener testa a tutti gli angoli visitati, le chiese esplorate, i quartieri in cui sono riuscito a vagabondare…
Sarà che fin dal primo giorno le cose sono state tante (siamo passati dal parco del Torcal fino alla suggestiva Alhambra di notte); allora meglio spiluccare e procedere per piccoli assaggi.
Tanto per restare sul tema dell’Alhambra, questo cuore esterno della città, che rimane sempre a cornice e confine di ogni giro, alla fine mi sono ritrovato che, tra immagini, dettagli e panorami, ce n’era abbastanza da riempire un intero album. E allora procediamo:
E siccome immagino che dipanare i ricordi e stenderne qualcuno su queste pagine mi costerà un po’ di fatica, comincio col depositare almeno le immagini che hanno segnato questi giorni di visita a Granada, sicuramente potrebbero essere sufficienti per rendere l’idea, …
E forse anche Cordoba merita una rapida menzione, visto che approfittando di questi giorni tranquilli abbiamo fatto una puntata anche a Cordoba; c’ero già stato tanti anni fa ma ero persino riuscito a non visitare nulla (complice un po’ di influenza…); questa volta mi sono abbondantemente rifatto, grazie alla cordiale presenza e disponibilità di Carlos Hidalgo (gli ho inflitto una giornata con oltre 15 km di camminata!), che proprio 20 anni fa era stato il mio primo anfitrione in Spagna…
Vacanze di Natale 2023, queste me le ricorderò, sicuramente in modo speciale e proprio per non dimenticarle troppo presto, magari qualche riga e qualche foto ci possono anche stare.
Partiamo da Melilla il 22 sera, notte fonda, con il traghetto, una barca gigante che ingoia macchine e camion e gente. Si dorme un po’ alla buona sulle poltrone, mentre in molti preferiscono sdraiarsi sulla moquette (e tutto sommato l’idea non è poi così malvagia). Siamo io e Juan Antonio perché in vista dell’arrivo in serata a Granada, avevamo pensato di fare una piccola escursione, nel parco del Torcal. Siccome non conosco praticamente nulla di queste zone, vado sulla fiducia …. e faccio bene.
La fase più lunga è lo sbarco dal traghetto, quasi un’ora di lungaggini per mostrare i documenti (Melilla, a tutti gli effetti, è terra di frontiera e quindi la dogana è inevitabile). Poi ci dirigiamo verso il parco del Torcal di Antequera, una zona dalle incredibili rocce carsiche e nella prima mattinata, dopo una fermata per una colazione a base di churros (anzi, porras, quelli più grossi e casarecci), ci arriviamo verso le 10.
E’ una giornata splendida, tersa e senza vento, l’ideale per questi giorni di dicembre, che rimangono comunque belli freschi. La temperatura è bassina, siamo di poco sopra i 0 gradi, ma al sole è davvero gradevole fare come le lucertole. Iniziamo così il nostro giro tra le rocce, seguendo uno dei sentieri lunghi che si dipanano dal parcheggio del centro di visita.
Uno spettacolo davvero lunare, o forse marziano, dove ogni roccia potrebbe facilmente ricevere un nome per l’incredibile configurazione che rappresenta: case, palazzi, architetture aliene, statue surreali, imitazioni naturali… ci si trova di tutto, camminando con calma lungo il sentiero. All’inizio siamo stati persino scortati dalle capre di montagna (ma forse si tratta proprio dello stambecco iberico!), che non sono poi così diverse dai nostri camosci, solo più tranquille e domestiche, quasi a suggerire pose fotografiche da calendario.
Questa volta poi sono venuto attrezzato, ho ripreso da poco la macchina fotografica, una semplice Canon con zoom 40x, e invece dell’onnipresente cellulare utilizzo un obiettivo un po’ più flessibile. Piccolo dettaglio: non mi sono portato dietro il lettore di schede e per il momento mi devo accontentare delle foto che mi ha fatto Juan Antonio. Poco danno, così la memoria si esercita un po’ di più. Vuol dire che l’album fotografico potrà aspettare.
Ma dopo la scarpinata sui monti (siamo sopra i 1100) ci aspetta la parte archeologica, con i Dolmen di Antequera, 3 antichissime tracce della presenza umana, tombe megalitiche imponenti e suggestive, che troviamo a pochi km. di distanza. L’ultima è quella che ci riserva la sorpresa più luminosa…. alcune di queste costruzioni sono anteriori ai cerchi di Stonehenge e forse l’idea riduttiva di “tombe” per importanti personaggi è decisamente poco. Giunti nei pressi del tholos del Romeral ci siamo bloccati perché la visita era stata “requisita” da un piccolo gruppetto di appassionati, non avevamo fatto molto caso al calendario, ma essendo proprio il 23 dicembre, eravamo ancora a ridosso del solstizio d’inverno e questa giornata era davvero speciale, visto che proprio in questa occasione la luce del sole penetrava fino all’interno del monumento, in modo davvero suggestivo. In pratica senza nessuna luce era possibile, giunti all’interno del sacrario, usufruire dei raggi del sole. Pensare che oltre 3000 anni fa ci fossero persone disposte a realizzare una simile opera, con questa precisa inclinazione e orientamento (tra l’altro anomalo), non può certo lasciare indifferenti. Nella foto qui sotto, realizzata senza flash, siamo proprio al fondo della costruzione, mentre il lungo cortile d’ingresso, interamente realizzata in pietra a secco è lungo una quindicina di metri.
Sarebbe bello riprendere uno dei classici racconti di Natale di Buzzati, uno scrittore apparentemente ateo ma segnato da una profonda nostalgia per questo appuntamento annuale con la tenerezza…
Mi sarebbe piaciuto accompagnarlo in visita presso la scuola dove mi trovo adesso, qui a Melilla, un “cole” cattolico ma pieno di musulmani con qualche spolverata di altre fedi, davvero molto simile a quanto si incontra ogni giorno in queste zone di confine. Persino facendo i compiti con i bambini del doposcuola del Progetto Alfa, tutti musulmani, non si può fare a meno di notare che tra un compito e l’altro i quaderni rigurgitano alberi di Natale, scene del presepio, stelle comete e richiami per lo meno nordici, neve, pupazzi, renne, Babbi Natale… che stridono fortemente con la quotidianità, perché qui si incontra ancora tranquillamente gente in pantaloncini e maniche corte, alberi e giardini lussureggianti e quando il sole si alza nel cielo pieno di gabbiani il tepore è davvero accogliente, altro che “freddo e gelo”.
Sapevo che nell’ultima settimana di attività didattiche la nostra scuola si sarebbe trasformata per un giorno in un grande presepio vivente; tutto il cortile si sarebbe mutato in quella porzione di Betlemme che ha dato i natali a quel cambio di epoca nel quale siamo ancora immersi.
Tutti i docenti erano al lavoro, la sera prima, a sistemare con qualche alunno gli spazi, le scenografie, le cose più ingombranti: portali, casette, tavolate, piccole tende. A sera tarda erano ancora lì a verificare che tutto fosse a posto, sperando che l’umidità della notte non facesse troppi danni (e in questi giorni siamo stati davvero fortunati, con sole smagliante a non finire)…
Così la mattina dopo, la scuola è stata invasa da pastorelli, contadine, pescatori, antichi artigiani, angeli e centurioni romani, qualche sacerdote, un po’ di re magi (rigorosamente 3) e per la prima versione, in meno di mezz’oretta, tutti i figuranti erano pronti; a quel punto si sono aperti i cancelli per la prima ondata di genitori, accolti dai profeti e dai governanti, in alta uniforme e poi ha avuto inizio il delirio dei papà e mamme a zonzo per l’antica Betlemme, alla ricerca dei propri figli e degli immancabili appostamenti fotografici.
La scena si è ripetuta per tre volte nel corso della mattinata, per dare spazio a tutti nella visita ed evitare ingorghi (gli alunni in totale sono più di 800 mi conferma fr. Eulalio che tutte le mattine è fedele al suo prezioso impegno di salutarli tutti quanti all’ingresso) e l’ultimo drappello in visita ha iniziato dopo le 12.
Mi sono divertito anch’io a visitare i diversi stand, quello dei falegnami che imperterriti martellavano piccole sagome di legno (con martelli di plastica, per fortuna!) e le classi dei piccolini, metà in versione pecorelle e l’altra metà come pastori; poi le scene più impegnative, l’annunciazione, con un angelo quasi spavaldo e bene in mostra, mentre la piccola Maria era davvero nell’ombra… le altre scene di lavoro, compreso il banco dei pescivendoli (avevo suggerito di mettere dei pescatori lungo il fiume in carta argentata che divideva il cortile ma qualcuno si è anticipato anche con una certa pesca miracolosa); e poi il cuore della scena, la grotta, con tanto di angeli messaggeri (povere ragazze delle superiori, a dover restare con le braccia spalancate per rinforzare l’annuncio!), l’osteria con i Re Magi al riposo in vista dell’ultima tappa. Insomma, davvero uno spettacolo.
Giornata originale, quella di sabato scorso, 7 ottobre. Vuoi per la festa della Madonna, la “Vittoria” (e forse non conviene approfondire di quale vittoria si tratti, visto che si deve risalire a Lepanto e qui il buon prof. Barbero avrebbe da sturare pagine e pagine di approfondimenti…) vuoi per il tiepido autunno che qui mi sembra ormai la norma; non vedi quasi mai giornate splendide e serene, sempre un po’ infiocchettate da nubi, ma la temperatura è decisamente tiepida, ben più che primaverile. E allora anche il Comune di Melilla si sbizzarrisce in visite al patrimonio architettonico di questa città.
Melilla, dopo Barcellona, è la seconda città testimonial del “modernismo”, un qualcosa che potremmo rendere con il nostro liberty ma con qualche innesto alla Gaudi. Solo che di cose alla Gaudi qui a Melilla ce ne sono poche, forse solo una piazzetta con sedute policrome che ricordano il parco Guell. Ma di palazzi carini ce ne sono invece davvero molti, più di mille e sono concentrati quasi tutti nella zona nostra, poco sotto il collegio La Salle.
Per questo sabato scorso era prevista una visita drammatizzata al nostro quartiere, per mostrare i principali palazzi e le cose più interessanti. Mi aspettavo così una brava e compassata guida con il suo altoparlante, forse un ombrello perché tutti potessero individuarla facilmente e invece…
Invece quando arrivo nella Piazza di Spagna, il punto di partenza, già da lontano sento una banda in perfetto stile jazz, allegro e scoppiettante, poi intravedo un altissimo pupazzo allampanato e tutto intorno una corte di personaggi variamente agghindati, molti in stile belle époque. Tutt’intorno una folla divertita e colorata, famiglie coi bambini, single col cagnolino al guinzaglio, coppie di anziane turiste estasiate, giovani marocchini in monopattino che si appostano ai margini, tanta gente curiosa. E la presentazione è già iniziata, guidata da una Guendalina frizzante che esalta i dettagli architettonici delle opere e dalla sua amica Dorita rosso vestita, petulante e pettoruta che non vede l’ora di concludere il giro per mettere sotto i denti qualcosa di buono. Insomma, la visita è tutta all’insegna dell’allegria, della vivacità e dello scambio ironico tra i personaggi, che man mano aumentano, chiamando in gioco la zia, la suorina del collegio, la cinese dell’emporio, il viaggiatore… e ad ogni tappa la banda si riprende rumorosamente la scena mentre la folla che circonda questo circo ambulante, con calma si sposta fino alla successiva fermata.
Molto allegro e divertente, un modo gradevole di girare anche il naso all’insù per ammirare i palazzi, le vetrate, le cupole, il faro costruito su un condominio, le porte dell’antica sinagoga, gli archi arabeggianti, le vetrate imponenti.
L’altro lato della medagli si è invece manifestato nel pomeriggio. Per la festa del 7/10 era prevista la processione del Cautivo, il Cristo prigioniero, portato in giro dalla relativa cofradia. Qui a Melilla, come in tutta Andalucia, il legame con le confraternite religiose è forte ed evidente, un elemento che connota le tradizione e la cultura, difficile per noi italiani avvertire con la medesima intensità questo senso di appartenenza ad un gruppo così marcatamente definito. Nemmeno le tifoserie calcistiche possono avvicinarsi a questa idea.
Che però rimane strettamente ancorata all’ambito religioso e probabilmente continua a marcarlo in modo fin troppo evidente. L’immagine del Cristo prigioniero mi ricordava molto il simulacro di s.Lucia, con la sua imponenza e sfarzo dell’argento profuso a piene mani. Una “macchina” imponente che viene mossa da decine e decine di portatori, debitamente coordinati per una coreografia dove nulla è lasciato al caso
Solo per fare la curva ad angolo retto richiede almeno 2 minuti di minuziosi piccoli passi, ondeggiature, calibrati ondeggi… insomma, uno spettacolo.
Facendo quasi parte del clero mi sono ritrovato con fr. Eulalio in prima fila, fianco a fianco con le altre congregazioni di suore presenti a Melilla (noi siamo l’unico gruppo maschile!), proprio davanti alla macchina che impediva qualunque visione, meglio allora spostarsi nelle sedie libere, che erano comunque tante…
Poi inizia la processione, in bell’ordine; noi accompagnavamo un bel gruppetto di bambini della primaria, con la loro semplice divisa, perché la scuola La Salle è una istituzione che ha più di 100 anni di presenza nella città; dietro di noi le ragazze del collegio delle suore, anche loro nella classica divisa, gonna scura e camicia bianca. Mi sembrava un tuffo in qualche deja vu alla Almodovar. A seguire altri piccoli gruppi, poi l’imponente macchina e il clero (a Melilla i preti e le parrocchie sono solo 4, si fa presto a conoscerli tutti, uno di loro è il vicario episcopale, visto che la diocesi di riferimento è Malaga) e quindi una banda davvero imponente per numero e potenza sonora. Poi, dietro, il nulla.
Piccola pausa, qualche passetto, la macchina si ferma per dare un momento di sosta ai portatori e così via, percorrendo l’Avenida centrale, fiancheggiata da tanti cittadini, ospiti, turisti, curiosi… Per quasi un’ora partecipiamo all’evento, poi anche i bambini possono tornare con le famiglie e il resto della processione continua il suo percorso, a suon di musica solenne.
Nell’insieme un vago sentore di parata, vetrina ed esibizione. Mi piace ricordare quello che succede alla sfilata dell’infiorata di Genzano, il giorno dopo la processione, quando lo splendido mantello di fiori viene allegramente spazzato via dalla corsa dei bambini spensierati e divertiti. E’ vero, abbiamo bisogno di riti ma quando l’acqua fresca si scalda troppo al sole, è inevitabile che la coca-cola diventi l’unico rimedio.
Già che ci siamo, ecco come presentano questi eventi la stampa locale: