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Categoria: luoghi

Dalla parte delle donne…

Dalla parte delle donne…

Curiose le circostanze che ogni tanto si presentano. Qualche anno fa, a Siracusa, ero in contatto con un’amica iraniana, molto attiva e curiosa; peccato che gli iraniani siano sparsi con tanta parsimonia nelle nostre città.

Avevamo avviato qualche lezione per approfondire l’italiano (ero ancora inserito nelle attività del Ciao), visto che lei contava di restare in pianta stabile in Italia; lezioni informali, chiacchierate, per lo più, sfiorando numerosi temi, ad ampio raggio. Molto informali e flessibili, persino qualche passeggiata lungo gli scorci più belli di Siracusa, per lei appassionata di mare e di nuotate (e che fatica seguirla!, nelle acque cristalline vicino alla tonnara di s. Panagia!). Sulla via del ritorno incontriamo casualmente una persona e subito, dopo un saluto, scopriamo che è iraniano anche lui… quasi in automatico scatta il mood formale, mi sarei immaginato un scambio di convenevoli, dove vivi, cosa fai adesso, perchè sei qui… invece nulla, praticamente silenzio.
Dopo, rimasti nuovamente da soli, mi conferma che …non si sa mai cosa può scaturire da simili dialoghi con altri compatrioti: informative? delazioni? segnalazioni?… meglio evitare.

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E proprio alcuni giorni fa ricevo da lei alcune righe, giusto per aggiornare i contatti e constatare come cambiano spesso le coordinate geografiche; ora non si trova più ad Ortigia, ma sempre nel sud Italia e c’è sempre di mezzo il mare come denominatore comune; la sento contenta di continuare nel suo percorso.

Sarà per questo che mi sono preso la briga di leggere questo rapido volumetto, Nelle strade di Teheran, che avevo messo da parte proprio pensando a lei. L’autrice scrive utilizzando lo pseudonimo di Nila, per proteggersi, in quanto è ancora residente nella capitale dell’Iran.

Tutti ricordiamo i tragici fatti legati alla fine di Masha Amina, e le proteste che ne sono scaturite immediatamente. Poi, per l’inesorabile legge dei media, quando le cose sfumano in lontananza, il tempo passa, il ricordo si affievolisce e l’attenzione cerca nuovi stimoli. Ogni tanto diventa importante andare un po’ controtendenza e dare spazio alle cose che dovrebbero essere sempre in prima linea. Per non dimenticare.

Il libro si muove quasi in parallelo, tra il riesumare la storia di una famosa dissidente donna del secolo XIX, Taehereh, definita come la prima voce libera dell’Iran e l’attuale situazione, soprattutto femminile, nell’Iran attuale, ancora in fermento per questa rivolta più o meno silenziosa.

Per noi, abituati al tranquillo contesto europeo ed occidentale, ascoltare la testimonianza di come portare o non portare un velo o un foulard possa cambiare la vita o causare persino la morte, suona davvero strano, il nostro punto di vista sembra così autorevole ed assoluto che la persistenza di questo genere di cose ci risulta quasi impensabile. E spesso lo accantoniamo, come fosse insignificante.

Nel libro si alternano così le riflessioni di una donna iraniana di oggi, dilaniata da una situazione palesemente assurda e costretta da una coercizione politica paludata da concetti religiosi. Si narrano vari episodi, si cerca di ricostruire il quotidiano segnato dalla volontà di continuare questo movimento di protesta (che ben presto assume il nome dello slogan “donna, vita, libertà”) numerose le giovani che si indignano e partecipano alla protesta, accompagnate coralmente da numerose altre persone. Il libro si chiude con una cronologia degli eventi, e con un capitolo dedicato ai “numeri” che quantificano meglio la realtà dei fatti. Non solo emozioni o riflessioni dettate dagli eventi e dal fermento popolare.

Temi presenti nel libro, che invitano alla riflessione, sono i concetti di testimonianza e di martirio, intesi in senso laico, anche il tema religioso viene affrontato in chiave molto critica, sullo sfondo si coglie che persino la lingua persiana, il farsi, può diventare uno strumento di affermazione della propria dignità e storia.

Penso al contesto in cui vivo oggi, qui a Melilla, una cittadina spagnola ma a larga maggioranza musulmana, dove per le strade è facilissimo incontrare mamme col niqab che accompagnano i bambini al parco o a fare la spesa, dove anche nel doposcuola con il quale collaboro di pomeriggio, ci sono bambine che hanno da poco superato i 12 anni già col velo; se poi penso alle classi di persone con le quali quotidianamente svolgo un po’ di lezioni, la stragrande maggioranza è formata proprio da donne con il velo; mesi fa abbiamo anche noi accolto una giovane donna che indossava il niqab, poi le abbiamo chiesto cortseemente di non utilizzarlo, almeno in classe… richiesta accolta senza nessun problema.

Nella nostra città puoi incontrare decisamente di tutto, donne in spiaggia vestite dai capelli fino alla caviglia e ragazze in topless che prendono il sole; ciascuno liberamente sceglie. Ma fino a quando si può scegliere le cose non creano difficoltà o contrasti evidenti, assuefatti come siamo dal mantra della tolleranza verso tutti e tutte. Noi difficilmente possiamo provare l’altra faccia del velo, quando invece diventa la norma imposta a tutti quanti.

Utile, ogni tanto, ricordare che siamo e viviamo nella parte fortunata di questa piccola terra.

Il giro dei forti…

Il giro dei forti…

Giovedì 20 marzo, siamo già in primavera, visto che l’equinozio è scoccato verso le 10 di questa mattina.

A Melilla si celebrano i 250 anni dalla fine dell’assedio che le forze marrocchine (aiutate dagli inglesi) avevano iniziato nel tentativo di ricacciare gli spagnoli nel continente. Naturalmente parliamo di “forze marrocchine” col senno di poi, visto che il Regno del Marocco ancora non esisteva con i tratti odierni; però di sicuro era una evidenza molto vicina all’attuale paese, visto che nei libri di storia si ricorda che fu proprio il medesimo sultano Mohamed III uno dei primi a riconoscere gli Stati Uniti (ed ecco perchè esiste un feeling particolare tra gli USA e il Marrocco…).

Ok, digressione storia a parte, la cosa simpatica di questi giorni è stata la visita guidata al Forte Victoria che ha permesso di conoscere un po’ meglio la realtà i questa strana città, dove tutto è possibile, ma di solito è un po’ più complicato 🙂

La nostra guida era Jennifer, che da quanto ho capito è una delle guide più rinomate di Melilla; ha il suo bel sito web e si nota subito che parlare di Melilla è il suo hobby preferito. E’ casa sua e ci tiene a farla apprezzare…

Avevo prenotato questa visita insieme a mio fratello Franco (che in questo mese di permanenza a Melilla ha scoperto di tutto e di più…), così alle 18 di giovedì eravamo belli pronti sul piazzale del forte della Vittoria. Poco alla volta si è formato un discreto gruppetto di persone, alla fine composto da oltre 30 curiosi, alcuni di Melilla, altri della penisola (cioè spagnoli di altre zone) e la nostra piccola coppia di italiani. Pronti e via.

La prima tappa si è articolata sugli spalti del Forte del Rosario, l’avamposto estremo a diretto contatto con le linee nemiche che strinsero d’assedio la città. Interessante conoscere la storia di quelle due sentinelle, stufe dei pericolosi turni di guardia, che dopo essersi lamentati… vennero incatenati al loro posto per continuare a fare le sentinelle. Metodi spicci ma non rari per quell’epoca.

Poi siamo entrati nella costruzione principale, il forte della Vittoria (e quando a Melilla si ripete questo titolo, si fa sempre menzione della vittoria di Lepanto, spartiacque storico per il mediterraneo). La guida ci ha ricordato che fino a pochi anni fa, prima del 2000, praticamente questo luogo era completamente abbandonato e dimenticato. Il suo restauro e la sua riscoperta sono quindi opere recenti. Complice anche il fatto che dopo l’epoca dell’assedio e le ultime necessità militari, questo era diventato il carcere ufficiale della città; maschile (al piano terra) e femminile (al piano superiore). Uno si immagina criteri più rispettosi delle esigenze umane, ma quando ci ha detto che nello stanzone principale, una sala forse di 6×10 metri, venivano ammassati anche un centinaio di persone… è facile immaginarsi la situazione penosa in cui erano obbligati.

Nella sala-museo al piano inferiore Jennifer si è dilungata un po’ sulla storia dell’assedio, sulle dinamiche politiche, sulla difficoltà enorme, per una guarnigione di nemmeno 4000 soldati di far fronte ad un assalto di oltre 30 mila assalitori. Ma la posizione strategica, le difese ben realizzate, la disciplina militare, il rifugiarsi della popolazione nelle grotte del Conventico, alla fine hanno costretto gli assalitori a desistere da una operazione che si stava rivelando lunga, difficoltosa e poco promettente.

Fine della guerra, nuovo trattato di “pace” e avanti il prossimo…

Un bel grazie a Jennifer per le sue accattivanti spiegazioni e per la sua competenza…

Ho dedicato più tempo all’ascoltare che al fotografare, ma qualche scatto ci scappa sempre, quindi

Ecco un piccolo album fotografico della visita guidata ai Forti di Melilla

Rieccoci a Carnevale

Rieccoci a Carnevale

Venerdì c’era allerta gialla per la pioggia, sabato era prevista addirittura una bordata d’acqua eccezionale, allerta arancione e 80 mm di pioggia previsti. Abbastanza vero, avevamo persino lasciato la macchina nel cortile della scuola per darle una lavata (con la penuria che abbiamo qui di acqua… è la nostra strategia Laudato sii per non sprecarla!), e di notte un bel po’ di acqua deve essere scesa, a giudicare dalle ampie pozzanghere (e dai dati delle stazioni meteo locali)

Ma per il pomeriggio le cose erano quasi rientrate; nuvole e cielo pesante sì, ma fortunatamente l’acqua ci ha risparmiato.

Quest’anno avevo un accompagnatore d’eccezione, mio fratello Franco, che è venuto fin quaggiù per conoscere la nuova realtà in cui mi trovo; da buon giramondo fresco di pensione può finalmente godersi un po’ anche gli aspetti turistici di queste zone. Così nel pomeriggio ci siamo avventurati per il centro di Melilla, ben sapendo che la sfilata sarebbe iniziata dopo le 19, ma intanto si possono già scorgere i lati curiosi dei preparativi.

Tutto il centro era indaffarato a sistemare gli ultimi ritocchi per i carri, ciascuno con il suo tema ben evidente: lo spazio, Dracula, Mario Bros, fiori e puffi… la prima cosa che si nota è la fantasia ben distribuita. Non siamo in una grande città ma il fatto che siano tante le persone che vengono da fuori contribuisce a moltiplicare l’inventiva, “tradurre” altre idee, localizzare personalizzare spunti creativi. Con un effetto finale davvero notevole. Così, dopo aver gironzolato per bene ci siamo decisi di goderci la cabalgata dalle comode sedie allestite ai lati della via centrale, pronti per osservare con calma la sfilata.

Che poi le 7 siano diventate le 7 e mezzo e che il tutto sia iniziato alle 8, poco importa, lo spettacolo era già iniziato. Gli spalti si erano riempiti con calma, i marciapiedi grondavano di persone e ogni tanto si assisteva a qualche incursione dei gruppi organizzati, così potevi osservare un drappello di “strofinacci” o una squadra di riders con i loro ingombranti zaini ripieni di pizze, oppure dei funghetti ballerini e …cavalli a due piedi rivestiti di sgargianti costumi.

E poi alle 8, a suon di musica intensa e sgargiante, ecco dare il via alla processione dei carri; nuvole di confetti (così si chiamano qui i coriandoli!), lancio di stelle filanti, piroette, esibizione di costumi, idee e trovate originali… una passerella gradevole e divertente.

Ovviamente non può mancare l’album fotografico di questo Carnevale 2025

A spasso per la Melilla “del nord”

A spasso per la Melilla “del nord”

Eccoci di ritorno da una nuova “passeggiata” per Melilla insieme ad un gruppo di alunne del Progetto Alfa; di solito il pomeriggio siamo impegnati con lezioni di lingua, matematica, inglese (cosa mi tocca fare!) ma per variare il “menu” e per creare momenti di aggregazione ogni tanto ci sono questi pomeriggi a tema; uno spettacolo, la partecipazione ad un evento, una visita guidata.

Il buon Juan Antonio, che ormai conosce la città meglio di una guida locale, comincia a far fatica ad individuare nuovi percorsi, perchè Melilla è quel che è, un piccolo fazzoletto di terra i soli 12 km quadrati; ma ci si prova.

Così ieri abbiamo percorso e raggiunto nuove tappe; ma andiamo con ordine.

Di solito si parte alle 16, ormai, con febbraio in chiusura, le giornate sono già discrete, fino alle 19 abbiamo la luce del sole e la temperatura è niente male, anzi, il cielo un po’ nuvoloso ha evitato di sentire persino troppo caldo.

La prima tappa era il cimitero cristiano; qui a Melilla la pacifica convivenza tra cristiani, musulmani, ebrei e indu (senza dimenticare qualche altra “famiglia”, ma queste sono le 4 principali) si basa anche sul conoscere, rispettare e visitare luoghi speciali come questo. In un angolo del cimitero si trova anche il settore ebreo, mentre il cimitero musulmano è quasi agli antipodi, vicinissimo alla recinzione.

Poi ci siamo inerpicati per salire sempre più in altro, passando per i quartieri popolari, costeggiando il carcere e la sede delle suore RIM, che qui gestiscono una scuola dell’infanzia e un centro diurno.

Fin qui le case e i palazzi erano abbondanti, poi siamo entrati in zone più naturali, raggiungendo la polveriera militare (siamo nei pressi del poligono di tiro e spesso si sentivano i colpi delle esercitazioni; Melilla è un avamposto militare ben attivo).

Infine abbiamo attraversato il grande pianoro vicino alla pineta di Rostrogordo, che già avevamo visitato nello scorso novembre, fiancheggiato la caserma della Legione, il Centro Idrico per la distribuzione dell’acqua, con il suo grande deposito all’aperto (in realtà non proprio pienissimo, speriamo di non avere problemi nella prossima estate, perchè qui tutta l’acqua potabile viene praticamente prelevata e trattata dal mare).

Per finire il punto panoramico del Cerro de las Tres Coronas, che consente una ampia visuale della valla, la recinzione che circonda tutta la città (diciamolo pure, il panorama è suggestivo, ma l’effetto “gabbia per conigli” dato dalla recinzione, è sempre un po’ inquietante). E quindi si riprende la strada del ritorno.

Quasi 3 ore di camminata, con numerose soste, digressioni, incontri, fotografie di gruppo, scorci panoramici sul mare, ricerca di piante profumate e commestibili (ho persino trovato la rucola selvatica!). Un bel pomeriggio da ricordare.

E come al solito, il nostro album fotografico…

Le 3 facce della medaglia

Le 3 facce della medaglia

Qui a Melilla, dove ormai vivo da quasi 2 anni, si tocca con mano l’essere periferia dell’Europa, zona lontana e marginale, quasi in balia di complicati equilibri che regolano, ad esempio, i rapporti con il vicino Marrocco. Eppure la nostra è una città dove la tolleranza e la condivisione tranquilla tra i diversi gruppi linguistici gode di una riconosciuta fama. Sto aspettando che venga ri-presentato anche qui il testo del ricercatore Abderrahim M. Hammu che affronta il tema di come gestire la diversità religiosa sul nostro territorio, piú che altro per incontrare una persona che si dedica al dialogo in modo concreto (non è così facile incontrarle, queste persone…)

Ma siamo anche una zona di passaggio e il tema dei migranti è uno dei più caldi della zona. E’ vero, dopo la chiusura della frontiera a causa del Covid le cose sono cambiate bruscamente. Il flusso quotidiano di migliaia di persone che entravano e uscivano da Melilla favoriva ovviamente il passaggio di molte persone che cercavano non tanto un lavoro giornaliero, quanto di passare oltre, per giungere sulla penisola e iniziare così il loro percorso migratorio.
Adesso praticamente non passa più nessuno. La struttura del Ceti che ospita attualmente circa 800 persone, per il 60 % è occupato da sudamericani, poche le altre presenze.

Siamo a contatto con ragazzi dei centri di accoglienza per minori, i numeri sono piccoli, quindi gestibili; il principale ospita meno di 100 ragazzi, dai 13 ai 18 anni. Sono loro che ci raccontano come si fa a passare, essenzialmente a nuoto dalla zona vicina; ma è un passaggio che si pratica con la buona stagione, adesso è praticamente fermo.

Ecco allora che le notizie date dai giornali possono influire profondamente sul modo di percepire questo fenomeno.
Proprio ieri il Faro di Melilla, una delle principali testate online della città, sparava questo titolo allarmistico: Aumenta del 233,3% l’ingresso di migranti per via terra nella nostra città.
Inquietante, se una cosa aumenta più del doppio scatta in automatico un senso di allerta e di forte preoccupazione. I numeri sono numeri e grosso modo li avvertiamo tutti in modo simile.
Se il prezzo del caffè aumenta del 230%, bere un espresso al bar mi viene a costare quasi 5 €!

Poi l’occhio cade anche sull’occhiello della notizia, per capire meglio come stanno le cose:
da gennaio al 15 febbraio sono entrate nel nostro territorio solo 10 persone.

Dunque, si tratta di 10 persone soltanto, grosso modo gli occupanti di 2 macchine, due famiglie di media grandezza. Questo sarebbe il 233,3 %. Tutto sommato si tira un sospiro di sollievo, non sono numeri da invasione sfrenata o da allarme rosso.

Strano che proprio a Melilla questo tono sia così marcato. Sono anni che la frontiera è praticamente sigillata. Non si riesce nemmeno a far entrare un camion di pesce fresco per la rivendita locale (questo è il vero tema “caldo” di questi giorni); vista la cosa da questa prospettiva sembra quasi una piccola ripicca per una situazione fastidiosa che ormai si prolunga da anni.

Ma i titoli restano e si fa presto a diffonderli e distribuirli.
Sappiamo bene che il tema dei migranti è uno degli spartiacque della nostra epoca, combattutti come siamo tra il considerare questo fenomeno come un’emergenza o come un’opportunità, o almeno come una situazione gestibile. Chiaramente sembra impossibile gestire un trend in crescita del 230%; ma forse accogliere 10 persone in un mese e mezzo, per una città di oltre 80 mila abitanti non dovrebbe essere così difficile.

Sono le 3 facce di questa medaglia: paura, sopportazione, intervento. Aprire bene gli occhi, valutare con attenzione questo fenomeno, i suoi numeri e i suoi tanti risvolti dovrebbe essere la strada corretta per non subire in modo acritico la realtà.
Mantenere desta l’attenzione, anche nel leggere una notizia come questa, dovrebbe essere la norma. Diffondere notizie in modo più equilibrato, attento e meno “gridato” può essere un modo per favorire questa convivenza serena tra le tante componenti della nostra città e, in fin dei conti, del nostro piccolo mondo.