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Categoria: luoghi

Da Sidone al Progetto Fratelli

Da Sidone al Progetto Fratelli

E così arriviamo anche al nostro ultimo giorno di tour libanese. Oggi l’itinerario è verso sud, a una manciata di km dal confine con Israele. Quando si pronuncia questo nome bisogna sempre fare un po’ di attenzione, per capire con chi si sta parlando; i nostri amici e fratelli libanesi hanno un bel da fare a spiegarci le differenze, la storia, i problemi intercorsi.

Per noi è complicato e capire come mai qualche cristiano preferisca Israele (scottati per il problema dei tanti profughi palestinesi che hanno invaso il sud del paese) oppure si appoggi ad Hezbollah, la forza musulmana che comunque si è distinta nella resistenza contro l’Isis. Ma a quanto pare qui le liti e i problemi hanno radici lontanissime.

Dopo aver faticosamente attraversato gli ingorghi di Beyruth, che al mattino presto assomiglia a tutte le congestionate città dell’occidente, aver superato l’immenso cumulo di spazzatura in attesa di trattamento (anche da queste parti i problemi sono seri, soprattutto in questi mesi), aver cercato inutilmente turisti e ombrelloni sulle spiagge (che strano, sembrano accoglienti e selvagge, ma le nostre guide ci dicono che solo poche spiagge sono pulite e con acqua non inquinata…), ecco finalmente giungere alla biblica città di Sidone, l’attuale Sayda. E… diamo spazio alle crociate, ai francesi, ai genovesi, ai veneziani, che in questi porti hanno vissuto e lavorato per secoli. La prima tappa è proprio un antico castello francese, fatto costruire dal santo re Luigi; rimangono poche macerie, curiose tra l’altro (avete mai visto un muro dove al posto dei mattoni si usano “fette” di colonne romane?), ogni tanto passa un barcone con allegri gruppi di ragazzini, i grest estivi funzionano anche qui!

E poi entriamo nel cuore della vecchia Sidone, nel souk arabo a prevalenza musulmana, ben diverso dal pittoresco souk di Biblos, molto più signorile. Iniziamo dal caravanserraglio costruito dai francesi (ospita ancora il centro culturale francofono), semplice e ben conservato, sede di convegni e incontri. Ma appena si esce e si entra nei vicoli… si sperimenta veramente l’apoteosi del caos: portoni da cui straripano pacchi e prodotti, vetrine infarcite di mercanzia, sciami di donne velate che ondeggiano quasi a cullare le borse ripiene, venditori ambulanti di foglie di vite (!) da preparare e friggere in cucina (!!), viuzze monotematiche (prima tutti i ciabattini poi i meccanici, poi i macellai, con tanto di sciorinamento di frattaglie e interiore di animali penzolanti…). Talmente affascinante che riusciamo a perderci! Meno male che poi raggiungiamo in un modo o nell’altro la prossima meta, il museo del sapone della famiglia Audi, una pausa di fresco e di relax…

Prima del pranzo ci rechiamo sulle alture; c’è una grande chiesa, ancora in costruzione, anche qui i mosaici che l’adornano sono tutti di provenienza italiana, la chiesa è vicina ad una grotta speciale. La nostra guida, fr. Georges Trad, ci spiega che è un luogo “quasi” biblico. Un tempo queste erano zone di frontiera tra Israele e il popolo dei fenici, capitava spesso che qualche rabbi sconfinasse, come infatti i vangeli ci raccontano di Gesù, che opera anche nel basso Libano (o Alta Galilea); solo che le donne non avevano tutta questa libertà, così il gruppo dei supporter di Gesù, cioè sua madre e le altre donne, aspettavano il ritorno di Gesù in questa grotta, per questo qui si venera Maria “madre dell’attesa”. E davanti alla grotta un fiorente sicomoro ci accoglie con la sua ombra (e con i suoi originali frutti, che crescono direttamente sui tronchi), perché il sole anche oggi picchia solenne! Qualcuno scruta tra i rami per vedere se spunta anche Zaccheo…

L’appuntamento per il pranzo è a pochi passi dal mare, una riva impervia, onde consistenti, e anche qui nessuno in spiaggia. Nel ristoranti abbiamo l’appuntamento con tutto lo staff del Progetto Fratelli, arrivano fr. Migueles (fms) e Andrès (fsc) insieme a tanti volontari. Incontriamo volti noti, amici, qualcuno incontra ragazzi spagnoli a cui ha fatto scuola anni fa. Fa piacere vedere che oltre alle materie insegnate è passata anche la passione per qualcosa di più. Il Progetto Fratelli, che ormai ha 3 anni di esperienza, vede la collaborazione dei maristi e dei fratelli delle scuole cristiane, il target è molto concreto: i minori siriani in fuga dalle zone di guerra. Il piccolo Libano conta poco più di 6 milioni di abitanti ma ha accolto, a partire dal 2012, circa 1 milione di profughi dalla Siria in guerra, un numero imponente (mi fermo per non scivolare in critici confronti con la nostra Italia di oggi, situazione che sfiora se non il ridicolo sicuramente la perdita di ogni proporzione). Nei dintorni di Sidone c’è anche il più grande campo profughi palestinese ma le condizioni dei siriani sono davvero drammatiche. Sulle colline di Sidone i Maristi avevano costruito negli anni 60 una grande scuola, con l’inizio del conflitto, nel 1975, l’edificio si trovava proprio nel centro dei combattimenti, diventò impossibile continuare. L’edificio abbandonato venne occupato dall’esercito libanese; proprio grazie a questo non venne distrutto o saccheggiato. Ci sono stati restituite alcune zone della scuola (altre rimangono sotto il controllo militare, ma la scuola è decisamente grande e non si nota quasi). In questi locali, gradualmente riparati e ristrutturati, si svolgono oggi le attività di formazione e di alfabetizzazione.

La situazione non consente di avviare una scuola regolare, ma in questo modo si offre un’alternativa sensata a tutti quei minori che altrimenti resterebbero segregati e persi nei campi profughi senza un’occupazione e senza uno scopo. Quanti sono? Attualmente frequentano il campo oltre 500 minori, nei mesi estivi sono previste inoltre attività ricreative e più vacanziere, molti i volontari che giungono a dare una mano a questa realtà di frontiera. Chiediamo a fr. Andrès che ci accompagna nel tour della scuola come sono le relazioni con i musulmani (che sono la maggioranza dei bambini): “nessun problema, ovviamente non si fa un annuncio esplicito del vangelo, le famiglie e tutti i nostri ospiti sanno che siamo cristiani ma i valori e i contenuti che presentiamo e cerchiamo di vivere sono validi per tutti”; d’altra parte la Siria era già uno dei pochi paesi arabi dove i cristiani potevano liberamente vivere.

Intanto fuori arrivano dei ragazzi, inizia una partitella a pallone sul piazzale, poi spuntano alcune bambine, tutte felici perché oggi non c’è concorrenza e possono usare le altalene tutte per loro (oggi pomeriggio il centro è chiuso). Ma qui si sentono a casa e quando possono …vengono, visto che abitano vicino. Sono minori e profughi siriani, semplicemente sono bambini.
Per noi occidentali abituati dalla tv e dal clamore mediatico ad una visione netta, dove tutti gli arabi sono sempre visti sulla sponda nemica, questa visione più serena e tollerante è una bella novità. Invece di maledire il buio, qui veramente si accende una luce. Fr. Georges Hakim, che è venuto con noi, ci mostra la sua vecchia camera, gli ambienti della comunità (lui era qui come docente negli anni 70), i giardini esterni. Tra poco anche lui tornerà ad Aleppo per continuare la missione dei maristi blu, ci saluterà segnalandoci l’ultimo numero della “lettera di Aleppo” con i progetti e i sogni da trasformare in realtà, perché la guerra è solo “quasi” finita, la pace è ancora lontana…

Ed ecco l’ultimo album fotografico: da Sidone al Progetto Fratelli

Terra di madonne e santi

Terra di madonne e santi

E’ incredibile come ogni 20 o 30 m. lungo le strade, i sentieri, le rocce, i giardini, si incontrino nicchie con statue di santi, madonne, monaci oranti e profeti col braccio levato. I fratelli ci tenevano ogni tanto a segnalarcelo: “Questa è una zona quasi completamente cristiana… qui ci sono i Drusi, qui la maggioranza è sunnita…” e per marcare il territorio i cristiani hanno disseminato ovunque segnali ben evidenti (i musulmani si prendono la rivinciata con i muezzin amplificati a tutto volume!): edicole votive e statue di santi.

Così lunedì 29 il giro è stato essenzialmente alla scoperta di santuari, chiese e personaggi mistici. Iniziamo la discesa (da Faraya siamo a quota 1200 e dobbiamo sempre riprendere la via verso la costa) e tra un sali e scendi arriviamo nei pressi del Santuario di Nostra Signora del Libano; una chiesa ardita, moderna, che ricorda la carena di una nave ma anche lo slancio del cedro. Vicino c’è anche una statua della Vergine su un alto supporto. Alcune rampe di scalini e al primo passo si rimane un po’ spiazzati perché… ci sono delle scarpe sul pianerottolo, alcuni vanno scalzi!
Peccato però che la basilica è chiusa, oggi è lunedì e non ci sono “molti” curiosi in giro, ma grazie alla nostra guida, Pascale (che tra l’altro è la resonsabile della pastorale della scuola di Champville), riusciamo a convincere i custodi che appena sentono la composizione del gruppo (Spagna, Italia, maristi!) molto cortesmente ci spalancano le porte di questa spettacolare chiesa. Non capita tutti i giorni un trattamento così attento e cordiale. E veramente la chiesa è imponente, tutta in cemento ma non fredda, elegante e luminosa.

Ci rimettiamo subito in cammino per visitare un’altra chiesa, molto vicina a questa basilica, ma di fattura totalmente diversa: è una chiesa greco-cattolica e al suo interno ha un tesoro di icone e mosaici spettacolari. Piccolo dettaglio: tutta l’opera artistica è realizzata… in Italia 😉

Ci viene spiegata la simbologia e la struttura dell’iconostasi, quel separé così insolito che divide lo spazio dei fedeli dai celebranti; qui durante la consacrazione il mistero è totale, si chiudono letteralmente le porte e la visuale è nulla, solo la voce testimonia l’evento. Per noi cattolici è certamente un modo insolito, ma rivela una sensibilità e un’attenzione degne di rispetto… Ne approfittiamo per girare con calma sotto le cupole di questo tempio, ammirando i mosaici e le tante icone dipinte in ogni dove.

Ed essendo una chiesa greca sono sicuro di incontrare anche il mio san Giorgio, è quasi un obbligo e infatti, a difesa quasi dell’ingresso, ecco l’icona del cavaliere che uccide il drago! Nel vicino negozio di ricordi (tutto il mondo è paese), ne trovo anche altre versioni, insieme a tante altre riproduzioni, ciascuna col suo significato particolare. Perché le icone, quelle vere, richiedono tempo, preghiera, passione…

Ma si riparte, alla volta del santuario del santo Charbel. Per fortuna che oggi è una giornata tranquilla, se fosse il 22 del mese sarebbe praticamente impossibile giungere fin qui, dove si venera la tomba del santo e poco distante anche il suo eremo. Più che il luogo, la figura del santo, i dettagli delle costruzioni, meraviglia l’attenzione e la fede dei tanti pellegrini, alcuni visibilmente musulmani, perché questo santo è proprio un elemento comune, venerato anche nell’Islam. Perché il 22? è l’anniversario del più famoso miracolo di questo eremita che solo dopo la morte ha cominciato ad essere venerato; dopo aver guarito una persona con un intervento chirurgico miracoloso le ha poi detto di venire ogni 22 del mese in pellegrinaggio in questa chiesa. E’ Pascale che mi racconta i vari dettagli e poi aggiunge: “Questa persona è ancora viva, io la conosco, spesso vengo qui il 22 e c’è anche lei…”. Semplicità e concretezza.

La visita è ancora lunga, ci spostiamo sulla costa, verso nord e giungiamo fino a Jbeil, dove ci sono 2 scuole mariste molto vicine (e vengono gestite come un’unica entità). Alla nostra guida Pascale si aggiunge anche Anika, la segretaria tuttofare di questa scuola (stiamo parlando di un centro con oltre 2000 alunni!), donna appassionata del Libano e soprattutto della sua città. Una di queste è la più antica, risale al 1904, quando i maristi devono fuggire dalla Francia e disseminarsi per ogni dove. Qui si conserva anche il piccolo cimitero dei fratelli libanesi e… che sorpresa nel leggere anche vari nomi italiani, soprattutto di fratelli valdostani.

Ormai la giornata reclama un po’ di pausa, siamo ben oltre le 15 e ci si dirige verso il cuore antico di questa antichissima città. Il nome originale è quello famoso di Byblos e nel souk centrale si coglie tutto lo spirito d’oriente. Questa città vanta il primato di essere una delle più antiche del mondo ad aver sempre ospitato persone, senza interruzioni, e si parla di oltre 7mila anni di vita! Dopo il pranzo ci addentriamo anche noi per i vicoli di questo emporio variopinto e poi, stremati, tutti a casa, perché i km da macinare sono ancora molti e in preda al caotico traffico libanese!

Ecco l’album delle foto di lunedì 29 luglio – Santi e Madonne

Quando i romani facevano i Romani

Quando i romani facevano i Romani

data astrale: domenica 28 luglio: meta: la valle della Bekaa. E’ un nome che spesso associo a guerre, sconfinamenti, beduini in rivolta, scontri culturali. E forse non basta nemmeno… Scollinando dalla zona di Faraya ci arriviamo dopo una scarrozzata abbondante, che passa dagli chalet quasi-svizzeri della Libano bene (anzi, benissimo, prati rasati, costruzioni in legno, piste da sci e skilift, ordine e disciplina…) agli scenari di mezza montagna, con tende di pastori e greggi di capre che si accapigliano per i pochi arbusti presenti.

Poi, dopo aver superato le cime aride di questa catena del Monte Libano si scende rapidamente verso un’ampia valle, delimitata dai monti dell’antilibano (dopo c’è già la Siria). Qui i due fiumi importanti fanno pari e dispari, uno andrà a nord e l’altro proseguirà verso il sud, per infilarsi poi nelle acque di quei Tigri&Eufrate di biblica memoria. E cominciano i campi, patate, pomodori, ortaggi, una strana pianta (ehm, dovrebbe essere qualcosa che ad Amsterdam si può vendere liberamente e quella libanese sembra una delle migliori…), putroppo osserviamo anche tanta plastica e sporcizia un po’ ovunque, nonostante si debba spesso fare lo slalom tra un posto di blocco e l’altro (in questa giornata ne incontreremo almeno 6). Giunti a metà vallata si prende la grande strada che la solca tutta e si va in direzione nord, verso la grandiosa Baalbeck.

Baalbeck: uno viene dall’Italia, conosce Roma, ha girato per le vie di Pompei, ammirato l’anfiteatro di Capua, pensa di averle viste un po’ tutte le meraviglie romane. Ma poi arriva qui, a Baalbeck e la matassa si ingarbuglia. Prima ti portano a vedere una pietrona, immensa, impossibile quasi da muovere, lasciata ancora nella cava. Ma poi trovi le pietre sorelle, altrettanto immense, a fare da basamento ai templi di questo spettacolare sito archeologico. Dimensioni colossali, colonne che nemmeno a Roma si incontrano, misure da capogiro, tetti e costruzioni impressionanti.

Ti muovi tra le rovine e ti chiedi che impatto potevano avere in quel tempo certe opere colossali. E l’ammirazione cresce. Tempio di Giove, di Bacco e ovviamente di Venere (con tutte le declinazioni possibili), oggi ancora utilizzati e fruibili per concerti e spettacoli. Dall’epoca Fenicia fino a quella Ottomana (ma la nostra guida, il solerte fr. Georges Trad ci faceva notare che le aggiunte di matrice araba erano molto limitate…). Innovazioni tecnologiche di grande impatto, scalinate scavate nella pietra viva, non per sovrapposizione di gradini, statue e colonne gigantesche (quelle di granito, poi, una pietra del tutto assente dai territori limitrofi, giunte via nave dall’Egitto), frontoni innalzati a oltre 20 metri di altezza (chissà con quali macchinari, vien da chiedersi). Si resta a bocca aperta e si pensa alle buche di Roma, oggi, ai problemi a volte meschini e alle difficoltà burocratiche nel costruire ponti e strade. Veramente qui si avverte una Roma spettacolare.

Poi continuiamo la nostra scorribanda lungo la valle, per giungere fino a Ksara, una zona agricola molto vivace. Qui visitiamo una cantina rinomata, i vini Ksara. Era un’antica proprietà dei Gesuiti e, si sa, il vino da messa serviva anche qui. Il terreno era adatto, importarono i vitigni dalla Francia e iniziò la produzione. Oggi l’azienda è passata in altre mani e produce annualmente oltre 2 milioni di bottiglie di vino di alta qualità; per l’invecchiamento si sfruttano le cantine realizzate nel sottosuolo, circa 2 km di sotterranei a temperatura costante. Insomma, in vino veritas!

L’ultima tappa è nella cittadina di Zahle, luogo di origine di fr. Georges Trad, che gioca praticamente in casa; mangiamo nei pressi del fiume che attraversa la città e crea uno spazio fresco in una piccola valle, affollata di ristoranti e locali tipici; poi visitiamo una chiesa greco cattolica. Per noi, abituati ad una tranquilla monotonia italiana è sempre difficile cogliere le sfumature tra i vari riti e confessioni cristiane. Ma qui si va dagli Uniati agli Armeni passando tra le tante sfumature greche e bizantine…: la chiesa è un tripudio di icone e di rappresentazioni suggestive. Dobbiamo fare presto perché sta per iniziare un matrimonio. Ma l’addobbo floreale è così imponente che ci lascia quasi di stucco… con rose e fiori a non finire in bella mostra. Terminiamo sulla collina della città, dove ovviamente la fede cristiana ha messo come simbolo la Vergine, a protezione dei fedeli.

E capiamo che in queste terre non si tratta tanto di giochi di parole, il contrasto e lo scontro religioso c’è stato e le conseguenze si trascinano ancora, ma la figura di Maria è almeno un elemento che avvicina cristiani e musulmani, quasi in egual misura! Forse è la soluzione migliore per tentare il dialogo, senza troppe parole.

Ed ecco anche l’album della giornata

Da qualche parte, in Libano

Da qualche parte, in Libano

Probabilmente il nome non dirà molto, e nemmeno gli apparenti fori di proiettile sul cartello. Mi trovo per alcuni giorni in Libano, presso la casa estiva che i maristi hanno a Faraya; stiamo vivendo alcuni giorni di riflessione e il luogo stesso è un invito a procedere in questo senso. Perché essere nel Libano è sicuramente un’opportunità insolita e quanto mai interessante. Siamo arrivati (con me ci sono anche fr. Paolo e fr. Marco) sabato scorso e per una settimana vivremo questa avventura. Per arrivarci abbiamo attraversato mezzo Libano in salita (salite folli e ripidissime, adesso capisco perché in giro si vedono così tanti suv e macchinoni, se no vai a piedi!).

Ieri mattina, domenica, insieme ad altri amici abbiamo fatto un giro nei dintorni di questo luogo. Siamo in montagna, sui 1200 m. una conca ampia e puntellata di case, palazzi, condomini. Un piano regolatore che sconfina nel lancio dei dadi, case ovunque, collegate da strade a volte larghissime, a volte improbabili. Cartelli a discrezione, molta discrezione (quasi inesistenti). Abbiamo visto i luoghi delle famose sorgenti citate dalla Bibbia (dove scorre latte e miele), ma non si vedeva nemmeno l’acqua, incanalata per l’irrigazione, la statua del santo libanese per eccellenza, s. Charbel, con la sua mise che ricorda tanto i sequel di Assassin Creed; poi alcune rovine, dal fenicio al greco al romano. Tutti sono passati da queste parti. Sono almeno 7000 anni che l’uomo macina passi ed esperienze su questi monti e queste coste. A pochi km la Siria, a poca distanza la neve (qui d’inverno si scia); una splendida occasione per cambiare sguardo e aprirsi a dimensioni nuove.

E la prima novità è stata quella di dover fare i conti con una connessione internet quasi assente, qui siamo ancora al cavo, la velocità massima che riusciamo a sfiorare è veramente frustrante, ecco il report di speedtest.net:
PING ms; 47 DOWNLOAD Mbps 2.36/ UPLOAD Mbps 0.17
E pensare che solo un paio di anni fa era una velocità “accettabile”, come ci si abitua in fretta al meglio.
Per adesso mi fermo, tentando di mettere il link al primo album di foto
2019 – luglio, foto da Faraya

Allegre complicazioni digitali

Allegre complicazioni digitali

Bazzicando nel mondo digitale da diversi anni, ho maturato una sorta di via preferenziale per tutto ciò che potrebbe essere svolto, meglio, mediante la Rete. Dalla moneta elettronica alla cittadinanza digitale, dalla didattica alla crescita sostenibile… Chi mi sta vicino sopporta spesso con teneri sorrisini di benevola commiserazione, ma ci può stare 😉 così quando qualche giorno fa mi sono accorto di… aver perso un documento (anche qui stendiamo un velo pietoso), ho subito pensato che forse oggi esiste già un modo meno lento e farraginoso per effettuare almeno la denuncia di smarrimento. So bene che molti siti istituzionali si accontentano di elargire qualche informazione, pertanto speravo che esistesse un qualche servizio più versatile. Quindi via con la ricerca.

E in effetti esiste, è proprio possibile effettuare una denuncia online, ad esempio collegandosi al sito https://extranet.carabinieri.it/DenunciaWeb/denuncia.aspx
su questa pagina, abbastanza ben curata (sarebbe utile in partenza sapere QUANTE pagine e formulari bisogna compilare, perché dopo la 3a pagina si rischia di abbandonare il campo…) si inseriscono tutti i dati richiesti (dati identificativi, codice fiscale, tipologia del documento perso, elementi utili per l’individuazione inequivoca della persona, insomma, tutti dati molto sensibili) e ci si aspetterebbe che alla fine la denuncia possa effettivamente avere corso. Forse con lo SPID o semplicemente con una webcam per il riconoscimento effettivo di chi presenta la domanda, si potrebbe perfezionare questo strumento. Comunque esiste. Ma funziona ancora poco.

E dopo aver riempito tutti i campi ecco arrivare la risposta: non si è fatto altro che preparare la documentazione che comunque dovrà essere prodotta fisicamente presso lo sportello, carabinieri o polizia. Viene assegnata una finestra temporale di 2 giorni per presentare la domanda e ottenere così una denuncia effettiva.

Peccato, speravo in qualcosa di meglio, ma per lo meno avrei sveltito di molto le operazioni, visto che il testo della denuncia lo avevo preparato in maniera completa. Il bello, però, mi aspettava il giorno dopo, presso il locale ufficio della tenenza dei carabinieri.

Nulla da dire sulla cortesia e preparazione della persona di portineria incaricata di completare l’iter iniziato con la denuncia vi@web, veramente gentile e premuroso. Ma a quanto pare la denuncia a loro non sembrava essere arrivata (nonostante fosse indicato con precisione l’ufficio e avessi anche ricevuto una risposta, suppongo in automatico, di conferma).

Il povero operatore ha dovuto cercare, chiedere, smanettare un po’; gli ho mostrato la mail di conferma con tutti i dati necessari (viene prodotto un codice di attivazione per completar l’iter); nel frattempo chiedo quante denunce ricevono mediamente in un anno: “Questa è la prima che mi tocca fare, in tutto forse un paio all’anno“, gli propongo anche, nel caso fosse più semplice, di lasciar perdere tutta la trafila elettronica e procedere con una “classica” denuncia verbale. Ma ormai la “frittata” era in padella, quindi meglio (anzi, obbligatorio) completare il percorso. Intanto dietro di me iniziano ad arrivare spedizionieri per la consegna di pacchi, tecnici della fotocopiatrice, altre persone con richieste varie, qualcuno inizia a brontolare…
Morale della favola, per completare l’iter c’è voluto più di mezz’ora (mi piacerebbe conteggiare anche il tempo fisico necessario per recarmi in macchina presso la tenenza…in totale un’altra mezz’ora), poi una bella firma e il modulo era pronto, con tutti i dati che avevo già inserito online in precedenza. Un paio di timbri solenni e via, il gioco è fatto.
In rete è facile trovare altre “recensioni” poco lusinghiere, qualche giornalista, a ridosso dell’inaugurazione del servizio (che inizia in via sperimentale nel 2005!), aveva persino attivato un sondaggio per verificare la funzionalità di questo sportello online (ma il link non funziona più, sarà lo scoraggiamento…).

Una bella idea realizzata a metà, documentata in modo poco funzionale, che probabilmente in pochi useranno. Anche questo è un tassello della nostra Agenda Digitale.