Sfogliato da
Categoria: varia

Un san Giorgio a suon di libri…

Un san Giorgio a suon di libri…

Strano e simpatico giorno, il 23 aprile; come tutti i san Giorgio (e l’onomastico non si discute!) si ricordano le varie “incombenze” che la tradizione affida a questo santo popolare, forse originario dell’Armenia… soldato, liberatore di fanciulle, cacciatore di draghi, patrono di tante nazioni e località…

Ma qui in Spagna la ricorrenza odierna è famosa ed importante anche per un altra coincidenza: è l’anniversario di morte di Cervantes e di Shakespeare e quindi si celebra un giorno tutto all’insegna dei libri, della narrativa, della lettura: il dia del libro, per l’appunto.

In questa occasione la scuola lasalliana di Melilla si è veramente data da fare, superando ampiamente quello che si potrebbe mettere in piedi, chessoio, per un carnevale in maschera.

Ogni classe ha adottato un libro rinomato e si sono sbizzarriti per una intera mattinata. La porta della classe è diventata così la cover del libro e per entrare ancora meglio nel ruolo, ogni alunno (o quasi) si è travestito a tema; dalle superiori, ovviamente più sobri, ma nemmeno troppo, fino ai cuccioli dell’infanzia (e vi assicuro che entrare in una classe di 25 dalmati in bianco e nero fa il suo effetto!).

Poi le ricreazione e le attività che erano ovviamente a tema. Nel centro del cortile una bancarella per lo scambio dei libri, sempre a disposizione, con numerosi lettori appassionati. E per stimolare la voglia di leggere, si sono fatte delle maratone di lettura, ovviamente in costume, per dedicare tempo a questa specialissima attività.

Perchè è vero, se non si legge non si perde nulla di vitale, ma quando si legge, non ti puoi immaginare quello che puoi scoprire!

Naturalmente, ecco l’album fotografico del Dia del libro ’25

Rieccoci a Carnevale

Rieccoci a Carnevale

Venerdì c’era allerta gialla per la pioggia, sabato era prevista addirittura una bordata d’acqua eccezionale, allerta arancione e 80 mm di pioggia previsti. Abbastanza vero, avevamo persino lasciato la macchina nel cortile della scuola per darle una lavata (con la penuria che abbiamo qui di acqua… è la nostra strategia Laudato sii per non sprecarla!), e di notte un bel po’ di acqua deve essere scesa, a giudicare dalle ampie pozzanghere (e dai dati delle stazioni meteo locali)

Ma per il pomeriggio le cose erano quasi rientrate; nuvole e cielo pesante sì, ma fortunatamente l’acqua ci ha risparmiato.

Quest’anno avevo un accompagnatore d’eccezione, mio fratello Franco, che è venuto fin quaggiù per conoscere la nuova realtà in cui mi trovo; da buon giramondo fresco di pensione può finalmente godersi un po’ anche gli aspetti turistici di queste zone. Così nel pomeriggio ci siamo avventurati per il centro di Melilla, ben sapendo che la sfilata sarebbe iniziata dopo le 19, ma intanto si possono già scorgere i lati curiosi dei preparativi.

Tutto il centro era indaffarato a sistemare gli ultimi ritocchi per i carri, ciascuno con il suo tema ben evidente: lo spazio, Dracula, Mario Bros, fiori e puffi… la prima cosa che si nota è la fantasia ben distribuita. Non siamo in una grande città ma il fatto che siano tante le persone che vengono da fuori contribuisce a moltiplicare l’inventiva, “tradurre” altre idee, localizzare personalizzare spunti creativi. Con un effetto finale davvero notevole. Così, dopo aver gironzolato per bene ci siamo decisi di goderci la cabalgata dalle comode sedie allestite ai lati della via centrale, pronti per osservare con calma la sfilata.

Che poi le 7 siano diventate le 7 e mezzo e che il tutto sia iniziato alle 8, poco importa, lo spettacolo era già iniziato. Gli spalti si erano riempiti con calma, i marciapiedi grondavano di persone e ogni tanto si assisteva a qualche incursione dei gruppi organizzati, così potevi osservare un drappello di “strofinacci” o una squadra di riders con i loro ingombranti zaini ripieni di pizze, oppure dei funghetti ballerini e …cavalli a due piedi rivestiti di sgargianti costumi.

E poi alle 8, a suon di musica intensa e sgargiante, ecco dare il via alla processione dei carri; nuvole di confetti (così si chiamano qui i coriandoli!), lancio di stelle filanti, piroette, esibizione di costumi, idee e trovate originali… una passerella gradevole e divertente.

Ovviamente non può mancare l’album fotografico di questo Carnevale 2025

Le 3 facce della medaglia

Le 3 facce della medaglia

Qui a Melilla, dove ormai vivo da quasi 2 anni, si tocca con mano l’essere periferia dell’Europa, zona lontana e marginale, quasi in balia di complicati equilibri che regolano, ad esempio, i rapporti con il vicino Marrocco. Eppure la nostra è una città dove la tolleranza e la condivisione tranquilla tra i diversi gruppi linguistici gode di una riconosciuta fama. Sto aspettando che venga ri-presentato anche qui il testo del ricercatore Abderrahim M. Hammu che affronta il tema di come gestire la diversità religiosa sul nostro territorio, piú che altro per incontrare una persona che si dedica al dialogo in modo concreto (non è così facile incontrarle, queste persone…)

Ma siamo anche una zona di passaggio e il tema dei migranti è uno dei più caldi della zona. E’ vero, dopo la chiusura della frontiera a causa del Covid le cose sono cambiate bruscamente. Il flusso quotidiano di migliaia di persone che entravano e uscivano da Melilla favoriva ovviamente il passaggio di molte persone che cercavano non tanto un lavoro giornaliero, quanto di passare oltre, per giungere sulla penisola e iniziare così il loro percorso migratorio.
Adesso praticamente non passa più nessuno. La struttura del Ceti che ospita attualmente circa 800 persone, per il 60 % è occupato da sudamericani, poche le altre presenze.

Siamo a contatto con ragazzi dei centri di accoglienza per minori, i numeri sono piccoli, quindi gestibili; il principale ospita meno di 100 ragazzi, dai 13 ai 18 anni. Sono loro che ci raccontano come si fa a passare, essenzialmente a nuoto dalla zona vicina; ma è un passaggio che si pratica con la buona stagione, adesso è praticamente fermo.

Ecco allora che le notizie date dai giornali possono influire profondamente sul modo di percepire questo fenomeno.
Proprio ieri il Faro di Melilla, una delle principali testate online della città, sparava questo titolo allarmistico: Aumenta del 233,3% l’ingresso di migranti per via terra nella nostra città.
Inquietante, se una cosa aumenta più del doppio scatta in automatico un senso di allerta e di forte preoccupazione. I numeri sono numeri e grosso modo li avvertiamo tutti in modo simile.
Se il prezzo del caffè aumenta del 230%, bere un espresso al bar mi viene a costare quasi 5 €!

Poi l’occhio cade anche sull’occhiello della notizia, per capire meglio come stanno le cose:
da gennaio al 15 febbraio sono entrate nel nostro territorio solo 10 persone.

Dunque, si tratta di 10 persone soltanto, grosso modo gli occupanti di 2 macchine, due famiglie di media grandezza. Questo sarebbe il 233,3 %. Tutto sommato si tira un sospiro di sollievo, non sono numeri da invasione sfrenata o da allarme rosso.

Strano che proprio a Melilla questo tono sia così marcato. Sono anni che la frontiera è praticamente sigillata. Non si riesce nemmeno a far entrare un camion di pesce fresco per la rivendita locale (questo è il vero tema “caldo” di questi giorni); vista la cosa da questa prospettiva sembra quasi una piccola ripicca per una situazione fastidiosa che ormai si prolunga da anni.

Ma i titoli restano e si fa presto a diffonderli e distribuirli.
Sappiamo bene che il tema dei migranti è uno degli spartiacque della nostra epoca, combattutti come siamo tra il considerare questo fenomeno come un’emergenza o come un’opportunità, o almeno come una situazione gestibile. Chiaramente sembra impossibile gestire un trend in crescita del 230%; ma forse accogliere 10 persone in un mese e mezzo, per una città di oltre 80 mila abitanti non dovrebbe essere così difficile.

Sono le 3 facce di questa medaglia: paura, sopportazione, intervento. Aprire bene gli occhi, valutare con attenzione questo fenomeno, i suoi numeri e i suoi tanti risvolti dovrebbe essere la strada corretta per non subire in modo acritico la realtà.
Mantenere desta l’attenzione, anche nel leggere una notizia come questa, dovrebbe essere la norma. Diffondere notizie in modo più equilibrato, attento e meno “gridato” può essere un modo per favorire questa convivenza serena tra le tante componenti della nostra città e, in fin dei conti, del nostro piccolo mondo.

Cultura Tamazigh

Cultura Tamazigh

Siamo abituati ai capodanni molteplici, quello ebreo (con la festa di Hannukah), quello hindu (con la festa del Diwali), quello cristiano e sociale, con i suoi riti di fuochi artificiali e acini d’uva da ingurgitare prima della mezzanotte…

Ma poi ci sarebbe quello cinese, quello dei magistrati, quello scolastico; una selva di capodanni. Qui a Melilla assume un significato particolare la festa di Yennayer, primo giorno dell’anno Tamazigh, che quest’anno cadeva tra il 12 e 14 gennaio.

Per la cultura Tamazigh siamo già nel 2975, visto che si parte da molto lontano. C’entra un antico faraone, qualche pasticcio con le date e l’influenza latina… Scriverlo con i caratteri propri della lingua non sembra nemmeno un arabesco (l’alfabeto Tamazigh è molto diverso), sembrano più le cornicette che si facevano ricopiare ai bambini per fare pratica con la penna…
Eccolo scritto qui il termine : ⵢⴻⵏⵏⴰⵢⴻⵔ (e come lingua il Tamazight è anche disponibile su Google Translate, però nella sua codifica con caratteri latini).

E non so proprio cosa mi abbia scritto sulla mano la nostra amica Fadela, seguendo il rituale antico dell’hennè, che si utilizza proprio in occasione delle grandi feste. Rifiutarsi sarebbe quasi un gesto di sfiducia…

Anche i termini aiutano a far confusione, qualcuno la chiama cultura berbera, usando anche il nome antico “bereber” (esatto deriva proprio dal termine latino barbaro nella sua accezione di straniero), e anche il nome locale Tamazigh si incontra come Amazigh (che significa “uomo libero”, niente male…)

Riflettere e ricercare informazioni su questa cultura Tamazigh, molto diffusa in questa zona Nord del Marocco, è interessante. Soprattutto perchè sembra che i curiosi e gli appassionati siano soprattutto gli stranieri, non tanto i locali. Ma la storia passata è utile per capire questo paradosso.

A “riscoprire” la cultura degli antichi abitanti della zona del Rif (il Nord Marocco) sono stati per primi i francesi, poi gli spagnoli, finalmente anche i marocchini; dal 2011 la lingua tamazigh è infatti riconosciuta come la seconda lingua nazionale del Marocco… secondo le statistiche è parlata da un 30% della popolazione (ma nella nostra zona siamo ben oltre l’80%).

Arrivato qui a Melilla l’idea balzana di mettermi a studiare un po’ di arabo (e quale poi? viste le tante varianti e differenze) è sfumata presto, una volta compreso che la maggior parte delle persone di questa zona non la utilizza come lingua madre, visto che parlano proprio il tamazight.

La festa che la città vive con partecipazione si inserisce nel solco del rispetto delle tante voci che animano Melilla; e la voce Tamazight è davvero ricca di colori, suoni, sapori originali, come lo splendido vestito che la nostra amica Fatima indossava durante i festeggiamenti, dono prezioso della mamma…

Qualche foto della festa tamazigh

A spasso per l’Andalucia

A spasso per l’Andalucia

E sono così giunto al secondo natale andaluso, a spasso tra le città più interessanti di questa zona spagnola, in particolare Almeria, Granada e Cordoba. Una pausa pittoresca e gradevolissima.

La vigilia e il giorno di Natale si sono incastonati nella cornice di Almeria, insieme alla piccola comunità lasalliana (che però vive in una scuola decisamente grande, occupa una bella zona a fianco della Rambla di Belèn, che nel periodo natalizia è sempre pieno di gente, mercatini, addobbi e luci. Alla vigilia di Natale siamo riusciti a cogliere, giusto in tempo, il tramonto del sole nello splendido scenario di Capo de Gata… e di notte ci siamo goduti lo spettacolo nella piazza antistante la cattedrale, inondata di luci e musica.
Nella cattedrale-fortezza abbiamo avuto la sorpresa di ascoltare una messa accompagnata dal coro e dagli strumenti sudamericani: mandolini, chitarre, flauti, charangos… tanta vitalità e musica, una vera festa. Poi abbiamo salito i tanti scalini che conducono all’Alcazaba, la fortezza araba che presidiava la città, ristrutturata da poco e ancora disseminata di cantieri.
E aprofittando dell’occasione, ho girato un po’ per il centro, visitando uno dei pochi musei della chitarra di cui abbia notizia, realizzato in Almeria a ricordo del maestro liutaio Antonio de Torres che ha definito i canoni della chitarra flamenca… Nella sala principale c’è una riproduzione gigante di una chitarra ed è veramente insolito entrare nella sua cassa armonica, vedere le catene e i tiranti, le vertebre di legno che sostengono questo polmone musicale… Prima di lasciare la città ho trovato persino una bici per girare con un po’ più di respiro i luoghi cittadini, in particolare la lunga pista ciclabile che costeggia il mare lungo la zona a nord; deliziosa e assolata; per essere a fine dicembre, un vero regalo.
E tra uno spostamento e l’altro Huan Antonio continuava a ripeterci che l’unico prodotto umano che si riesce a vedere dalla luna non è la muraglia cinese, ma l’immensa distesa di serre di Almeria, il mar de plastico! Provare per credere (basta farlo con Google Maps).

La tappa successiva è stata nuovamente la città di Granada, che è diventata la nostra base (soprattutto mia e di Ventura); qui la comunità marista è molto variegata, ci sono 4 fratelli e 2 famiglie, ciascuna con 2 figli. Una bella realtà davvero speciale e in questi giorni abbiamo assistito un po’ a tutte le composizioni possibili, perché nei giorni di festa la regola è proprio … la fantasia. Con l’amico Alfredo, che lo scorso anno mi aveva portato allegramente nel quartiere semi-rupestre dell’Albayzin, questa volta siamo andati al piano della Pernice, una zona di montagna che si raggiunge passando proprio al fianco dell’Alhambra; era con noi anche Paco, da poco nominato provinciale della zona marista dell’Asia, un amico che non vedevo da tanto tempo, con il quale scambiare interessanti scambi di opinione, confontandosi con la sua esperienza asiatica, avendo vissuto in India, poi nelle Filippine e ultimamente in Sri-Lanka, davvero uno sguardo differente sulle cose…
Ma Granada è un tesoro ad ogni passo e sono le gambe a faticare per star dietro a tutti i desideri. Qualcuno lo avevo preparato col calma, sbirciando in qualche storia di Instagram e altri siti, ben sapendo che se tu inizi a cercare qualcosa, quasi in automatico ti piovono addosso annunci sullo stesso tema… finchè si tratta di località da visitare (o ricette di cucina), a volte può persino essere utile.
In questo modo ho scoperto gli spettacolari giardini del Carmen de los martires, quasi dirimpetto all’Alhambra; ingresso libero, panorami ampi sulla città, luoghi ben curati, laghetti e piante, se poi sei fortunato incontri anche i pavoni che girano liberamente tra i vialetti…

L’ultimo dell’anno siamo andati a passarlo… nella comunità marista di Granada, che avevo già visitato lo scorso anno. Tutti mi decantano i cortiletti interni, i patios cordovesi, ma se continuo ad andarci in pieno inverno sarà duro vederli in pieni fioritura, Ma intanto ho esplorato abbondantemente le strade del centro storico. Quest’anno senza nessuna meta, con il preciso intento di perdermi per le stradine (in spagnolo esiste un verbo speciale per indicare questo modo spensierato di girare: callejear, imparato anche questo), in questo modo ho scoperto la grande piazza de la Corredera, e vista l’ora mattutina, anche la sorpresa di vederla completamente vuota. Mi dice Juan Antonio, l’amico con il quale ho condiviso l’ultimo anno a Siracusa, che è davvero raro vederla vuota, visto che quasi sempre è invasa dai tavolini dei bar che spuntano come funghi nel piazzale. Ho avuto così l’occasione di incontrare anche Kike, oltre a Juan Antonio e vedersi dal vivo, quasi come una ricorrenza annuale, sta diventando un gradito memoriale.
E anche Cordoba non manca di fascino; vicoli stretti dove due persone passano a fatica (quando passano! visto che spesso per farsi i selfie bloccano completamente la stradina! 3 minuti buoni di attesa per l’immancabile coppietta alla ricerca della inquadratura migliore…), i resti del tempio romano con le svettanti colonne (fin troppo bianche e restaurate, si fatica a credere che sono state recuperate da pochi decenni, dopo secoli di abbandono) e naturalmente restare a bocca aperta per la Cattedrale-Mezquita. Ho ascoltato il vescovo Demetrio nella messa solenne del 1 gennaio, festa della Theotocos, tra la musica imponente del grande organo e il coro ufficiale; fin troppo spettacolo, e poche occasioni per ricordare che proprio la figura di Maria è quella che esercita una funzione di ponte culturale e religioso con l’Islam. In questo luogo che ha visto entrambi le fedi prostrate, potrebbe essere un elemento comune da valorizzare…