E pedaliamo fino a Cassibile…

E pedaliamo fino a Cassibile…

2 giugno: finalmente si può riprendere il via senza troppi pensieri. Così per assaporare un po’ le strade con la dovuta calma, me ne parto dalla nostra nuova casetta abbastanza presto.

Sono le 7:45 quando inforco la bici e mi avventuro verso …il sud. In teoria mi sarebbe piaciuto dare un’occhiata alle zone verdi, al torrente, ai laghetti, ma per oggi può andar bene anche solo una esplorazione sommaria.

Poca gente ancora in giro, bel tempo ancora fresco, strada tutto sommato pianeggiante, anche se alcuni pendii si fanno un po’ sentire, soprattutto prima di giungere a Cassibile.

Quando supero il centro abitato scorgo sulla sinistra il campo dei braccianti, di cui troppo spesso si parla. Condizioni al limite del buon senso, criticità a non finire, problemi da troppo tempo irrisolti. Verrebbe da chiedersi perché i container che lo scorso anno stavano per essere destinati a questa situazione siano ancora bloccati in Siracusa… certamente il lockdown non ha facilitato le cose, speriamo che adesso il nuovo decreto per l’emersione e regolarizzazione dei contratti possa dare un contributo forte al problema. Intanto ammiro sulla destra il complesso della Chiesa del Marchese Loffredo (testuale, sic), mentre una volante sta controllando alcune vetture…

Proseguo in discesa (troppa discesa, da scontare subito dopo!) fino al fiume Cassibile, che supero per poi …tornare indietro, ma seguendo la strada per Fontane Bianche. E sarà meglio così, campagna, olivi, piante, grano che aspetta ancora di essere mietuto. Poi arrivano le case di questo villaggio di seconde case, molte delle quali un po’ abbandonate e derelitte. Ma il luogo sarebbe spettacolare… Le viuzze laterali che portano alle spiagge hanno nomi da convention diplomatiche: “Mar di Norvegia…”.

Ma so già dove fare una tappa particolarissima, che ho già visitato tempo fa, i vivai Cuba. Questa volta entro con calma, chiedo alla gentilissima signora di poter girovagare liberamente e di scattare qualche foto. Anzi, chiedo conferma dell’estensione, mi risultavano 18 ettari di serre e vivaio. Mi corregge: sono 25… e non è colpa dell’inflazione, ma degli ultimi ampliamenti.

Vale davvero la pena avventurarsi nelle serre, tra le sterminate quantità di succulente in vaso, come plotoni pronti alla parata. Ma ci sono soprattutto angoli e scorci dove la natura sembra riprendere il sopravvento, dove le piante grasse, le cactacee e altre spettacolari essenze si fondono con le sterpaglie locali, i fiori di convolvolo, altre piante meno esotiche. L’effetto è suggestivo e vale sicuramente la visita.

A prima vista sembra il posto ideale come location per matrimoni e convention. Invece la direzione dei Vivai mi fa sapere che “non organizzano eventi e meno che mai matrimoni. Il GIARDINO DELLE PIANTE MADRI è essenzialmente uno spazio espositivo attraverso il quale vengono studiate le piante in esterno, per raccogliere semi e talee delle piante che sono ritenute più interessanti per la produzione ed è quel luogo dove di tanto in tanto si possono anche identificare nuove varietà derivanti da incroci spontanei”.

Si vede che credono fortemente in questa proposta e vi si dedicano con passione e competenza. Complimenti.

Rientro a casa in meno di 3 ore dalla partenza, in tutto sono una quarantina di km. Ogni tanto mi sfrecciano al fianco velocissimi grumi di ciclisti “doc”, belli in divisa sgargiante, a sfruttare l’effetto volata del primo. Io proseguo tranquillo, il mio ritmo è quello del curioso pedalatore di corsie esterne, senza fretta e senza cronometro. Oggi ne valeva proprio la pena.

Inutile dire che le foto delle piante dei Vivai Cuba oggi sono il focus principale. A dire il vero il gusto personale nel riprendere le foto può quasi mettere in evidenza solo il lato “naturale e quasi selvaggio” dei vivai, senza evidenziare il gran lavoro professionale di chi vi opera. Ma che si può intuire dalla grande varietà ed estensione degli spazi, dalla cura ordinata delle serre, dalla sistemazione degli scorci…, più che un vivaio, quasi un parco.

Ri-pronti, ri-a-posto, ri-via

Ri-pronti, ri-a-posto, ri-via

Sarà che a Siracusa il tasso di contagi si è sempre mantenuto molto basso (non abbiamo superato le 100 persone ricoverate, se non sbaglio), comunque l’impressione di questi primi giorni di ripartenza è abbastanza tranquilla. E tutto sommato anche abbastanza responsabile; fa piacere vedere che la mascherina, in pratica l’elemento clou per ricordare a tutti che non stiamo vivendo momenti normali, sia così diffusa. Speriamo che duri il tempo necessario.

L’estate è ormai evidente, con il suo azzurro mare e il caldo. Le strade si sono rianimate, la Borgata sta tornando alla quieta confusione normale, i negozi sembrano sulla strada della normalizzazione… chiaro che manca ancora molto. La coda davanti alle poste è ogni giorno un caos poco organizzato, con gente a zonzo sui marciapiedi di entrambi i lati, senza mai capire come funziona (dovrei ritirare un pacco ma tremo al pensiero di sorbirmi ore di attesa, meno male che abbiamo la sede a 20 m. e questo aiuta, ma senza un numero di attesa è anche un problema aggiunto).

Una cosa invece davvero imprevedibile è stato l’incontro che ho avuto a causa della sanificazione della sede. Avevamo bisogno di una documentazione ineccepibile per la sede del CIAO, d’accordo con il nostro mitico avvocato avevamo pensato di poter almeno esibire un documento formale. Quindi ci siamo messi alla ricerca di una ditta per la sanificazione.

A Casa Caritas, dove siamo ancora alloggiati, avevano effettuato proprio questa sanificazione, così mi ero fatto dare il numero. Poi avevo inviato un paio di messaggi per il contatto, la richiesta del preventivo ecc. Ma questo preventivo non stava arrivando e avevamo un po’ di fretta. E allora insisto un po’ per velocizzare.

La persona mi risponde subito dicendo: “Senti il mio capo, così fai prima” e mi manda il contatto del responsabile. Un cognome che tanto tempo fa mi era familiare, Poerio, ma si sa, i cognomi sono sparsi come il prezzemolo in Italia e la statistica è fatta per dare i numeri, più che per sistemarli.

E invece, quando finalmente chiamo, dopo i convenevoli la voce mi chiede: “Ma con i maristi che cosa avete a che fare?”. Curiosa come richiesta, qui a Siracusa fino agli anni 50 c’è stata anche una casa dei Padri Maristi, qualcuno ancora se li ricorda…, ma quando gli rispondo che tanto per cominciare io sono un fratello marista, ecco che si allarga la sorpresa, “perché mio fratello che adesso non c’è più, era un fratello marista”. Ma allora tu sei il fratello di Antonio? Non mi dire… che ci fai qui a Siracusa, ma non eri a Genova… quanto tempo…

Era proprio lui, Gianni, il fratello di Antonio, che è mancato nel 2015. Erano gli anni della formazione, del noviziato, del tempo passato insieme a Velletri. Nella foto Antonio è quello a destra di Giovanni Paolo II, invece sulla sinistra ci sono Marco, Paolo, Claudio e fr. Eugenio. Per mania di protagonismo io sono sicuramente quello esattamente dietro la testa del papa, quindi invisibile, ma c’ero. Avevamo appena terminato la partecipazione alla messa con il Papa, insomma, non capita tutti i giorni. E con Marco avevamo persino suonato la chitarra, insomma, una prova del fuoco! Mi era rimasta così impressa quella mattina, a Castelgandolfo, accompagnati da Onorino, che quella presenza me l’ero venduta molto bene quando poi sono capitato a Genova. Ricordo che uno dei primi anni allo Champagnat abbiamo preparato le cresime. Restava il dubbio dei canti e di come accompagnarli. Per me e Marco non c’era nessun problema: chitarra e organo, ovviamente.

Ma a Genova regnava ancora Siri, il principe cardinale, una presenza non sempre facile da conciliare con certi “adattamenti”. E infatti quando è entrato nella cappella e abbiamo iniziato a suonare… non ci ha guardato con troppi sorrisi. Alla fine infatti mi aveva detto: “Si ricordi che questi strumenti per la Chiesa non vanno mica bene”. Così ho potuto rispondergli che quando avevo suonato alla messa con il Papa non c’era stato nessun problema, anzi… Ma il card. Siri era una grande persona e non si perdeva in queste piccolezze. Poi venne Canestri 🙂 si scelse come segretario l’ultimo dei pretini del seminario (anzi, non era stato ancora ordinato) e le cose cambiarono, decisamente in meglio!

E questo era per Antonio. Con il fratello Gianni, che si è fatto invece un dovere nel darci una mano e sanificare gratuitamente i locali del CIAO, è ripreso così un contatto che ci farà piacere continuare nel tempo.

Ci ha sanificato la sede con l’ozono, ha sistemato i condizionatori, rilasciando i certificati necessari e promettendoci di sistemare prossimamente quanto ancora resta da fare. Come se non bastasse aveva invitato anche un suo amico, presidente della Consulta Civica di Siracusa, per fargli conoscere il nostro centro. Piccoli tasselli di amicizie che aiutano reciprocamente nel lavoro di ogni giorno. Soprattutto quando questo “lavoro” è schierato dalla parte dei più deboli e fragili.

Intanto, grazie Antonio.

La scuola in cui credo…

La scuola in cui credo…

Giusy, una delle mie prof preferite 😉

Proprio oggi, per la prima volta, le scuole paritarie italiane, in particolare quelle cattoliche che fanno riferimento alle varie associazioni, Fism, Fidae, CdO per limitarsi alle più rappresentative, incrociano le web-cam per un gesto di rumore insolito. La campagna #NoiSiamoInvisibili è un grido di allarme molto forte che per tante, troppe scuole paritarie, potrebbe essere il canto del cigno. Le informazioni e i dati precisi sono noti da anni; le scuole paritarie accolgono più di 800mila alunni, a fronte di una platea nazionale di circa 8 milioni. A spanna siamo al 10%, ma per quanto riguarda il finanziamento di questa scuola dichiarata pubblica per legge (con la L.62/2000) i numeri sono impietosi. Basta pensare che nel decreto Rilancia Italia la stessa CEI (che per tanti anni ha mantenuto un profilo davvero minimo su questo aspetto educativo) rileva che «Le forme di sostegno poste in essere dal decreto Rilancio – in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, a seguito delle misure adottate per contrastare la pandemia – ammontano a 65 milioni per le istituzioni scolastiche dell’infanzia e a 40 milioni per le scuole primarie e secondarie, a fronte di un miliardo e mezzo destinato alla scuola tutta. Numeri davvero ridicoli per le famiglie che si ritrovano doppiamente discriminate.

Una presentazione seria del problema, dei dati in gioco e dei valori non negoziabili di libertà e diritto si possono trovare sui molti siti ufficiali a cominciare da quello Fidae.it e sulle pagine di Avvenire.

La “pasionaria delle paritarie”, sr. Monia, in questi giorni è particolarmente attiva e in fibrillazione; scrive, interviene, spiega… lo fa ormai da anni, spesso senza un meritato riconoscimento,

Siamo ancora e spesso in contatto e in questi momenti abbiamo cercato insieme un filo diretto con un nostro ex-alunno super partes, il Presidente Mattarella. Gli abbiamo fatto pervenire i punti essenziali di questa situazione drammatica, ben sapendo che proprio la sua situazione e il suo stile lo manterranno sicuramente al di fuori dei dibattiti. Ma è anche vero che spesso i suggerimenti e i consigli possono giungere da lidi anche distanti, come questa testimonianza, sempre legata a testimoni significativi.

Spesso i più riluttanti a mettersi in rete, cercare soluzioni e strategie comuni sono proprio le scuole cattoliche, gi in affanno per tanti aspetti organizzativi. Per alcune è visibile lo stallo operativo che porta a prolungare una dignitosa sussistenza e forse poco più, ormai rassegnate a non ottenere questo riconoscimento di diritto. Altre più battagliere e comunque dinamiche. Sullo sfondo i grandi assenti: i genitori, che troppo spesso si rivolgono alle scuole cattoliche con finalità più di convenienza che di convinzione.

E siccome prevedo che in molti oggi ne parleranno, ecco una piccola rassegna di interventi, di vario tipo

volontario temp

volontario temp

Non so quanti PC, tra scuola amici fratelli e semplici conoscenti, ho avuto tra le mani per avviare al servizio; ma una delle prime cose che sempre era necessario fare era creare una cartella per le cose provvisorie, per fare le prove, metterci file e programmi da sistemare… temp è il nome classico di questa cartella: C:\temp il suo indirizzo preciso.
Insomma, niente di più duraturo di una cosa temporanea; ancora adesso sul mio ultimo PC fa la sua bella figura e mi serve per un sacco di cose. Eternità del provvisorio, verrebbe da dire!

Fin dai primi giorni di questa quarantena, spesso rilassati e talvolta un po’ troppo leggeri, avevo cercato qualche opportunità per utilizzare meglio questo tempo. Almeno qualcosa di …provvisorio. Il nostro centro (il CIAO) era forzatamente chiuso, i ragazzi, i bambini e i tanti amici che lo frequentavano ogni giorno relegati tutti ai domiciliari. E siccome nella nostra comunità abbiamo un debole molto forte per la Croce Rossa, che da queste parti è sempre in prima linea sul tema dei migranti, degli sbarchi e degli accoglimenti, era quasi scontato rivolgersi a loro, alla CRI.

Anche perché il corso di formazione che solitamente si teneva in primavera per quest’anno sembra saltato d’ufficio. E così, consultando il loro sito per diventare volontario temporaneo della Croce Rossa, avevo segnalato la mia disponibilità, fin dal mese di marzo, insieme a Rosa. Nina invece è già volontaria CRI da tempo!

Dopo qualche giorno è arrivata la conferma, insieme alla richiesta del certificato di …sana e robusta costituzione (e comunque la mia dottoressa è stata veramente disponibile, nonostante questi strani tempi).

Qui a Siracusa in questo modo si è formato un gruppetto, una dozzina di persone; naturalmente c’è stata una sessione di formazione, logicamente online, durante la quale ci siamo almeno visti di sfuggita e abbiamo ripassato alcuni dei tempi formativi necessari (il codice etico della CRI, le norme essenziali per un intervento in sicurezza…).

Finalmente siamo anche passati all’azione; dopo aver dato la nostra disponibilità oraria i responsabili locali hanno sistemato il primo timetable settimanale. E giovedì mattina, quasi alla fine di aprile, ho avuto il primo impegno.
Logicamente è una attività di supporto, nessuna emergenza.
Si tratta di fare cose semplicissime: portare dei medicinali presso le case di alcune persone, oppure fare e portare la spesa. Siccome nella mattinata era coinvolta anche Nina, siamo partiti insieme per recarci alla sede della CRI di Siracusa, nella zona vicino al tribunale, in Via S.Orsola. Poi insieme al responsabile, via per le attività: passare da una famiglia per prendere la ricetta, recarci alla farmacia dell’Ospedale Umberto I per ritirare il farmaco, altra commissione presso l’Ospedale Rizza e altra medicina, da portare questa volta ben più lontano, in un paesino distante diversi chilometri. Il tutto nell’arco di una mattinata. L’impegno si svolge solitamente dal lunedì al venerdì.

Essere in due è sempre una garanzia di sicurezza e di efficacia, non perché il compito sia così impegnativo… Vedremo adesso se con la fase 2 gli interventi si intensificheranno oppure no. La disponibilità rimane.

Passeggiando tra i locali della CRI, pieni di attrezzature, cartelloni per i corsi, ambienti per la formazione e gli incontri… pensavo a tutte queste coincidenze, visto che proprio in questi giorni, aiutando il nostro amico Omar a prepararsi per la maturità, avevamo da poco ripassato le guerre di indipendenza italiane. Gli avevo proprio parlato della battaglia di Solferino (1859) e della tragicità degli scontri a fuoco di quell’epoca, con centinaia di feriti che venivano poi abbandonati sui campi di battaglia. Quando andavamo in gita di classe con gli alunni (di Genova, di Milano…) una salita sulla torre di Solferino era una tappa obbligata. Mi ero spinto persino a spiegargli cosa si intendeva per “misericordia“, quella mazzetta appuntita che serviva per dare il colpo di grazia ai moribondi… (se passate dal piccolo museo garibaldino di Quarto, edificato a ricordo della spedizione dei Mille, ne potete vedere qualche esempio).
Proprio da quei disastri, da quelle emergenze, è partita l’idea di H. Dunant per fondare un servizio che ancora oggi ha tanti campi di impiego.

Se proprio non puoi eliminare il buio, almeno accendi una luce…

Il giorno della terra, per s.Giorgio

Il giorno della terra, per s.Giorgio

Nomen Omen, direbbe qualcuno. E chiamarsi Giorgio ha sicuramente i suoi vantaggi. Ad esempio non sapevo mica che il mio personaggio preferito avesse visitato persino la Brianza e anche in quei luoghi si era dilettato nel salvare principesse e risolvere soprusi… Io mi ero soffermato su questo portale di Via Prè, a Genova, scoperto e immortalato qualche mese fa, prima della quarantena!

Ricordo un 23 aprile del 2004 (fa sempre un certo effetto rivedersi con quasi 20 anni di meno!), mi trovavo a Gerusalemme e mi ero ritagliato un po’ di tempo per girare senza meta nei vicoli della città vecchia. Mi sono imbattuto quasi per caso (“caso”, direbbe qualcuno, è uno dei tanti soprannomi della Vita, più che del destino) nei pressi della chiesa di s.Giorgio degli Armeni, il loro protettore nazionale. Forse proprio da questo fortuito incontro è nata poi la curiosità e la voglia di capirne un po’ di più (ad esempio leggendo il tragico libro I quaranta giorni del Mussa Dagh)

Ma adesso siamo in giorni ben diversi; quest’anno il giorno di san Giorgio ha comunque avuto i suoi momenti speciali. Il giorno prima era il giorno della terra e un pizzico di attenzione alla nostra madre comune fa sempre bene. Anche quando poi mi dedico al micro-giardinaggio utilizzando strategie più da colture idroponiche che altro, ma per il momento lo spazio è veramente poco e questo è quanto riesco a fare…
Una piccola serra con qualche vaso, alcuni in semplice fibra di cocco, senza un briciolo di terriccio (quello vero), giusto per assaggiare insalata a cm. 0. E se non tira troppo vento qualcosa si comincia a pregustare!

E sempre per caso, quello di prima, in questi giorni di attesa, senza poter disporre di un po’ di terra vera (ma senza rimpiangere tutti i posti dove invece potevo tranquillamente usarla e coltivarla un po’, perché toccare la terra aiuta a capire meglio le cose…) mi ero concesso una lettura di evasione…, un breve testo, ma stimolante e per certi versi controcorrente. Il libro di un autore sconosciuto che ha dedicato al giardino e alla cura di uno spazio naturale quasi tutta la sua esistenza, in modo discreto e senza pretese. Il libro in questione è E il giardino creò l’uomo; sono persino rimasto sorpreso quando, dopo pochi giorni dall’inserimento, ho notato che la recensione appena scritta era …in pole position

A questo punto, siccome non credo ci siano problemi di (c)… riporto anche qui la mia recensione del libro.
Al ritmo di una foglia – il giardiniere rivoluzionario
L’unica rivoluzione possibile? Diventate giardinieri. Libro insolito e delizioso, non è un trattato di botanica o una sfilza di consigli per creare un giardino. Racconta l’esperienza molto personale di un giardiniere decisamente particolare ed eclettico, Jorn de Precy (esatto, l’autore) islandese di origine, italiano di frequentazione, francese di contatto e inglese di definitivo assestamento, ma sempre originale e capace di una sintesi che si riscopre, oggi, in anticipo sul suo tempo. Nel 1912 quando il libro viene pubblicato in poche copie (2000), inizia un suo tour sotterrraneo e graduale, che porteranno questo testo ad influenzare molte persone. In che ambito? Anche nella cura del giardino, che lui considera come il massimo gesto rivoluzionario possibile per un uomo del suo e nostro tempo, ma probabilmente ad inoltrarsi con decisione nel percorso di approfondimento umano che cerca la piena realizzazione della persona non tanto nella tecnologia fine a se stessa, nella velocità, nel progresso e nel produrre, quanto nell’essere. Leggendo il testo si riassaporano molte immagini tipiche dei giardini italiani, da Bomarzo a Villa Adriana e si leggono con piacere le riflessioni di questo vecchio romantico o hippy anticipatario. Che ormai si sente troppo vecchio (scrive il testo quando ha ormai 70 anni) per correre dietro alle mode, ai perbenismi e alle teorie che vanno per la maggiore. Il testo è breve, in meno di un’oretta si completa questa godibilissima passeggiata tra viali, alberi selvatici e idee che sembrano scritte oggi.