sono tante le cose che… fanno buon sangue

sono tante le cose che… fanno buon sangue

E per continuare le buone tradizioni, eccoci di nuovo a dare qualche goccia di sangue per l’Avis. Qui nella scuola di Giugliano è ormai una tradizione che va avanti da tanti anni, anzi, dal …secolo scorso! E fa un certo effetto ritrovare l’inossidabile dott. Guido Russo che conduce ancora con grinta tutte le attività. Non siamo al SLM dove il gruppo Ematos ha una tradizione ancora più antica e si possono utilizzare gli spazi della scuola per accogliere e seguire i volontari… ma anche qui l’organizzazione è esemplare; i tanti volontari svolgono i primi esami nella sala Pietro Cannone, effettuano la rapida visita con i dottori e poi attendono il loro turno per salire nei camper ed effettuare la donazione di sangue. Poi tutti al buffet organizzato dalla fraternità delle “3 violette”, a gustare le torte e rimettersi un po’ in sesto. Ed è oltremodo piacevole incontrare in questa occasione tanti amici che si danno appuntamento periodico. I tanti prof che hanno insegnato qui e che ritornano volentieri, i genitori degli alunni e finalmente anche … gli ex-alunni ormai grandi. Un piccolo grande gesto che vale più di mille chiacchiere su solidarietà e dintorni.

E adesso che l’esperienza è andata un po’ avanti, mi fa piacere ricordare che vicino a tutte le nostre scuole mariste c’è questa possibilità di servizio. Personalmente ho iniziato proprio al San Leone Magno, a Roma, a partire dai tempi antichi del 1979, poi passato a Genova ho preferito la sede del Gaslini, il noto ospedale per bambini, mentre a Cesano potevo approfittare del mega centro Formentano di Mombello, una sede quasi avveniristica, se la confronto con i camper. Ma il risultato è identico: buon sangue non mente 🙂

E per la cronaca (oltre alle foto), il numero di sacche raccolte oggi è di 115; parlando con il dott. Russo ho toccato con mano la crescita di questa realtà; l’ultimo anno che ero qui a Giugliano, nel 2011, a novembre erano state raccolte solo 41 sacche, mentre nell’edizione primaverile del 1 maggio, 67. Un bel salto, dop 7 anni siamo quasi al doppio e gli amici mi confermano che questi sono ormai i numeri abituali.  

Come è andata a finire?…

Come è andata a finire?…

Allora, proprio questa mattina l’implacabile servizio di V. mi richiama per l’ennesima volta e mi propone… di fissare l’appuntamento per determinare il sopralluogo tecnico. Molto gentilmente le faccio presente che ho già ricevuto comunicazioni diverse, ho già restituito il modem e che quindi questo matrimonio non s’ha da fare… “Allora segnaliamo che non è più interessato”. Ecco, mettiamola così 🙂

In compenso agli inizi di novembre ho contattato l ‘altro gestore, T. ovviamente, e nel giro di 5 giorni sono arrivati per l’installazione, posa del cavo, allacciamento e consegna del modem. Lo accendiamo e in meno di 5 minuti si assesta la connessione e il servizio decolla: velocità effettiva sui 50 Mb in download (per il momento può andare…); meno di una settimana di attesa e di sistemazione. Ok, su questo tema speriamo di non doverci più esprimere.

un chiodo fisso …spuntato

un chiodo fisso …spuntato

Piccola odissea per “tentare” di attivare un n. fisso con un “noto” fornitore di connettività. Tutto è iniziato il 2 di ottobre, quando recandomi presso il negozio fisico di V. della mia zona, chiedo conferma di quanto avevo già verificato sul loro sito, per valutare la possibilità di attivare un nuovo n. fisso per una nuova abitazione. Telefono e Internet, il pane quotidiano, insomma. La prova online era andata bene, anzi, meglio del competitor T., che sembrava meno performante per quel preciso indirizzo (addirittura sul sito di T. non figurava). Apparentemente in quel preciso punto dell’Italia la connessione era possibile fino a 100 Mb. Non male, visto che il vicino sfiora a malapena i 50. Naturalmente le conferme sono più che smaccate (“Siamo i primi come fissi installati in questa zona…”) Così, sperando di risolvere rapidamente un problema ho aperto le danze e iniziato la trafila per l’attivazione.

Niente da dire sulla cortesia e gentilezza degli operatori V. sempre esaurienti, sia dall’Italia che dalla Romania, solo che dopo 2 settimane arriva l’avviso del sopralluogo tecnico (effettuato da S., un service esterno a V.), ma il primo appuntamento va in bianco; con molto ritardo i tecnici chiamano e chiedono “Ma dove siete”? Strano, indirizzo e tutto il resto era ben chiaro nella richiesta visto che persino il n. di telefono era corretto, ma la squadra tecnica stava cercando il nostro indirizzo a ben 15 km di distanza! Chissà quali db aziendali avranno consultato…
Peccato che dopo un paio di chiamate e conferme, si prefigura un secondo intervento: salta anche questo, senza però nessuna chiamata di precisazione. Seguo la pratica sul portale, mi illudo che la scritta “nella tua zona le richieste vengono esaudite mediamente in 20 giorni” valga anche per il mio caso. Comincio a contattare ogni 2 giorni il call center. Sul cell adesso ho 28 sms in pochi giorni della solerte V.

Giunge così l’SMS che conferma un ulteriore visita della squadra tecnica, la terza. Ma va a buca misteriosamente anche questa. Il call center sembra compreso di questi problemi e, sempre più gentili, mi seguono persino di sabato, mi confermano che a inizio della settimana successiva, tempo 24 ore, sarò finalmente contattato. “Ci siamo”, mi viene da pensare.

E invece si arena tutto in questo lido di speranze. A nulla servono i reiterati tentativi di contatto (quasi una decina, tutti senza risposta). Fino all’arrivo di un SMS che informa che la pratica è in corso, sarò richiamato e intanto  è possibile verificare l’andamento.

E allora verifichiamo questo andamento sul portale. Un po’ defilato, sotto un menu che prefigura un “ci siamo quasi”, arriva la conferma che le cose sono ben diverse. Non è nemmeno possibile attivare la linea fissa. Tutte le telefonate che provo a fare, da questo momento, al 190 o al n. aziendale vengono ignorate (un complottista direbbe “filtrate”), si chiede solo di restituire il modem già consegnato il 2 ottobre… E così lo riporto presso il negozio ;-(  

Con la piccola differenza che in questo modo ho perso un intero mese di tempo, non ho mai visto un controllo tecnico, quindi se non sono venuti è perché la verifica si poteva fare da remoto, probabilmente in tempi molto più rapidi.
Peccato, è in questo modo che risalta la qualità di un servizio …
Ok, e adesso passiamo a qualcun altro.

Alle porte degli inferi

Alle porte degli inferi

Lo so, non fa molto effetto pensare che il lago Averno un tempo era considerato l’anticamera degli inferi per tutti quei motivi che poi vengono chiaramente spiegati e smontati dagli esperti: le esalazioni di gas che infastidivano gli uccelli e che quindi non lo sorvolavano… E gli uccelli erano importanti per i cantori di disgrazie di un tempo, un po’ come le fake-news di oggi… Ma dopo tanti anni mi aspettavo almeno di trovare indicazioni stradali più decenti. 

Così domenica sono partito insieme a Ramiro, un amico brasiliano che sta vivendo una esperienza solidale a Scampia e dintorni, per rivedere un po’ questi luoghi. Mi ha proprio stupito il fatto, e ovviamente lo commentavo ampiamente, di come vengano trascurati e ignorati certi luoghi che meritano invece un rilievo maggiore.

Basterebbero pochi resti, qualche rudere, il tracciato appena di qualche via consolare e subito da altre parti si darebbe la giusta enfasi a questi luoghi. Ma qui ce ne sono davvero troppi e diventa difficile valorizzare l’esistente. Ma il confine tra il valorizzare e il dimenticare può essere molto ampio. Non ho trovato un solo cartello che indicasse la strada da prendere per il lago Averno, soprattutto quando ero ormai nei dintorni. E’ avvilente dover utilizzare Google Maps per non perdere la strada…

Ma per fortuna lo spettacolo alla fine premia la tenacia. Dopo aver parcheggiato non vicino al primo bar e al primo posteggiatore, ma proprio alla fine della strada che percorre quasi metà lago, è bello passeggiare con calma sulle rive di questo specchio d’acqua. Tanti i pescatori (forse nessuno italiano, troppo attenti alle leggende?) e molti a godersi il tiepido sole di ottobre. Un bel gruppo di appassionati davanti al tempio di Giove. Incredibile pensare che dopo il Pantheon qui c’era la seconda cupola del mondo… sarebbe ancora oggi tra le prime 10 se un terremoto non l’avesse quasi sbriciolata. Peccato invece che la galleria che collegava il lago con l’altro versante del cratere, un tempo parte dell’articolato complesso difensivo della flotta imperiale sia adesso definitivamente (ma cosa significa, da queste parti “definitivamente”?) chiusa e abbandonata, tra sporcizia, escrementi e cartacce. La scritta “Antro della Sibilla” che ancora tenta di richiamare i turisti più sempliciotti, tra un po’ sarà l’unico ricordo di questo cunicolo.

tornando a Cuma

tornando a Cuma

E così riprendiamo la bici, la carichiamo in macchina e si parte. Prima meta, andiamo a rivedere Cuma. Vediamo se dopo questa manciata di anni dall’ultima volta che ne ho visitato i dintorni, le cose sono cambiate, migliorate o… chissà. Abitare a poche manciate di minuti da luoghi così arcaici e leggendari è il modo più semplice per non visitarli mai o addirittura dimenticarli, nasconderli dalla vista. Ed è proprio quello che succede a tutta questa zona. Come prima tappa, dopo un passaggio rapido nel piazzale che introduce alla Rocca di Cuma (dove il custode sembra la cosa più antica, dopo gli scavi, perfettamente in tema), punto alla villa che custodisce l’anfiteatro di Cuma, uno dei reperti più incredibili della zona. Praticamente nella vigna di una casa, a custodire le piante, i meli e l’orto del contadino. Adesso questa villa ospita una fondazione internazionale, la Vergilian Society e la famiglia che la gestisce (ho persino incontrato il figlio della padrona di casa, gentile e motivato!) si porta addosso il peso di questa responsabilità: una casa con fondamenta millenarie, a ridosso di un anfiteatro nella quasi indifferenza di chi ci vive intorno, mentre americani, francesi, tedeschi… fanno a gara per inviare qui loro studenti a conoscere questo raffinato angolo di antichità.

Passeggiare tra i filari della vigna che costeggiano gli spalti, le volte e gli archi di quello che una volta era un anfiteatro pieno di vita, ha sicuramente un fascino insolito e unico; accarezzi le mura, incontri ancora un pezzetto di marmo risparmiato dal tempo, cerchi di valutare quanti spettatori potevano sedersi sulle gradinate, e provi ad immaginare le gare o gli spettacoli…

Poi sempre in bici ho cercato di visitare la foresta del monte di Cuma. Tutto inutile, porta lucchettata e nessuna voglia di fare il trasgressivo, visto che spazio per la bici non ce n’era proprio. Se uno volesse giungere al mare bisognerebbe circumnavigare tutto il monte ma talmente alla lontana da scoraggiare chiunque. Mi ricordo allora che qui vicino ci sono resti di strade romane, una galleria che buca la montagna. Peccato che per dei lavori in corso la strada sia interrotta e la cosa diventi piuttosto scomoda (ma questo non turba certo i tanti ristoranti che spuntano da ogni dove). E basterebbe svicolare per un vialetto laterale per incontrare altri resti, la tomba delle maschere di cera, una tomba a tholos… guarnite però dalla solita incuria a base di resti, piccola spazzatura e generica trascuratezza. Peccato. Ma questo ritornello è fin troppo consueto visitando queste zone, purtroppo alla fine ci si fa l’abitudine, si tira un calcio alla lattina che sfigura sul selciato romano (rovinerebbe la foto), e si va avanti. Spero di non farci troppo l’abitudine, visto che poi ogni mattina non perdo l’occasione per ricordare ai ragazzi che ho in classe che a questo non si devono proprio abituare.

E per fortuna basta inquadrare in modo attento le immagini e la magia del luogo resta tutta. Ecco le foto di questo primo giro.