C’eri mai stato a Ceriana?

C’eri mai stato a Ceriana?

Spesso dico che Sanremo è un po’ la mia città, sicuramente quella dove ho vissuto, un po’ a singhiozzo, lo ammetto, tanti momenti della mia vita vagabonda; spesso d’estate, durante i momenti di pausa tra una scuola e l’altra, un’attività e l’altra. Ma dire che la conosco bene è un azzardo. Sicuramente oggi conosco meglio Giugliano, Cesano, Siracusa, e probabilmente anche Melilla…

Però resta questo appiglio nella memoria da collegare all’infanzia, ai primi anni di esplorazioni.
Poi sono tanti i luoghi dell’entroterra che hanno il loro fascino discreto ma evidente: Carpasio, Bussana, Taggia…ricordo una mattina passata a girare per Ventimiglia alta, dopo averne visto alcuni scorci, la Cattedrale, i bastioni sul Roja. Spesso giriamo il mondo per scoprire che le nostre terre hanno già tutto quello che serve per ammaliare e consolidare radici…

Anche per questo motivo non ero mai stato a Ceriana. Sapevo grosso modo dove si trovava, ma non era una di quelle località lungo i percorsi soliti che si facevano d’estate. Così questo pomeriggio domenicale ho deciso di puntare verso questo paesino delle valle Armea. Una decina di km di strada, uscendo da Sanremo est, inizialmente si percorre proprio la famosa traiettoria del Poggio di Sanremo, il tratto finale della gara ciclistica. “Spera solo di avere buoni freni”, mi dicevo assaporando, in salita, questo tratto che i corridori percorrono in discesa a manetta, nemmeno il tempo di gustare il deliziosa panorama di mare e porto sottostanti.
Rapidamente l’accozzaglia di case lascia spazio a un diradarsi di abitazioni, piccoli grumi di abitato, i pini riprendono il sopravvento e la macchia mediterranea si riappropria del terreno. Tante curve, tante strettoie, per fortuna, domenica pomeriggio, pochissime macchine.

Di colpo si sbuca davanti al paese, come al solito la strada provinciale lambisce uno dei suoi bordi, mentre vedi che l’abitato è tutto concentrato verso il suo centro. Colpo di fortuna nel trovare un parcheggio non troppo distante e poi inizio a vagabondare. Ieri doveva esserci stata la sagra della salsiccia di Ceriana ma per un’allerta meteo deve essere saltato tutto. Il paese così risulta persino ordinato, lindo e senza tracce di invasioni di turisti.
Giro senza meta, mi avvicino alla chiesa parrocchiale che è al cuore di questo borgo, un chiesone grande e imponente, per fortuna aperto; al suo interno è spettacolare il polittico dedicato a san Pietro. Merita davvero un’occhiata tranquilla, attenta e minuziosa.

Poi cerco tracce di altre mete interessanti, leggo di una chiesetta poco fuori dal centro e tento di andarla a raggiungere, ma dopo essere passato davanti alle scuole elementari ed essermi inerpicato sulle fasce sempre più incolte, capisco che non è il momento. Torno nel centro e punto verso l’altra chiesa interessante, fondata su un preesistente tempio romano (dopo Siracusa mi sembrano sempre agganci storici fino troppo recenti). La trovo ma è chiusa, la sua piazzetta silenziosa e tranquilla (vorrei ben vedere, tutta la gente ancora a tavola, saranno le 2 del pomeriggio!).


C’è anche una mostra itinerante, un museo sospeso tra i caruggi, ma si tratta quasi solo di fotografie, suggestive ma solo foto, qualche opera penzolante e vibrante all’aria, qualche composizione che richiama gli allestimenti food di un qualche supermercato di tendenza…
E così si scende, si gira, ci si chiede come possano vivere in questo borgo persone a mobilità ridotta, con tutti questi scalini e salite.
Forse il fascino degli scorci tranquilli, delle gallerie abitate, delle porte ben curate, dei panorami incredibili su piccoli gioielli architettonici (la chiesetta che si vede sbucare dal fondo è davvero uno spettacolo ammaliante…)
Si ritorna a casa con gli occhi pieni. Ne vale la pena.

Qualche foto? Ecco l’album fotografico su Ceriana

tanto per leggere

tanto per leggere

Estate, tempo per recuperare quei titoli da leggere che aspettano da tempo, sul tavolo, su qualche scansia, sull’e-reader… ma come ne inizi uno subito spuntano altri suggerimenti, altre curiosità, altre piste da esplorare. Meglio così, leggere ha davvero poche contro-indicazioni e rimane uno sport al quale tutti possono accedere.
Proprio in questi giorni mi sono lasciato ispirare da un link di un’amica teologa e dal titolo del “pezzo” in questione: il ruolo della letteratura nella formazione… l’autore è certamente un personaggio che se ne intende: papa Francesco. Da giovane è anche stato docente e formatore dei giovani gesuiti argentini e la sua passione per la letteratura è risaputa.

Sono dieci paginette interessanti e stimolanti che si leggono rapidamente (per fortuna!) e che lasciano il gradevole retrogusto del “ne vorrei ancora”; se non altro sono una motivazione in più per apprezzare la lettura, la letteratura e tutto quello che gli gira intorno. Che non è mai poco e spesso aiuta a digerire tutto il resto.

Certamente, leggere è un moltiplicatore della vita, delle esperienze e delle conoscenze, questi giorni di relax sono un’occasione ghiotta per approfittarne; cercando di non ingolfarsi troppo nei “consigli per le letture” (come questo, del Post che è comunque interessante) e prendendosi la sacrosanta libertà di leggere quello che ci piace, che ci capita, di smettere a metà un libro che non ci attrae più, di parcheggiarlo nel territorio dei buoni propositi, di curiosare nelle liste di lettura degli altri…

Qui sotto il testo, nella versione italiana

Dopo la ricreazione…

Dopo la ricreazione…

Benedette vacanze, si riesce persino a concludere qualche libro rimasto in stand-by.
Cosa sono stati gli anni di piombo per noi che li abbiamo semplicemente attraversati senza particolari eventi di contatto? Ricordo le ispezioni con i militari armati sugli autobus dell’Acotral che facevano servizio nei castelli romani, le dirette televisive quando è stato ritrovato il corpo di Aldo Moro, il clima perdurante di occupazione di sinistra negli ambienti dell’università romana (e alcuni amici ci “invitavano” a mangiare alla mensa universitaria, di straforo, come se fosse una pratica abituale…). Le tante lapide che poi sono spuntate a memoria di eventi tragici (una delle prime, vicino allo Champagnat di Genova, proprio alla fermata del bus, per ricordare uno dei primi attentati ai magistrati).

Sono passati ormai vari decenni da quel periodo tormentato; la produzione di libri su quell’epoca, sui personaggi è imponente. Mi sono imbattuto, grazie ad una segnalazione di amici, nel libro “La ricreazione è finita”, di Dario Ferrari. Leggere questo testo mi ha fatto rivivere in modo insolito quel periodo e le tante diverse prospettive che di un evento si possono avere e coltivare.

Libro insolito, osannato e grondante di recensioni lusinghiere, infarcito di libri e di cultura, anche se il protagonista spudoratamente si dichiara alieno da questo contesto, che però tallona da vicino, se ne nutre e vi accenna costantemente. L’ambiente accademico vi viene descritto dall’interno e in modo decisamentre vivace, per nulla edulcorato.
A sbirciare nella biografia dell’autore è facile poi trovare analogie e somiglianze con il protagonista trentenne (gli eterni trentenni che sfiorano persino i 40 e oltre…).


La storia è quella di una persona senza apparenti qualità, un bamboccione verrebbe da dire, che si trova quasi per caso invischiato in un percorso quasi universitario, riluttante e sempre poco convinto; diventare ricercatore nella cerchia di un noto docente, un barone riconosciuto e abbastanza osannato, che gli affida in pratica un lavoro di ricerca che potrebbe essere banalmente svolto senza infamia e senza lode. Si tratta di ricostruire in modo organico la parabola culturale, se non proprio letteraria, di un personaggio di terza o quarta fila di quegli anni di piombo, protagonista, insieme ad altri improbabili brigatisti, di un gruppo di sinistra che vuole portare avanti il suo discorso e la sua partecipazione alla rivoluzione che alcuni militanti hanno cercato di avviare. Buona parte della storia si ambienta poi in Italia, crocevia obbligato per tanti latitanti e brigatisti scivolati tra le maglie della memoria e ormai quasi dimenticati. Il nostro personaggio, tra magagne familiari, problemi di relazione con una fidanzata fin troppo paziente e meritevole, tra amici del bar che poco confidano nelle sue capacità, poco alla volta si lascia ammaliare dalla storia di questo personaggio, morto in prigione dopo un lungo periodo, 20 anni, di carcere, senza che si sia fatta veramente luce su quanto realmente avvenuto.
Il finale è originale e ben congegnato, anche se poi la effettiva portata del colpo finale viene ridimensionata dall’indole mite e sempre arrendevole del protagonista.

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Lo stile è molto gradevole, snello e persino le divagazioni letterarie vengono sparse con leggerezza. Si ripercorrono il clima sociale che regnava in Italia negli anni 70, si avverte bene il divario tra gli ideali di sinistra e le effettive conquiste poi ottenute, si incontrano personaggi della porta accanto, pennellati in modo rapido e realistico. Una lettura che può appassionare per la leggerezza del modo e per la profondità del tema. E non solo politico o sociale, in fin dei conti anche culturale ed esistenziale. Il dramma di fondo è sempre quello delle tante persone che non riescono a fare della propria vita un qualcosa di valido o di sensato, si vive sempre in attesa, nell’aspettativa di un domani più stabile e dignitoso e intanto si dilapida il tempo. Significativa la citazione di Calvino (pensavo di essere incompleto, invece ero solo giovane) che alla fine del libro viene tragicamente ribaltata: pensavo di essere giovane, invece ero solo incompleto, che diventa quasi la cifra definitiva del protagonista.

Isole belle

Isole belle

Questo mese di agosto in Italia sicuramente sarà un’occasione per vedere e rivedere persone, cose, luoghi speciali. Abbiamo cominciato venerdì 2, con Marco e Davide, visitando un luogo che avevo già visto una… trentina di anni fa: le isole del Lago Maggiore. A cavallo degli anni 90 ricordo di aver partecipato, durante un’estate, ad un convegno organizzato dall’Agidae proprio a Pallanza. Convegno tecnico, su legislazione scolstica, impegni amministrativi e amenità del genere. Le uniche cose che ricordo sono qualche scappata e tuffo nelle acque del lago (al mattino presto, quando nessuno ancora si azzardava sul lungolago di Pallanza) e la classica gita per rendere meno pesante il convegno. Ovviamente aveva come destinazione proprio l’isola Bella, l’isola Madre e l’isola dei Pescatori. Esattamente il nostro itinerario di questa giornata.

Giornata splendida, tersa ma al mattino, almeno, quasi fresca. Giunti a Stresa-Carciano ci siamo subito deliziati con il panorama del lago, terso ed accogliente. Ci siamo subito imbarcati per l’isola Bella, per goderci in pieno questa giornata di visita e di splendore…

Sulla prima isola, occupata quasi per intero del palazzo Borromeo e dal suo splendido parco, eravamo ancora in pochi, in modo da poter girare per i vicoli e gli scorsi senza nessuna calca. Abbiamo atteso con calma l’apertura del palazzo e poi subito ad ammirare lo scalone, le sale ariose, gli ambienti dove la storia si lega al quotidiano, dove Napoleone si incontra in sala da pranzo (dove i soldati francesi non brillano certo per eleganza e raffinatezza, ma una guerra, si sa, è una guerra…), dove i personaggi della famiglia nobile si incontrano con il custode (incredibile il modellino del palazzo realizzato proprio da uno dei “dipendenti” della famiglia!); e tra un arazzo e un quadro del Giordano si fatica a trovare una porzione di muro spoglia o senza qualche pennellata d’autore.
Poi lo splendido giardino, immaginato come la quinta di uno straordinario teatro. Sono alla ricerca dell’unicorno, uno dei simboli della casata Borromeo (e così Nina sarà contenta!)

Passeggiare in questo parco, curatissimo e in piena forma, è già un regalo, per la vista, il respiro, il camminare immersi nel verde. Ogni tanto il richiamo di un pavone, altrettanto raffinato, nella sua livrea total white… che sembra totalmente consapevole del suo ruolo di modello, attorniato da frotte di turisti pronti a scattare foto. Dall’alto della terrazza superiore il panorama sul lago è certamente un privilegio. Un tempo di pochi nobili ed eletti, oggi di orde di turisti…

Passiamo poi all’isola Madre, che è caratterizzata essenzialmente da un lussureggiante giardino botanico, pieno di essenze e piante esotiche, se non ricordo male alcune delle prime palme provenienti dall’America sono state portate proprio in questo giardino. Siamo ormai a metà mattinata, il caldo si fa sentire, ma appena si rientra nel cono d’ombra delle piante è tutta un’altra cosa. Senza invocare altre strategie per contrastare il cambio climatico, quella di fare spazio a piante, alberi e verde è davvero una soluzione efficace!

Ultima tappa: l’isola superiore dei Pescatori. Praticamente un piccolo borgo dove l’ultimo marinaio probabilmente ha smesso di pescare all’epoca di Carosello e ogni stanza o locale è adibito a ristornate, negozio o b&b, ma ci può stare. Mi viene da immaginare come potrebbe essere questo luogo dopo la partenza dell’ultimo traghetto, a sera tardi, finalmente riconquistato ad una dimensione meno caotica. Pranziamo vista lago e poi mi diverto a cercare altri scorci, scopro persino la sede dell’antica scuoletta elementare, dalle finestre almeno i ragazzi potevano sbirciare su panorami mozzafiato e a ricreazione si incontravano con le donne che “coloravano” le reti (un tempo era necessario, non erano così trasparenti come il nylon oggi consente). Torniamo via con un traghetto ancora comodo, verso le 17; lungo la strada del ritorno per Cesano un piacevole acquazzone ci accompagna fino alla Pedemontana.
Che spettacolo di immagini da conservare e custodire con calma…

Naturalmente “qualche” foto della giornata è raccolta in questo album

intenso luglio

intenso luglio

Sinceramente pensavo di trovare più ritagli di tempo in questo mese di luglio, ma le attività che si sono rapidamente susseguite hanno preso il sopravvento.

In pratica abbiamo fatto da supporto a 2 gruppi di volontari che hanno gestito qui a Melilla la Colonia sponsorizzata dalla Caritas locale, una cinquantina di bambini che dalle 9 del mattino fino alle 18 di sera erano nei nostri ambienti (la scuola lasalliana del Carmen), rimaneva il sabato e la domenica, ma quelli erano i giorni più impegnativi perché insieme a Ventura il nostro incarico era proprio quello di provvedere …ai pasti. Così abbiamo alternato cucina italiana a cucina andalusa, ma tra le spese di approvigionamento e la preparazione il tempo libero si è ridotto abbastanza.

un po’ di avventure di questi giorni le ho inserite sulle pagine del nostro CentroFratelli

A fine mese è arrivato un terzo gruppo di volontari, che si sono dedicati a momenti di formazione (al mattino) e di animazione per il centro della Divina Infantita (bambine e ragazze segnalate dai servizi sociali), e in questo caso dovevamo provvedere anche ai pranzi. Insomma, un luglio gastronomico passato spesso in cucina, ma sicuramente ricco di incontri, volti e relazioni.

Dal primo agosto, però, stacchiamo la spina. La nostra comunità (anzi, praticamente tutta la casa, la scuola e il resto) chiudono fino alla fine del mese. Sicuramente ci saranno occasioni interessanti per vivere in pienezza questo mese d’estate.