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Tag: carsismo

Perdersi alla fonte Ciane

Perdersi alla fonte Ciane

Sabato pomeriggio di metà giugno, un rapido momento di relax. Si prende la bici e si esce da Siracusa; lungo la strada già si prefigura il sollievo di riuscire a sgusciare nel traffico, perchè l’altra corsia è già completamente intasata e sono solo le 4 del pomeriggio. Ma si sa, l’estate incombe.

Macchine e inquinamento fino al ponte dei 3 fiumi (in realtà uno dovrebbe essere un canale, ma trovare 2 fiumi diversi che sfociano nel raggio di pochi metri è sicuramente un record siracusano) qui quasi si affratellano l’Anapo e il Ciane. E dopo il ponte si svolta per togliersi dal caos.

Una strada dal nome quasi altisonante (Mammaiabica, chi era costei?), ormai affrancata da macchine e confusione. Si supera la ferrovia che sarebbe una fortuna per queste zone ma sembra solo un residuato di poco uso. E poi si prende il sentiero che costeggia il Ciane, per circa 2 chilometri di campagna.

Ci sono distese di grano, ormai maturo e pronto per il taglio, uno spettacolo insolito. Poche settimane fa ero tutto ancora una coperta di verde fresco, ora le spighe iniziano a pesare sullo stelo. Pochissimi gli incontri lungo il sentiero.

Fino a raggiungere la sorgente di affioro del Ciane; sono zone carsiche quelle del siracusano, chissà veramente da dove arriva l’acqua di questo corso. Ancora una volta la passerella che conduce al cuore del papireto è semidistrutta, in 4 anni l’avrò vista ricostruire almeno un paio di volte e sicuramente il tempo è la causa principale.

Sfidando pattuglie di zanzare mi àncoro al tronco adagiato di un eucalipto e come al solito prendo il tablet per leggere in serena tranquillità. Oggi è il giorno di Bobin, di Pia Pera e il suo splendido “Al giardino ancora non l’ho detto”… poi da lontano un cane, abbaia, si avvicina, perlustra.

Entra nell’acqua, felice per il refrigerio, scodinzola, ma non è che l’avvisaglia. In breve si avvertono le campanelle, un suono antico, di gregge in passaggio, ecco sbucare le pecore in grande raduno. Insolito abbinarle ai luoghi di Siracusa, ma qui siamo ormai in aperta campagna.

Il piccolo esercito in tuta di lana si avvicina all’acqua, si consolida sul fosso e inizia a bere, sgomitano, si fanno largo, si spingono; alcune pecore si azzardano a superare il rivo, si avvicinano, la mia bici è ormai in ostaggio al gregge. Ma vanno veloci, dietro le insegue il pastore, persino una macchina di supporto. Sfilano rapide, continuando a bere e cercando spazi di ristoro.

In breve, come sono comparse, ritornano nel silenzio, nel verde, nel sentiero. Momenti bucolici avvolti dai papiri…

Tutte qui, le altre pecore

Papiro per davvero…

Papiro per davvero…

Lo sapevo già che a Siracusa è presente una pianta speciale, il papiro, o come direbbe il mio amico fr. Nito, rispolverando un po’ di latino botanico, il Cyperus papyrus.; secondo gli esperti è l’unica stazione europea dove cresce il papiro egiziano, quello famoso del Nilo, proprio quello degli storici rotoli di papiro.

Spulciando sul web scopri che proprio a Siracusa si è conservata la tradizione di produrre carta dal papiro, per alcuni tempi è stato l’unico luogo al mondo dove si realizzava (cioè, nemmeno in Egitto la producevano più!) e proprio qui si trova l’unico Museo del Papiro del nostro continente.

Era domenica 10 novembre, pomeriggio sereno dopo una settimana di piogge. Ce n’era abbastanza per andare ad esplorare il corso del fiume Ciane, un tranquillo corso d’acqua che scorre quasi parallelo al fiume Anapo. Dato il terreno calcareo anche qui sono frequenti gli ingrottamenti e il fiume quasi scompare (e io che spiegavo il carsismo ai ragazzi e pensavo che fosse appannaggio solo del territorio triestino…). Stessa cosa vale per le sorgenti del Ciane, che di punto in bianco spuntano dal suolo. Ma andiamo con ordine.

In bici (ovviamente), si esce da Siracusa e si costeggia fino al ponte sull’Anapo, subito dopo si incontra il Ciane e si prende, un po’ bruscamente, la strada che lo costeggia. Si passa vicino a coltivazioni d’aranci, la gente li raccoglie già in questo inizio di novembre. Si supera una fattoria (dall’odore la porcilaia si avverte subito, anche se non si vedono i protagonisti!), si oltrepassa un binario con passaggio a livello che non si capisce bene sia ancora utilizzato e finalmente ci si avvicina veramente al fiume Ciane. Un ponte semi-inagibile, probabilmente per evitare troppe intrusioni, segna l’inizio del percorso vero e proprio. Qualche scalino da fare con la bici al seguito e poi la stradina in terra battuta è tutta parallela al corso d’acqua che tranquillamente si snoda nella campagna.

E lo spettacolo è veramente insolito, sembra proprio di attraversare un pezzo d’Africa in giardino: palme lussureggianti, piante di papiro che superano i 3-4 metri, vegetazione rigogliosa e qualche slargo del fiume a simulare piccoli bacini.

Ogni tanto un ponticello consente di osservare meglio il corso d’acqua. Colpisce soprattutto la pulizia e la splendida trasparenza delle acque. Fa veramente piacere che tutto l’ambiente rifletta questa attenzione e cura (purtroppo non così frequenti da queste parti, come avrò modo più volte di osservare). Incontro poche persone, un turista che scruta una mappa e confronta sul cellulare, alcune persone che lasciata la bici sul bordo si rilassano serenamente sulle rive, poche altre persone in bici.

eccolo, il papiro!

Più avanti il terreno si fa più fangoso, scontiamo le piogge di questi ultimi giorni, ci si inzacchera alla grande e la bici percorre metri e metri nel fango, se non nell’acqua. Infine, dopo un percorso di quasi 2 km si arriva alla sorgente, cioè il luogo in cui sgorga copiosa l’acqua. Qui una breve passerella consente di immergersi letteralmente in questo paradiso verde. Uno spettacolo fresco, naturale e veramente particolare.

Ritornando a casa cerco di visitare anche il vicino Tempio di Giove, ma dalla strada non si vede nemmeno, il cancello e chiuso e si resta a becco asciutto. Ma per oggi il papiro può bastare.

Ecco le foto di questa “caccia al papiro” lungo il fiume Ciane