Se riesci a venire a Thapsos…

Se riesci a venire a Thapsos…

Google coccola i suoi utenti, anzi li blandisce, incoraggiandoli a scrivere recensioni, a pubblicare foto. Insomma, a stare “attaccati”… l’importante è conoscere le strategie del web e fare invece quello che si preferisce, senza troppi capestri. Mi è capitato recentemente che una recensione non è stata “gradita” dal sistema (ma si trattava di un disco musicale), segno che comunque qualcuno, un bot o un umile facchino digitale, queste cose le legge… e preferisco fomentare la lettura :-).
Qui il link alla Mappa e alle varie recensioni
Iniziamo allora

Pomeriggio ventoso di inizio anno 2020. Dopo aver visitato Neapolis (il sito archeologico di Siracusa) e il museo Paolo Orsi (un “must see” per chi apprezza il bello in Sicilia), mi era venuta voglia di vedere Thapsos. Inizialmente volevo andarci in bici da Siracusa, ma serve molto tempo e le strade non sono l’ideale (troppe macchine “distratte”, buche, rovi che sporgono se tenti di restare sui lati…).

Parcheggiata la macchina sull’ultimo slargo dell’istmo (una spiaggetta derelitta e abbandonata, con qualche camper occasionale), si deve passare dagli sbarramenti laterali del grande edificio che occupa quasi per intero il passaggio (la strada è chiusa da un grande cancello). A destra i resti di uno stabilimento ormai in rovina, triste e degradato, sullo sfondo il pianoro di questo sito, stirato da un vento sostenuto. Effettivamente per essere uno dei luoghi di origine della cultura sicula autoctona si meriterebbe di più; lo spazio è in balia delle mucche, dei rifiuti occasionali e di poca cura. Lungo la strada si incontra un solo cartello che spiega il luogo, ma non si può accedere praticamente a nulla. Si intravvedono solo delle tettoie nel verde. Ma costeggiando la penisola, incontrando diversi casolari semi-abbandonati, si giunge sulla punta più a nord, vicinissima al faro, dove fa (brutta) mostra di sé una serie di capannoni, un tempo forse stalle o depositi… ci si trova proprio in riva al mare, costa rocciosa ma non molto alta.

E qui si incontra l’incredibile necropoli di Thapsos, una serie di tombe scavate nella roccia, tutte orientate verso il mare (o l’Etna?), tutte con un comodo canale di scorrimento per le acque, così da non diventare pozze salmastre. A parte un po’ di rifiuti (pochi, per fortuna, ma sempre spiacevoli), non si può notare altro che l’architettura delle tombe e la sistemazione logistica; ci sono più di 10 manufatti scavati nella roccia, alcuni biposto, altri più grandi, altri minuscoli… andarci col vento in tempesta, la salsedine che ti assale, lo rende davvero suggestivo e pregnante. Ti senti molto Ulisse coperto di sale…

Perché seppellire le persone in fronte al mare? Marinai per un ultimo approdo? Soste di riposo verso altre migrazioni?…
Luogo assolutamente da vedere, anzi contemplare. 

Ecco allora un po’ di foto della giornata a Thapsos, alcune poco definite a caus del vento, della salsedine che ricopre velocemente le lenti e degli spruzzi di acqua.

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