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Categoria: luoghi

Mi sembrava capoeira…

Mi sembrava capoeira…

Qui in Spagna le vacanze di Natale sono una tappa impegnativa, tanto che per farle venire bene si sono premuniti di un ponte bello lungo per fare le prove generali; il 6 dicembre è la festa della Costituzione (quella emanata dopo il periodo di Franco, ovviamente) e l’8 dicembre, festa dell’Immacolata è una sosta talmente importante che se cade di domenica (come quest’anno), si aggiunge una festa per il giorno 9 per sottolinearne il significato. Morale della favola, siamo partiti da Melilla il 5 sera e ci siamo presi una pausa di relax di un paio di giorni. Ora siamo qui a Granada, che diventa il nostro punto di partenza, per un paio di visite allo splendido entroterra spagnolo.

La tappa di ieri era verso la zona di Alpujarra, la parte a sud della Sierra Nevada, un territorio montagnoso che appartiene alla provincia di Granada e di Almeria. Dopo la reconquista la zona è stata interessata da processi di ripopolamento da parte di gente proveniente dalla Galizia e quindi è facile trovare toponomi con un vago sapore di lingua portoghese, molti i paesini che terminano con “…eira”, insomma, girando a forza di curve mi sembrava che fossero tutti sulla falsariga di capoeira. Ma niente a che vedere con questa leggiadra forma di danza marziale… 😉

Da Granada la zona dista quasi 90 km (e sarà solo al ritorno che mi renderò conto di aver macinato più di 200 km, tra curve e controcurve di montagna); i luoghi sono davvero suggestivi, ti capita di passare nella famosa Lanjaron (una nota marca di acqua da tavola che sgorga proprio in questa zona) e di aggirarti per i paesini a terrazza di questo territorio, che sembrano costruiti dai puffi bianchi (un bianco abbacinante, nella splendida giornata di ieri). Ci siamo anche avventurati tra le strette viuzze di Orgiva, fidandoci imperterritamente (si può dire?) di Google Maps e… ha funzionato, anche se con un margine di poco più di 10 cm per lato dalla macchina, io guidavo ma gli altri guardavano con terrore gli angoli e i muri delle viuzze, che sembravano sempre più accarezzare la carrozzeria!

Ci siamo poi goduti davvero le splendide città bianche di Pampaneira e Capileira (che ti dicevo prima sulla capoeira?), con i loro tetti che formano la terrazza della casa adiacente, i loro grandi camini bianchi, le ardesie a profusione, i passaggi coperti nel paese, dei piccoli gioiellini.

E complice il lungo ponte, ci siamo ritrovati compresi nell’esercito di turisti che, come noi, si erano diretti nella stessa zona. Code di macchine, file di persone nei caruggi, bar presi d’assalto, davvero una grande quantità di persone. Meno male che avevamo prenotato per il pranzo, cercando una zona non troppo centrale di uno di questi paesini. Pranzo con vista monti spettacolare e di forte impatto. Ma come vivevano in queste zone prima delle invasioni dei turisti? Pochi boschi di castagno, terrazze e coltivazioni, ma doveva essere davvero dura la vita un tempo.

Nell’ultimo villaggio l’attività svolta era invece molto chiara: zona di vacanza per prosciutti da stagionare; a Tresvelez la scritta del paese è contornata da ridenti prosciutti, le luminarie di natale sono a base di prosciutti, i murales richiamano prosciutti… qui venivano posti a stagionare i prosciutti, per il clima secco e fresco.

Bene domani sarà la volta di Jaen (ci sono stato esattamente 20 anni fa, vediamo se ricordo qualcosa…) Ma per oggi di cose suggestive ne abbiamo raccolte davvero tante!

Ecco qualche immagine di questo giro presso la Alpujarra

Fino alla fine di Melilla

Fino alla fine di Melilla

Il titolo è un po’ catastrofico, il contenuto è molto meno emozionante: venerdì scorso abbiamo fatto una piccola escursione insieme ad un gruppetto delle nostre “alunne” (i corsi del Progetto Alfa, che si rivolge esclusivamente a donne marocchine della nostra città) e con grande sprezzo del pericolo e delle nostre ginocchia, siamo andati fino alla fine … di Melilla. Si’, perchè giungere fino al limite nord non è poi così avventuroso: sono meno di 3 km lungo un sentiero per metà cittadino e per il resto nella periferia e negli spazi verdi che delimitano la nostra enclave. Esattamente fino al bordo delimitato dalla recinzione, la famosa valla di Melilla.

link alla pagina di Komoot per visualizzare i dettagli del percorso

Come si vede dall’immagine (se ci cliccate sopra passae ai dettagli, realizzati mediante l’App di Komoot), i dati di percorrenza (quasi 2 ore di camminata per poco più di 7 km di percorso) non sono una prova massacrante; ma dovevamo tener conto del nostro gruppetto, formato non solo da donne giovani e forti 🙂

La nostra guida era fr. Juan Antonio, FSC, che ormai questo percorso lo conosce come le sue tasche, anche perchè di alternative non ce ne sono poi molte nella nostra città. Per gli amanti delle passeggiate le mete sono davvero limitate e restando all’interno di Melilla ci sono pochi sentieri. L’unica alternativa è quella di varcare la frontiera, che si puo` fare per chi ha i documenti in regola, ma bisogna poi calcolare il tempo necessario, sempre variabile e comunque mai inferiore alle… 2 ore!

Ci siamo dati appuntamento alle 16 e poco dopo eravamo già in viaggio, lasciandoci alle spalle il collegio Carmen – La Salle, dove abitualmente svolgiamo le classiche lezioni. Quella di oggi era una passeggiata per stimolare le persone ad assumere anche stili di vita più salutari (era il giorno internazionale di prevenzione per il diabete) e inserire qualche momento di attività fisica nella propria routine giornaliera, cosa che di solito le nostre alunne non riescono a fare, per molti motivi… alcuni anche solo prettamente culturali, perchè se qualcuno li organizza loro si aggregano, ma da sole… difficilmente ci provano.

Il primo tratto era squisitamente cittadino, dovevamo passare sui marciapiedi del nostro quartiere, salendo leggermente verso la parte alta di Melilla; percorso non sempre elegantissimo, dovendo spesso fare un po’ di slalom tra i cassonetti della spazzatura, molti dei quali bruciati (e i commenti delle nostre amiche erano unanimi: “che incivili”….); a Melilla i quartieri del centro sono quelli più “occidentali” e abitati dagli spagnoli, man mano che si va verso la periferia il panorama cambia rapidamente, l’ordine e la pulizia lasciano abbastanza a desiderare. Spesso poi si incontrano edifici abbandonati, spesso si tratta di vecchie caserme, come quella che abbiamo visitato all’inizio del nostro percorso…

Lasciamo la strada asfaltata poco prima di giungere alla grande caserma dei Legionari e ci addentriamo nel terreno “selvaggio”; molte macerie, sassi, incuria varia, ma questa è anche la zona riservata alle manovre militari dei mezzi, che spesso vi fanno esercitazioni. Lo spazio è contiguo anche alla zona, ben recintata, dove si svolgono anche le manovre di tiro e le esercitazioni militari più tecniche.

Per fortuna inizia presto la zona dei pini di Rostrogordo, una grande pineta che è anche il polmone verde della città; la domenica spesso si incontrano famiglie che vi fanno picnic e si godono un po’ lo spazio verde; continuando il percorso tra gli alberi si giunge fino al Barranco del Quemador, che probabilmente un tempo era il luogo deputato per la bruciatura… dei rifiuti; adesso, per fortuna, il luogo è ben ripulito e si lascia decisamente apprezzare.

Si giunge fino al punto di osservazione, il mirador, una terrazza quasi sporgente sulla imponente scogliera che giunge fino al mare. C’era aria di burrasca, le onde si vedevano impetuose e il colore del mare e del cielo era abbastanza fosco e tempestoso, comunque gradevole e suggestivo. Logicamente non c’era praticamente nessuno oltre a noi.

Ma siamo ormai a novembre e le ore di luce si sono ridotte rapidamente; cerchiamo di far ritorno a casa prima delle 18:30, cercando di sfruttare gli ultimi scampoli di luce. Così, tra la ricerca dei proiettili vuoti usati dai militari nelle esercitazioni, la raccolta di qualche pigna (tra non molto arriva Natale e anche qui le decorazioni sembrano quelle classiche dei nostri luoghi europei, anche se la maggioranza è di fede e cultura musulmana); il venticello che si sente non invita certo a fermarsi e nessuno si è preoccupato di portare un po’ di merenda, giusto qualche biscotto, un po’ di frutta secca. E siamo già sulla via del ritorno, scambiando qualche chiacchiera, spiegando dettagil della storia antica di Melilla e informandoci sulle abitudini, sui cibi, sulle cose semplici del quotidiano.

Ed eccoci tornati a casa, tutte quante felici e contente di aver vissuto un pomeriggio diverso dal solito.

E per la cronaca, ecco l’album fotografico della nostra passeggiata a Rostrogordo

La processione delle meraviglie

La processione delle meraviglie

Siamo appena agli inizi del nuovo anno scolastico e del nuovo corso, anche qui a Melilla tutto gravita intorno al calendario scolastico. Ed è niente male iniziare settembre con la festa cittadina, la festa patronale, che qui è dedicata alla Madonna della Vittoria.

Di quale vittoria si tratti è presto detto: Lepanto, lo scontro paradigmatico tra occidente cristiano e mondo musulmano. Le festa è proprio quella indetta da papa Pio V nel 1571 (anche se la festività di solito si ricorda il 7 ottobre).

La feria, come si dice qui, dura tutta una settimana; vicino al lungomare si stendono le bancarelle e i luoghi dei festeggiamenti; qui sono tipiche le “casette”, ristoranti tipici che hanno la loro lunga tradizione (alla casetta Eden, ad esempio ci siamo andati con i docenti della scuola La Salle per festeggiare l’inizio dell’anno scolastico).

Sul versante religioso tutta la settimana si susseguono le celebrazioni serali, ognuna con un target ben delineato, dai volontari ai membri delle confraternite, dalle religiose (e religiosi) alle tante categorie di fedeli.
Ma il clou finale è la processione che si svolge nelle vie centrali di Melilla. Una processione davvero multiculturale, inclusiva, folcloristica, patriottica… Sicuramente noi italiani non siamo abituati ad una presenza così imponente (stavo per dire ingombrante) di militari, divise, abiti sgargianti, reliquie di un passato e di un presente che sembra ancora parlare alla gente di queste parti.

Si inizia davanti alla chiesa del S.Cuore, aspettando che i portatori escano con la pesante macchina sulla quale è deposta la statua della Regina della Vittoria, la prima difficoltà ovviamente sono i gradini, ma i portatori sono decisamente esperti ed affiatati, senza particolare sforzo la pesante struttura giunge nel suo assetto normale sulla strada e da qui si inizia il percorso, ad anello, che dura però il suo tempo, un paio di ore, per attraversare il cuore del “barrio de oro”, la zona centrale di Melilla.

Una processione più da guardare che da vivere. La composizione del corteo sembrava già tutta esaurita nelle prime fasi di preparazione. La banda, le autorità, alcuni gruppi di fedeli (credo), le religiose (e non volevo certo far sfigurare il piccolo drappello di suore del Buon Consiglio e del RIM…), poi i vari membri delle confraternite, che sicuramente non passano inosservati, con i loro colori, ornamenti, bastoni, medaglie…

Ma non solo, nelle prime posizioni sfilava una buona parte delle autorità, dal presidente agli assessori principali, poi tante autorità militari (diversi corpi, a giudicare dalle uniformi in grande spolvero), e non poteva quindi mancare miss Melilla, eletta da poco proprio per questa festa cittadina.
Sullo sfondo il gruppo dei sacerdoti, il vicario e i parroci della città (alcuni appena arrivati, il ricambio qui mi sembra particolarmente rapido), preceduti dai chierichetti e da alcuni alunni delle 2 scuole cattoliche della città.
A chiudere il corpo dei regolari, al suono dei tamburi (che credo ci abbiano accompagnato senza sosta per tutta la processione…).

Anche questa è Melilla.

Ecco qualche foto della processione di Melilla 2024

Di casa in casa

Di casa in casa

Ultimi giorni italiani di questo mese di agosto; li passo attraversando le case mariste del nord Italia.

Da Sanremo vado a Genova, ripercorrendo in treno un tragitto fatto chissà quante volte, chissà con quante aspettative diverse, impegni, attività. L’unica cosa che non mi sembra cambiata è il tempo che ci vuole per giungere fino a Genova. Ricordo un testo di Rigoni Stern che metteva a confronto i tempi di percorrenza del viaggio tra due località del Trentino in tempi ancora più antichi, forse addirittura quando parte del territorio era sotto il controllo austriaco. Bene, nonostante le magnifiche sorti e progressive che hanno reso il treno sempre più rapido ed efficiente, i tempi non erano praticamente cambiati, a distanza di decenni. Qui in Liguria le cose sono praticamente identiche; se negli anni 1980 mi servivano quasi due ore per questo tragitto, adesso, 40 anni dopo, ne servono due e una manciata di minuti…
treno Regionale Veloce numero 3375
Partenza da Sanremo = 22/08/2024 – 16:12
Arrivo Genova Piazza Principe = 22/08/2024 – 18:17

Però Genova è sempre Genova! Mi sono tolto persino lo sfizio di assaggiare l’acqua di Boccadasse, di mattina presto. Certamente non è il luogo più adatto per incontrare acque cristalline e limpide, ma la cornice del piccolo borgo marinaro è sicuramente impagabile. Specialmente se per arrivarci si devia un po’ per i caruggi.

E il tempo genovese si è diviso tra camallaggi vari per i traslochi di alcuni fratelli che proprio in questi giorni si stanno recando nelle loro nuove destinazioni, salvataggi da piccoli allagamenti e attività per il sito su Gianni Rodari sul quale insieme a Giorgio Diamanti stiamo lavorando ormai da anni. Ma questa è un’altra storia 😉

La tappa successiva era quella di Carmagnola, la residenza dei fratelli maristi anziani d’Italia. Bello incontrare nuovamente tanti volti noti e tante persone conosciute in tempi di energie giovanili e momenti brillanti, perché anche la sera di ogni vita ha il suo valore e la sua bellezza.

A tavola ero vicino ai due centenari della comunità, Martino e Giuseppe! Giorni tranquilli, di semplice presenza ed ascolto, nella cornice di una casa che potrebbe essere davverso suggestiva, anche solo per il ricordo dell’Alpestre che qui veniva prodotto fino al … secolo scorso. Ormai l’Alpestre è stato ceduto, marchio e tutto quanto, anche se rimane ancora sul mercato, ma per produrlo è evidente che le 34 erbe che lo compongono si meritano un trattamente diverso; un conto raccoglierle in montagna (cosa ormai praticamente impossibile), ma coltivarle tutte in pianura, ha un altro impatto. Curiosando nei locali è inevitabile imbattersi, ad esempio, nei quadri e locandine che fr. Gino Righetto aveva prodotto, a partire dagli anni 60, con il suo indiscutibile gusto di artista. Anche per l’Alpestre ho sempre in mente di preparare una pagina per raccontarne la storia, il percorso, le tante varietà di prodotti che sono nati, le imitazioni (sia in Francia che Italia), ci sarebbe quasi materiale per un docuromanzo… per il momento mi limito a raccogliere materiali.

L’ultima è una tappa di avvicinamento per la partenza verso la Spagna: la casa marista di Cesano. Sarà che averla vista quasi nascere, con il suo laboratorio ora sede del centro diurno l’Albero, non mi lascia certo indiffirente, soprattutto ora che la casa resterà per un po’ (…) chiusa, senza più la presenza della comunità. Erano quindi gli ultimi giorni di presenza, con Antonio e Marco già proiettati verso i prossimi traguardi. Placido e immobile rimane solo il gatto, anche lui ben radicato nella memoria, visto che le prime notti del suo arrivo dormiva tranquillamente in camera mia, per il freddo che faceva fuori…

Sono passato anche da scuola, a salutare il nuovo staff (Alessia e Andrea)) che da domani inizia questa nuova avventura (una scuola marista senza la presenza di fratelli maristi…), la nostra bravissima segretaria, Marina, punto di riferimento per le famiglie da più di 15 anni, uno sguardo alla sede del Fresco, segno della continuità del Gruppo della Famiglia Marista.

La storia si fa con queste piccole pennellate, come quelle che rimangono ben visibili nel sottopassaggio della stazione (bello vedere che il murales è in ottima forma!).

Ma adesso si riparte, si torna a Melilla, passando per un paio di giorni da Madrid, nella nostra casa di via Xaudarò, per un incontro con gli animatori delle varie comunità mariste della nostra zona, la provincia mediterranea, in vista del nuovo anno… un modo concreto per rimettersi in pista.

Non conto le case in cui sono passato, ma ricordo ogni persona, ogni momento, è il bello del viaggio.

Sgoccioli d’estate

Sgoccioli d’estate

Inutile cimentarsi in un diario pedissequo di questi giorni estivi, si rischia di rendere il tempo sereno, così ampio e tranquillo, un appuntamento obbligato e allora, fine del relax. Ma in questi giorni di occasioni interessanti e piacevoli ce ne sono state davvero tante, bello ricordarne qualcuna.

Un po’ di mare; venire a Sanremo e non bagnarsi nel mare è un po’ come andare in India senza un’abluzione nel Gange o a Dublino senza tracannare una guinness.
Noi abbiamo i nostri posti, la zona di Ospedaletti, il Byblos (ma solo perchè lì diventa meno improbo trovare un parcheggio, anche se poi la spiaggia, tutta sassi, è sempre un’impresa da equilibristi) e anche i 3 ponti, con le sue insenature ormai sabbiose e gradevoli. Coltivo anche la comodissima e semplice spiaggia dell’Imperatrice, ci andavamo già…nel secolo scorso, con amici, parenti, papà e mamma… insomma, un appuntamento quasi obbligato.

Altra tappa interessante, sui sentieri della Melosa: mercoledì 21 agosto, insieme a Paolo, mio fratello, siamo “evasi” dalle tante piccole faccende dei giorni senza orario fisso e ci siamo addentrati per la Valle Argentina, altro luogo mitico della nostra storia. Prima tappa Badalucco, poi in un paesino arroccato sulle colline che potrebbe benissimo aver ispirato Steve Jobs per il nome dei suoi device: Aigovo. Qui abbiamo persino trovato un gioco di bocce a disposizione delle folle di turisti 😉 partitella al fresco, al cospetto di un paio di asini intenti a brucare sul prato. Ovviamente ha vinto Paolo… Poi ci siamo diretti verso il colle della Melosa, proprio nei pressi del Rifuio, Da qui iniziamo a scarpinare senza una meta particolare, semplicemente camminare in montagna. Abituato ad Entracque, mi sento praticamente a casa, paesaggi simili, sassi simili, fatica identica… Abbiamo camminato per un paio d’ore lungo lo stradone, salutato una fontana senz’acqua (dal nome altisonante, Fonte Itala), da qui partiva il sentiero degli alpini che negli anni 30 hanno edificato fortini e caserme in vista del prossimo scontro con la Francia.

Giungiamo fino al Rifugio Gray, semi abbandonato, da dove si coglie un panorama splendido di questi monti liguri, non si vede il mare, ma lo si indovina… e qualcuno lo ricorda. Si vede invece benissimo la diga di Tenarda con il suo bacino artificiale, la riserva d’acqua di Sanremo e dintorni, bello pieno dopo le piogge abbondanti di questi ultimi periodi. Decidiamo così di scendere seguendo la scorciatoia tra i prati; in 45 minuti ritorniamo al Rifugio, adesso una bella birra fresca è la soluzione ideale per i tanti passi percorsi.

Riprendiamo la strada di casa, ma invece di ripetere il percorso del mattino ci dirigiamo verso Pigna. Sinceramente ho una meta nascosta che vorrei visitare, ma quando arriviamo al paese e iniziamo a girare tra i suoi caruggi (incredibile trovare in un angolo 2 enormi bobine di fibra ottica di Open Fiber! il paese è già praticamente tutto cablato!) e dopo aver ammirato il polittico del Canavesio nella chiesa principale, convinco Paolo a cercare anche l’altro spettacolare scrigno pittorico di questa valle; una serie di affreschi, sempre del Canavesio, che precedono di alcuni anni la splendida chiesa di Notre Dame de Fontan (la “sistina delle Alpi marittime”); purtroppo l’edificio è sacro, e pur telefonando alla guida locale (mi azzardo, si chiama Giorgio come me, ed è stato davvero gentile al telefono), ma sarà per un’altra volta.

Per oggi il giorno è già stato abbondante di sorprese e di regali.

Ecco alcune foto del giro fatto da Badalucco alla Melosa