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E quindi…dagli all’untore

E quindi…dagli all’untore

Stanno iniziando giorni, settimane, davvero strane. Avevo programmato da tempo di fare, a inizio marzo, una piccola incursione in quel di Sanremo, per stare un po’ coi miei e consentire così a mio fratello di fare qualche giro in giro. Mai scelta del tempo è stata meno prevedibile e ordinaria.

Siamo immersi ormai nella sindrome da coronavirus. Giornali, web, news e tv non fanno altro che sommergerci di aggiornamenti, progressioni, numeri in crescita e raccomandazioni. Quello che era solo ipotizzabile per scenari cinesi si è impietosamente impadronito del quotidiano qui in Italia.

Parto da Catania la sera di venerdì 28; aeroporto non proprio deserto ma sicuramente svuotato. Incontro solo una persona che gira con la mascherina. Sembra più una conferma statistica che una visione preoccupante. Arrivato a Genova le mascherine, quasi d’incanto, si moltiplicano, 4-8, una decina almeno. Ma è tardi e si pensa ad altro.

Nella mattinata di sabato me la prendo con comodo prima di giungere alla stazione. Genova è una città splendida, piena di scorci pittoreschi, intriganti e ricchi di memoria, per uno come me che ci ha vissuto una dozzina d’anni, divertendosi, spesso, a gironzolare per questo magnifico centro, ricco d’arte, umanità disperata e viavai continuo.

Salgo le scalinate del palazzo Ducale, fino in cima, sulla terrazza deserta. Nel chiostro bivacca il mercatino d’antiquariato… Poi costeggio la Cattedrale, finalmente la strada che collega con il cuore del porto vecchio è ormai un’isola pedonale definitiva, per chi come me non aveva l’abitudine di solcarne il centro, fa comunque effetto. E anche se la cattedrale è ancora costretta dalle impalcature, carezzare con gli occhi la criniera dei leoni d’ingresso, contemplare le opere dell’Antelami, le splendide colonne del portale, è musica per gli occhi. Forse un tempo c’era tempo per apprezzare queste cose; e forse per noi, viaggiatori distratti, permane ancora il rischio di essere catturati da questi dettagli.

Scendo per una antica calle, Via del Filo d’Oro; ricordo di aver letto che Colombo passava in questo vicolo per guardare nei fondachi le mappe che i marinai barattavano con i prodotti del mediterraneo. Ma non rimane proprio nulla adesso. Sfocio poi in Via S. Luca, la percorro tutta, passo sotto l’arco di Porta dei Vacca, curiosando tra vetrine insolite, gente frettolosa.

Mi inoltro persino nella poco raccomandabile Via Prè (ricordo una notte, anni fa, l’ho percorsa tutta verso mezzanotte, era completamente deserta…); tanta trascuratezza e qualche perla, come il portale in lavagna con il classico san Giorgio che sbudella il dragone. E per queste cose, si sa, ho un debole evidente…

Sbuco infine nei pressi della Commenda di Prè, un monumento che da solo vale un corso di storia medievale. Chissà se la famigliola francese (li sento borbottare mentre mi sorpassano), tutti dotati di mascherina d’ordinanza, ripensano a quante persone malate e ferite hanno sostato in queste zone, durante le crociate, in quello che era un antenato dei moderni ospedali. Il tema non è poi così fuori luogo…

Prendo il treno e cerco inutilmente di guardare se le nuove pile del Ponte Morandi si lasciano intravvedere dai finestrini. Finalmente giungo a Sanremo, dove insieme a mio fratello Massimo cerchiamo di panificare questa strana settimana. Avremmo in mente un paio di giri, portare la mamma in visita da qualche parente.

Ma nel giro di pochi giorni le condizioni cambiano rapidamente. Faccio appena in tempo a prendere in giro i nipoti che per un paio di giorni ancora non avranno scuola (ma sono comunque infarciti di compiti e lezioni), ed ecco che la scuola viene sospesa fino al 15 marzo. E per forza di cose decidiamo di fare lo stesso anche a Siracusa, chiudendo il CIAO con le stesse scadenze. Mi consola soltanto l’idea che in questo modo non dovrò costringere chi è rimasto in Sicilia a fare anche un po’ della mia parte. Vacanze forzate, nel nostro caso. Ma per molti sono veramente giorni pesanti, che gettano ipoteche e luci fosche sui prossimi mesi.

Accontentiamoci allora di ricordare qualche luogo con questo album fotografico da Genova a Sanremo

Che tempismo…

Che tempismo…

Che Siracusa sia una cittadina vivace, quando vuole, non c’è dubbio. E’ proprio di questi giorni la news che il centro cittadino, la piccola isola di Ortigia, sarebbe in forte controtendenza rispetto a tante altre città turistiche italiane, con una crescita del 13% di attività commerciali e legate al turismo; poi viene Pisa con un mesto 0,6% e tutte le altre sembrano virare in negativo, insomma, Ortigia è la più dinamica. L’unica cosa di cui mi sono reso conto, andando in giro in bici, è che nei vari vicoli del centro storico è tutto un viavai di muratori e di buche nelle stradine… Qualcosa sicuramente si muove

Ma sabato mattina non mi sarei proprio aspettato questo cartello sulla vetrina del ferramenta della nostra mitica Via Piave, un altro dei cuori pulsanti di Siracusa (e il CIAO sicuramente fa la sua quota di movimento). Proprio questo sabato era il momento per le pulizie del centro, anche se alcuni fuori programma con il nostro avvocato, Domenico, hanno fatto saltare allegramente le previsioni.

Così tra un tavolo da sistemare, un pavimento da lavare e le mille altre cose che servono per rendere accogliente il CIAO, ogni tanto serviva una mano per aggiornare un Curriculum, scansionare qualche documento da conservare, cercare numeri e strategie per terminare alcune pratiche.

Quando finalmente non c’era più nessuno mi sono avviato per sbrigare alcune commissioni: la più importante era l’acquisto del riso per il nostro appartamento di Epipoli, dove vivono attualmente 3 ragazzi. Il loro piatto forte è essenzialmente il riso. Senza di quello non si concepisce un pasto. Così ogni mese facciamo il solito pieno, un sacco di 25 kg di riso!

E’ tornando verso la sede che mi ha colpito questo cartello semplicissimo e immediato. Le notizie dei primi casi di malati italiani di coronavirus erano state diffuse poche ore prima, il giovedì sera, se non sbaglio, poi si erano rincorse nella giornata di venerdì con un tam-tam incalzante di numeri in crescendo e ormai era il trend-topic sulla bocca di tutti. Una reazione così veloce non me l’aspettavo dal nostro tranquillo quartiere. Ma ormai le cose fanno presto a precipitare.

Non siamo generalmente esperti da poter capire facilmente chi ha più ragione, in questi casi, se la primaria del Sacco che afferma: “E’ un’infezione appena più seria di un’influenza” oppure gli strilloni di turno che agitano il “ve lo avevo detto io”. Ma mi affido a chi ha più competenze, non volume!

E girovagando tra i post di FB (ci vado raramente, ma in questi casi può essere istruttivo) ho trovato un mio vecchio alunno di Cesano, Willie, che attualmente vive a Shenzen; riportava i suoi commenti diretti, raccontando cosa devono fare, come si comportano, strategie e routine modificate, maschere (e multe per chi non le porta!). Sicuramente questo è un utilizzo della rete più sensato e utile.

Nei prossimi giorni vedremo come cambieranno in fretta tante abitudini. A cominciare dalle gite scolastiche. Perché proprio oggi le hanno vietate anche a Siracusa, ma domattina noi incontreremo un gruppetto di alunni della scuola marista di Huelva che sono già qui in Sicilia.

Echi dal gruppo Lavalla200

Echi dal gruppo Lavalla200

In questi giorni mi sono capitate sotto gli occhi un po’ di news e foto del mitico gruppo estivo (anzi, i magnifici 7 di Manziana). Dopo i nostri 2 mesi di preparazione per l’impegno marista del progetto Lavalla200 ci eravamo tutti dispersi, come da copione. Ciascuno con un preciso calendario per giungere finalmente al luogo “di missione”. Io, il più vicino al luogo del destino (!), il 6 ottobre ero già qui a Siracusa. Per gli altri le cose erano invece un po’ più complicate, sia per i problemi legati ai documenti e passaporti, sia per i vari impegni che bisognava concludere e sistemare.

Esteban aveva avuto un po’ di problemi di salute e lo avevamo salutato in autunno. Adesso invece è tutto a posto, tanto che quando ho visto la sua foto come membro ormai consolidato della comunità del Progetto Fratelli, in Libano (Maristi e DeLaSalle), non avevo fatto caso alla novità. Nell’immagine è il primo da sinistra. Aspettiamo ora sue notizie sulla situazione dei rifugiati siriani e sul lavoro che sta svolgendo…

In autunno invece è stata la volta di Cesar Barba, che dal suo Mexico si è finalmente incorporato nella realtà marista del Bangladesh, nell’ambito del progetto Ad Gentes. A gennaio, poi, abbiamo avuto la conferma dell’arrivo di Fabricio in Australia, dopo un bel viaggetto dal suo Brasile; giusto in tempo per arrivare a godersi gli ultimi fuochi del nuovo continente e scaldarsi un po’ per la nuova location.

Pochi giorni fa è arrivato in Amazzonia anche il “piccolo” Luke, con chissà quale viaggio rocambolesco, visto che è partito dalle Isole Fidji! Aver trovato nella foresta brasiliana così tanto verde, un fiume, la natura, è stato certamente un vantaggio, per uno come lui che proviene da luoghi dove la natura ancora detta legge. Sul sito marista ufficiale è apparsa da poco una sua lettera con le prime impressioni sulla realtà di Tabatinga.

Chi manca ancora? Per il momento solo Qalista, ormai in dirittura d’arrivo: visto che sta concludendo gli impegni di lavoro legale (da buon avvocato) nella sua Malesia, ultimamente era molto attiva sul versante informativo, con incontri e formazione di gruppi e docenti sul tema dei diritti dei minori. A Moinesti, in Romania, la stanno già aspettando.

Ma proprio sul più bello oggi è arrivato il bollettino che l’infaticabile Jeff Crowe, anima e supporter del progetto Lavalla200, ha preparato come strumento di collegamento per tutti coloro che partecipano al progetto. Per il momento è solo in inglese e spagnolo, ma non credo sia un problema insormontabile (forse ci stiamo veramente abituando troppo alle performance di Google traduttore, o di www.deepl.com).

E visto che hai avuto la pazienza e la curiosità di arrivare fin quaggiù, rilassati almeno un paio di minuti con il video che Rosa ha realizzato nella nostra comunità di Siracusa. Peccato che le nomination per gli Oscar erano già state assegnate…

L’antro della Pillirina

L’antro della Pillirina

Complice un sabato pomeriggio decisamente primaverile, mi sono avventurato alla ricerca della Grotta della Pillirina. Ovviamente un po’ di documentazione previa ci voleva e per fortuna non è troppo difficile. Qui a Siracusa ho trovato un sito che spesso fornisce se non le informazioni dirette almeno i link ad altre pagine che possono soddisfare almeno la curiosità. Si tratta delle pagine di Antonio Randazzo, un personaggio che almeno da quanto racconta e propone parla sicuramente per esperienza diretta. C’è sempre da imparare dai percorsi che gli altri hanno già intrapreso e il suo sito è davvero ricco di contenuti e suggerimenti sulle bellezze locali. E sicuramente prima o poi cercherò di organizzare in un post le risorse utili per l’esplorazione del territorio Siracusano.

Inforcata la bicicletta nel primo pomeriggio e lasciato alle spalle il traffico pericoloso di Via Elorina (l’incidente di Pascal è ancora molto “caldo”!) mi infilo subito nel dedalo di strade e viuzze dell’Isola, questa zona a sud di Siracusa che ha sicuramente altre ricchezze nascoste. La parte finale ospita la riserva del Plemmirio, zona che dovrebbe essere tutelata e protetta. Cartelli e indicazioni non ci sono ma ormai, spostandosi con Google Maps, se ne sente meno la mancanza.

La zona pullula di case e abitazioni, alcune recenti, altre che sembrano in stato di semiabbandono; all’ultimo bivio mi accolgono un paio di cani che sembrano abbastanza nomadi ma senza particolare vis aggressiva. Sul bordo strada numerosi pezzi di pane lasciati come obolo per queste creature. Mi infilo finalmente lungo la via di Capo Passero e seguendo la mappa imbocco quella che sembra più vicina alla Grotta della Pillirina. Lego la bici ad un cancello e mi avvio a piedi.

Apprezzo molto la fantasia di quello che poteva essere un segnale indicatore o un cartello sulla riserva naturale; sicuramente in questo modo lascia più spazio all’immaginazione, visto che è completamente vuoto. E come cornice è sicuramente invidiabile. Leggendo le tante recensioni sul luogo molti si lamentano che la zona non è indicata per niente, non ci sono sentieri, è impervia. Meglio così!

Un sentiero almeno abbozzato però c’è, lo seguo e scendo rapidamente verso il mare, poco distante; a parte qualche muretto o filo spinato la presenza dell’uomo è praticamente invisibile e questo, a pochi km da Siracusa, è già un bel regalo. La grotta, intanto, si avvicina, si comincia a scorgere l’ingresso e in pochi minuti arrivo alla sua imboccatura.

E’ decisamente un luogo selvaggio, isolato e fascinoso, sarebbe il luogo ideale per raccontare la storia di Ulisse e l’antro di Polifemo, o per dare casa a Robinson Crusoe; natura selvaggia intorno, fichi d’india e cespugli a non finire. Ma basta con le digressioni letterarie. Entro.

L’odore di stalla è ancora evidente, anche se il suolo è abbastanza pulito; si nota subito il muretto che fungeva da recinto. Intanto in pochi minuti gli occhi si abituano per esplorare l’interno della grande caverna. Perché è bella grande e sulle pareti e dal soffitto si notano subito le piccole concrezioni calcaree in formazione, stalattiti delicate e ancora minuscole. Gli esperti consigliano di non toccarle, perché anche il sudore altera i processi di sedimentazione.

Giro quasi estasiato dal buio che si è ormai trasformato in penombra; scatto qualche immagine ma finisco con usare la fioca luce che la fotocamera emette per misurare la distanza come una torcia improvvisata. Poi mi inoltro nel ramo laterale; avevo già letto che il percorso della grotta iniziava proprio qui ma era necessario il giusto equipaggiamento e competenza da speleologo.

Non azzardo minimamente, mi abbasso solo per vedere il cunicolo che prosegue. Decisamente troppo basso per improvvisarsi Indiana Jones! La leggenda ricorda la storia di una giovane coppia che usava questa grotta come luogo di appuntamenti, visto il divieto dei genitori di lei al matrimonio. Poi il giovane marinaio partì per un lungo viaggio e non fece più ritorno. Aspetta un giorno, aspetta un mese, anche l’amore ha un calendario e la fanciulla disperata, infine, si uccise. Tante le leggende di amori disperati e non corrisposti. Con questo scenario c’è davvero spazio per poeti, artisti e curiosi a completare la narrazione. Uscendo dalla grotta si apprezza il panorama assoluto di questo mare azzurro che incanta.

E continuo il mio percorso fino al mare, che a pochi metri fa già sentire la sua voce, intensa.

Scogliere, probabili latomie, lo sbocco della grotta (che si conclude proprio nel mare), altre imboccature, una speciale caletta che sembra intagliata per l’estrazione delle pietre (anche queste zone sono state utilizzate in epoca greca come cave); il panorama è decisamente suggestivo e frizzante. L’aria è ricca di sale e il vento sparpaglia schizzi e sapori ovunque.

Dopo un po’ sopraggiunge una pattuglia di bikers agguerriti, di quelli che amano cimentarsi sui sentieri impervi, le rocce, le salite. Quando per me la salita è già faticosa è l’occasione giusta per smontare e fare un po’ di strada a piedi. E per fortuna la mia bici è ben lontana da questi sentieri, davvero poco invitanti. Resisto volentieri alla tentazione degli sport estremi! Ma posso capire il gusto e la passione di chi invece vi si dedica…

Con calma ritorno sui miei passi e riprendo la via di casa. Passando vicino al mare mi ricordo della pescheria che ho già notato altre volte, a pochi metri dal mare, vicino alle coltivazioni di frutti di mare, entro e il richiamo della cucina prevale. Questa sera cozze!

E anche in questo caso un album di foto sulla zona della Grotta della Pillirina, è la giusta conclusione del viaggio.

Che bel tempo che fa

Che bel tempo che fa

Appena arrivato a Siracusa, appena vista la terrazza sul mare della casa nella quale risiedo da ormai 4 mesi, sapevo che prima o poi avrei addobbato uno dei pali del nostro roof garden con strani addobbi natalizi: una piccola stazione meteo. E con l’inizio di febbraio, dopo un po’ di prove e tentativi, eccomi nuovamente alle prese con questo semplice hobby. D’altra parte avevo cominciato poco dopo il 2000 a Giugliano, con la scusa più elegante della sperimentazione didattica per geografia (e non ci voleva nemmeno troppa fantasia…).

Una delle idee di fondo che mi hanno spinto a ripetere questi esperimenti a Cesano Maderno, poi ad Entracque e persino a casa mia, Sanremo, è che spesso parliamo a vanvera. “Non ci sono più le mezze stagioni…” il tempo non è più quello di una volta… Non so voi, ma io non mi ricordo nemmeno che tempo faceva a dicembre, a parte qualche momento particolare (un giorno di gita fuori casa, la notte di Capodanno…). Spesso ci affidiamo alle impressioni mentre i dati sono in grado di ricordarci i fatti. In epoca di fake news mi sembra più utile fornire puntelli alle piccole verità piuttosto che cuscini alle opinioni.

Anche perché pochi giorni fa è uscita la notizia dei 18 gradi in Antartide (!) e abbiamo sotto gli occhi, inequivocabili, gli effetti di un capovolgimento climatico ci cui non riusciamo nemmeno a comprendere le conseguenze immediate.

Detto fatto ho recuperato un vecchio PC che giaceva in cantina, chassis mezzo arrugginito, vecchio sistema operativo (l’inossidabile WinXP, che funziona ancora benissimo) e l’ho portato in camera. Il timore era legato al “che casino farà la ventola?”, per fortuna è isolato da una porta e non si sente proprio. Poi la stazione meteo, questa volta acquistata online da uno store tutto italiano, la Futura Elettronica di Varese (consigliato, lo stesso modello su eBay o Amazon costa di più!), ormai è la quarta che prendo e anche se non è un gioiello professionale, consente almeno di farsi un’idea dei vari elementi in gioco: il vento, la temperatura dentro e fuori, l’umidità, la pioggia…

Piazzata la stazione in terrazzo viene il momento critico per la verifica della ricezione dati. A dire il vero la stazione si trova proprio sopra la mia stanza, in linea diretta saranno poco più di 10 mt. Un solo solaio da superare: perfetto, ricezione buona senza nessun problema.

Poi si passa alla parte software. Ho subito collegato la stazione ad una delle più importanti reti di piccole stazioni meteo personali (PWS), Wunderground. Che guarda caso, nel frattempo, deve essere passata sotto l’ombrello dell’IBM. Si fanno tante chiacchiere sui big data, ma una mossa del genere non è certo insolita. Questa rete collega oltre 30mila piccole stazioni meteo che qualche dato sicuramente lo fornirrano. Ci penserà poi Deep Blue a macinare dati e, secondo modelli matematici decisamente complessi (i dati meteo sono davvero un campo privilegiato per i calcoli con i big data (se non ricordo male, uno dei siti meteo famosi d’Italia scaricava anni fa centinaia di Gb di dati al giorno per realizzare le sue previsioni meteo!) .

Naturalmente sono capitato nel periodo in cui il servizio sta modificando la sua interfaccia e le modalità di visualizzazione dei dati. Murphy è sempre in agguato! Ok, siamo ancora al lavoro!

Qualche immagine della stazione meteo (che romantico…)