Ho aspettato quasi 2 settimane prima di scrivere queste righe, in attesa di un riscontro. Ma forse è il periodo, forse il referendum, l’estate agli sgoccioli… Sinceramente mi aspettavo un riscontro, ma… vediamo se succede qualcosa nei prossimi giorni.
Lavoriamo con bambini e ragazzi, incontriamo tanti giovani, tante persone; questo lo facciamo quasi tutti, ogni giorno, ma nel nostro centro, il CIAO, ovviamente le situazioni e le attenzioni devono essere più controllate e professionali.
Tra pochi giorni inizieranno le scuole e anche presso la nostra struttura ospiteremo, come per lo scorso anno, alcune classi del CPIA, i corsi per adulti. Quindi dovranno scattare le stesse misure e i protocolli della scuola.
Riflettendo su questa situazione e per un “eccesso di zelo”, ho provato a chiedere come fare per effettuare il test sierologico. Ufficialmente non faccio parte, per lo meno adesso, di nessuna scuola (quando vado nelle presidenze o nelle segreterie di qualche scuola mi diverto a ripetere che sono un preside in vacanza…), ma le attività e le incombenze non sono poi così dissimili. Per questo ho provato a chiedere.
Ho chiesto alla mia dottoressa, ma a quando pare i dottori, per vari motivi, hanno declinato questa possibilità, decidendo di lasciarla esclusivamente alla sede centrale dell’ASP. E allora sono andato a vedere sul sito….
Ho notato con piacere che c’era una pagina dedicata proprio al personale docente e Ata. Leggo e trovo la mail da utilizzare per formulare richieste e chiedere eventualmente come procedere. (la pagina si trova qui)
E ovviamente invio una mail per questo motivo. Poi resto in attesa. Ben sapendo che il topic è piuttosto dibattuto e critico, in questi giorni, spero di non dover attendere troppo, perché le attività sono ormai imminenti e poter almeno avere la sicurezza di essere “negativi” al virus può essere un aspetto non trascurabile, per chi lavora spesso a contatto con la gente.
Per evitare una eccessiva informalità mando la mail da uno dei nostri indirizzi “istituzionali”, così da confermare la nostra natura di servizio aperto al pubblico. La mail è partita ormai 10 giorni fa, di risposte, finora, nessuna traccia.
Date: gio 10 set 2020 alle ore 10:29 Subject: richiesta info per test sierologici To: urp.siracusa@asp.sr.it
Ricordo ancora, come se fosse la settimana scorsa, i 2 mesi impegnativi ma entusiasmanti della preparazione del nostro gruppo Lavalla200. Basterebbe ripassare qualche post dello scorso anno, da agosto a fine settembre 2019: Roma, Manziana, Canale Monterano (dove sarà finita la volpe?), Assisi, l’Hermitage e poi l’invio. Eravamo un gruppo piccolo, solo 7 persone, ma avvertivamo tutto l’impegno e la cura della famiglia marista al nostro fianco.
Quest’anno invece, il lockdown per il covid-19 sembrava aver mandato tutto in soffitta e sospeso il corso in attesa di tempi migliori. Ma sulla scia delle tante iniziative che si sono viste in giro per non smettere di vivere e operare, è nata subito l’idea di svolgere la formazione online, con sedute intensive e riunioni frequenti. Jeff e Angel, insieme ai formatori che si sono resi subito disponibili, sono così riusciti a galvanizzare il gruppo che non vedeva l’ora di mettersi al lavoro. E così l’estate si è colmata d’impegno.
Ma come nelle scorse edizioni, il momento più atteso è proprio quello finale, quando viene assegnata a ciascuno dei volontari il proprio luogo di missione. Una sfida e un’avventura a tutto tondo, dall’Amazzonia alla Romania, dalla punta del Sudafrica alla calda Cuba… insomma, c’è anche una bella componente di attese e speranze. Di solito questo incarico viene poi svolto direttamente dal superiore generale, fr. Ernesto. Un segno di grande attenzione e partecipazione a questa missione condivisa. Quando senti il tuo nome pronunciare dal successore di san Marcellino…
Anche per la celebrazione finale, ovviamente, si è dovuti ricorrere alla videoconferenza, e non potendo nemmeno avere qualche “ospite”, è nata la bella idea di chiamare a raccolta tutti i partecipanti del Lavalla200, dal primo anno 2017 fino al 2019, coinvolgendo anche il precedente superiore generale, fr. Emili. Insomma, una bella folla online di ospiti festanti.
Mi sono così ritagliato lo spazio e il tempo per vivere questo momento speciale, sabato 12, dalle 15 in poi, ascoltare le parole di Ernesto, ricordare gli impegni e rinnovare le scelte. Faceva un certo effetto vedere il monitor grondante di volti e persone attente, eravamo quasi una quarantina di persone. E che bell’effetto rivedere anche qualche volto noto, alcuni partecipanti del mio gruppo dello scorso anno, come Qalista e Fabricio, ben sapendo che non per tutti era facile o possibile collegarsi, sia per l’orario (Fabricio, in Australia, stava sfiorando la mezzanotte, Mario, in Amazzonia, le prime luci dell’alba…).
Alla fine ci siamo ritagliati tutti uno spazio e una piccola stanza virtuale per scambiare quattro chiacchiere tra i vari gruppi, informare, sentire come vanno le cose, chiedere come si vive questa esperienza. Davvero interessante.
L’iniziativa della FondazioneFS e della Regione Sicilia è interessante e stuzzichevole, per chi vuol conoscere un po’ meglio questo territorio. E pensare che a suggerirmela è stato proprio Onorino, con uno dei suoi rarissimi msg via Whatsapp 🙂 Mi diceve di “non perdere questa occasione”, che lui aveva inseguito inutilmente un paio di volte. Il treno del barocco.
Un viaggio con un treno d’epoca fino a Noto, una visita guidata e ritorno, il tutto di sabato pomeriggio. Una buona occasione per vedere con calma il centro di questa spettacolare cittadina, non ancora eccessivamente gettonata come meta turistica. Meglio giocare d’anticipo.
Così sabato 30 agosto appuntamento verso le 17 alla stazione di Siracusa, per prendere il trenino d’epoca (a dire il vero vetture del genere, con i sedili in legno, stile far-west, giravano anche in altre zone d’Italia una 30ina di anni fa. Sto diventando vintage! Mi chiedo come farà il capotreno a obliterarmi il cellulare con il pdf del biglietto 🙂
Viaggio lungo e lento, con soste forzate per attendere alcune coincidenze (una delle quali nemmeno vista), in pratica quasi un’ora per coprire i 35 km che separano da Noto. Ma intanto si apprezza il paesaggio, la campagna ricca di coltivazioni, agrumi, mandorle, fichi d’india, olivi… non manca quasi nulla. Giunge persino il gradito omaggio di alcuni dolci tipici offerto da Slow Food Sicilia, sponsor del tour. Lungo il percorso la guida illustra alcune delle principali attività locali. Tra l’altro siamo tutti equipaggiati con radiolina per ascoltare la guida, anche se il rumore del treno è piuttosto fastidio.
Giunti dopo un’ora a destinazione, rapido trasbordo in pulman per giungere all’inizio del paese, quasi sotto la porta Ferdinandea. Qui il tour è condotto da un’altra guida, molto preparata e appassionata.
Alla fine le chiederò da dove viene e mi ha quasi stupito sentire che era rumena, ma in Italia da ormai 30 anni. Ottima padronanza della lingua e soprattutto dedizione al territorio! Senza dimenticare che Noto è patrimonio Unesco…
Iniziamo così il percorso dall’arco di ingresso del paese, che dopo il tragico terremoto del 1693 ha deciso di risorgere in grande stile. Il barocco qui presente quasi sfuma con il neoclassico che comincia a diffondersi in Europa, ma conserva caratteristiche e aspetti davvero eleganti e unici.
Seguiamo la strada principale, il corso Vittorio Emanuele sul quale si affacciano i principali palazzi e le chiese, praticamente il cuore del paese pulsa tra questi due marciapiedi. La storia e le storie che ci vengono narrate fanno apprezzare e comprendere meglio la realizzazione di questo luogo. La strada che viene ribassata per consentire meglio il percorso delle carrozze, le finestre con quelle strane inferriate, per consentire persino alle monache di sbirciare in strada e partecipare alla vita del paese, lo splendido palazzo Nicolaci, fondato da un luminare dell’epoca (viaggiava sempre con al seguito una enciclopedia, praticamente un antenato di wikipedia!), la strada dell’infiorata… che quest’anno è stata praticamente vissuta in solitaria (conoscendo ad esempio l’esperienza di Genzano è interessante notare come certe idee si propaghino facilmente, basta una bella strada in salita, una prospettiva attraente, una chiesa movimentata in cima alla strada e il gioco sembra fatto).
Percorriamo anche alcune vie laterali, per cogliere meglio il senso della ricostruzione. Tutto il centro è vivacemente affollato, quasi tutti in mascherina (e non mancano vigili e forze dell’ordine a ricordarlo), ma con un’atmosfera rilassata e tranquilla.
Giunti davanti alla Cattedrale, dalla travagliatissima storia (l’ultimo crollo e avvenuto poco prima del giubileo del 2000), siamo invitati ad entrare nel palazzo del Comune. Il nostro è un itinerario particolare e hanno previsto persino l’incontro con le autorità, viene ad accoglierci l’assessore al turismo e siccome ha appena concluso la celebrazione di un matrimonio… vai con gli applausi e i “viva gli sposi”, che scivolano festanti in mezzo al nostro gruppo. Noi siamo ospiti della Sala degli specchi, il salotto buono di Noto.
Dopo il giro guidato resta del tempo, per una pizza, un panino, un momento di ristoro. E per continuare a girare, perdendosi un po’ nel labirinto delle strade, nemmeno troppo tortuose (ma il saliscendi è notevolei). Intanto il centro continua a vivere la sua movida, con tanta gente, qualcuno si assiepa sui gradini della cattedrale per ascoltare l’immancabile menestrello, tanti a passeggiare tranquillamente.
Si rientra alle 22:30, il treno adesso è formato da più vagoni per accogliere tutti i turisti che hanno aderito a questa iniziativa (in pratica quasi 2 pullman pieni, un’ottantina di persone in tutto. E questa volte le ruote sfrecciano più rapidamente, in poco più di mezz’ora siamo di nuovo a Siracusa. Scendiamo in una stazione ancora calda, qui l’estate promette ancora lunghe settimane.
E negli occhi le danze barocche di un paese che sa insegnare la leggerezza e l’armonia.
Essere qui ad Entracque e non approfittare dei tanti splendidi itinerari sarebbe proprio un peccato. Per questo oggi levataccia presto presto, con i nostri amici dell’Eur (Jeff, John, Antonio, Omar e Javier) e con Marco partiamo in macchina per raggiungere il campo base, il lago delle Rovine.
L’idea è quella di arrivare fino al Rifugio Genova, passando per la strada “panoramica” che si snoda sul versante a sud del lago. La salita diretta, che si potrebbe tentare in salita (il cartello indica 45 minuti di percorrenza), ci sembra poco adatta al nostro gruppetto. I miei amici non ci vogliono proprio credere che anni fa, quando ancora si stava costruendo la diga del Chiotas, nei primi anni 70, quel filino di sentiero che tra poco inizieremo era nientemeno che una strada asfaltata larga abbastanza da consentire il passaggio ai camion dell’Enel. Ricordo di averla percorsa alcune volte con il traffico dei mezzi che andava e veniva. Così lungo il sentiero non perdo occasione per rintracciare qualche piccolo resto di asfalto; in alcune zone se ne conserva ancora, ma è davvero notevole che in pochi anni la natura, le valanghe, gli agenti atmosferici si siano quasi riappropriati del terreno; solo qualche tratto di muretto in cemento, qualche spuntone di ferro emergono ancora con una certa evidenza…
L’Enel ha tenuto in piedi la strada per alcuni anni, poi la manutenzione troppo onerosa e i continui smottamenti, cadute massi ecc. hanno portato alla costruzione della strada nel versante opposto: un primo tratto asfaltato e poi tutto il resto in galleria. Si sbuca proprio ai piedi della grande diga e in questo modo il controllo e la manutenzione sono decisamente più abbordabili.
Noi iniziamo la nostra salita con allegra baldanza, speriamo di incontrare al solito giro intermedio qualche colonia di stambecchi. Ma forse è ancora troppo presto. Per evitare il sole cocente siamo partiti dal lago alle 7; giornata splendida, temperatura ideale. Così in poco meno di 2 ore siamo arrivati ad ammirare il bacino artificiale del Chiotas, con i suoi 27 milioni di mc. di acqua. In montagna sembra che dopo ogni spazio, dopo ogni vallata, si apra un nuovo panorama ancora più vasto e imprevedibile. Ci vorrebbe veramente lo sguardo dell’aquila, o del gipeto, per ricordarci che siamo nel parco delle Alpi Marittime!
Raggiungiamo con calma il rifugio. Ricordo ancora il vecchio, che durante i lavori è stato praticamente smantellato e lasciato in parte sotto il livello dell’acqua. Adesso è invece in una posizione veramente panoramica e magnifica, visibile da tutte le zone. Incontriamo gli scout del Savigliano 1 che riprendono la loro strada. Noi ci accontentiamo dell’acqua fresca della fontanella del rifugio.
Ci prendiamo un po’ di pausa e ne approfitto per andare a vedere, se ricordo ancora la strada, una zona poco distante dal rifugio; ci dovrebbe essere uno spuntone di roccia, quasi una grotta e al suo interno ricordo che con fr. Nito avevamo osservato numerose piante di quella che potrebbe essere a ragione la regina delle piante del parco, la saxifraga florulenta.
Nei ricordi ormai lontani si favoleggiava che non era chiaro ogni quanti anni fiorisse, così mi rimane la convinzione che, come certe agavi, succeda ogni 20-30 anni. Poi la pianta muore disseminando il suo futuro nei dintorni. Che devono essere rigorosamente freddi ed orientati verso nord. Ma non trovo niente, solo qualche rododendro a cui aggrapparmi per non scivvolare a valle!
Dopo la foto di rito, con il lago del Chiotas alle spalle e negli occhi il lago naturale del Brocan, riprendiamo la strada del ritorno. E finalmente riesco a rintracciare una “stazione” in cui questa rarissima pianta, un vero relito preistorico, si gode la sua bella ombra. Un paio di foto e continuiamo la discesa, nel tranquillo traffico di escursionisti che si avvicendano lungo il sentiero. Vedere quanta gente affronta i sentieri di montagna, certamente meno comodi dello spalmarsi al sole su qualche spiaggia, è confortante: il bello e questa natura ancora selvaggia sanno ancora fare breccia su molti, nonostante la fatica.
Ritorniamo alla base nel tempo previsto. Marco ha rodato i suoi bastoncini da trekking e ne è rimasto soddisfatto, anche Br. John, con i suoi 73 anni, apprezza questo sostegno provvidenziale per le ginocchia! C’è sempre da imparare, anni fa non li avrei proprio utilizzati, ma adesso… si vede che la saggezza avanza!
In questi giorni di relax ho avuto l’opportunità di passare alcuni giorni ad Entracque, rivedere cari amici e cari luoghi. E fare qualche passeggiata in questo luogo davvero speciale.
Il primo giorno siamo andati al Rifugio Genova, con Marco e altri amici; il secondo giorno ho invitato Br. Jeff, John e Omar (della casa generalizia del Fratelli Maristi) ad una breve escursione, la “classica” che spesso si propone a chi deve rimettere un po’ in moto le gambe e iniziare ad apprezzare le bellezze di queste montagne: le Gorge della Reina.
E come ogni tanto mi capita ho buttato giù anche 2 righe per le solite recensioni di Google; ultimamente arrivano numerosi messaggi un poì enfatici, del tipo “Complimenti, le tue foto sono state viste da migliaia di persone… ” mi sembrano un po’ tanti, ma queste righe servono essenzialmente a fissare nella memoria (la mia, in questo caso!) e poco altro, se possono far piacere ed aiutare altre persone, perché no?
Ecco il testo che ho sottoposto per la recensione su Google: La mia prima visita a questo luogo risale al luglio del 1969! Era un bambino di 5 elementare e ricordo ancora la gola interamente ostruita dalla neve/ghiaccio che durante l’inverno si era accumulata. Si entrava passando sotto la neve, e siccome si formava un tunnel per lo scioglimento, l’effetto “glaciale” era molto suggestivo. Ho visitato queste gole a più riprese, quasi sempre d’estate e con gli anni che passano ho visto il rapido cambio: negli ultimi 20 anni non ho mai più trovato la neve in estate e mi è capitato di andarci ai primi di dicembre e trovare ancora tutto vuoto e senza neve. Gola suggestiva, che non ti aspetti nel panorama montuoso di Entracque, ma da questa parte le rocce calcaree offrono scenari simili a quelli delle dolomiti (ho spesso sentito usare il termine “dolomiti di Entracque”, sono le montagne che si ammirano uscendo dalla chiesa principale del paese. Da Entracque ci si arriva in un’ora (occhio ai cartelli, il primo, vicino all’Hotel 3 Etoiles indica 40 minuti, dopo aver percorso quasi un quarto d’ora si incontra un secondo cartello che invece riporta…. 45 minuti !); il sentiero è questo tutto in ombra e l’ultimo tratto attraversa un fitto bosco di faggio, con un effetto molto suggestivo. La gola è lunga una 50ina di metri, ci sono anche alcune piccole cavità laterali, l’acqua filtra sotto le rocce e non sempre risulta visibile lungo il sentiero. Alla fine della gola si apre una sorta di vallata ad imbuto, molto gradevole e verdeggiante di arbusti. Prima dell’ingresso (o all’uscita), i fianchi dei monti sono molto ricchi di lavanda e di origano (ed è possibile raccoglierli, ovviamente con criterio e senza sradicare le piante). Nei pressi c’è anche una parete attrezzata per la palestra di roccia.